San Vittore del Lazio Inaugurazione dell’area della memoria a San Cesario

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Studi Cassinati, anno 2015, n. 4
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Il 26 settembre 2015 in località San Cesario del Comune di San Vittore del Lazio è stato inaugurato un nuovo spazio pubblico. Dovendo provvedere a un intervento di riqualificazione urbana della piazzetta antistante la struttura da adibire a chiesa, opportunamente la locale Amministrazione Comunale ha inteso offrire ai suoi cittadini un luogo che fosse un’area di condivisione della memoria pubblica e allo stesso tempo fungesse da zona di svago per i più piccoli. Dunque i progettisti, fra cui Domenico Iannetta, l’hanno voluta attrezzare con giochi per i bambini immersi in un prato verde nonché dotarla di un Monumento dedicato ai caduti di San Vittore nelle due guerre mondiali che rappresenta un felice esempio di riutilizzo di impianti già adibiti decenni or sono allo stesso scopo e poi rimossi poiché sostituiti da nuovi e più considerevoli manufatti. La significativa manifestazione è stata aperta dal saluto dell’Amministrazione Comunale di San Vittore portato dal sindaco Nadia Bucci, cui ha fatto seguito l’intervento di rievocazione storica da parte del presidente del CDSC-Onlus, Gaetano de Angelis-Curtis, e la benedizione impartita dal parroco d. Erwin Reyes. Presenti il vicesindaco Roberto Bucci e altri amministratori, alcune Associazioni combattentistiche locali come quella dell’Arma Aeronautica sezione di Cassino rappresentata dal suo presidente Dario Vendittelli e un folto pubblico convenuto anche da centri limitrofi.

