Ricordo di don Faustino Avagliano


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Studi Cassinati, anno 2013, n. 3
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047-05

Nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2013, dopo breve malattia, è scomparso Don Faustino Avagliano, monaco e sacerdote, archivista di Montecassino. Era nato a Cava dei Tirreni (Salerno) il 10 aprile 1941, e dal 1982, dopo la morte di Don Tommaso Leccisotti gli era succeduto nella direzione dell’Archivio. Tutti gli studiosi che sono passati prima nelle sale del vecchio Archivio accanto all’ingresso del monastero, e poi dal 1995 nella nuova sede presso il chiostro della Basilica, ne hanno conosciuto le speciali doti di umanità, gentilezza e generosità nel corrispondere alle richieste e ai bisogni dell’uno o dell’altro. Grande rilievo occupano nell’arco della sua attività culturale i Convegni internazionali di studio dedicati al medioevo meridionale, i cui Atti sono stati pubblicati nella «Miscellanea Cassinese», a cominciare dal primo: Una grande abbazia altomedievale in Molise. San Vincenzo al Volturno (1985), seguito da Montecassino. Dalla prima alla seconda distruzione (1987), fino a L’età dell’abate Desiderio. Storia arte e cultura (1992). Molte pagine inoltre Don Faustino ha dedicato alla memoria di Don Leccisotti, suo maestro, con il quale collaborò anche alla serie Regesti dell’Archivio dal VII (1972) all’XI volume (1977). In particolare grande è stato il suo contributo alla conoscenza del territorio della Terra Sancti Benedicti e del Lazio meridionale, avendo creato nuove collane di studio accanto alla tradizionale «Miscellanea Cassinese», come, in special luogo, gli «Studi e documenti sul Lazio meridionale». Era membro della Medieval Academy of America, del Centro Storico Benedettino Italiano, del Centro Studi Internazionali «Giuseppe Ermini», dell’Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise «V. Cuoco» e della Commissione Toponomastica del Comune di Cassino. Dopo la licenza in Storia della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana e in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, si era laureato in materie letterarie all’Università di Cassino (1983), ricevendo anche nel 1999 la laurea honoris causa in Lettere dal Pontifical Institute of Medioeval Studies di Toronto. Non ultimo riconoscimento alla sua instancabile attività di studioso è stato il premio alla cultura del Presidente della Repubblica Italiana. La morte di Don Faustino priva la comunità di Montecassino, della quale dal 1988 è stato Priore esemplare per vent’anni, di un cuore grande e buono, e di una mente serena e retta. Egli fu davvero un fratello per tutti, monachus utilis, e le sue opere furono sempre quelle di misericordia e di pace, insieme col sacrificio di lode.
Mariano Dell’Omo (Monachus utilis, «L’Osservatore Romano», 6 settembre 2013)

L’improvvisa scomparsa di Don Faustino Avagliano lascia un vuoto profondo nella comunità scientifica nazionale e internazionale che in lui aveva un privilegiato punto di riferimento e un interlocutore generoso e attento.
Allievo prima, poi collaboratore, infine successore di Don Tommaso Leccisotti nella direzione del celebre Archivio abbaziale di Montecassino, dal grande Monaco di Torremaggiore mutuò metodi e comportamenti sino ad anteporre sempre la personalità del suo Maestro, storico della Civiltà monastica del Mezzogiorno d’Italia, ai risultati del suo quotidiano lavoro.
Don Faustino affinò alla Scuola di Don Tommaso il suo mestiere di storico, di archivista e di paleografo muovendosi tra le scaffalature e le teche della antica istituzione con padronanza e competenza ma anche con rispetto nei confronti di una istituzione plurisecolare che aveva contribuito a dare un’anima ai destini dell’Europa.
Tra le altre, due direttrici di ricerca gli erano care e consuete: la tradizione culturale di Montecassino rivisitata attraverso l’opera degli storiografi cassinesi dell’età moderna da Gattola a Leccisotti e la storia del venerando cenobio e degli eventi che ne accompagnarono gli esordi, la crescita, le cicliche distruzioni e rinascite sino all’ultima ricostruzione seguita al secondo conflitto mondiale.
