Recensioni Bibliografiche.


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«Studi Cassinati», anno 2022, n. 2
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Mariano Dell’Omo, Tra carte e codici. Studi sull’Archivio e la Biblioteca di manoscritti di Montecassino tra Medioevo e Età moderna, Miscellanea Cassinese, Montecassino 2021, pagg. 895, illustr. col. e b./n.; f.to cm. 18,5×25,5; ISBN 978-88-8256-089-8

 

 

Dom Mariano Dell’Omo, conoscitore profondo e autorevole delle cose cassinesi e archivista validissimo di Montecassino, ha licenziato un ponderoso volume di ben 895 pagine. Dedicato a Dante Alighieri nel settecentesimo centenario della morte, la considerevole pubblicazione appare aperta dalla Presentazione dell’abate Donato Ogliari, dalla Prefazione di Massimo Miglio presidente dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dall’Introduzione a firma dello stesso Autore e chiusa da una Appendice contenente la bibliografia completa della produzione scientifica di dom Mariano generata nell’arco di un quarantennio di studi e ricerche.

Il volume si compone complessivamente di 26 saggi suddivisi equamente tra le due parti di cui appare strutturato, con la prima dedicata alle «carte» e la seconda ai «codici». Si tratta di una «densissima miscellanea» di saggi relativi a documenti e libri manoscritti conservati nell’Archivio cassinese che dom Mariano ha già avuto modo di dare alle stampe in un arco temporale di poco più di un ventennio che va, cioè, dal 1998 al 2020, pubblicandoli in riviste, in volumi monografici o collettanei, in studi o scritti in onore di eminenti personalità, oppure in atti di convegni. Le materie trattate sono variegate e diversificate, con «argomenti multiformi» che cronologicamente abbracciano nove secoli di storia. Parimenti, accanto all’aspetto storico, va rimarcato quello geografico in quanto le ricerche risultano incentrate anche su un ampio ambito territoriale ricomprendente i possedimenti cassinesi in Abruzzo, Umbria e Campania e l’esercizio dell’autorità abbaziale nella Terra Sancti Benedicti. Tali aspetti storico-geografici dimostrano, come evidenzia l’abate Donato, «la versatilità dell’Autore nell’affrontare anche in senso diacronico la diversità e la ricchezza di quanto è contenuto nei manoscritti presi in considerazione».

Pietro Annigoni, Ritratto dell’archivista T. Leccisotti.

Dom Mariano, infatti, si inserisce qualitativamente e armoniosamente nella scia tracciata nel corso dei secoli dai grandi archivisti di Montecassino a partire da quel Paolo Diacono autodefinitosi «bibliothecarius, cartularius, scriniarius» e poi proseguita, in età recente, da Erasmo Gattola, Ottavio Fraja Frangipane, Placido Federici, Andrea Caravita, Cesare Quandel, Ambrogi Amelli, Mauro Inguanez, Tommaso Leccisotti, Faustino Avagliano. Nell’Introduzione l’Autore tratteggia analogie e differenze tra il ruolo del bibliotecario e quello dell’archivista che a Montecassino, in alcuni momenti storici, risultano coincidere, mentre in altri appaiono distinti con competenze specifiche e peculiari. Al pari anche i luoghi di conservazione dei libri e quelli delle carte nel corso dei secoli hanno occupato talora gli stessi spazi mentre invece altre volte sono stati ubicati in ambienti separati «quasi a sottolineare la diversa finalità». Se in età desideriana libri e carte erano conservati in spazi separati, già qualche decennio più tardi i due ruoli di bibliotecario e archivista vennero a coincidere e addirittura, qualche secolo dopo, sembra non esistere una figura specifica incaricata dell’archivio, finché nel XV secolo archivio e biblioteca apparivano alla stregua di una sola entità, «concepiti come un insieme unitario». Tuttavia già nel secolo successivo si registra la separazione degli ambienti di conservazione di libri e carte. Quindi in età

Romano Stefanelli, Ritratto dell’archivista F. Avagliano.

contemporanea due fatti epocali, anche cruenti, determinarono sostanziose modifiche per carte e libri di Montecassino. Il primo evento è rappresentato dall’Unità d’Italia. Alla proclamazione del 17 marzo 1861 fecero seguito le leggi 7 luglio 1866 n. 3036 e 15 agosto 1867 n. 3848 che sancirono la revoca della personalità giuridica delle corporazioni religiose. Così anche l’abbazia di Montecassino fu dichiarata monumento nazionale e divenne di proprietà statale mentre i cassinesi ne venivano nominati custodi. La presa di possesso dell’archivio da parte dello Stato italiano fu sancita a Montecassino il 5 giugno 1868 alla presenza di Francesco Trinchera «direttore generale degli archivi delle provincie napoletane», di Giovanni Iucci in qualità di rappresentante del sindaco di Cassino, dell’abate d. Carlo Maria de Vera, e di Cesare Pezzoni, delegato per l’operazione. La seconda circostanza, «forse la più rischiosa», si venne a consumare nell’ambito delle vicende belliche della Seconda guerra mondiale. Anche i codici, i libri, i manoscritti, in seguito a una temeraria ma felice intuizione dell’abate Gregorio Diamare, conobbero la via dell’esilio che consentì il loro salvataggio, sfuggendo così alla distruzione il 15 febbraio 1944. Dopo il trasferimento nell’ottobre 1943, il deposito prima a Spoleto, poi nella Biblioteca Vaticana dall’8 dicembre 1943 allo stesso mese del 1947 e quindi nella pontificia abbazia benedettina di S. Girolamo, tutto quel patrimonio di immenso valore poté tornare nel 1955 nella riedificata abbazia di Montecassino. Fra l’altro il ritorno portò di nuovo alla coincidenza degli ambienti per la biblioteca e per l’archivio, un’esigenza dettata probabilmente anche dalla penuria di spazi agibili in quei frangenti di riedificazione, finché negli ultimi anni del secondo millennio si è provveduto alla separazione dell’archivio dalla biblioteca, come in antico, con lo spostamento dei materiali d’archivio nei confortevoli e accoglienti spazi di oggigiorno.

