Un inutile sacrificio


Labbazia-di-Montecassino-dopo-i-bombardamenti-del-1944La battaglia lungo il dedalo di linee difensive allestite prima e dopo Cassino era iniziata nel dicembre 1943 e solamente all’inizio di giugno dell’anno successivo la strada verso Roma riuscì a essere aperta. Sei mesi di cruenti battaglie da prima linea cui si aggiungevano tre mesi precedenti comunque caratterizzati da bombardamenti aerei incessanti su tutti i paesi disposti a cavallo della «linea Gustav». In sostanza un stillicidio continuo di una guerra che proprio con il secondo conflitto mondiale si era andata trasformando, con l’avvento preponderante dell’aviazione, in guerra totale. Per nove lunghi mesi le popolazioni dell’odierno Lazio meridionale, dell’alta Campania, del medio Molise e del sud dell’Abruzzo sono state coinvolte, loro malgrado, in un vortice crescente di patimenti, sofferenze e morte che ha raggiunto il punto massimo il 15 febbraio 1944 con la distruzione della millenaria abbazia di Montecassino ed esattamente un mese dopo con la distruzione della città di Cassino.
È stato altissimo il tributo pagato dagli eserciti che si sono scontrati in quei frangenti come ci ricordano i cinque sacrari militari disseminati su questo territorio con ognuno di essi che conserva migliaia di salme a monito della brutalità e dell’efferatezza della guerra. Parimenti il tributo pagato da queste popolazioni e da questo territorio è stato enorme in termini umani, per le centinaia e centinaia di persone morte e ferite in quei momenti e anche negli anni dopo la guerra, nonché per l’annientamento totale dei beni materiali pubblici e privati distrutti dai bombardamenti e dai cannoneggiamenti.
Alle 9.45 del 15 febbraio 1944 scattò l’operazione «Avenger», il bombardamento dell’abbazia di Montecassino. In cinque ondate successive 250 bombardieri lasciarono cadere 453 tonnellate di bombe sul monastero che subì la quarta distruzione della sua ultra millenaria esistenza. Un numero imprecisato di civili (forse 300) morì sotto il bombardamento. Nessun militare germanico fu colpito poiché nessuno di essi si trovava all’interno delle mura abbaziali e poiché il bombardamento fu indirizzato esclusivamente sul monastero non coinvolgendo anche le quote attigue all’abbazia con il risultato che le numerose postazioni tedesche presenti lungo il monte o nelle adiacenze rimasero intatte. Inoltre gli alti comandi alleati non dettero l’ordine di impossessarsi delle rovine del monastero nelle ore e nei giorni immediatamente successivi al bombardamento per cui vi si posizionarono i tedeschi incorporando il rudere come punto chiave della loro linea difensiva. Poi alle 8.30 del 15 marzo 1944 si avviò l’«operazione Dickens». Per sette ore la città di Cassino fu oggetto di un intensissimo bombardamento da parte di 575 bombardieri e 200 cacciabombardieri che sganciarono oltre mille tonnellate di bombe, cui seguì un violentissimo cannoneggiamento in cui vennero sparate oltre 200.000 granate. Nel pomeriggio le truppe d’assalto alleate si lanciarono alla conquista della città ma i paracadutisti tedeschi (i cosiddetti «diavoli verdi») riuscirono a respingere gli attacchi anche perché il bombardamento a tappeto aveva prodotto una enorme quantità di macerie e di crateri che finirono per ostacolare i movimenti dei carri armati alleati, bloccandone l’avanzata.
I bombardamenti di Cassino e Montecassino sono stati definiti di volta in volta come una necessità militare o un crimine di guerra. Tuttavia furono anche degli errori tattico-strategici perché l’esercito alleato non riuscì a trarre nessun beneficio da nessuno dei due bombardamenti anzi offrì l’opportunità ai tedeschi di poter utilizzare a scopo difensivo le rovine del monastero e della città.
In definitiva le distruzioni di Cassino e Montecassino possono essere ritenute alla stregua di un inutile sacrificio che è stato pagato dalla inerme popolazione civile e da questo territorio a causa della perdita, innanzi tutto, di tante vite umane (uomini, donne, bambini colpevoli solo di trovarsi nel luogo sbagliato, nel momento sbagliato) e di tutto il patrimonio edilizio pubblico, privato e religioso che ha totalmente cambiato il volto di Cassino e profondamente quello di tanti altri centri di questo territorio. Certo la «città martire» è stata ricostruita ma ha perso per sempre il fascino dei suoi monumenti, dei suoi rioni medievali, delle sue particolari e caratteristiche chiese. Certo l’abbazia di Montecassino è stata riedificata secondo la felice espressione dell’abate Ildefonso Rea «dov’era, com’era», ma ha perso per sempre le sue atmosfere desideriane, la magia e la bellezza dei suoi affreschi, delle sue linee architettoniche, dei suoi intagli lignei ecc.

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