San Pietro Infine – Cippi funerari di età romana rinvenuti in località Maria SS. dell’Acqua


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Studi Cassinati, anno 2015, n. 4
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di Maurizio Zambardi

56-02La chiesa di Maria Santissima dell’Acqua2, protettrice di San Pietro Infine, sorse nel XII sec., proprio nel luogo dove, secondo una leggenda, apparve la Madonna ad una pastorella deforme di nome Remigarda. Si tramanda la notizia del rinvenimento, nel luogo stesso, di una statuetta lignea raffigurante la Madonna che allatta il Bambino3. L’area era certamente interessata da strutture di età romana4. Sul margine orientale della strada comunale che porta alla Fonte Maria SS. dell’Acqua, incastonato nel muro che sostiene il pianerottolo d’accesso alla chiesa, si trova un cippo funerario in pietra calcarea locale (figg. 1 e 2). Il cippo, rinvenuto spezzato in due parti, fu ricomposto male. Il pezzo inferiore è infatti ruotato di 90° antiorario rispetto a quello superiore, che, sovrapposto con lieve inclinazione verso la strada, è posto frontalmente in modo da rendere visibile la facciata principale, quella cioè recante lo specchio epigrafico (fig. 3). Lo si comprende dalle modanature di bordo presenti, che si ritrovano poi solo sul fianco laterale destro del pezzo inferiore. Un piccolo incasso nella muratura di sostruzione permette infatti di poter osservare parte del fianco del cippo. Sul fronte che prospetta sulla strada del pezzo inferiore vi è un urceus5 scolpito in bassorilievo, di dimensioni complessive, se si include anche l’ansa, pari a 11,5×24 cm circa. L’urceus è formato da un basso piede su cui si imposta il corpo ovoidale. Dal fianco destro di quest’ultimo parte l’unica ansa che, divergendo lievemente verso l’esterno, sale dritta per circa 16 cm, piega poi a gomito e si ricollega, dopo circa 5 cm, con l’orlo dell’urceus (fig. 4).
L’altezza totale del cippo ricomposto è pari a 127 cm, la larghezza del lato che prospetta sulla strada è di 46 cm, mentre la larghezza del pezzo superiore, quello, cioè, principale, è di circa 50 cm. Non è stato possibile misurare la profondità totale poiché il cippo prosegue all’interno della muratura e la parte laterale è visibile solo per una profondità di 30 cm circa. Non risulta difficile, comunque, risalire alla sua profondità, considerato che i due pezzi sovrapposti ruotati tra loro, ci danno entrambe le misure in pianta del dado del cippo funerario. Sempre nello stesso incasso laterale sul pezzo superiore del cippo vi è un tris inciso, il cui quadrato esterno misura 16 cm di lato. Lo specchio epigrafico presenta alcune tracce incavate della parte superiore della prima fila di lettere dell’epigrafe incise. La linea superiore della prima riga dista 7,5 cm dalla cornice interna posta in alto. Mentre l’altezza delle lettere, ricostruita sulla base dell’unica lettera che sembra riconoscersi e cioè una «V», è pari a 4 cm. Le parti mancanti o lacunose rendono purtroppo particolarmente difficoltosa la lettura del rigo.
Sarebbe interessante effettuare l’estrazione del cippo dal muro con un suo corretto rimontaggio dei pezzi, così da provare a ricostruire l’epigrafe che contiene, tuttora inedita6.