Chi come me dal 1981 in avanti ha avuto la singolare ventura di essergli accanto nelle varie iniziative culturali, di condividere momenti di grande fervore intellettuale, di godere della sua affettuosa e fraterna amicizia, percepisce il senso di vuoto lasciato dalla scomparsa di Don Faustino colmato e temperato peraltro dalla fede in Colui cui spetta moderare i tempi della vita e della morte.
Riposi in pace, carissimo Don Faustino, nella pace di Dio accanto ai Santi Monaci della Congregazione cassinese che hai venerati, studiati, imitati e amati.
Mons. prof. Cosimo Damiano Fonseca (Accademico Nazionale dei Lincei)

Don Faustino, degno erede del grande archivista Tommaso Leccisotti, è stato un prezioso punto di riferimento, affidabile e sempre disponibile verso tutti i fruitori del prestigioso Archivio di Montecassino, studiosi provenienti da ogni parte d’Europa e in particolare locali, con i quali ha intrattenuto sempre rapporti di stretta collaborazione.
Personalmente ho avuto una impagabile esperienza con d. Faustino quando fondammo il mensile «Lazio Sud», editore il tipografo Pierino Pontone. Erano gli anni 1982-83; lo gestimmo come condirettori in perfetto accordo. Quella rivista è diventata poi un classico per la storia dei paesi del Cassinate grazie alla ricca messe di documenti storici, di cui molti inediti, provenienti soprattutto dall’Archivio di Montecassino. Per vari anni a seguire «Lazio Sud» fu molto richiesto, specialmente da studenti universitari alle prese con tesi di laurea sulla storia del territorio.
Ci mancherà molto d. Faustino.
Emilio Pistilli («L’Inchiesta» 6 settembre 2013)

A pensarci bene, ed è in circostanze del genere che te ne rendi conto, la mia conoscenza di don Faustino Avagliano data più di qualche decennio: diciamo la seconda parte degli anni Sessanta quando, di tanto in tanto, salivo a Montecassino per incontrare o don Angelo Pantoni o don Tommaso Leccisotti di cui all’epoca don Faustino era stretto collaboratore ed al quale poi sarebbe succeduto nella gestione dell’importante archivio storico, veste in cui, tra l’altro, avrebbe partecipato alle varie iniziative culturali che di tanto in tanto si svolgevano nel territorio. La particolarità del momento mi impedisce di ricordare quando ciò accadde l’ultima volta. Comunque, la scorsa primavera.
Non ho dimenticato, invece, il nostro ultimo incontro a Montecassino dove, tra l’altro, sono solito recarmi in occasione dell’uscita di qualche mia pubblicazione per farne dono di una copia a don Gregorio De Francesco, per la biblioteca, e di una a don Faustino, appunto, per l’archivio.
Avevo appena pubblicato Al tempo dell’unità tra regnicoli e papalini e fu proprio quella l’occasione di un colloquio su certi particolari aspetti storici relativi al nostro territorio che, peraltro, si protrasse molto a lungo.
Né posso dimenticare la sua collaborazione a «Ciociaria ’70» che, unitamente a quella di don Angelo e a quella di don Tommaso, conferirono prestigio a quel mensile.
Nel porgere le più sentite condoglianze alla comunità monastica, saluto don Faustino e lo ringrazio per avermi voluto onorare della sua amicizia.