San Vittore del Lazio tra I e II guerra mondiale

Intervento del presidente del CDSC-Onlus
Gaetano de Angelis-Curtis

56-10Il monumento oggi collocato in questo nuovo spazio a disposizione della popolazione sanvittorese, e non solo, ricorda le vittime civili e militari di San Vittore cadute in tutte e due le guerre mondiali cioè nei due cruenti eventi che hanno segnato profondamente la popolazione locale così come di tutti i paesi e città circostanti.
San Vittore del Lazio conta quarantanove suoi giovani che sono morti nel corso della prima guerra mondiale. Quarantanove giovani figli di questa terra andati a combattere e morti sul campo, feriti e poi deceduti nei vari ospedali dove erano stati ricoverati, caduti o dispersi su vari fronti di guerra anche all’estero (come Antonio Saroli morto a Trojes in Francia) o in prigionia (come Antonio Vendittelli o Antonio Tummolillo morti in campi d’internamento, rispettivamente, in Ungheria e nel Tirolo). Alcuni di essi erano già sposati e avevano figli, ma ce n’erano anche di giovanissimi. Uno, Pasquale Saroli, era della mitica classe del 1899 (i ragazzi del ’99) e ben tre, partiti volontari, erano addirittura nati nel 1900 e dunque avevano poco più di diciotto anni quando sono morti: si tratta di Antonio Coletta, Giuseppe Risi e Antonio Rotondo. Per il primo va ricordato anche il fratello Luigi Coletta di sei anni più giovane, caduto proprio nei primi giorni di guerra (il 5 giugno 1915). Quattro sono state le medaglie al Valore Militare conquistate da militari originari di San Vittore: due furono i decorati di medaglia d’argento (Antonio Bonaventura e Angelo Valente), due quelli decorati di medaglia di bronzo (Gaetano Di Meo e Antonio Fiscelli).
Invece nel corso della seconda guerra mondiale i caduti militari di San Vittore sono stati trentasette cui vengono aggiunti i tre fratelli Verona (tutti e tre decorati con medaglia al Valore Militare) che, benché fossero nati a S. Maria Capua Vetere, erano di famiglia originaria di San Vittore.
I progressi tecnologici avutisi pure in campo militare portarono alla messa a punto di armi sempre più distruttive e devastanti anche a migliaia di chilometri di distanza. Da allora la guerra diventò globale. L’artiglieria, ma, soprattutto, l’aviazione, con aerei e missili sempre più a lungo raggio e sempre più precisi, portano distruzione e seminarono morte in tutti gli angoli delle nazioni impegnate nel conflitto, causando un elevatissimo numero di vittime civili, superiore a quelle militari. Tutte le più grandi città d’Europa e d’Italia furono ripetutamente bombardate al pari dei centri più piccoli, a maggior ragione quelli di questa terra, come San Vittore, su cui la guerra sostò per nove lunghi mesi. La vita e i ritmi quotidiani di vita delle popolazioni dislocate lungo la Linea Gustav furono stravolti con l’arrivo della guerra. L’8 settembre giunsero nei vari centri del comprensorio i soldati dell’esercito tedesco ma il loro arrivo fin da subito si trasformò per le popolazioni locali in un’occupazione militare dura e pesante, nel corso della quale si ingaggiò una guerra parallela con i militari nazisti sempre pronti, armi alla mano, a fare razzie, soprattutto di prodotti alimentari ma anche di beni materiali, ad allontanare gli abitanti dalle proprie case, a somministrate una giustizia sommaria, brutale e molto spesso letale anche in seguito a semplici supposizioni come successe qui a San Vittore a Manlio Valente, giovane aviere originario proprio di San Cesario e al giovane diciottenne Livio Valente fucilati, rispettivamente, il 22 e il 24 dicembre dai tedeschi perché sospettati di essere delle spie. Contemporaneamente l’aviazione alleata continuava accanitamente a bombardare i paesi di questo territorio: il 10 settembre 1943 fu la prima volta di Cassino, quindi il giorno dopo, toccò alla stazione ferroviaria di San Vittore con la morte dei primi nove civili oltre che di alcuni militari settentrionali. Da quel momento San Vittore fu ripetutamente bombardata da terra e dal cielo soprattutto con l’avvicinarsi del fronte. Nel frattempo anche la popolazione di San Vittore conobbe la diaspora cioè l’allontanamento dei civili dalla propria terra, dalla propria casa, dalla propria roba. Un allontanamento prima spontaneo, alla ricerca di luoghi più sicuri come le montagne vicine, ma che divenne poi uno sfollamento coatto, obbligatorio. Quando poi a inizio gennaio 1944 il paese fu liberato, chi non era stato sfollato dai tedeschi venne sfollato dagli alleati che portarono le persone in paesi e città del sud Italia (Calabria e Sicilia). Alla fine il paese contò 121 vittime civili morte per i bombardamenti e altre cinque scomparse nei mesi di sfollamento.
Negli anni Trenta del Novecento San Vittore, come tutti i paesi d’Italia, si dotò di un Monumento dedicato ai caduti della prima guerra mondiale. Fu eretto nella centrale piazza Corte dei Santi e si componeva di tre gradini in marmo su cui c’era un basamento sormontato a sua volta da una colonna che terminava con un fregio e che riportava sui lati i nomi, scolpiti, dei caduti. Al di sopra era collocata una statua, probabilmente in metallo, che rappresentava la vittoria alata. Era raffigurata con un’asta, aveva un piede sollevato e l’altro poggiava su una sfera a mo’ di globo terrestre. Nel corso degli anni lo spazio venne recintato con un’inferriata in ferro collocata su un ciglio di marmo e adornata da quattro lampioni. Quindi tra l’inferriata e il monumento furono posti a dimora degli alberi. Nel corso degli eventi della seconda guerra mondiale il Monumento fu soggetto, come tutto l’abitato del paese, a continui bombardamenti e fu, dunque, fortemente danneggiato. Nel secondo dopoguerra fu riutilizzato nella sola colonna riportante i nominativi dei caduti che fu ricollocato nel sito originario senza statua, basamento, scalini e inferriata di delimitazione (le parti in metallo, statua e inferriata, potrebbero essere state donate nel corso della guerra alla patria per essere fuse oppure asportate dalle truppe di occupazione). Nel corso del 1951 quel Monumento in cui erano evidenti le scheggiature provocate dai bombardamenti e che ricordano le ferite della guerra, fu rimosso per essere sostituito da un nuovo Monumento dedicato a tutte le vittime civili e militari della prima e seconda guerra mondiale, costituito da una colonna, in marmo, spezzata a simboleggiare la vita interrotta delle persone morte a causa dei conflitti bellici. Anche quest’ultima colonna in marmo fu rimossa per fare spazio a un nuovo e più prestigioso e imponente Monumento ai caduti, inaugurato il 28 marzo 2004, opera dello scultore Alessandro Parisi caratterizzato da tre steli a configurazione ascensionale con quella centrale che è in rilievo mentre le altre due riportano i nomi delle vittime civili e militari di San Vittore nei due conflitti mondiali.
Proprio quel cippo che era stato collocato nella piazza centrale del paese nel 1951, poi rimosso per far posto al nuovo Monumento ai caduti e sminuito in altro sito, da oggi rinasce a nuova vita perché, per felice intuizione, da questo momento adorna la piazzetta della contrada di San Cesario. Un plauso va dunque rivolto quindi all’Amministrazione Comunale, agli ideatori, ai progettisti che hanno voluto trovare una opportuna e appropriata ricollocazione del cippo. Va ricordato, inoltre, che pure l’anno scorso il Comune di San Vittore, nel corso di una solenne manifestazione, si era dotato di un Monumento dal forte valore simbolico dedicato ai militari polacchi caduti in questo territorio nei vari tentativi di conquista di Montecassino nel corso della seconda guerra mondiale quando, come loro stessi dicono, dettero «l’anima a Dio, il corpo all’Italia e il cuore alla Polonia».
Anche la tempistica con cui si è giunti alla ricollocazione odierna appare opportuna. Questo 2015 è un anno denso di date significative: settant’anni fa, il 25 aprile 1945 scattò l’insurrezione di Milano che portò alla sconfitta definitiva del nazi-fascismo in Italia, nel maggio successivo con la capitolazione della Germania terminò la guerra in Europa mentre nell’agosto-settembre, con la resa del Giappone, finiva il secondo conflitto mondiale. Tuttavia il 2015 è anche l’anno del centenario dell’inizio per l’Italia della prima guerra mondiale che fece appunto il suo ingresso in guerra il 23 maggio 1915.
Allora bisogna domandarsi perché vengono eretti o ricollocati monumenti come qui a San Vittore? Perché semplici atti come questi assumono un importante significato cioè quello di ricordare quanti hanno perso la vita nel corso della guerra e ricordare chi ha vissuto i tragici destini della guerra fino all’estremo sacrificio significa lanciare alle generazioni future dei messaggi di pace affinché non si combattano più guerre nel mondo.

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