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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 1
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di Gaetano de Angelis-Curtis
In ricordo di Antonio Minniti Ippolito, docente di Storia moderna dell’Università degli Studi di Cassino prematuramente scomparso, che autorizzò la nostra rivista a pubblicare il suo articolo intitolato Il sarto (il dentista, il pizzaiolo …) e la battaglia. Note sulla diffusione del nome di Cassino («Studi Cassinati», nn. 1-2, gennaio-giugno 2013, pp. 31-35) che ha permesso di conoscere la singolare vicenda qui riprodotta.
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Wikhram Seth è un «affermato autore indiano» che ha ricostruito la singolare vicenda dei suoi zii, Shanti Behari Seth e la moglie Henny Gerda Caro, dopo aver frequentato per anni la loro casa londinese. Nel 1969 era giunto a Londra proveniente da Calcutta allo scopo di iscriversi all’Università di Oxford anche se non terminò i suoi studi di economia preferendosi dedicare all’attività di scrittore, raggiungendo la notorietà internazionale con il romanzo Il ragazzo giusto pubblicato nel 1993. L’anno successivo iniziò a scrivere sullo zio Shanti in quanto «aveva avuto una vita e, una volta morto, la sua storia sarebbe stata sepolta con lui» e in cinque mesi, tra giugno e settembre 1994, ebbe «una serie di conversazioni abbastanza lunghe» con lui1. Tale testimonianza orale, cui si aggiunse della documentazione scritta (lettere, cartoline ecc.) e fotografica, nonché il fortuito ritrovamento di un baule hanno consentito a Vikram Seth di ricostruire le vicende di vita e le personalità di suo zio Shanti e di sua zia Hanny che si ritrovano nel libro che l’autore volle intitolare Due vite (Two lives) in quanto si tratta di una doppia biografia perché la «voce di Hanny» ha avuto un «ruolo altrettanto forte di quello» di Shanti2. Il volume «è stato non soltanto un viaggio nella loro storia, ma anche una specie di pellegrinaggio nella loro geografia»3, una meditazione intrecciata su due persone vissute completamente nel Novecento, un secolo caratterizzato dal Terzo Reich, dalla seconda guerra mondiale dalla Shoah, dal muro di Berlino e dalla divisone della Germania, dalla nascita di Israele con le questioni della Palestina, dalla conquista dell’indipendenza dell’India con il Movimento di indipendenza indiano (Raj).
Inoltre «una parte drammatica di Due vite è dedicata a rievocare, sulla base delle testimonianze di Shanti (e di altre fonti), alcune fasi della battaglia di Cassino. Si descrive il ruolo delle truppe indiane, americane e polacche, i tentativi di attraversamento del fiume Rapido da parte inglese e indiana, le azioni dei francesi, dei marocchini ecc. Shanti Seth si trova in quello scenario, vedendo per la prima volta la guerra, contribuendo a prestare assistenza ai feriti, in una tenda-ambulatorio posta a poca distanza dalla linea di fuoco. Shanti descrive il bombardamento del 15 marzo, la conquista della collina del Castello [Rocca Janula] da parte dei Neozelandesi, gli assalti delle truppe indiane e gurkha sulle pendice del Monte. Nel corso di questa fase dello scontro, un bombardamento colpì l’ambulanza del medico indiano provocandogli la perdita di un braccio. Tornato in Inghilterra, malgrado ciò, Shanti riuscì a svolgere con successo la professione dentistica. Lo sterminio degli ebrei da un lato, e la guerra, simboleggiata dal terribile ricordo della battaglia di Cassino, dominano in definitiva ogni pagina di questo romanzo che ha avuto diffusione in tutto il mondo»4.
Hanny (Hennerle) Gerda Caro, figlia di un commerciante, era nata a Berlino il 13 dicembre 1908. La sua famiglia era ebrea tedesca anche se lei, almeno quando si era trasferita a Londra, non era praticante né frequentava le funzioni religiose, neppure quelle più importanti come lo Yom Kippur5. Terminato il liceo superiore, trovò impiego dal 17 marzo 1926, nella compagnia di «Assicurazioni sulla vita Mannheiner» dalla quale fu licenziata il 30 giugno 1937 in conseguenza delle leggi razziali. Quindi entrò come segretaria nello studio di un avvocato anch’egli ebreo ma il lavoro ebbe termine a fine 1938 quando il professionista emigrò all’estero6. Hanny riuscì a lasciare la Germania il 25 luglio 1939, poco prima dello scoppio della guerra. Da Berlino raggiunse Amburgo e, via mare, Southampton, quindi Londra7. Nella capitale tedesca aveva lasciato la sorella Lola e la madre Gabriele (Ella) mentre il fratello Heinz era riuscito a emigrare in Bolivia nel 1938, per trasferirsi in vari Stati dell’America Meridionale e morire poi nel 19538. Quando Hanny arrivò a Londra trovò lavoro prima come governante, poi come bambinaia presso una famiglia canadese quindi, dal febbraio 1940, come impiegata in una piccola azienda, i cui proprietari erano di origine tedesca, che produceva e vendeva articoli farmaceutici e di cui assunse, nel dopoguerra, funzioni dirigenziali. Allo scoppiò della guerra molti tedeschi, anche ebrei, che vivevano in Gran Bretagna furono internati nell’isola di Man e poi portati in Canada o in Australia. Henny, invece, rimase a Londra in una situazione di costante pericolo conoscendo, come tutti, una vita quotidiana difficile, fatta di ore di lavoro, privazioni, penuria e razionamento9 e sempre in apprensione per la sorte della sorella Lola e della madre Ella in Germania con le quali riuscì a scambiare, attraverso la Croce Rossa, tre lettere nel 194210. Mamma e figlia furono poi arrestate a Berlino nella primavera del 1943 e il 17 maggio furono deportate. Ella Caro giunse nel ghetto di Theresienstadt, o Terezìn, in territorio dell’ex Cecoslovacchia, invece Lola fu destinata ad Auschwitz-Birkenau e tutte e due morirono nell’arco di qualche mese11.
