Pignataro Interamna – Presentazione del libro: Memorie di un popolo

 

Studi Cassinati, anno 2015, n. 4
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Il 19 settembre 2015 è stato presentato presso la Palestra comunale il volume Memorie di un popolo  scritto da Franco Di Giorgio ed Erasmo Di Vito. Dopo il saluto del sindaco di Pignataro, Benedetto Evangelista, si è tenuta la relazione di presentazione da parte del presidente del CDSC-Onlus, Gaetano de Angelis-Curtis, cui hanno fatto seguito gli interventi degli autori, di Alberto D’Alessandro e Salvatore Libero Di Giorgio, fiduciario Anvcg, inframezzati dalla lettura di brani del volume da parte di Maria Rosaria Corbo. Quindi negli attigui locali della Biblioteca comunale è stata aperta la pubblico una Mostra fotografica di documenti, foto e mappe militari allestita da Alberto D’Alessandro.

Intervento del presidente del CDSC-Onlus
Gaetano de Angelis-Curtis

56-08Franco Di Giorgio ed Erasmo Di Vito è una coppia già ampiamente collaudata dedita ormai da tempo alla ricerca storica, cui ha fatto seguito una rimarchevole, qualitativamente e quantitativamente, pubblicazione dei risultati conseguiti.
Le Memorie di un popolo, quello appunto pignatarese, sono trattate nell’ambito di un arco cronologico amplissimo che parte addirittura dal pleistocene del periodo Quaternario, cioè migliaia e migliaia di anni fa, quando su questo territorio vivevano esemplari di elefanti di cui vari esemplari fossili sono stati rinvenuti nel 1926 e nel 1949. La presenza invece di insediamenti umani sul territorio si fa risalire ai Volsci,  databile attorno al V-VI sec. a.C., se non addirittura a un abitato pre-volsco. Qualche secolo più tardi, attorno al 312 a.C., i romani, allo scopo di consolidare le posizioni in quest’area nel corso della seconda guerra sannitica, fondarono una nuova città cui fu dato il nome di Interamna Lirenas vel Sucasina. Era ubicata sul percorso della Via Latina, la strada che da Roma scendeva verso sud-est, e sorgeva vicino al fiume Liri e al Rio Spalla Bassa, da qui il nome Interamna, ossia tra i due fiumi, aggiunto a quello di Lirenas, dal fiume Liri, perché non si confondesse con Interamna Nahars (oggi Terni), quindi Sucasina poiché nelle vicinanza di Casinum. Era, come è ancora oggi, in una posizione strategica dal punto di vista delle comunicazioni solcata da assi stradali e poi, nei secoli, autostradali, da linee ferroviarie normali e d’alta velocità, caratterizzata dalla presenza di corsi d’acqua e dalla feracità dei suoi campi per cui da millenni è stata attraversata da animali preistorici (come l’elephas antiquus italicus) da popolazioni, da genti, da milizie, da soldataglie, da eserciti contrapposti. Quindi in epoca imperiale Interamna decadde finché scomparve nel periodo delle invasioni barbariche attorno al 500 d.C. Quando i longobardi di Zotone si spinsero da Capua e Salerno fino ad Aquino, distrussero Montecassino (attorno al 584) e anche Interamna. I suoi abitanti avrebbero fondato un’altra città chiamata Pignataro in luogo poco distante, su una piccola altura che la teneva al riparo in caso di straripamento del Liri. Secondo alcuni il nome di Pignataro sarebbe legato alla presenza delle piante di pino sul suo territorio, secondo altri il nome deriverebbe dall’attività legata al lavoro di vasellame di oggetti a «forma di pigna», i «vasi pineati».
Nel Medioevo, prima dell’anno mille, i conti di Aquino costruirono sul sito della vecchia Interamna Lirenas un fortilizio denominato castellum Terame o Teramense da cui poi «Termine». Nel corso dei secoli il vecchio sito di Interamna fu dapprima utilizzato per asportare materiali da costruzione, poi, via via, se ne persero le tracce con il passare dei secoli. Pignataro e il suo territorio entrarono quindi a far parte della Terra Sancti Benedicti seguendone sorti e vicissitudini. Tuttavia Pignataro perse nel corso dei secoli sempre più importanza: da colonia e municipium romano, nel 1559 si giunse addirittura alla perdita dell’autonomia amministrativa con l’accorpamento a Cassino (allora chiamata San Germano), diventando uno dei suoi casali, cioè una sua frazione.