Il volume appare impreziosito da numerose fotografie dei codici cassinesi, nonché corredato dalla riproduzione di dipinti e oggetti d’arte o di alcuni ambienti dell’archivio anteriori alla distruzione del 1944, ma dom Mariano è voluto andare oltre. Graditissima sorpresa è il regalo riservato ai lettori del volume che al tempo stesso vuol essere anche un suo atto di omaggio ai due archivisti che l’hanno preceduto. Infatti alle pp. 59-60 sono riprodotti i ritratti di d. Tommaso Leccisotti e di d. Faustino Avagliano. Quello di d. Tommaso, «editore di fonti documentarie» oltre che «storico del monachesimo meridionale» archivista ufficialmente dal 1950 ma di fatto solo a partire dal 1955 quando documenti e manoscritti fecero ritorno a Montecassino, fu realizzato da Pietro Annigoni mentre quello di d. Faustino, promotore di «nuove collane finalizzate alla valorizzazione dei tesori manoscritti», fu eseguito da Romano Stefanelli, l’uno artista di chiara fama, l’altro discepolo venuti a Montecassino a prestare la loro valente opera di affrescatori i quali emblematicamente si apprestarono a ritrarre il responsabile in quei momenti dell’archivio e colui che gli succederà.

Dei 13 saggi riuniti nella «parte I» dedicata alle «carte», cinque risultano pubblicati in volumi collettanei e otto in riviste; mentre degli altri 13 che compongono la «parte II» dedicata ai «codici», nove sono apparsi in volumi collettanei (anche internazionali) e Atti di convegni e studi, nonché quattro in riviste. A tal proposito si fa rilevare, con malcelata soddisfazione, che accanto a prestigiosi periodici cui dom Mariano ha affidato i risultati dei suoi studi e delle sue ricerche del calibro di «Benedectina», «Reti Medievali Rivista», «Arte Cristiana», «Revue Bénédectine» anche la nostra rivista di «Studi Cassinati» può vantare il privilegio di essere stata prescelta per la pubblicazione di ben due articoli inseriti nella «parte I. Tra le carte» (I patti della tregua tra Rocca d’Evandro e Montecassino e La peste del 1656). Tutto ciò ci rende orgogliosi e fieri (Gaetano de Angelis-Curtis).

Gabriele Scarparo, Tra rimozione e oblio. La memoria storica italiana della Seconda guerra mondiale, LuoghInteriori, Città di Castello 2022, pagg. 145; f.to cm. 16×24; ISBN 978-88-6864-343-0, € 18,00

Gabriele Scarparo, giovane ricercatore, prendendo spunto da importanti eventi legati alla Seconda guerra mondiale, affronta in questa sua prima esperienza editoriale alcuni temi della memoria e della rimozione in ambito storico. Delle vicende belliche si sofferma ad analizzare, in particolare, le questioni che concernono i civili, assurti, malgrado loro, a protagonisti del conflitto e che, divenuti vittime innocenti della barbarie e della lotta armata, pagarono il prezzo più alto dello scontro degli eserciti. Gabriele Scarparo, allora, indaga su tre specifiche questioni di cui prova a evidenziare l’esistenza di un legame tra loro che concerne l’impunità dei crimini nazisti sul suolo italiano (analizzando gli eccidi e le stragi di Sant’Anna di Stazzema, di Monte Sole, dell’attentato di via Rasella che portò alla Fosse Ardeatine, e del cosiddetto «armadio della vergogna»); il mito degli «italiani brava gente» con la rimozione dei crimini di guerra perpetrati dagli italiani nei paesi invasi; le violenze degli Alleati e degli eserciti vincitori con l’oblio dei molteplici e devastanti bombardamenti subiti da Napoli, con le foibe e con le ‘marocchinate’, le donne (e non solo) di questo territorio (e non solo) che furono stuprate nel corso del 1944. Proprio in merito a quest’ultimo aspetto, l’Autore ha inteso inserire l’intervento tenuto dal prof. Ahmid Beahraalate, presidente dell’«Union Nationale des Anciens Combattants Marocains», nel convegno organizzato nel 2004 a Cassino da parte dal Cdsc (pubblicato in «Studi Cassinati», a. IV, ottobre-dicembre 2004, pp. 216-218) e che sembrano all’Autore tracciare la strada verso un futuro più consapevole (gdac).

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