Costantino Jadecola («L’Inchiesta» 6 settembre 2013)

Un altro colpo durissimo per la comunità monastica di Montecassino dopo le recenti “dimissioni” per motivi di salute dell’abate dom Pietro Vittorelli: dopo una breve ma inesorabile malattia si è spento don Faustino Avagliano, direttore dell’archivio cassinese. Una perdita gravissima per il cenobio benedettino sulla vetta del monte ma anche per la cultura di tutto un territorio, e non solo, che ora si vede improvvisamente orfano di cotanto studioso. Don Faustino, infatti, era il degno successore dei grandi archivisti che hanno contraddistinto nei secoli il monastero cassinese. Il suo nome, oggi che non c’è più, appare incastonato come una lucente e preziosa gemma tra quelli che hanno fatto la storia di Montecassino: da Erasmo Gattola a Mauro Inguanez fino, per venire a tempi a noi più vicini, a Tommaso Leccisotti di cui è stato diretto collaboratore. Nativo di Cava dei Tirreni, don Faustino si è trasferito nell’abbazia cassinese giovanissimo e qui, tra libri, antiche pergamene, codici e polverosi faldoni ha consumato la sua operosa esistenza. Attività che ha raggiunto il suo culmine quando, dopo la morte di don Leccisotti, gli è stata affidata la direzione dell’archivio di Montecassino. Uomo schivo, modesto, molto riservato, sempre educato e compìto, incarnava in maniera perfetta la figura austera e laboriosa del monaco benedettino che alla preghiera accoppia, sempre e comunque, l’attività lavorativa. Nel suo caso era prevalentemente lo studio intenso ed appassionato di antiche carte che, se ai più potevano apparire incomprensibili o quasi, a lui si mostravano facilmente in tutta la loro solare evidenza. Don Faustino è stato un instancabile propulsore di collane di studi scientifici, che hanno accolto contributi di autori prestigiosi, di pubblicazioni di grande spessore e di riviste periodiche che hanno fatto la storia del territorio fin dagli anni settanta del secolo scorso. Chi scrive, allora giovanissimo cultore di storia locale, non può non ricordare con quanta passione, attenzione e meticolosità don Faustino si impegnava ogni mese nella composizione di «Lazio Sud», sfornato con grandi sacrifici dalla Tipografia di Pierino Pontone che in quegli anni (eravamo nel 1982-83) si era trasformata in un vero e proprio cenacolo culturale. Così come ricordo l’apprensione di chi, autore di uno scritto, aspettava con ansia il giudizio e poi l’approvazione di cotanto direttore che, malgrado l’aspetto austero, non mancava mai di impartire consigli paterni a chi si era appena incamminato nel difficile mondo della ricerca storica. E come dimenticare, poi, la sua fruttuosa e assidua collaborazione con settimanali quali «L’Inchiesta» e il «Corriere del Sud Lazio» nelle cui pagine culturali, spesso e volentieri, apparivano i suoi magistrali articoli sulle drammatiche vicende dell’ultima guerra mondiale? Ricordi che si affollano confusi ma indelebili nella mente di chi ha avuto la fortuna di conoscere e, perché no, di frequentare un uomo così colto ma, nello stesso tempo, semplice, che non si è mai assiso sul piedistallo. Il che, del resto, non rientrava nella sua indole. Sono stato l’ultima volta con don Faustino qualche mese fa, quando ancora la malattia non l’aveva aggredito. L’ho portato con me a visitare la chiesa di Santa Maria delle Grazie, a Caprile di Roccasecca, esaudendo un suo desiderio antico. Ricordo ancora i suoi occhi lucidi di commozione quando si è trovato di fronte ai quadri del Mazzaroppi e poi ai piedi della imponente statua lignea della Madonna del Rosario dove si è raccolto in breve ma intensa preghiera. Nel riaccompagnarlo in abbazia più volte mi ha ringraziato dicendomi: «Oggi mi ha fatto vivere proprio un bel pomeriggio. La prossima volta sarà così gentile da condurmi in visita alla chiesetta rupestre di Sant’Angelo in Asprano, dove sono conservati affreschi di scuola desideriana». E sì perché, malgrado la nostra lunga ed amichevole frequentazione, don Faustino si ostinava a darmi del lei. Da quel giorno non l’ho più rivisto e con lui ho scambiato solo qualche telefonata. E così quando mi è stata comunicata la dolorosa notizia mi sono subito sentito in colpa: non ho potuto esaudire quel suo desiderio. E ormai so per certo che non potrò farlo più. Per cui la saluto e la abbraccio forte, caro don Faustino. Sono certo che da lassù vorrà perdonarmi.