Shanti Behari («colui che reca la pace») Seth era nato «l’ottavo giorno dell’ottavo mese dell’ottavo anno del ventesimo secolo», (8 agosto 1908), a Biswan una cittadina dell’India settentrionale. Il padre era già morto da qualche mese di peste quando Shanti, ottavo figlio, venne alla luce12. Dopo le scuole elementari, Shanti frequentò la scuola superiore di teosofia a Benares diplomandosi con il massimo dei voti e ottenendo una borsa di studio13. Quindi si applicò in fisica e chimica per poi decidere di continuare gli studi in una Università europea. La sua domanda di iscrizione ai Corsi di odontoiatria fu accettata dalle Università di Parigi e di Berlino mentre non prese in considerazione quelle britanniche a causa dell’elevato costo delle tasse. Partì da Benares e percorrendo una insolita e pericolosa strada, attraversando il deserto e il Mediterraneo, giunse a Parigi. Ebbe in impatto negativo con la capitale francese per cui si imbarcò subito dopo a Calais raggiungendo la sorella a Londra. Nel luglio 1931, a ventitré anni, senza sapere nemmeno una parola di tedesco partì per Berlino. Cominciò a frequentare corsi di lingua per studenti stranieri, poi le lezioni dell’Istituto odontoiatrico dell’Università Freiderich-Wilhelm non solo su materie specifiche come materiali e metodi odontoiatrici, medicina, anatomia, fisiologia, istologia, farmacologia e chirurgia, della durata di quattro anni e molto impegnativi poiché iniziavano alle otto di mattina per terminare alle otto di sera, ma anche di latino, lingua che mai aveva avuto occasione di studiare, il cui esame scritto e orale era obbligatorio per il proseguimento degli studi. Per di più egli era giunto in Germania negli ultimi anni della Repubblica di Weimar caratterizzati da una instabilità politica che portò, poco dopo, all’ascesa al potere di Hitler e del nazismo nel 1933, da un elevatissimo tasso di disoccupazione e da una forte crisi economica-finanziaria mentre nel resto del mondo si stavano manifestando le conseguenza della Grande depressione dopo la caduta della Borsa di Wall Street. Due mesi dopo il suo arrivo a Berlino una grana di carattere finanziario si abbatté su Shanti, sul piano personale. Infatti egli aveva portato con sé, per le sue esigenze personali, una somma di denaro pari a nove sterline al mese che aveva provveduto a depositare in una banca a Berlino. Tuttavia proprio in quei giorni fu sospeso il Gold standard, lo standard aureo nel quale l’Inghilterra era rientrata nel 1925 fissando, per motivi di prestigio, un alto tasso di cambio da cui era scaturita un’ondata di disoccupazione e inflazione finché nel settembre 1931 la Gran Bretagna lasciò svalutare la sterlina. Quando Shanti corse in banca si accorse che «in un colpo solo i suoi fondi si erano praticamente dimezzati». Non poteva risparmiare nell’acquisto di libri, nemmeno poteva rinunciare a vitto e alloggio. Si abituò «a risparmiare e a tirare la cinghia». Faceva qualche lavoretto saltuario e poi iniziò a cambiare ogni mese sistemazione cercando un posto sempre più economico per il pernottamento. Agli inizi del 1933 lasciò l’alloggio nell’appartamento di una cantante lirica e si spostò in quello della famiglia Caro nel centro di Charlottenburg, quartiere di Berlino. La morte del capofamiglia aveva indotto la vedova, con i suoi tre figli, a locare la stanza degli ospiti in modo da essere aiutata, con quest’entrata mensile, a corrispondere l’affitto dell’immobile di cui non era proprietaria. La più grande delle due figlie era Lola, poi c’era Hanny, quindi Heinz, il figlio maschio (88-92). Lola sembrava quella più affezionata a Shanti, lo sosteneva nel superare i momenti più difficili, lo aiutava nella correzione delle tesine, nella stesura delle relazioni che all’occorrenza batteva a macchina. A Shanti però piaceva Hanny anche se era già fidanzata con Hans, il figlio del suo principale, che era un Mischling, cioè un mezzo sangue in quanto la madre era ebrea14.
