Assemblea del Cdsc-Onlus. Intervento di Costantino Jadecola: Liberatori? Proprio no!


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Studi Cassinati, anno 2017, n. 1
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di Costantino Jadecola

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ConvocAss21febbrai2017Martedì 21 febbraio 2017 presso la Sala convegni della Farmacia Europa (gentilmente concessa dal dott. Sergio Ricciuti) si è svolta l’Assemblea ordinaria dei soci del Cdsc-Onlus. Dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2016 e la discussione delle manifestazioni da tenersi nel corso dell’anno corrente ha fatto seguito, come è divenuta consuetudine, un momento culturale incentrato, in tale occasione, sulla presentazione da parte del socio Costantino Jadecola del volume Liberatori? Il Corpo di spedizione francese e le violenze sessuali di Gaetano de Angelis-Curtis, edito dal Cdsc-Onlus e pubblicato per conto del Comune di Colfelice.

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Intervento di Costantino Jadecola
Liberatori? Proprio no!

Il libro di Gaetano De Angelis-Curtis sulle truppe di colore del Corpo di spedizione francese e sulle violenze di cui costoro si resero responsabili nel nostro territorio, mi ha offerto involontariamente l’occasione per un lungo viaggio a ritroso nel tempo che si è concluso nei primi anni sessanta del secolo scorso epoca alla quale risale l’inizio del mio interesse per quello che ritenevo, e ritengo, sia stato il grande evento epocale del territorio, ancorché sottovalutato: la Seconda guerra mondiale.

A quel tempo, dalla sua conclusione erano passati appena venti anni e certe testimonianze, umane e materiali, erano ancora vive e palpitanti al punto che non era poi tanto facile avventurarsi in certi discorsi o affrontare certi argomenti.

«Ausonia era vuota», mi raccontò il medico condotto di allora. «La gente era scappata in campagna. Uomini, donne, bambini stavano nei capanni dove lasciavano le zappe, nelle forre, nelle macchie.

«Di dove salirono? E chi li vide? Vennero da destra da sinistra, ne saltava fuori uno dappertutto. No, non racconterò quello che accadde. Non ve lo racconterà nessuno qui. L’offesa, la vergogna hanno livellato tutti, non c’è famiglia che non sia stata toccata. No, non guardate quelle donne che passano. Forse erano qui in quelle due settimane. Forse non c’erano, forse sono donne di altri paesi? Non ve lo dirò. Molte, quasi tutte, sono partite, hanno convinto i loro mariti a partire. Che potevano fare ad Ausonia, dove si pena per vivere, dove ogni strada, ogni pietra, ogni sguardo sono altrettanti brutti ricordi?».

E così, come ad Ausonia, in tutti gli altri paesi coinvolti in quella vicenda. Nessuno ne parla. Ovvero, si risponde in modo evasivo. Nessuno ha voglia di ricordare un così triste periodo della loro vita per colpa di quei turpi individui, anche se qualcuno si presta a racconti che ritieni inverosimili per la crudele e sanguinaria lussuria manifestata nei confronti delle povere e martoriate donne sottoposte alle loro sevizie.

A S. Andrea le truppe marocchine aggredirono una trentina di donne e due uomini. Una maestra di 45 anni dovette sottostare durante una intera notte ad un intero plotone mentre una povera donna fu aggredita alla presenza del marito che i marocchini stessi avevano legato.

A Vallemaio, le pistole puntate, si portarono via due sorelle che per tutta la notte dovettero soggiacere ai piaceri di una ventina di individui.

Uno che c’era mi raccontò: «La fame ci tirò fuori dalle grotte dove stavamo da alcuni mesi. Usciti, ad un tratto un gruppo di queste bestie si avvicinarono e ci dissero che erano i liberatori. Allora noi tutti contenti, incoscienti, li portammo alla grotta dove stavano pure le donne (…) Tre giorni prima gli americani avevano gettato dei manifestini per avvertire la popolazione della ferocia dei marocchini, ma noi pensavamo che fosse solo propaganda. Un giorno cercai di difendere una ragazza che loro stavano molestando, ma uno di essi mi dette un gran ceffone da farmi cadere per terra e così se la portarono via. Ritornò a sera piangente. Una vecchia sessantenne fu uccisa dopo essere stata aggredita da circa 300 bestie. Altre giovanette furono spogliate nude e fatte ballare tra le urla frenetiche e bestiali di quegli individui».

Questo, almeno, mi raccontarono allora.

Il dott. Giovanni Stirpe al tempo della guerra era medico condotto a Castro dei Volsci, uno dei paesi oltraggiati. Racconta: «Non è necessario frugar nella memoria, non v’è bisogno d’evocarle. Sono sempre presenti. Le immagini d’allora furono troppo impressionanti, troppo crudeli perché il tempo possa attenuarle, possa impallidirle. Vivono con tutto lo scenario di allora. Eccolo, lo scenario: occhi spalancati, che sul viso sbiancato apparivano smisuratamente grandi, sguardo smarrito, stupefatto, doloroso, pieno di paura, specialmente quello delle vittime giovanissime, colpite dall’oltraggio bestiale. Molte, alle mie domande, rispondevano solo coi singhiozzi (…) In un attimo, si erano disvelate, ai loro occhi innocenti, tutte le sozzure più abbiette del mondo»1.

