Ipotesi interpretativa delle lettere «C» e «T» presenti sull’antico stemma della città di Cervaro La «preta r’ Marcantonio»

 

Studi Cassinati, anno 2016, n. 1
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di Fernando Sidonio

03Spesso col mio amico Berto (Umberto Matrundola compianto socio del Cdsc) si parlava di storie e personaggi della contrada «La Foresta» in territorio di Cervaro. Un giorno, in una di tali conversazioni, uscì il nome che gli abitanti locali danno a un enorme masso posto alle falde di monte Trocchio, all’incrocio di due viottoli, conosciuta come la «preta r’ Marcantonio». In quell’occasione chiesi a Berto, proprietario del terreno dove si trova la pietra, di verificare se su quel masso vi fossero dei segni o lettere. In particolare ero interessato a capire se fossero presenti e visibili, da qualche parte, dei segni formati da «una lettera C, una croce e una lettera T» che avevo letto in un documento redatto dall’archivista di Montecassino don Ottavio Fraja Frangipane, rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Frosinone. Nel corso dei secoli si era venuta a instaurare una controversia tra l’abbazia di Montecassino e l’Università di Cervaro-Trocchio in merito ai confini, e dunque, all’appartenenza della «tenuta della Foresta». La questione venne ricomposta l’11 dicembre 1774 quando fu redatto un atto alla presenza di don Erasmo Gattola (da non confondere con l’omonimo archivista 1662-1734) in rappresentanza dell’abbazia di Montecassino e di alcuni amministratori comunali in rappresentanza dell’Università di Cervaro-Trocchio1. Con tale atto si giungeva alla definizione dei confini e si provvedeva alla collocazione di «termini lapidei posti tra la tenuta della Foresta appartenente al Sacro Monastero di Montecassino, ed il monte di Trocchio appartenente all’Università di Cervaro». Tuttavia una cinquantina d’anni dopo Giacinto Martucci2, commissario ripartitore, tornò a occuparsi di tale confine e in una determinazione del 7 novembre 1811 scrisse che «la Foresta è contenuta nell’Agro di Trocchio che fa parte integrante del Territorio di Cervaro». L’ordinanza fu impugnata da Montecassino con d. Ottavio Fraja Frangipane il quale, evidentemente, esibì l’atto stilato nel 1774 riportando in calce che si trattava di una copia «exemplata» ovvero riprodotta a somiglianza del testo.
Qualche tempo dopo la nostra conversazione, Berto mi comunicò di aver riscontrato che sulla «preta r’ Marcantonio» erano visibili alcuni segni. Ci recammo sul posto e strofinando le scanalature incise sulla pietra emersero, con mia grande meraviglia, proprio «la lettera C, una croce e la lettera T». In sostanza quella che localmente è definita come la «preta r’ Marcantonio» altro non è che uno dei termini lapidei posti nel 1774 per fissare i confini territoriali. Altro aspetto interessante concerne il fatto che per segnare il limite del confine dell’Università cervarese fu utilizzata la formula composta dalla «lettera C, una croce e la lettera T». In sostanza le due lettere alfabetiche e il segno di croce sono da intendersi come «Cervaro + Trocchio». In tal senso, dunque, verrebbe a essere rivista, confutandola totalmente, l’interpretazione di «Cervarum Terra» offerta da vari storici locali per sciogliere le medesime lettere «C» e «T» che compaiono nel vecchio stemma del Comune della città di Cervaro.
Tempo dopo su indicazione di Berto visitammo, sempre sullo stesso terreno, un’altra pietra, posta a circa 10 metri dalla vecchia casa di «Frbotta» (A. Gaglione), molto più piccola della precedente ma recante anch’essa dei simboli, in questo caso meno evidenti dei precedenti, vagamente somiglianti a una lettera «C» e a una lettera «T». Munito di rollina presi a misurare la distanza tra i due massi che risultò essere di metri 116,50 circa. Confrontando questa misurazione in metri con quella in palmi napoletani indicata nella citata relazione di Fraja Frangipane, con grande stupore verificai che tra il termine n° 19 (la «preta r’ Marcantonio») e il termine n° 21 la distanza era esattamente di metri 116,60. Purtroppo però quel documento fa sorgere altri dubbi. Infatti in relazione al termine n. 19 si legge: «19° Termine tirando anche dentro il forte di fronte dal 20: che è un sasso immobile unito a ruderi di un piccolo antico casalino Can: 34». Dunque il documento pone la «preta r’ Marcantonio» all’interno di un «forte» che dovrebbe essere il soprastante castello di Trocchio, mentre in realtà il termine lapideo si trova collocato ai piedi del monte. Mi sono chiesto quali potrebbero essere le motivazioni alla base di questa divergenza di dati e diverse potrebbero essere le ipotesi risolutive: il secondo termine essendo mobile potrebbe essere stato spostato; potrebbe trattarsi di un termine già esistente ai tempi dell’abate Ayglerio e riutilizzato; forse il termine «forte» non va intenso come «castello» ma indicherebbe qualcos’altro.
Ulteriori approfondimenti e studi appaiono necessariamente indispensabili per dirimere dubbi e incertezze.

1 Si trattava dei «sindaci governanti nelle persone di Don Angelo Spacagna, Simone Coletta, Francesco Coletta» e del «fisico Don Giulio Maraone in nome proprio e in nome di Don Donato Grillo legittimamente assente».
2 E. Pistilli, I confini del castello di Trocchio prima dell’accorpamento con Cervaro, in «Studi Cassinati», a. XV, n. 2, aprile-giugno 2015; F. Sidonio, Confini tra S. Germano e Cervaro nel 1811, in «Studi Cassinati», a. VI, n. 1, gennaio-marzo 2006.

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