Mentre Shanti seguiva i corsi all’Università, Hitler era salito al potere. Subito dopo iniziarono le persecuzioni degli ebrei nonché fu dato avvio a una legislazione che vietava loro lo svolgimento di attività professionali. Come studente straniero non si sentì escluso da docenti e colleghi, non fu oggetto di attacchi né subì particolari ritorsioni. Nel 1936 poté assistere alle Olimpiadi che si disputarono a Berlino. Un giorno, mentre era a passeggio in un parco cittadino, incontrò da vicino Hitler: «Aveva un ponte in bocca ed era truccato con il rossetto e tutto quanto». Inizialmente Shanti pensò che il führer fosse un «omosessuale» ma in seguito scoprì «che dovevano filmarlo a colori»15.
In quello stesso anno, il 1936, Shanti superò l’esame di Stato in odontoiatria con il massimo dei voti. Sei mesi dopo conseguì anche il dottorato. Aveva discusso una tesi sperimentale che lo aveva visto impegnato nell’esame al microscopio di vari «campioni rappresentativi di denti con diversi tipi di otturazione». Il lavoro di ricerca svolto sui cambiamenti dello smalto dentario e della dentina in relazione ai diversi tipi di materiali usati per l’otturazione aveva finito per affascinarlo, facendogli rammentare «con stupore di quando in passato odiava l’idea di studiare odontoiatria». Il suo professore intendeva farlo assumere all’Università come suo assistente, cosa che non poté concretizzarsi perché fu richiamato e redarguito dal Partito nazista avendo proposto l’assunzione di uno straniero quando c’erano studenti tedeschi disoccupati. Dunque Shanti, che non poteva svolgere la professione di dentista in Germania né lavorare nell’Università tedesca, decise di lasciare il Paese. «La prese male» anche se in quel momento non comprese appieno la fortuna di poter abbandonare la Germania. Nel 1937 tornò a Londra. Tuttavia in Gran Bretagna il titolo conseguito in Germania non era riconosciuto. Dovette perciò iscriversi a una Università britannica, scegliendo quella di Edimburgo, e specializzarsi nuovamente in odontoiatria. Mentre si trovava nella città scozzese tornò per due volte a Berlino dove trovò una situazione notevolmente peggiorata per gli ebrei16. Shanti acquisì il nuovo titolo accademico a Edimburgo velocemente facilitato dal fatto che «in Germania l’odontoiatria era più evoluta che in Gran Bretagna». Tornò a vivere a Londra. Tuttavia pur con «due specializzazioni», una conseguita a Berlino e l’altra a Edimburgo, era senza un impiego fisso. Poche le opportunità di lavoro per cui era «in gravi ristrettezze economiche». Iniziò a sostituire un collega gravemente malato, senza grande profitto economico. Avrebbe potuto far ritorno in India e aprire un ambulatorio, come gli chiedevano i fratelli e la famiglia, ma lì la sua qualifica ottenuta in Germania non era riconosciuta né, tuttavia, volle farlo. «Forse per sé vedeva un futuro migliore in Inghilterra». Comunque sia si ritrovò bloccato in Gran Bretagna con lo scoppio della guerra17.
Shanti si arruolò nel febbraio 1940. Aveva 32 anni. Entrò nell’Esercito con il grado di tenente. Svolse l’addestramento prima a Chester e poi a Cardiff dove rimase nove mesi. Poi fu mandato al fronte in Africa. Arrivato via mare a Suez, giunse al Cairo e fu destinato a Kharthoum in Sudan. Dopo qualche mese fu spostato all’ospedale di Gebeit, una località sul mar Rosso, dove erano ricoverati molti indiani che avevano partecipato alla campagna di Eritrea. Tra i feriti c’erano pure vari «soldati nemici, per lo più italiani e qualche tedesco»18. Nel 1942 fu promosso capitano e fu spostato in una località lungo il canale di Suez a dirigere una unità dentistica composta da sei persone19. Con la sconfitta italo-tedesca di El Alamein e la fine della campagna d’Africa, Shanti fu destinato a Trablous, una città della Siria, entrando a far parte del personale sanitario dell’ambulanza di campo n. 17. A Trablous una femmina di coniglio, completamente bianca, si infilò nella tenda di Shanti. Quando il dentista indiano aveva allungato la mano, l’animaletto gli era saltato in braccio. Decise allora di prenderlo con sé affibbiandogli il nome di Chuk-Chuk a imitazione del rumore che faceva quando fiutava qualcosa. Ben presto divenne la mascotte del gruppo e seguiva l’ambulanza da campo ovunque andasse. Dopo aver trascorso quasi un anno in Siria, verso la fine del 1943 l’unità di Shanti fu trasferita in Italia, imbarcata su una delle navi del convoglio che giunse a Bari. Da lì, sempre sotto una pioggia incessante e un freddo pungente, giunse a Potenza per poi essere avviata sul fronte di Cassino dove operava la 4ª Divisione indiana20 accanto alla 2ª neozelandese che «erano state in grado di ottenere una lunga serie di vittorie nei primi giorni della guerra»21.