Sozzure che evidentemente si è cercato di non divulgare più di tanto se è vero che, circa quarant’anni dopo che erano state consumate, a febbraio del 1993 un cittadino belga in una lettera inviata a quasi tutti i sindaci del territorio chiedeva se rispondesse «a verità che i fucilieri marocchini» avevano «commesso atrocità in gran numero sulla popolazione, in particolare della valle del Liri». E chiariva: «Vi debbo infatti segnalare che mai – per quanto a mia conoscenza – tali tragici avvenimenti sono menzionati nella letteratura storica della seconda guerra mondiale, tanto in quella di lingua francese, quanto in quella di lingua olandese ed inglese».

Niente di cui meravigliarsi se è vero che la campagna d’Italia oltre ad essere una «guerra inutile» fu anche una vicenda ignorata. Anche qui da noi, se vogliamo.

Quanto al libro di Gaetano de Angelis – Liberatori? Il Corpo di spedizione francese e le violenze sessuali nel Lazio meridionale nel 1944, questo il titolo – uscito peraltro quasi in contemporanea con un altro suo corposo lavoro, La prima guerra mondiale e l’alta Terra di Lavoro / I caduti e la memoria, si tratta di un lavoro che spazia dalla costituzione del Corpo di spedizione francese alla sua partecipazione alla Campagna d’Italia, dalle imprese selvagge di cui quelle truppe si macchieranno sino ai postumi di queste vicende.

Un lavoro, dunque, che viene ad inserirsi a pieno titolo nella pubblicistica su quella guerra e ad interessarsi in maniera organica alla triste e tormentata vicenda delle cosiddette «marocchinate» che, a parte talune corrispondenze giornalistiche, guadagnò gli onori della cronaca e l’attenzione della politica solo grazie al coraggio, come lo definisce l’autore, del sindaco di Esperia, Giovanni Moretti, che a novembre del 1946 denunciò senza mezzi termini lo scempio avvenuto.

Scempio cui avrebbe dato ulteriore clamore la testimonianza offerta da Alberto Moravia allorché riferisce delle vicende capitate a Cesira – La ciociara, appunto – poi riprese da Vittorio De Sica per una realistica narrazione cinematografica che ha avuto il pregio di «pubblicizzarlo» nel mondo intero senza escludere quella drammatica pennellata che Tommaso Landolfi, il grande scrittore di Pico, propone nel suo suggestivo Racconto d’autunno.

Ma è proprio vero che a provocare quella tragedia nella tragedia furono le truppe di colore? Uno di loro, Pierre Lyautey, nei suoi ricordi è, infatti, di ben diverso avviso tanto da interpretare l’esultanza per la libertà, manifestata dalle donne degli Aurunci, in tutt’altro modo: « … Da ogni dove, ci sono alcune belle ragazze che gettano sui nostri bei militari marocchini degli sguardi di paura, di voglia, di desiderio»2. «E, poi, non dimentichiamoci», scrive ancora Lyautey, che ai tempi di Boccaccio «dieci uomini erano appena sufficienti per soddisfare un’italiana»3.

Aggiungo io: non dimentichiamoci nemmeno, però, che queste truppe pare non disdegnassero relazioni non solo con donne e non solo con esseri umani. Tant’è che si racconta che più di un asino, o asina che dir si voglia, sia stato oggetto della loro attenzione. Attenzione che talvolta, però, fu tempestivamente respinta al mittente con eloquenti e ben assestati calci di tacco. Allora, mi diceva l’anziano testimone oculare di una vicenda del genere capitata a Vallemaio, «è stato pure l’asino a fare la prima mossa?».

Non posso, in ultimo, non ricordare che queste truppe manifestarono tutta la loro violenza non solo sugli Ausoni, gli Aurunci ed i Lepini ma anche sulle Mainarde, come ricorda anche Gaetano, dove una testimonianza di ciò che esse fecero è resa, direi in presa diretta, in un suo diario da Celestino Di Meo, che fu anche sindaco di Vallerotonda.

E se vogliamo, ma si trattò in questo caso di un’azione di guerra, queste stesse truppe avrebbero avuto un ruolo in quella che è poi passata alla storia come la «strage di Vallerotonda» avendo sfondato un paio di giorni prima proprio dalle parti delle Mainarde la linea Gustav con ciò provocando la rabbiosa reazione tedesca che portò alla strage. Strage che, mi permetto sommessamente di ricordare, non avendo avuto dalla sua padrini resistenziali ha visto sin qui, e sono passati ormai più di settant’anni, non onorata da parte dello stato italiano la memoria di quelle vittime.

Costantino Jadecola

Costantino Jadecola

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L’avv. Giovanni Moretti sindaco di Esperia.

L’avv. Giovanni Moretti sindaco di Esperia.

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Locandina del film La Ciociara per l’ Italia.

Locandina del film La Ciociara per l’ Italia.

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Locandina del film La Ciociara per la Gran Bretagna (Two Women).

Locandina del film La Ciociara per la Gran Bretagna (Two Women).

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Locandina del film La Ciociara per la Francia (con sottotitolo La paysanne aux pieds nus).

Locandina del film La Ciociara per la Francia (con sottotitolo La paysanne aux pieds nus).

 

 

 

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Note

1 G. Stirpe, Un nido di memorie, 1989, pp. 79-80.

2 P. Lyautey, La campagne d’Italie 1944 (Souvenirs d’un goumier), Plon, Paris 1945, p. 40.

3 Ivi, pp. 166-167.

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