Nel 1994 durante i lavori di ristrutturazione della chiesa, al di sotto della quota del pavimento dell’unica navata, si rinvennero numerosi scheletri umani e un’anfora, alta 60 cm, di forma ovoidale, rotta in corrispondenza dell’attacco con il collo. A piano terra, nel locale a sud della navata, utilizzato un tempo dai custodi come cucina, si rinvenne, al di sotto del pavimento, un muro ad unico paramento, spesso 50 cm circa, in opera incerta. Durante lo scavo della parete di separazione con la navata, realizzato per rinforzare la fondazione dell’edificio, fu rinvenuta nello stesso ambiente anche una tomba orientata in direzione est-ovest, contenente due scheletri umani deposti in maniera inversa l’uno all’altro. Non ebbi modo di osservare personalmente gli scheletri, perché erano stati rimossi, però riuscii a effettuare i rilievi della tomba prima della sua distruzione. Il piano di deposizione della tomba, posto a 50 cm circa dal pavimento, era composto da tre embrici capovolti e allineati di dimensioni medie pari a 40×60 cm, di cui uno mancante di due spigoli, e da un quarto embrice rotto a metà in senso trasversale. La lunghezza complessiva del piano di deposizione era circa 1,90 m per una larghezza di 0,40 m (fig. 5). Dall’analisi degli embrici, ridotti purtroppo a frammenti dopo la loro rimozione, si osservò che i listelli avevano una sezione irregolare ed erano arrotondati sia nella parte superiore che nell’attacco alla base. I lati lunghi della tomba erano delimitati a nord dalla fondazione stessa del muro della chiesa, mentre a sud da una serie di frammenti di tegole disposti verticalmente. Da tali elementi si ritiene che la tomba fosse di età medioevale.
Nello stesso ambiente, prima dei lavori di ristrutturazione del 1994, si trovava un blocco calcareo recante un’epigrafe, riconducibile ad un cippo funerario7. Sempre a seguito dei lavori citati, nella terra ammucchiata all’esterno del cantiere, lungo la strada laterale, furono rinvenuti alcuni reperti tra cui una fibula in bronzo ossidata, di forma circolare aperta, del diametro esterno pari a 3 cm8, completa di ardiglione mobile, lungo 3,5 cm9, e un chiodo in ferro, ossidato e incrostato, con stelo a sezione quadrangolare, più sottile verso la punta, con testa circolare, leggermente convessa. Il chiodo presentava alcune lesioni in senso longitudinale.
Nel 1998, a circa 100 metri ad ovest della chiesetta di Maria SS. dell’Acqua, in un terreno pianeggiante posto a nord della strada comunale «Le Mura», a 70 m circa dalla struttura di un vecchio mulino10, si rinvennero alcuni grossi blocchi squadrati e un cippo funerario in pietra calcarea locale (fig. 6).
Purtroppo il materiale andò disperso, però, nel corso di alcune ricerche che svolsi, riuscii a scattare alcune foto e a prendere anche le misure dei reperti. I blocchi parallelepipedi avevano le seguenti dimensioni: Blocco “A” 75x146x41 cm; Blocco “B” 70x101x30 cm; Blocco “C” 84x147x35 cm; Blocco “D” 78x150x43 cm; Blocco “E” 72x98x35 cm; Blocco “F” 49x112x43 cm e Blocco “G” 125x130x40 cm circa (fig. 7).
Tutti i blocchi erano stati asportati dal luogo del rinvenimento tranne il blocco “G”, forse perché più rozzamente squadrato rispetto agli altri, infatti fu accantonato sul margine occidentale del terreno confinante con una stradina interpoderale, ed è rimasto lì fino a qualche tempo fa, parzialmente coperto dalla terra. Accanto al blocco, sparse sul terreno, osservai i resti di ossa umane, in particolare parte di una calotta cranica11.
Il cippo funerario, la cui altezza complessiva era pari a 1,40 m, era rifinito in maniera grossolana e non presentava iscrizioni su nessun lato, era composto, inoltre, da una base modanata, da un fusto (o dado) e da una copertura superiore. Quest’ultima recava una serie di modanature nella parte bassa mentre in sommità emergevano, grossolanamente sbozzate, quelle che dovevano raffigurare due volute le cui sagome si estendevano per tutta lo profondità del cippo. Nella vista dall’alto era ben evidente una fascia mediana costolanata che raccordava le volute in senso trasversale. Delle volute, però, solo quella di sinistra, probabilmente del prospetto principale, si presentava appena sbozzata, grazie a due cerchi concentrici, più un foro centrale, incavati, che dovevano servire come traccia-guida per la realizzazione della voluta stessa (figg. 8, 9 e 10).
La base del cippo era composta da un parallelepipedo largo 86 cm, profondo 70 cm e alto 16 cm (altezza ricostruita in quanto la parte di contatto con il terreno risultava danneggiata), e da una serie di modanature che si sviluppavano per un’altezza pari a 9 cm.