«Shanti rimase nell’area di Cassino per parecchi mesi. Era la prima volta che vedeva da vicino della operazioni belliche ad alta intensità». Aveva imparato a capire quando sarebbe stato lanciato un attacco importante tramite varie indizi come la presenza di religiosi oppure quando veniva impartito l’ordine di scavare delle fosse, perforando anche il suolo roccioso, che sarebbero diventate le tombe provvisorie dei soldati caduti in battaglia22. La natura montuosa del terreno su cui si fronteggiavano gli eserciti aveva finito per modificare anche l’intervento delle cure sanitarie ai militari feriti. Infatti le unità chirurgiche da campo venivano allestite nelle tende o sotto teloni legati ai camion che seguivano gli attacchi: «i medici andavano dai loro pazienti e non viceversa». Anche l’«unità odontoiatrica di Shanti si trovava in una di queste ambulanze da campo». La sua tenda ambulatorio misurava circa tre metri e mezzo per tre ed era stata piazzata su una collina da cui si potevano osservare i tedeschi con il binocolo. Pur se era a ridosso della prima linea, lì nei pressi della tenda non erano state scavate trincee e i proiettili schizzavano sulla testa di Shanti «come treni espresso». Un giorno volle avvicinarsi ancor di più alla linea di combattimento. Giunse nelle vicinanze di una collinetta e vide una casa semidistrutta da un recente bombardamento. Addentrandosi tra le macerie scorse dei giocattoli di
bambini lì abbandonati e del pane non ancora sfornato che non riuscì nemmeno a mangiare. Shanti aveva portato con sé dalla Siria il coniglietto Chuk-chuk che scorrazzava liberamente sulla linea del fronte. Un giorno però scomparve e non fu più ritrovato da che ne dedusse che qualcuno dei soldati l’avesse catturato e mangiato23.
Un mese dopo la distruzione del monastero di Montecassino del 15 febbraio24, toccò alla città di Cassino. L’attacco aereo fu lanciato il 15 marzo25. Seguì quello terrestre che vide impegnate strenuamente, anche nei giorni successivi, le divisioni neozelandesi e indiane, ma senza evidenti risultati. Il secondo giorno della battaglia, il 16 marzo26, Shanti ricevette un messaggio «battuto a macchina con inchiostro blu» che riportava la firma di un colonnello apposta «con inchiostro color seppia sbiadito». Proveniva dal «Flambo (il settore amministrativo avanzato del quartiere generale delle forze alleate in Italia)», era diretto al Quartier Generale della 4ª divisione indiana e riportava l’indicazione «molto urgente. Segreto». Con esso si ordinava al dott. Shanti e «alla piccola unità odontoiatrica che gestiva», formata da quattro unità, di ritirarsi il più presto possibile, con l’ambulanza attrezzata da campo e le scorte in dotazione, dalla posizione occupata per trasferirsi in un ospedale ubicato nella città di Cancello (probabilmente Cancello Arnone). Nonostante tutt’attorno infuriasse la battaglia con esplosione di bombe d’artiglieria e mortai, Shanti decise di non ritirarsi immediatamente «ma di aspettare ancora un giorno perché quella sera i suoi amici volevano fare una piccola festa d’addio in suo onore» e continuò a operare i malati. Poi nel pomeriggio, mentre era da solo seduto dietro a delle scatole in cui era riposti gli attrezzi tenendo al di sopra di esse una mano, la tenda fu investita da una forte esplosione27. Quando ritirò la mano si accorse che era «staccata e pendeva dalla pelle». Provò un «dolore spaventoso» mentre perdeva copiosamente sangue. Rimase fermo per una ventina di minuti. La battaglia infuriava ancora ma nessuno sapeva che lui fosse lì. Decise allora di correre sotto i bombardamenti e raggiungere i suoi colleghi medici. Gli fecero prima una, poi una seconda iniezione di morfina finché svenne. «I medici arrestarono l’emorragia e gli amputarono l’avambraccio» destro dieci centimetri sotto il gomito. La mattina dopo fu trasportato nell’ospedale britannico di Caserta dove ricevette la visita anche del gen. Alexander. Non riusciva a capire perché i tedeschi avessero bombardato la sua postazione. Infatti tra i contendenti si era formato una «specie di accordo che nessuna delle due parti avrebbe bombardato il personale medico dall’altra parte». Anche quando l’ambulanza aveva viaggiato di
