Da una lettera dell’ing. Alberto Viglieri e altre. La triste sepoltura di Vincenzo Pomella e spigolature varie


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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 2
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di Giovanni Petrucci

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Particolare di una rara immagine di Vincenzo Pomella con in vista gli stivali confezionati dal fratello Amedeo.

«[…] Nevica: candidi fiocchi si addensano inseguendosi vorticosamente dall’alto costringendo tutti ad abbassare lo sguardo. Un soffice strato bianco si modella sul motorista: sembra in vita così, con il corpo piegato in avanti, in un gesto spontaneo e con gli occhi aperti, grandi ed azzurri, come a mirare il rosso del sangue dei compagni, che si aggruma sul bianco puro della neve, mentre in lontananza si aprono squarci di mare verde cupo. I naufraghi che sono in grado di camminare vanno a vederlo e ammutoliscono pensando alla sua sorte fortunata; stabiliscono di tenerlo vicino e lo lasciano seduto sul ghiaccio per alcune ore e gli si accostano spesso e lo accarezzano e gli parlano come se potesse rispondere […]»1.

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Alberto Viglieri

Al Preside Prof. Giovanni Petrucci
Elia Fiumerapido (FR)

Egregio Prof. Petrucci,

con ritardo ho ricevuto qui in campagna la Sua gentile lettera dell’8 agosto, rinviatami da Monte Carlo.

Comprendo perfettamente il Suo desiderio di conoscere tutti i particolari della misera fine del compianto Vincenzo Pomella, Suo concittadino e parente e La ringrazio di avermi interpellato in merito.

Purtroppo non potrò dire molto di più di quanto probabilmente sarà a Sua conoscenza.

Dei giudizi di noi membri dell’equipaggio dell’«Italia», sulla personalità fisica e morale ed il carattere del compagno motorista Lei avrà certamente già trovato tutti gli elementi nel libro di Tomaselli, e quello di Nobile «In volo alla conquista del segreto polare», pubblicato dopo la traversata del «Norge».

Come testimone oculare invece, io posso descriverLe i particolari sulla sua fine dopo la tragica caduta del dirigibile sul «pak». Che purtroppo non sono molti.

Sant’Elia Fiumerapido, marzo 1978. Giovanni Petrucci commemora, nel cinquantenario dalla scomparsa, Vincenzo Pomella.

Poco tempo dopo che noi superstiti dell’equipaggio avemmo constatato che intorno a noi caduti sui ghiacci, oltre a molti rottami, vi erano una tenda, una piccola quantità di viveri e qualche altra cosa di prima necessità, Biagi inizia una ricerca accurata fra i rottami, per vedere se trova qualche pezzo della stazione radio di bordo che si era rotto, nella speranza di ripararla e farla funzionare. In questa ricerca, allontanatosi qualche decina di metri da noi, Biagi scorge di spalle il motorista Pomella seduto e curvo in avanti. Lo chiama e poi lo scuote, ma Pomella non risponde. È morto!

Nell’urto tremendo della navicella di poppa egli è stato proiettato fuori: si trova seduto col capo reclinato in direzione delle ginocchia e le due mani all’altezza dei lacci di una calzatura, contratte e bloccate nel vuoto.

Il suo viso non porta traccia di sofferenza, i suoi occhi azzurri sono aperti e lo si direbbe vivo. Il suo trapasso è stato istantaneo, senza dolore.

Sant’Elia Fiumerapido, marzo 1978. Giovanni Petrucci commemora, nel cinquantenario dalla scomparsa, Vincenzo Pomella.

Sant’Elia Fiumerapido, marzo 1978. Giovanni Petrucci commemora, nel cinquantenario dalla scomparsa, Vincenzo Pomella.

Noi, in grado di camminare, andiamo a vederlo, ma decidiamo di non muoverlo nella speranza che, se qualcuno ci avesse portato fuori dai ghiacci, avremmo potuto portare con noi il corpo del nostro caro compagno.

 

Qualche giorno dopo la partenza del gruppo Mariani dalla tenda (il 3 giugno), mentre Biagi era di guardia, ricevemmo ancora una visita di un orso bianco, che fu la seconda.

Il radiotelegrafista stava trasmettendo dall’apparecchio che era situato fuori della tenda, per lasciare maggior spazio agli uomini; noi altri dormivamo. Biagi vide l’orso vicino alla tenda, si precipitò dentro gridando:

«C’è l’orso!»