Fernando Riccardi («L’Inchiesta» 6 settembre 2013)

I lettori di questo giornale («L’Inchiesta», ndr) hanno conosciuto, in occasione della scomparsa, il lato più evidente dell’attività professionale di don Faustino Avagliano, archivista di Montecassino. I commossi ricordi delle persone che lo hanno frequentato per decenni nella sua veste di tutore delle memorie del territorio ne hanno rievocato la cura per la storia medievale e moderna della Terra di S. Benedetto, l’attenzione alle vicende delle piccole comunità all’ombra dell’abbazia, la dedizione a progetti editoriali grandi e piccoli, tesi a illustrare e valorizzare l’enorme patrimonio librario e documentario cassinese.
Il ruolo di Don Faustino ha travalicato tuttavia ampiamente i confini geografici delle terre sottoposte al controllo religioso, politico e amministrativo della culla del monachesimo benedettino. Montecassino riveste un’importanza capitale per la storia del medioevo europeo e anche per quella dei secoli successivi, che ha determinato un interesse enorme da parte del mondo degli studi storici in senso lato, letterari, artistici, linguistici, paleografici, diplomatistici. Il patrimonio di libri e documenti scampati alle molte distruzioni dovute alla natura e agli uomini (ma don Faustino teneva molto a ricordare che erano stati i tedeschi a salvarli in occasione dei bombardamenti alleati del 1944) ha sempre richiamato da ogni parte del mondo a Montecassino tantissimi studiosi, disposti ad affrontare sacrifici notevoli pur di accedere a un patrimonio fondamentale per le loro ricerche. L’anno prossimo, ad esempio, cadrà il centenario di un’opera tuttora indispensabile a chi affronti la storia della scrittura nazionale dell’Italia meridionale nel medioevo, The Beneventan Script di Elias Avery Lowe, il cui autore fu a lungo ospitato dai monaci per consentirgli di portare a termine il suo lavoro. Don Faustino si è inserito perfettamente in questa tradizione, rivestendo il doppio ruolo di uomo di studi, come dimostra la sua ampia bibliografia, e di conservatore amorevole e attento del prezioso materiale a lui affidato. Riuscire a ricoprire correttamente questa duplice funzione non è impresa comune, come sa bene chi frequenta regolarmente archivi e biblioteche, perché spesso uno dei due ruoli prende il sopravvento sull’altro determinando inconvenienti non piccoli in quanti hanno necessità di lavorare in istituzioni gelose detentrici di un patrimonio insostituibile.
Don Faustino possedeva una rara capacità di individuare fra i visitatori dell’archivio cassinese quelli che mostravano un autentico interesse scientifico per i suoi codici e i suoi documenti, a prescindere da fama consolidata e posizione accademica. A quanti godevano della sua fiducia venivano accordate facilitazioni non indifferenti riguardo agli orari di apertura, al numero degli originali consultabili, alla riproduzione fotografica del materiale.
Nel corso degli anni l’archivista di Montecassino si è conquistato un posto di tutto rispetto nel mondo degli studi, che gli sono valsi una laurea honoris causa in Canada e soprattutto la generale riconoscenza da parte dei tanti studiosi che ne hanno apprezzato la preparazione, la correttezza, la genuina semplicità nell’approccio personale.
Dopo la scomparsa qualche anno fa di Virginia Brown, allieva diretta di Lowe, visitatrice costante dell’archivio di Montecassino, ricercatrice instancabile di testimonianze beneventane (dal cui lascito intellettuale è germogliata recentemente negli Stati Uniti una «Society for Beneventan Studies»), si chiude ora con don Faustino una lunga e felice stagione di studi, alla quale potrà dare un seguito solo la volontà e la passione di quanti si dedicano allo studio del mirabile patrimonio scritto che abbiamo avuto la fortuna di ereditare. Grazie di tutto, don Faustino: sit tibi terra levis.