notte ben visibile al nemico non era mai stata colpita. A complicare il quadro clinico personale di Shanti c’era anche una frattura del radio dello stesso braccio destro, proprio sopra il punto di amputazione, come egli stesso si era autodiagnosticato. Invece il medico inglese che lo aveva visitato non volle nemmeno prescrivergli una radiografia. Da Caserta inviò due lettere scritte in stampatello, iniziando a usare la sinistra, ad Hanny a Londra per informarla dell’accaduto. Quindi fece ritorno in Inghilterra su una nave ospedale. Fu mandato all’ospedale di Nottingham e dopo circa un mese in quello di Roehampton specializzato in protesi. Qui gli misero a punto una protesi in metallo e pelle in cui infilare il moncherino. Era «dotata di due meccanismi: uno per far ruotare la mano sul suo asse e un altro per staccarla e sostituirla con diversi congegni». Pur tuttavia non riuscì mai a utilizzare la protesi. Effettivamente il braccio si era fratturato come si era autodiagnosticato ma dopo vario tempo le ossa si erano saldate in posizione errata per cui avrebbe dovuto essere sottoposto a un’operazione chirurgica con il pericolo di perdere, se si fossero palesate delle difficoltà, anche il gomito. Non volle così farsi operare ma non poté usare per il resto della sua vita nessun congegno o tenere nulla che fosse più pesante di un guanto. A maggio 1944 fu dimesso dall’ospedale28.
A quasi un anno di distanza, nell’aprile 1945, Shanti ricevette una lettera dall’Ufficio di guerra con la quale gli veniva comunicato che dal primo giugno successivo, essendo impossibile trovargli un impiego nel Corpo odontoiatrico dell’Esercito, sarebbe stato relegato «nello stato di disoccupazione». In seguito gli fu concessa una pensione di invalidità e un contributo per il «livello ridotto di occupazione». Nel frattempo aveva iniziato a cercare lavoro. Dopo vari infruttuosi tentativi fu assunto dall’«Amalgamated Dental Company» che a quei tempi «era la più grande azienda specializzata in materiali odontoiatrici dell’Inghilterra». Scriveva resoconti e rapporti che faceva circolare in tutti gli uffici della società. Per le dimostrazioni ai clienti, poiché il braccio artificiale limitava i suoi movimenti, iniziò «ad avvalersi di filmati» per integrare le sue conferenze. Cominciò a girare in Europa (Norvegia, Danimarca) per promuovere la vendita dei prodotti odontoiatrici, nonché incontrò «gli studiosi e i professionisti più importanti del settore»29.
Tuttavia quel lavoro non lo soddisfaceva pienamente. Il suo sogno era quello di svolgere una professione autonoma, era quello di fare il dentista per cui aveva studiato. Entrò in contatto con un dentista dell’Inghilterra settentrionale che l’8 agosto 1918, nel corso della Prima guerra mondiale, a causa di una bomba di carro armato aveva perso il braccio destro. Tornato alla vita civile aveva continuato a esercitare la professione eseguendo estrazioni e applicando protesi, ma non praticando otturazioni. Nelle lettere che si scambiarono fu molto generoso di consigli su come potesse svolgere facilmente il lavoro, lo sostenne moralmente portando ad esempio il suo caso perché oltre a fare il dentista andava a ballare, a pescare, a sparare, a guidare attraversando in macchina mezza Europa30. Shanti allora iniziò a esercitarsi usando gli «strumenti odontoiatrici con la mano sinistra su calchi in gesso». Non aveva il coraggio di fare pratica su un paziente finché non ricominciò a fare qualche medicazione e otturazione in uno studio di un amico. Poi aprì un suo studio. La clientela divenne sempre «più numerosa grazie al passaparola … A mano a mano che il tempo passava, Shanti ampliò il suo repertorio tecnico, adottando i metodi standard all’uso di una mano sola. Operava sulle gengive, estraeva i denti del giudizio. L’unica cosa che non poteva fare era suturare». Un aspetto importante per lui che aveva perso il braccio destro, riguardava la sua posizione rispetto al paziente. Infatti «ogni dentista destrimano lavora sul lato destro della sedia, dal punto di vista del paziente». Allora Shanti fece sistemare il suo laboratorio in modo da lavorare dal lato sinistro. Tuttavia gli riuscì «praticamente impossibile» lavorare in quel modo. «Anche con la mano sinistra» continuò «a lavorare sulla destra della sedia». Nonostante, dunque, avesse perso il «braccio destro durante la guerra, continuò a lavorare dallo stesso lato della poltrona come i dentisti destrimani. In conseguenza di ciò soffrì di dolori alla schiena per tutta la sua vita lavorativa»31.