Da una descrizione della Pignataro d’inizio 1700 sappiamo che era un centro formato da meno di 800 abitanti con un’economia basata quasi esclusivamente sull’agricoltura essendo i suoi abitanti «tutti bracciali» i quali «vivono con le loro fatiche dei campi, vestono di lana con scarpe, e cappello, le donne vanno alla campagna dormono portione sopra matarazzi di lana, ed altri di pagliacci». Era un paese di bracciali cioè contadini o meglio braccianti (come altri centri vicini), c’era qualche artigiano (barbieri, ciabattini) e anche le donne partecipavano all’economia familiare lavorando nei campi.
Tuttavia la parte assolutamente preponderante del volume, e non poteva essere altrimenti, riguarda le vicende di Pignataro in età contemporanea. A inizio del 1800 Pignataro ritrovata l’autonomia amministrativa e torna a essere un Comune autonomo. Quindi nel 1862, subito dopo l’Unità d’Italia, alla denominazione di Pignataro viene aggiunto il suffisso «Interamna» volendo richiamare e ricordare nel nome la Interamna Lirenas di epoca romana. Una particolarità: il Consiglio comunale di Pignataro in quell’occasione scelse il suffisso «d’Interamno» per cui il nome del Comune dal 9 novembre 1862 venne modificato in «Pignataro d’Interamno» ma poi nel corso degli anni è dovuta intervenire un altro cambiamento che ha modificato definitivamente il nome in Pignataro Interamna.
Del XX secolo, il 1900, sono ricordati ampiamente i due aspetti che più hanno inciso sulla popolazione pignatarese e cioè la prima guerra mondiale e poi, soprattutto e specificatamente, i cruenti e tragici eventi della seconda guerra mondiale.
Della prima guerra mondiale viene riportato un elenco formato da 35 nominativi di giovani (di cui due giovanissimi, poco più che diciottenni, classe 1900) caduti nel corso degli eventi bellici. Di essi trenta erano nati a Pignataro, altri cinque provenivano da paesi del territorio (Picinisco, Piedimonte San Germano, Carinola e due da San Giorgio a Liri)  trasferitisi a Pignataro. Invece Antonio Lucciola, sottotenente di complemento della Milizia Territoriale, riportato come originario di Pignataro era nato, come si evince dal suo Stato di servizio militare, a San Giorgio a Liri l’11 aprile 1885 (e non 1884). Coniugato con Giacinta Frezza, era un notaio e morì per cause, non meglio specificate, dovute a un incidente di aviazione a Gioia del Colle (in provincia di Bari) e non a San Giorgio.
Inoltre Pignataro si fregia di una medaglia di bronzo al Valore Militare concessa al tenente Pietro Manetta morto nei Balcani.
Nel 1919 nel paese fu collocata una lapide per ricordare i caduti della Grande guerra. Poi, nel 1925, in piazza Municipio fu posto un Monumento formato da un blocco di marmo, sui cui era inciso il nome del duce, affiancato da un affusto di cannone austroungarico donato da Mussolini e da due leoni lapidei provenienti dal sito dell’antica Interamna Lirenas dove erano a guardia della porta principale di nord-est della città, sulla via Latina. Quindi nel 1926 fu progettato e realizzato un nuovo Monumento, inaugurato poi l’anno successivo. All’interno di uno spazio recintato da una catena posta su ognuno dei quatto lati, erano stati collocati due scalini su cui poggiava una base sormontata a sua volta da un piedistallo in marmo su cui si era stata collocata una statua (parrebbe in metallo) raffigurante un fante italiano con moschetto, nell’atto di avanzare e dunque con la gamba destra distesa e il piede poggiato su un masso, mentre il braccio sinistro risulta teso fino all’indice come a indicare la strada da percorrere per raggiungere la vittoria.
Anche della seconda guerra mondiale viene riportato l’elenco dei militari pignataresi morti nel conflitto.