Marco Palma (Ordinario di Paleografia Latina, Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale, «L’Inchiesta» 10 settembre 2013)

L’Archivio di Montecassino in un mattino qualunque. Il silenzio e il profumo della storia che aleggiano negli ambienti ovattati. I manoscritti e le pergamene deposti sul grande tavolo che accoglie gli studiosi che qui arrivano da tutto il mondo. Il registro delle presenze su cui dom Faustino invita gli utenti dell’Archivio ad appuntare sempre, con meticolosa precisione, i documenti che hanno consultato.
Dom Faustino appunto, cuore e mente di questo archivio.
Lo sgomento incredulo che ci coglie alla notizia della sua morte costringe la memoria al recupero del passato più prossimo, quasi a fissarne per sempre il ricordo: l’ultimo giorno in cui siamo state in archivio e ancora una volta, dopo una ventennale frequentazione, abbiamo salutato dom Faustino e lo abbiamo visto consegnarci i manoscritti che avremmo dovuto studiare. Quell’ultima volta c’era con noi una giovane studentessa francese che per le sue ricerche aveva bisogno di vedere alcuni dei manoscritti decorati più preziosi conservati presso l’Abbazia. Avevamo allora prudentemente mediato tra lei e il Direttore dell’Archivio suggerendole di concentrarsi, per quella mattina, su un numero limitato di libri, certe che una richiesta troppo esosa non sarebbe stata accolta favorevolmente. Conoscevamo infatti la cura con cui Dom Faustino sovrintendeva alla conservazione dei manoscritti, benché generoso con quanti avessero affrontato un lungo viaggio per venire a studiare a Montecassino.
Quel giorno egli ci accolse in Archivio come di consueto, trafelato e sorridente, forse un po’ sorpreso del nostro lieve ritardo per aver accompagnato l’ospite in una breve visita dell’Abbazia. Subito dopo e nell’arco dell’intera mattinata, Dom Faustino recò sul tavolo della sala lettura tutti i manoscritti richiesti, fornendo alla giovane studiosa preziose informazioni sulla loro storia. Scorrevano sotto occhi incantati le miniature che hanno reso celebre lo scriptorium dell’antica Abbazia, mentre Dom Faustino, con l’entusiasmo di sempre, raccontava attraverso i suoi manoscritti la storia del cenobio cassinese. L’arrivo in sala anche del rotolo di Exultet col suo tripudio di immagini distolse dalle loro carte gli altri studiosi presenti in Archivio che si soffermarono ad ammirare il prezioso manufatto. Al termine della visita la giovane francese salutò con viva gratitudine: l’intensiva ‘scorribanda’ sui codici cui, a sorpresa, Dom Faustino l’aveva sottoposta l’avrebbe aiutata più della lettura di molti libri!
L’episodio riassume in maniera esemplare quel tratto di grande umanità con cui Dom Faustino accoglieva gli ospiti del suo archivio: che si trattasse dello studioso di grido o del giovane studente egli metteva a disposizione la sua grande conoscenza e la sua profonda passione per quel giacimento di storia incommensurabile che si conserva nelle antiche sale.
Anche se la generosa disponibilità con cui interpretava il suo ruolo di Direttore dell’Archivio sottraeva grande tempo allo studio, Dom Faustino aveva sempre ritagliato uno spazio per la ricerca. Allievo di Dom Tommaso Leccisotti, aveva ereditato, nel solco della migliore tradizione degli archivisti cassinesi, le competenze e la dedizione del maestro; aveva dunque collaborato con Dom Tommaso alla redazione dei regesti a partire dagli anni ’70. Numerosissime sono inoltre le sue pubblicazioni dedicate alla storia e alla cultura del cenobio cassinese e del Medioevo meridionale. Dinamico organizzatore di convegni internazionali i cui atti sono stati pubblicati nella collana da lui diretta di Miscellanea Cassinese, collaborò con istituzioni universitarie alla realizzazione di grandi eventi culturali. Il nostro personale ricordo va al programma di eventi espositivi organizzato per il Bimillenario di Cristo dal MIBAC e, in particolare, alla straordinaria mostra Exultet. Rotoli liturgici del Medioevo meridionale allestita nell’Abbazia dove confluirono tutti i reperti superstiti dei rotoli di Exultet: un evento per la cui realizzazione fu fondamentale la dedizione attenta e competente di Dom Faustino.