Shanti e Hanny si fidanzarono nel 1949 e si sposarono il 20 luglio 1951. Un matrimonio durato trentotto anni e un’amicizia durata cinquantasei in cui avevano formato una «coppia abbastanza strana …: lui basso e tozzo, lei slanciata, magra e con i tacchi alti torreggiava su di lui»32. «Forse non fu una passione idilliaca ricambiata, ma fu un rapporto profondo e duraturo»33. Dopo la luna di miele in Svizzera erano andati a vivere in una villetta al n. 18 di Queens Road a Londra che Shanti aveva acquistato nel 1948. Nella stanza più luminosa del pianterreno c’era lo studio dentistico. Al primo piano c’erano le camere da letto e più su una soffitta dove, dopo la morte di Hanny, fu ritrovato casualmente un piccolo baule marrone rossiccio da nave contenente un «tesoro»: album fotografici, fogli di poesie, libri, raccoglitori con lettere ricevute e spedite relative al decennio degli anni ‘40. Quella fortuita scoperta ha consentito all’autore di ripercorrere anche la vita della zia Hanny consentendogli di intitolare il suo libro, appunto, Due vite.
I disturbi cronici al cuore e ai polmoni costrinsero Shanti a porre termine all’attività professionale dopo aver superato abbondantemente la soglia dei settant’anni. Aveva problemi cronici alla schiena, al collo e al ginocchio, soffriva di claustrofobia, di mal di testa e insonnia ma soprattutto era malato di cuore. Nel 1980 era stato colpito da trombosi coronarica, quindi era stato ricoverato per un embolo ad una gamba34. Tuttavia ogni volta che si riprometteva di andare in pensione, per un motivo o un altro, ricominciava a lavorare finché la moglie Henny fece staccare la sedia da dentista dal pavimento del suo ambulatorio in modo che non la potesse più usare e poi la vendette35.
Il lavoro fu al centro di tutta la sua vita. «Gli piaceva mettere in pratica le sue capacità, risolvere i problemi e aiutare la gente. Siccome un dentista, nell’esercizio della sua professione, a volte deve infliggere dolore, è raro che sia amato, proprio come accadeva a un vigile urbano, ma Shanti lo era senz’ombra di dubbio»36. Il giovane studente che «considerava l’odontoiatria di per sé una professione sgradevole», che detestava con tutte le sue forze l’odontoiatria37 e al quale «ripugnava l’idea di passare la vita a infilare le dita nella bocca di altra gente era arrivato, durante la sua carriera, al punto di interrompere una cena la vigilia di Natale per fare proprio una cosa del genere» andando a curare un paziente affetto da un «ascesso enorme» e molto doloroso38. Se in tempo di guerra bisognava avere un atteggiamento più drastico nei confronti delle cure ai denti e alla loro conservazione in quanto i soldati impiegati al fronte o nelle retrovie dovevano avere i denti in ordine almeno per un anno, e dunque «nel dubbio strappare, era la filosofia prevalente»39, in tempo di pace la filosofia da dentista di Shanti era per metà quella di lenire il dolore, per «l’altra metà era conservare i denti. Diversamente da molti colleghi riteneva che l’estrazione fosse l’ultima risorsa»40. «Shanti era un uomo ammirevole, di grande coraggio e intelligenza, era affettuoso e aveva il senso della famiglia»41. Doveva avere anche uno spiccato senso dell’umorismo perché una volta Colin, uno dei vicini di casa che si prese cura di lui negli ultimi anni di vita, venne in viaggio in Italia e giunto a Montecassino lo chiamò al telefono per dirgli dove si trovava. Allora Shanti gli chiese: «L’hai trovato?» e Colin rispose: «Che cosa?» ed egli disse: «Il mio braccio, naturalmente»42.
Hanny (Hennerle) Gerda Caro, affetta da mielofibroma, morì di tumore il 7 aprile 1989.
Shanti Behari Seth morì dieci anni più tardi, il 2 maggio 1998. Da giovane aveva incontrato un amico di suo fratello maggiore, responsabile delle prigioni nel Kashmir, che aveva compiuto studi di chiromanzia e faceva dei calchi di gesso delle mani dei criminali. Shanti gli aveva chiesto di osservare le sue mani ed egli gli disse: «Andrai all’estero, ma non seguirai un percorso normale, e non riuscirai a fare quello che vuoi. Farai la guerra, sarai ferito alla testa e dopo la guerra l’India diventerà indipendente»43.
