A dieci anni dalla scomparsa Don Battista, parroco di Aquino

 

Studi Cassinati, anno 2012, n. 3
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di Costantino Jadecola
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  044-15.jpgDieci anni or sono, il primo Luglio del 2002, moriva Mons. Giovanni Battista Colafrancesco. arciprete emerito della Basilica-Cattedrale di San Costanzo e San Tommaso di Aquino e protonotario apostolico. Ma, più semplicemente, Don Battista per tutti.

Sacerdote, educatore, uomo di cultura ma anche di grande intuito, al suo nome resta legata buona parte della rinascita di Aquino all’indomani della seconda guerra mondiale. Non a caso, quando dieci anni or sono si diffuse la notizia della sua morte, avvenuta presso l’ospedale di Cassino, il commento fu unanime: “Si è chiusa una pagina della storia di Aquino”.
Una lunga pagina di storia che lo aveva visto per molto tempo, settant’anni almeno, indiscusso protagonista della realtà locale. Specie quella realtà che quasi un anno di guerra aveva reso allo stremo ma che lui, con intelligenza ed ostinazione, era riuscito pian piano a modificare contribuendo in maniera notevole all’evoluzione sociale e culturale della comunità.
Originario di Roccadarce, dove era nato il 24 Gennaio 1911, i primi contatti con Aquino li aveva avuti che aveva appena dieci anni, quando venne a frequentare il primo ginnasio presso il locale seminario. Poi, dopo anni di studio, la consacrazione a sacerdote il 15 Aprile 1933 a Sora, il ritorno ad Aquino nell’Ottobre dello stesso anno con l’incarico di Vice Rettore del seminario, la nomina a Canonico della Cattedrale il 30 Novembre e, dall’anno scolastico 1934-35, il compito di Rettore del seminario. Dopo la guerra, il 7 Agosto 1947, l’investitura ad arciprete che si sarebbe protratta per ben 46 anni. Non a caso, l’ultima volta che Don Battista era stato al centro dell’attenzione, fu la sera del 23 Settembre 1993 quando, nella Basilica Cattedrale, Aquino lo salutò e lo ringraziò per quella lunga, intensa e proficua attività al vertice della parrocchia che stava per passare di mano. Giorni cupi, quei giorni, per lui. Come quelli, per Aquino, quando lui passò a miglior vita.
Se nel periodo prebellico come Rettore del seminario aveva operato, lavorando non poco, affinché questa istituzione fosse all’altezza di una consolidata tradizione, fu specialmente in quello postbellico che egli manifestò, per usare un’espressione corrente, le sue doti manageriali. Ma anche un decisionismo che si concretizzò in una serie di iniziative e di realizzazioni che sintetizzare non è facile, ma tra le quali non puó non evidenziarsi il recupero dell’edificio del seminario, dove trovarono momentanea ospitalità l’asilo infantile, la scuola media, una sala cinematografica e, poi, l’attività a favore dei bisognosi per conto dell’opera diocesana di assistenza, l’istituzione di colonie estive, la ricostruzione della Cattedrale, la costruzione di un’apposita struttura destinata ad asilo e di un’altra, la sala Giovenale, da lui stesso ideata e progettata, destinata a cinematografo, l’impulso per la rinascita della Schola cantorum, il sostegno alla filodrammatica “Religione e patria”, il monumento all’Immacolata e quello a San Tommaso, il Congresso mariano interdiocesano del 1959, eventi di vario genere che solitamente beneficiavano della presenza di importanti personalità laiche e religiose.
Il resto lo ricorda lui stesso in Aquino, cinquant’anni. 1933-1983 (tipografia Pontone, Cassino) pubblicato nella ricorrenza del mezzo secolo vissuto nella comunità aquinate, di una copia del quale fece dono ad ogni famiglia. E le ricorda, quelle sue iniziative, corredandole di tutte quelle informazioni e di tutti quei documenti che fecero da corollario alla loro pratica attuazione, senza tralasciare le polemiche che talune di esse accompagnarono.
Tutto ciò, si badi bene, egli fece senza nulla togliere alla sua missione sacerdotale, un ruolo svolto in maniera ineccepibile tanto che Aquino puó e deve senz’altro reputarsi fortunata per averlo avuto come parroco per quasi mezzo secolo. E basta un’annotazione a chiarire il concetto: quindici anni dopo la fine della guerra, la Cattedrale era già risorta dalle macerie; il palazzo comunale, ben oltre quarant’anni dopo, era ancora nelle aspirazioni degli Aquinati.
Ed altro ancora: non v’è stata iniziativa, oltre che religiosa, comunque culturale, che non abbia visto Don Battista se non in prima linea, comunque presente; non v’è casa di Aquino dove egli non sia entrato almeno una volta; non v’è famiglia di Aquino nella quale, di una ricorrenza di gioia o di dolore, egli non sia stato testimone.
Un testimone ma soprattutto un protagonista intimamente ed affettuosamente legato a questa terra che, genitrice di Giovenale e di Tommaso, non poteva non far breccia nel suo cuore e nella sua cultura.
Cultura che manifestò nelle sue funzioni di insegnante di materie letterarie, in diverse pubblicazioni, tra cui Il sole di Aquino e I santi inglesi nella valle del Liri (Tipogr. Industria Grafica Cassinate, S. Elia Fiumerapido), ed in una intensa attività pubblicistica praticata specialmente in quell’altra sua creatura che fu il mensile La Voce di Aquino, destinato a preparare il Centenario di S. Tommaso.
E poi, non ultimo, il Centenario Tomistico del 1974, forse l’evento più grande intuito dalla sua mente, che consentì ad Aquino di porsi al centro dell’universo tomistico e grazie al quale, nel nome di Tommaso, essa rese generosa e cordiale ospitalità a studiosi internazionali, vescovi, cardinali e addirittura a Papa Paolo VI.
Come in altre, anche in questa occasione si ripropose quella sua caparbietà per il raggiungimento dell’obiettivo. Quella sua continuità nell’azione che, starne al passo, era cosa non facile e che generalmente portava avanti facendo affidamento solo sulle sue forze e sulle sue capacità, anche a rischio di apparire talvolta egocentrico o, quanto meno, accentratore.
Il ruolo occupato da Don Battista nella realtà di Aquino per buona parte del Ventesimo secolo è stato un ruolo molto importante. Si condividano o meno le sue iniziative e le sue opere. Serenamente, dunque, anche questa occasione è propizia per ringraziare ancora una volta Don Battista per quanto ha fatto per nobilitare ancor più il nome di Aquino nella cui storia, inevitabilmente, il suo nome è entrato di diritto.
E, ancora, per chiedergli di voler perdonare questa comunità, se al momento del suo addio, la trovò impreparata all’evento, un evento che lui sicuramente avrebbe saputo gestire in maniera ben diversa.
Del resto fu proprio allora, proprio con quei funerali, che iniziò l’ultimo declino di Aquino. Come purtroppo confermano, senza riserve, questi ultimi dieci anni. E, se volete, anche ciò che non è stato fatto per il decennale della scomparsa di Don Battista.

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