Fra le ricerche cui si era dedicato negli ultimi anni, forse non le più importanti ma certo tra le più utili a chi come noi studia i manoscritti cassinesi, ci piace ricordare due recenti contributi relativi uno alle antiche collocazioni dei codici nella Biblioteca di Montecassino, l’altro alla storia della stessa biblioteca nell’Ottocento.
Difficile oggi raccontare che cosa significhi pensare l’Archivio di Montecassino senza Dom Faustino, per noi che così a lungo abbiamo identificato l’austera istituzione con la sua figura.
Il commiato imposto dalla sua prematura scomparsa non ci esime dall’esprimere la nostra profonda gratitudine per tutte le volte in cui ci è stato di guida.
Lidia Buono – Eugenia Russo (Laboratorio per lo studio del libro antico, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale)

Ho conosciuto don Faustino verso la metà degli anni Settanta, quando Egli soleva scendere il pomeriggio, una volta a settimana, da Montecassino per tenere dei corsi religiosi presso le Suore di Carità. Accompagnavo i miei genitori, ma lì restavo anche io ad ascoltare.
Salivo spesso al Monastero, le prime volte con il prof. Antonio Giannetti, ma poi incominciai ad andarci anche da solo, per consultare in Biblioteca dei libri per le mie ricerche.
Da allora la mia amicizia con don Faustino iniziò a crescere sempre di più. Cominciai a conoscerlo bene: una persona fine, educata, comprensiva, pacata, colta, riservata. Nella conversazione con gli altri era sempre lui ad interrompersi per dare la parola all’interlocutore. Quando questo succedeva con me, gli dicevo: «Prego, don Faustino, dica lei».

Un giorno mi disse che era di Cava dei Tirreni, al che replicai che la mia famiglia,
nel 1947 e 1948, abitava in quella città. In quegli anni io avevo 5-6 anni, lui 6-7. «Forse ci siamo anche incontrati qualche volta sul corso principale di Cava!». «È molto probabile» mi rispose. Un ricordo, questo, che gli fece molto piacere.
Negli anni Ottanta cominciai ad accompagnarlo con la mia auto dovunque volesse o dovesse andare per partecipare a riunioni, celebrazioni, avvenimenti vari. Quando arrivava, c’era già molta gente ed egli era sempre trattato come l’ospite d’onore. Io mi mantenevo a qualche metro di distanza. Molte persone gli si avvicinavano per salutarlo, per chiedergli consigli. Spesso lo invitavano ad altre manifestazioni («Adesso non so risponderle, non ho qui con me il mio taccuino degli impegni!»).
Si andava a Minturno, Formia, Gaeta, S. Vincenzo al Volturno, a S. Elia, ad Alvito, ad Atina, ad Aquino, a Pontecorvo, a Ceprano, ad Arce e in molte altre località. Avevamo quindi modo di conversare su vari argomenti. Spesso mi anticipava quello che avrebbe detto alle riunioni, come per fissarsi bene in mente l’argomento da trattare.
Qualche volta ritornavamo tardi a Montecassino e per strada, un paio di volte, mi disse: «Spero che mi abbiano lasciato qualcosa in cucina». Al che, alla mia proposta di mangiare qualche cosa o a casa mia o in un ristorante, mi rispondeva: «Grazie, ma noi monaci non possiamo mangiare fuori. Ci è permesso soltanto in casi eccezionali».
Si apriva molto con me, ma sempre nei limiti della riservatezza, ed era bello vederlo sorridere e talvolta ridere. Era contento di quel tempo trascorso in auto.
Talvolta gli telefonavo per chiedergli: «Don Faustino, dove vogliamo andare?». E se non aveva impegni per qualche ora, gli piaceva farsi accompagnare in luoghi non distanti, ma che non conosceva. Aveva un gran desiderio di osservare con i propri occhi località che gli erano note soltanto perché ne aveva sentito parlare.
