S. Donato Val di Comino 1943-45 – Il Partigiano Donato Perrella “Gilberto” di Alessandrina De Rubeis


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Studi Cassinati, anno 2006, n. 4

di  Alessandrina De Rubeis

Bologna “Gilberto”

Bologna, venerdì 8 settembre 2006: davanti al sacrario dei Caduti, in piazza Nettuno, gruppi di anziani partigiani depongono corone d’alloro in memoria dei loro compagni. Sugli stendardi che portano sono scritte le località di provenienza, la Brigata di cui facevano parte e i campi di sterminio dai quali furono liberati. Tra le fotografie e i nomi dei partigiani commemorati nel Sacrario, c’è anche Donato Perrella, nome di battaglia “Gilberto”, nato a S. Donato V. C. il 16 novembre 1909.
Donato Perrella era nato da Domenico e Maria Fabrizio ed era l’ultimo di sei figli: Ernesto, Teresina, Alessandrina, Loreto, Esterina.
Quando Donato era ancora bambino, il padre emigrò negli U. S. A., portando con sé il primo figlio, Ernesto. Qui si ammalò e morì poco dopo. Ernesto, fervente anarchico, si inserì nel mondo del lavoro statunitense e mise su famiglia.
All’età di quattordici anni, rimase orfano anche della madre e coabitò con la famiglia del fratello Loreto. Durante il servizio militare, nelle brevi licenze, ritornava a S. Donato.
A Bologna
Nel 1932 si trasferì a Bologna dove prese ad esercitare il mestiere di sarto in proprio. Qui conobbe Olga Godi, nata il 9 giugno 1915, di professione parrucchiera.
Il 14 ottobre 1934 si sposarono . La loro abitazione era in via Santo Stefano, 14, in centro, nei pressi delle Due Torri.
Dal matrimonio nacque la loro unica figlia, Anna Maria Alessandrina. «mio padre era un comunista iscritto e parlava con tutti, senza paura, della sua avversione al fascismo. Durante la guerra di Spagna, per non andare a combattere al fianco dei fascisti, aveva preferito cavarsi i denti» mi dice Anna Maria e mi consegna due lettere, scritte e firmate dalla madre, nelle quali la donna descrive l’attività politica del marito e l’evolversi della sua storia di partigiano.
“Gilberto”
Durante la guerra di Liberazione, Donato Perrella si unì alle squadre dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), organizzate dal PCI; le squadre «erano formate di pochissime persone, non più di tre o quattro, particolarmente addestrate all’uso delle rivoltelle e degli esplosivi. Dovevano avvicinarsi all’obiettivo con grande cautela, colpire con determinazione e precisione e allontanarsi velocemente – quasi sempre in bicicletta – per evitare di essere coinvolte in scontri non programmati»1
Nei GAP rivestì la carica di Commissario Politico2 col nome di “Gilberto” e gli furono assegnati il Battaglione “Busi” e la Brigata 1a Irma Bandiera Garibaldi, costituita nell’estate del 1944, quando furono raggruppati alcuni nuclei armati che operavano all’interno del centro storico di Bologna e nell’immediata periferia.
La Brigata 1a aveva preso il nome della partigiana Irma Bandiera, uccisa dai fascisti il 13 agosto 1944.
Essa estese gradatamente la propria attività dal centro cittadino ai Comuni limitrofi. Ebbe numerosi comandanti tra i quali Sergio Soglia, “Ciro”, divenuto poi redattore delle pagine cittadine dell’ Unità e morto nel 2003. La Brigata ebbe 94 caduti e 46 feriti. 1066 i partigiani riconosciuti e 327 i patrioti. Numerosi i benemeriti.3
L’arresto
Il 14 dicembre 1944, Donato Perrella fu arrestato dalla Brigata Nera comandata dal Colonnello Serrantni e dai Tenenti Monti e Agazzi e trattenuto per 26 giorni nella caserma di via Borgolocchi, a Bologna. Poi fu messo in libertà provvisoria il 9 gennaio 1945, in attesa di processo.
In una delle lettere scritte dalla moglie, datata Bologna, 18 maggio 1945 e indirizzata al Sig. Commissario, si legge: «Il 9 gennaio 1945 fu messo in libertà con l’impegno di consegnare due compagni (ben sapendo che non l’avrebbe mai fatto a costo di pagare con la sua vita) decise con l’aiuto dei compagni di varcare il fronte essendo in pericolo».
Il 13 gennaio 1945, il partigiano Dino Argentesi, nome di battaglia “Carlo”, lo inviò dalle parti di Firenzula (FI) per passare la linea. Sempre nella lettera citata, la moglie scrive: «Il 13 gennaio 1945 l’accompagnai dal compagno “Carlo” (ora Sindaco di Medicina) che pensò lui a sistemarlo. Qualche giorno dopo seppi (tutto bene) e da allora non ho avuto nessuna notizia. Dopo la liberazione di Bologna non vedendolo ritornare mi sono rivolta al Partito ma purtroppo non mi è stato possibile rintracciarlo. Pregherei vivamente d’interessarsi. Ringraziando, Olga Perrella».
Il corpo di Donato Perrella non fu mai ritrovato. Nella zona tra Imola e Firenzuola (FI),sull’Appennino Tosco-Emiliano,colonne tedesche e reparti nazifascisti tornarono spesso all’attacco per stringere i partigiani, lì attestati,in un cerchio di fuoco e, man mano che le truppe alleate avanzavano da sud verso la Linea Gotica,decisero una serie di operazioni per “ripulire” le zone,che erano attraversate dalle strade principali,dalla presenza delle formazioni partigiane4.Donato sicuramente trovò la morte,ma dove con esattezza e per mano di chi rimangono un mistero.
Fu riconosciuto partigiano dal 1° dicembre 1943 alla Liberazione.
Il suo nome e una breve cronistoria sono riportati alla pagina 616 del Volume IV (M – Q) del Dizionario Biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919 – 1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri, Comune di Bologna, Istituto per la Storia di Bologna 1995.

1 Cfr. Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919 – 1945), I, ISREBO, Comune di Bologna 2005, pag. 146.
2 Il Commissario Politico, presso le formazioni partigiane, non fu il rappresentante di un partito politico, bensì rappresentante del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale doveva garantire l’armonica collaborazione di tutti gli appartenenti alle formazioni partigiane di qualsiasi estrazione politica. Quando, con i provvedimenti legislativi del governo legale, le brgg. partigiane furono considerate unità militari regolari dell’Esercito, i Commissari politici furono chiamati “Commissari di guerra”. Cfr. Nazario Sauro Onofri, o. c., I, pag. 97.
3 Cfr. Nazario Sauro Onofri, o. c., I, pag.60.
4 Cfr. Nazario Sauro Onofri, o. c. I, pag. 241.

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