Sant’Elia Fiumerapido marzo 1978. Cerimonia di commemorazione di Vincenzo

Sant’Elia Fiumerapido marzo 1978. Cerimonia di commemorazione di Vincenzo Pomella.

E prese la pistola appesa al palo centrale: Trojani ed io ci alzammo subito e, armati rispettivamente di un pugnale e di una scure, lo seguimmo.

Il plantigrado si diresse verso il punto ove era il cadavere del povero Pomella. Biagi allora sparò tre volte, ferendo l’orso al fianco; la belva si allontanò in fretta, urlando di dolore con una macchia di sangue che si allargava sul suo pelo bianco, spesso strascinandosi sulla neve e tingendola di vermiglio.

Visto il pericolo che correva il cadavere di Pomella, si decise seduta stante e con rammarico, d’accordo con il Generale, di calarlo in mare. Biagi fu incaricato della bisogna. Alla mesta cerimonia eravamo presenti, pieni di accorata tristezza, l’Ing. Trojani, il Prof. Behounek ed io.

L’Oceano Artico ricevette così i resti di colui che per decine e decine di ore seppe stare come un gendarme ed un eroe ai motori del dirigibile N, durante due trasvolate polari.

Nella speranza che quanto sopra Le sia sufficiente per i Suoi scopi, porgo a Lei ed al Prof. Zavatti molti cordiali saluti.

Alfredo Viglieri2

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Umberto Nobile

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Sant’Elia Fiumerapido marzo 1978. Cerimonia di commemorazione di Vincenzo Pomella.

Caro Preside,

ricevo la Sua comunicazione e ne sono felice.

Purtroppo le mie condizioni di salute non mi consentono di venire il 25 maggio a S. Elia Fiumerapido, ma vorrei informarLa che proprio il giorno precedente, 24 maggio, alle ore 9,30 del mattino vi sarà, nell’aeroporto di Vigna di Valle, l’inaugurazione di una stele, eretta in ricordo dei caduti della spedizione dell’ITALIA, che porta naturalmente inciso anche il nome di Vincenzo Pomella, uno dei miei più cari collaboratori, in quella grande, se pur tragicamente conclusa spedizione polare.

Le do questa informazione perché, se ne avrà l’opportunità, conduca una volta gli allievi della scuola che lei dirige a visitare il Museo Storico dell’Aeronautica Militare Italiana. Se questo potrà fare, me ne informi.

Cordiali saluti.

Umberto Nobile3

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Gertrude Nobile

Gentile Professore Petrucci.

La ringrazio per […]; Pomella “era caro a mio marito; me ne ha parlato ogni tanto […].

Gertrude Nobile4

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Antonio Vacca

– Vincenzino aveva promesso alla sua bellissima fidanzata che al ritorno dalla seconda spedizione l’avrebbe sposata.

In Cartiera, nel «Reparto Riparazioni Meccaniche», dove lavorava il padre Guglielmo insieme col capotecnico, mastro Loreto De Felice, tutti riconoscevano le alte capacità del motorista nel campo della meccanica;

– Nobile lo scelse tra i suoi numerosi tecnici sia per la bravura ed il peso corporeo di 59 chilogrammi, sia perché era un meridionale.

A quei tempi era molto accentuata la rivalità fra nord e sud, che si concretizzava specialmente intorno alle Università di Napoli e Roma. Sembra che proprio per questo sentito amore per il Meridione, più che per le idee politiche, il Generale non era benvoluto, anzi spesso osteggiato.

– La propaganda del Regime si era estesa in tutti, anche a Sant’Elia e i familiari del Nostro qualche volta sentirono.

A questo proposito Antonio ricorda che un giorno accompagnò l’amico […] in spider al Campo di Aviazione di Aquino e, in una chiacchierata amichevole, lasciò intendere una certo apprezzamento per l’ardita trasvolata. Corsero parole “grosse” con il rischio di venire alle mani!