Il fusto era largo 70 cm, profondo 57 cm e alto 74 cm, mentre la parte superiore del cippo era formata da una fascia di modanature alta 16 cm e dal complesso delle volute alto 23 cm.
Gli spigoli delle modanature superiori presentavano delle piccole smussature dovute a rotture, mentre la base dell’edicola presentava una grossa frattura sul lato opposto a quello dove si trova la bozza di voluta descritta. Una grossa fenditura era ben visibile nella zona centrale dei due prospetti principali e alla sommità del cippo. Del reperto si sono, purtroppo, perse le tracce.

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1 Il presente articolo è estrapolato in parte dalla mia tesi di Dottorato di Ricerca in «Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali» – XXIII Ciclo – (Seconda Università di Napoli, anni 2007/10) dal titolo Carta archeologica di un settore di territorio a confine tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro (Settore Scientifico: Topografia Antica. Tutor: Prof.ssa Stefania Gigli Quilici).
2 La chiesa era costituita in origine da una navata unica, da un cappella laterale destra, coperta con volta a vela, e da un’abside rivolta ad est, recante i resti di un affresco del XIV sec. L’edificio sacro ha avuto nel tempo una serie di rifacimenti di cui quello più consistente è avvenuto alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, con aggiunta della casa del custode sul lato sud e trasformazione e ampliamento della facciata e inserimento di due campanili laterali (Cfr. G. Masia, San Pietro Infine e la sua Protettrice Maria SS. Dell’Acqua, Cassino 1964).
3 La statuetta della Madonna, fatta risalire dal monaco don Angelo Pantoni al XIII-XIV sec., fu purtroppo rubata nell’autunno del 1970 e da allora più niente se ne è saputo. Nel 1986, su iniziativa del parroco Monsignor Lucio Marandola, fu fatta realizzare una copia in legno della statuetta dall’artista Serafino De Iuliis, di Rocchetta a Volturno (Is), ricostruita sulla base di una fotografia della stessa.
4 A poche decine di metri più a sud passava la diramazione per il Sannio dell’antica Via Latina, che dopo aver lasciato il sito di Ad Flexum si inerpicava per il valico delle «Tre Torri». Anticipo qui una mia ipotesi che conto di riuscire ad argomentare in un prossimo articolo. L’ipotesi è quella di ritenere che nell’area in questione, o nelle vicinanze, in epoca romana, vi fosse un tempietto dedicato alla dea Iside, sostituita poi in epoca cristiana dalla Madonna dell’Acqua.
5 Una sorta di brocchetta.
6 A tal proposito l’epigrafista Heikki Solin, a seguito della mia proposta, che ebbi modo di rendergli nota nel 2004, nel corso di un suo sopralluogo a San Pietro Infine, ha più volte sollecitato e spronato l’intervento di smontaggio e rimontaggio corretto dei due pezzi del cippo.
7 Cfr. M. Zambardi, San Pietro Infine: frammenti inediti di epigrafi in territorio di Ad Flexum, in «Studi Cassinati», CDSC, anno VIII, n. 1, Cassino 2008, pp. 10-13.
8 Con sezione trasversale rettangolare pari a 2×3 mm.
9 Nel punto di apertura del cerchio, ampio 5 mm, si assottigliava e si avvolgeva su se stessa. La lunghezza dell’ardiglione era pari a 2,4 cm.
10 Il mulino ad acqua versa ormai da anni in stato di abbandono.
11 A un centinaio di metri dal Vecchio Mulino e a 20 m dalla strada comunale Cannavine, agli inizi degli anni ’90, a seguito dello scavo per la fondazione di un nuovo fabbricato fu rinvenuta una moneta in rame riconducibile all’imperatore Tiberio (14-37 d. C.). Æ (rame) Asse. D. / [TI CAESAR DIVI A]VG F AVGVST IMP V[…] Testa laureata a sinistra. R. / PONTIF MAX TR […] Timone sovrapposto al globo; ai lati S – C. Ø 28 mm; peso 9,74 g. La moneta presentava ossidazioni verdi con sedimenti calcarei. Cfr. H. Cohen, Description historique des monnaies frappés sous l’Empire Romain, 1880, n. 13; M. H. Crawford, Roman Republican Coinage, 1974, I, n. 58.

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