Agli inizi degli anni Novanta cominciò ad interessarsi del computer. Egli sapeva che io lo usavo da qualche tempo e mi chiedeva, personalmente o per telefono, dei consigli, che nel mio piccolo potevo dargli. Ma ben presto, come si suol dire, l’alunno ha superato il maestro. Era diventato molto esperto in tutti i programmi basilari per chi lavora al computer: videoscrittura, grafica, impaginazione di articoli ecc. I lavori che portava avanti erano moltissimi ed era molto pignolo nell’eseguirli.
Spesso gli chiedevo dei consigli su varie questioni ed era contento di darmeli, erano sempre ottimi ed io li seguivo alla lettera. Talvolta me li dava di sua spontanea volontà. Lo consideravo il mio Padre spirituale.
Ho perso un vero Amico lassù, ma ora ce l’ho Lassù.
Gaetano Lena

Ricordo quando conobbi don Faustino. Mi recai con alcuni colleghi all’Archivio di Montecassino e venni a lui presentato come un nuovo collaboratore, interessato al canto liturgico. Don Faustino accoglieva coloro i quali si avvicinavano all’Archivio per la prima volta con affabilità, innata gentilezza e un po’ di naturale timidezza: così fu anche per me. Ma quando ritornai per consultare alcuni tra i più importanti codici liturgico-musicali, mi colpì la sua autentica curiosità con cui volle conoscere di cosa mi occupassi principalmente, quali fossero i miei interessi e i miei impegni. La sua attenzione a quanto mi riguardava fu la premessa per un proficuo scambio di notizie e di riflessioni che è stato per me di grande arricchimento.
Nella permanenza in Archivio, questa sua partecipazione al percorso di ricerca di chi si recava a studiare, lo rendeva un punto di riferimento, un florilegio vivo di una serie di informazioni che lui stesso dispensava saggiamente, indirizzando e guidando chi ne avesse bisogno, per esempio, verso una lettura specializzata o incoraggiando un incontro con altri studiosi che già si fossero occupati di argomenti analoghi e interessanti.
Se mi recavo in Archivio per studiare o per una semplice visita a don Faustino, spesso il nostro dialogo andava a toccare il canto, il canto liturgico. Egli mostrava un sorriso accennato e gli occhi divenivano più vivaci e brillanti. Si schermiva, rimarcando la propria inadeguatezza di esecutore, ma subito rivelava una competenza tutt’altro che comune, tipica di un monaco che non solo aveva consuetudine con l’espressione musicale gregoriana, ma che ne apprezzava vivamente le forme, le melodie e la loro tradizione. Dimostrava una spiccata sensibilità a discernere uno stile d’esecuzione dall’altro, una maggiore o minore perizia nell’interpretazione: sapeva bene qual è il gregoriano ben cantato e quello invece biascicato o lezioso.
Quando vi fosse l’opportunità di ascoltare dal vivo un brano di canto liturgico, anche se eseguito all’impronta e fuori da un’occasione ufficiale, non si faceva remora di chiedere di poter sentire cantare, mostrando col suo sorriso un sincero invito. Così accadde quando lo invitai a presentare il libro sull’Ordinario di Montecassino e Benevento al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, e lui chiese all’autore, Thomas Kelly, di cantare ipso facto l’Exultet beneventano. Allo stesso modo, qualche mese fa, accompagnando un gruppo di studenti cantori in una visita a Montecassino e al suo Archivio, don Faustino ci guidò fin nella foresteria dove, assieme a un ospite dell’Abbazia, cantammo in corridoio l’Ave regina caelorum, antifona mariana del repertorio gregoriano.
Di fronte a queste esecuzioni estemporanee, è indimenticabile il volto di don Faustino rapito e gioioso, semplicemente appassionato. Così lo ricorderò, d’ora in poi.
Nicola Tangari (Ricercatore di Storia della Musica, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale).

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