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NOTE
1 V. Seth, Due vite, Trad. Stefano Beretta, Teadue, Milano 2008, pp. 61-62.
2 Ivi, p. 200.
3 Ivi, p. 515.
4 Ivi, p. 32.
5 Ivi, p. 371.
6 Ivi, pp. 424-425.
7 Ivi, p. 119.
8 Ivi, pp. 367-368.
9 Ivi, p. 126.
10 Ivi, pp. 149-151.
11 Ivi, p. 232.
12 Ivi, p. 67.
13 Ivi, p. 78.
14 Ivi, pp. 90, 114.
15 Ivi, p. 107.
16 Ivi, pp. 108-114.
17 Ivi, pp. 116-118.
18 Ivi, p. 129.
19 Ivi, p. 134.
20 La 4ª Divisione Indiana, era così composta: 5ª brigata fanteria, 1/4 Essex, 1/6 Rajputana Rifle, 1/9 Gurkha Rifle, 7ª brigata fanteria, 1° Royal Sussex, 4/6 Punjab, 1/2 Gurkha Rifle, 11ª brigata fanteria, 2° Cameron Highlanders, 4/6 Rajputana Rifle, 2/7 Gurkha Rifle; Unità divisionali: rgt. ricognizione Central Indian Horse, 1°, 11°, 31° rgt. art. media ind., 149° rgt. controcarro ind., 27° rgt. contraereo leggero, 4ª, 12ª, 21ª compagnia genio, 11ª compagnia campale, 5° plotone pontieri e sminatori, 6° btg MMG Rajputana; comandanti: maggior generale Francis I. S. Tuker, sostituito dal brigadier generale H. K. Dimoline il 6 febbraio 1944, a sua volta sostituito dal maggior generale A. B. Galloway il 9 marzo 1944 (www.dalvolturnoacassino.it). In seguito alle precauzioni adottate dopo la rivolta avvenuta in India nel 1857, le brigate delle divisioni indiane erano formate da due battaglioni con truppa indiana e ufficiali inglesi e un battaglione interamente inglese.
21 V. Seth, Due vite … cit., pp.157-158 in cui è citato F. Majdalany, Cassino ritratto di una battaglia, Mondadori, Milano 2003, pp. 97-98.
22 Secondo alcuni studi il numero di soldati Gurkhas, musulmani indiani e Sikhs morti nel corso della due guerre mondiali ammonterebbe a 83.000 unità (e più di 109.000 feriti). Nel corso del Secondo conflitto mondiale molti caddero in Italia in specie a Cassino, ricordati, dopo la loro cremazione, nel sepolcreto del Cimitero del Commonwealth di S. Angelo in Theodice. «Sikh è un fede religiosa nata tra il XV e il XVI secolo e i Sikhs sono numericamente il quinto gruppo religioso del mondo, contando su 23.000.000 milioni di fedeli». I Sikhs «hanno una spiccata vocazione militare che li ha sempre portati a ricoprire un ruolo rilevante negli eserciti coloniali operanti in India e poi nell’Indian Army della nazione finalmente indipendente». Erano l’etnia maggioritaria dello Stato del Punjab prima del rimaneggiamento del 1947 quando in gran parte fu aggregato al Pakistan (A. Minniti Ippolito, Il sarto (il dentista, il pizzaiolo …) e la battaglia. Note sulla diffusione del nome di Cassino, in «Studi Cassinati», nn. 1-2, gennaio-giugno 2013, pp. 31-32).
23 V. Seth, Due vite … cit., pp. 159-161.
24 I primi battaglioni della 4ª Divisione Indiana, formata dalla 7ª brigata fanteria affiancata dal 1/9 Gurkha (5ª brigata) e dal 4/6 Rajputan (11ª brigata) come riserva divisionale, erano giunti in zona di operazioni il 10 febbraio 1944. Il loro compito era quello di attendere il bombardamento di Montecassino, programmato inizialmente per il successivo 13, e nella sera assalire le macerie del monastero. Oltre ai problemi sorti nel portare in linea i reparti e nel rifornirli adeguatamente, le difficoltà nascevano dalla pessime condizioni climatiche e dal fatto che ogni spostamento dovesse avvenire di notte perché la zona d’operazioni era sotto osservazione dei tedeschi. Conseguentemente il bombardamento fu posticipato dal 13 al 15 febbraio. Il gen. Dimoline chiese, invano, un nuovo rinvio ma il gen. neozelandese Freyberg fu irremovibile. Per di più a causa del previsto peggioramento delle condizioni meteorologiche il bombardamento invece che nel pomeriggio del 15 fu anticipato alle ore 9.30 della mattina. Ciò non consentì nemmeno il ritiro delle compagnie avanzate indiane fino a una linea di sicurezza. Alla fine del bombardamento i plotoni indiani e inglesi si apprestarono all’attacco verso le 23.30, cioè otto ore dopo la distruzione del monastero. Tutta l’azione si risolse in un completo fallimento (L. Cavallaro, Cassino. Le battaglie per la Linea Gustav, Mursia, Milano 2004, pp. 134-135).