L’aspetto che differenzia i due conflitti è dovuto al coinvolgimento della popolazione civile e la parte più inerme della popolazione (bambini, donne, anziani) di tutti i paesi interessati dal conflitto subiscono la guerra, ancor di più per questo territorio dislocato lungo la linea Gustav. Dagli ultimi mesi del 1943 fino al 18 maggio 1944 anche il territorio pignatarese, suo malgrado, viene fortemente coinvolto dagli aspetti bellici. Diventa un territorio di confine tra le linee difensive apprestate dai tedeschi cioè tra la più munita e fortificata Gustav e la retrostante linea Hitler o sbarramento Senger che si riuniscono e si confondono a Pignataro. In paese vivevano pacificamente e tranquillamente migliaia di persone dedite al loro lavoro, i cui ritmi quotidiani vennero interrotti dall’arrivo della guerra e per sei lunghi mesi il suo territorio fu conteso a suon di bombardamenti aerei e terrestri tra gli eserciti alleati e quello tedesco. Di Giorgio e Di Vito ricostruiscono l’arrivo dei tedeschi a Pignataro dopo l’8 settembre 1943 che, fin dall’inizio, si trasforma in una occupazione vera e propria con la popolazione costretta a una lotta quotidiana per la sopravvivenza e che stoicamente resiste alle razzie (soprattutto di prodotti alimentari), ai saccheggi, alle requisizioni. Sono ricostruite anche le prime esperienze resistenziali, molto spesso spontanee e non organizzate, come avverrà nei mesi successivi nel centro e nel nord Italia, con gruppi di ex militari riunitisi a formare delle bande partigiane che operano nelle montagne circostanti specializzandosi in attività di sabotaggio. Nell’ambito di tale attività resistenziale è ricondotta anche la fucilazione di Ludovico Leone colpito a morte mentre tentava di recuperare un suo cavallo requisito dai tedeschi. Anche la popolazione di Pignataro conobbe la diaspora, l’allontanamento volontario o forzato, obbligatorio dai propri beni, dalla propria terra, dalle proprie case. Instradati attraverso le Fraschette di Alatri o il campo Breda di Roma anche molte persone di Pignataro, come di tutto il cassinate, furono sfollate nel nord Italia dai tedeschi (soprattutto Modena e Zocca). Un secondo sfollamento fu operato dagli alleati in Comuni e paesi del sud Italia (Catanzaro, Potenza). Tuttavia non tutti vollero abbandonare Pignataro ma cercarono rifugio in anfratti naturali, in ricoveri di fortuna aspettando lo sfondamento del fronte che tardava però ad arrivare. Tuttavia il prolungarsi delle operazioni di guerra provocava ogni giorno la scomparsa di decine e decine di persone come le diciannove vittime della contrada Faiola morte il 28 febbraio 1944 quando il loro rifugio fu centrato da una granata dell’artiglieria alleata.
Mentre Pignataro era sottoposta a bombardamenti e distruzioni, i sui figli continuavano a combattere sui vari fronti di guerra (anche in formazioni partigiane straniere come quelle Jugoslave) oppure venivano deportati (in 43) in campi di concentramento tedeschi o nei campi di prigionia alleati (25 in Gran Bretagna, 3 negli Usa, 2 in Urss) molto spesso all’oscuro di cosa stesse succedendo in paese e ai propri familiari. Emblematica, ma amara e tragica, la vicenda di Giuseppe Nacci prigioniero di guerra in Gran Bretagna.
In quei terribili frangenti, tuttavia, non mancarono episodi di solidarietà umana come quello di Wilhelm Walter, sottufficiale bavarese, dal cuore buono che aiutò una famiglia pignatarese, quella dei Siciliani, a sopravvivere fornendo loro prodotti alimentari e addirittura prestandosi a fare il prete per battezzare una bambina nata da qualche mese. Di Giorgio e Di Vito raccontano anche del ritorno di Wilhelm a Roma nel 1950 in occasione dell’Anno Santo. Fattosi accompagnare in motocicletta a Pignataro, poté rincontrare con gioia e felicità la famiglia Siciliani.
Nel frattempo era iniziato a Pignataro e negli altri centri del territorio il difficile dopoguerra con il rientro degli sfollati dal nord e dal sud Italia e poi di reduci e prigionieri che ritrovavano un paese in briciole, con la malaria e i residuati bellici che continuavano a mietere vittime, con l’allestimento di treni per il nord per la tutela dei bambini, con lo spopolamento e l’emigrazione a causa della mancanza di lavoro.
In conclusione vi sono altri aspetti positivi della pubblicazione che vanno evidenziati e riguardano l’apparato documentario e fotografico proposto. Infatti il volume risulta opportunamente infarcito dalla riproduzione di una serie di documenti originali redatti in epoca liberale o nel ventennio fascista e soprattutto l’ampia carrellata di giornali e periodici italiani e stranieri che raccontano l’andamento della guerra quando il fronte si era fermato a ridosso di Cassino con le operazioni militari che coinvolgevano pesantemente il territorio di Pignataro.

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