Nel 1935, scarseggiando il lavoro a Sant’Elia, informato da Franceschino Fiorillo, partecipò a Capua ad un concorso per tornitori, bandito da una Società Napoletana. I concorrenti, conosciuta la sua provenienza, restarono silenziosi e lo abbracciarono, partecipi della fine spiacevole toccata al trasvolatore; poi vollero conoscere tanti particolari sulla sua vita e sapere della scuola per meccanici esistente in paese…

– Quando a Sant’Elia giunse voce che l’equipaggio dopo il primo volo si recava a Napoli per ricevere il meritato apprezzamento, i Santeliani accorsero numerosissimi a piedi alla Stazione Ferroviaria di Cassino con fiaschi di vino, corone di alloro e bandiere tricolori. Il Capoguardia diede incarico al collega Lovato di sorvegliare Ambrogio, padre di Vincenzo, uno dei pochi che sapeva leggere il giornale, conosciuto bevitore, che poteva incappare in delle solite sue uscite. La folla si accalcò all’arrivo del treno e pretendeva di “portare in trionfo” il compaesano; ma questi, dal carattere schivo, intuì, evitò e si nascose, mentre Nobile fece capire alla folla che il merito della impresa spettava a tutto l’equipaggio5.

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L’inchiesta Cagni

L’inchiesta Umberto Cagni del 22 febbraio 1929 fece conosce tutti i retroscena del secondo volo e bollò il comportamento di Nobile6 come «contrario alle tradizioni ed alle leggi dell’onore militare»7. Il generale fu allora costretto a dimettersi dall’Aeronautica, a lasciare l’Italia e a farvi ritorno nel dopoguerra.

Nella primavera del 1946 il generale Nobile venne anche a Sant’Elia ad onorare, sotto la lapide di Via A. Santilli, la memoria del suo caro motorista rimanendo solo e raccolto in mesti pensieri per l’eroica impresa.

Renzo Trionfera 40 anni fa scriveva: «Con quell’inchiesta un certo vertice mussoliniano tentò di mettersi a posto con la coscienza, riversò ogni colpa su un unico capro espiatorio, per coprire con le negligenze e le indiscusse responsabilità del Regime nell’intera faccenda»8.

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La canzone sulla spedizione

Dopo il trionfale primo volo le maestre Gallozzi, definite nel tempo delle “disfattiste”, improvvisarono un inno che venne musicato dal professore Roberto Santilli con un’aggiunta dopo la catastrofe del 1928. Nel mese di marzo 1978, in occasione dell’organizzazione della cerimonia per il cinquantenario della morte, Mattia Lovato lo ricordò perfettamente e il prof. Mauro Niro ebbe l’abilità di trascriverne la musica:

Per il volo del Norge
Il cittadin Pomella
Che all’estremo Polo giunse
Alla Terra delle nevi!
Festeggiam!
Evviva Nobile con l’eroe Pomella
Evviva tutto l’Equipaggio
Che d’ardore e con coraggio
Nuove terre conquistò
Nuove terre conquistò
Per il volo dell’«Italia»
E Maddalena grande aviator
Andò a salvar
Ma tutto fu vano
Un forestier gli tese la mano
E Umberto Nobile
Si salvò
E poi il Krassin li raggiunse
In terre assai lontane
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Per il volo dell’«Italia», spartito musicale del prof. Mauro Niro.

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NOTE

1 G. Petrucci, Vincenzo Pomella, Arpino 1979, p. 46.

2 Dalla lettera del Tenente di Vascello Alfredo Viglieri del 29 agosto 1978 all’autore.

3 Dalla lettera del Generale Umberto Nobile del 20 maggio 1978 all’autore.

4 Dalla lettera di Gertrude Nobile del 24 agosto 1978 all’autore.

5 Da una conversazione tenuta nell’estate del 1980 con il meccanico Antonio Vacca, coetaneo di Vincenzo, persona squisita.

6 S. Zavatti, La storica trasvolata del «Norge n. 1», in «Polo Nord», n. 1, 1976.

7 Mi piace ricordare che in calce a tale inchiesta Cagni (Roma, 27 febbraio 1929-VII. F.to Cavalli, Denti di Pirajno, Vacchelli, De Pinedo, Pujia, Cagni) figura la seguente nota: «Arduino-Alessandrini-Pomella-Ciocca-Caratti prendevano parte a bordo del dirigibile “Italia” alla spedizione polare, sacrificandosi in condizioni moralmente e materialmente difficili con ogni attività ed entusiasmo per la buona riuscita di essa e perdendo la vita nell’adempimento del loro dovere».

8 R. Trionfera R., 1928 odissea sul pack, ne «Il Giornale» del 16 aprile 1978, p. 3.

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