25 Per la terza battaglia di Cassino, che prevedeva la distruzione totale della città, agli indiani fu affidato il compito di raggiungere le macerie del monastero combattendo lungo il ripido pendio di monte Cassino. Ancora a causa delle pessime condizioni meteorologiche la data del bombardamento fu rinviata varie volte finché fu fissata al 15 marzo. Nel frattempo, dal primo all’11 marzo, i «genieri della 4ª, 12ª e 21ª compagnia genio indiana e della 6ª compagnia campale genio neozelandese lavorarono giorno e notte per completare l’opera di ristrutturazione» di una mulattiera che collegava la frazione di Caira a Masseria Albaneta, trasformata in una strada, denominata «Cavendish Road», sulla quale far transitare i carri armati al fine di sorprendere alle spalle i tedeschi a Montecassino. Inoltre ai gurkha della 5ª brigata indiana fu affidato il «difficile compito» di risalire di notte, partendo da Rocca Janula, il monte Cassino raggiungendo quota 435, Monte Venere, la cosiddetta «Collina del Boia» (Hangman’s Hill come la chiamavano gli alleati o Galdenberg, Collina del patibolo o della forca, come la definivano i tedeschi e non Collina dell’Impiccato come erroneamente riportato in alcuni testi), e da lì lanciare l’assalto finale alle macerie del monastero, distante 300 metri. Il gen. Dimoline, comandante della divisione indiana, si mostrò «contrario al piano di attacco per la sua unità. Le alternative che egli propose non furono accolte e il 9 marzo fu sostituito dal maggior generale A. B. Galloway, anche lui alla prima esperienza di comando divisionale». Il 15 marzo alle ore 8.30 le prime formazioni di bombardieri giunsero su Cassino lanciando il loro carico di bombe e «per sbaglio» alcune colpirono «anche le retrovie della 4ª divisione indiana sul massiccio montuoso» provocando alcune vittime. Al termine del bombardamento, alla sera, nell’oscurità e sotto una pioggia battente, iniziò l’attacco terrestre. Alcune unità della 5ª brigata raggiunsero Rocca Janula, mentre invece alcune compagnie di rajputana in marcia verso Rocca Janula furono oggetto di un tale «violento sbarramento di artiglieria tedesca» che poterono riprendere a operare solo la sera seguente. Altre compagnie iniziarono la risalita verso quota 435 sotto il continuo fuoco nemico e una di esse, verso l’alba del 16, riuscì ad occuparla ma rimase isolata (L. Cavallaro, Cassino … cit., pp. 158-167).
26 Il 16 marzo fu avviato l’attacco dei battaglioni neozelandesi. Tuttavia verso mezzogiorno la spinta offensiva poteva considerarsi terminata di fronte alla tenace difesa attuata dai tedeschi e alle difficoltà incontrate nel far avanzare i mezzi corazzati tra le macerie della città. Nello stesso giorno «anche 12 cacciabombardieri della Luftwaffe fecero la loro apparizione nei cieli di Cassino alle 17.50 per attaccare il ponte da poco costruito sul fiume Rapido» (L. Cavallaro, Cassino … cit., pp. 169-170).
27 Shanti racconta al nipote Vikram che la sua unità dentistica si trovava a ridosso della linea di combattimento su una altura circostante da cui era possibile vedere i tedeschi con il binocolo. Va presupposto che egli si trovasse su qualche collina nei dintorni di Cassino. Le più vicine al fronte erano quelle comprese nella fascia che da S. Elia Fiumerapido, Portella, Selvotta, S. Michele va a Cervaro, incluse le balze a metà costa di monte Trocchio che già ospitavano vari «OP» («Observer point», Punti di osservazione allestiti dagli alleati). Oltretutto proprio nei pressi di monte Trocchio scorre il fiume Gari-Rapido lungo il cui corso erano stati allestiti, per consentire l’attraversamento a opera dei mezzi militari, alcuni ponti di barche bombardati dalla Luftwaffe nel pomeriggio del 16 marzo. In quest’ultimo caso si potrebbe ipotizzare che Shanti si sia venuto a trovare nei pressi dell’attacco aereo e che qualche bomba sia stata sganciata volutamente o meno, o sia giunta accidentalmente o meno, fin dove erano ubicate le unità sanitarie.
28 V. Seth, Due vite … cit., pp. 165-172.
29 Ivi, pp. 177-182.
30 Ivi, pp. 183-185.
31 Ivi, pp. 186-192.
32 Ivi, p. 402.
33 Ivi, pp. 454-455.
34 Ivi, pp. 39-40.
35 Ivi, p. 445.
36 Ivi, p. 443.
37 Ivi, p. 89.
38 Ivi, pp. 88, 444.
39 Ivi, p. 122.
40 Ivi, p. 444.
41 Ivi, p. 513.
42 Ivi, p. 497. Anche Wikram Seth visitò, nel novembre 1994, Montecassino.
42 Ivi, p. 81.
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VIKRAM SETH, Due vite (Two Lives), Traduzione Stefano Beretta, Teadue, Milano 2008, pagg. 527, illustr. col. e b./n.; f.to cm. 12,7×19,7; ISBN 978-88-502-1543-0; € 9,40
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