Alle origini del Tribunale di Cassino

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di Gaetano De Angelis Curtis

Intervento al convegno per la ricorrenza del 150° anniversario della istituzione del Tribunale di Cassino, tenutosi presso il Teatro “Manzoni” sabato 19 novembre 2011, organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cassino. (Estratto da Il Tribunale di Cassino 1861-2011, Ciolfi tipografo-editore-libraio, Cassino 2011)


41-05.jpgLa campagna militare iniziata dal Regno di Sardegna nel 1859 e poi quella di Garibaldi dell’anno successivo portarono, inaspettatamente e in breve tempo, all’Unificazione nazionale italiana sancita dalla nascita del Regno d’Italia il 17 marzo 1861. Allargato lo Statuto albertino e l’impianto legislativo sabaudo a tutti i nuovi territori annessi, l’ordinamento giudiziario del giovane Regno d’Italia risultò strutturato su 1904 uffici giudiziari, di cui 142 Tribunali circondariali. Tra questi era ricompreso anche quello di Cassino, o meglio di S. Germano come si chiamava allora la città, la cui istituzione avvenne con regio decreto n. 329 emanato il 20 novembre 1861.
Cassino dovette vincere la concorrenza di altre importanti città dell’alta Terra di Lavoro che aspiravano e ambivano a essere prescelte per l’installazione del Tribunale. Ad esempio Sora, che era sede di capoluogo dell’omonimo circondario e quindi, da questo punto di vista, la più titolata, ma anche Pontecorvo, già enclave pontificia, oppure Gaeta, fortezza militare e baluardo difensivo di Francesco II di Borbone, o Formia, capoluogo dell’altro circondario settentrionale di Terra di Lavoro, o Sessa Aurunca. Sicuramente Cassino possedeva uno dei requisiti fondamentali individuati dalle autorità politiche e giudiziarie del tempo perché una città potesse essere prescelta come sede di uffici giudiziari e cioè la centralità geografica rispetto al territorio di amministrazione della giustizia. Le nuove autorità nazionali, infatti, cercarono di evitare che i Tribunali potessero essere ubicati in luoghi periferici, caratterizzati da scarsa popolazione e insufficiente «coltura giuridica».  Quindi dovette essere proprio il requisito della posizione geografica, baricentrica alla circoscrizione giudiziaria, uno dei punti di forza che portò a far ricadere la scelta su Cassino, anche se a interessarsi autorevolmente alla questione fu l’allora abate di Montecassino, d. Simplicio Pappalettere, che anzi sottopose alle nuove autorità politiche nazionale la richiesta, non esaudita, di insediare nella città anche la prefettura e ciò equivaleva a elevarla a capoluogo di provincia.
Il Tribunale di Cassino divenne il secondo organo giudiziario della provincia di Terra di Lavoro, andando ad affiancare quello di Santa Maria Capua Vetere già funzionante dal 1808. All’organo giudiziario di Cassino fu assegnata una circoscrizione territoriale composta da diciotto mandamenti, nove del circondario di Sora e altrettanti del circondario di Gaeta, con 73 comuni e una popolazione di circa 275.000 abitanti.
Per quel che riguardò l’amministrazione della giustizia penale fu istituito un Circolo straordinario di Corte di assise «sedente a Cassino». Presso la Corte di assise straordinaria di Cassino vennero celebrati vari processi di brigantaggio e fra essi uno riguardò la banda di Domenico Coja, detto Centrillo. Il processo si concluse il 19 ottobre 1865 con l’assoluzione, e conseguente scarcerazione, del capobanda e di altri 16 briganti. Tale verdetto finì per suscitare forti critiche in tutta Italia espresse da vari giornali così come furono depositate al Parlamento due interpellanze. Sebbene il serrato dibattito venutosi a generare alla Camera dei deputati non avesse fatto presagire alcun provvedimento sanzionatorio nei confronti del Tribunale, nell’arco di qualche mese si giunse alla soppressione della Corte straordinaria «sedente» in Cassino. Il provvedimento punitivo privò il Tribunale di Cassino della Corte di assise per circa sette anni. Solo nel 1872 fu infatti ripristinato a Cassino un Circolo straordinario di Corte di assise che poi due anni dopo fu trasformato in Circolo ordinario.
Nel 1874, relativamente alla dimensione demografica, il Tribunale di Cassino, con una giurisdizione formata da una popolazione di 286.087 abitanti, si poneva al diciannovesimo posto tra i 162 Tribunali civili e correzionali operanti in tutta Italia, ben al di sopra, ad esempio, di quelli delle tre città laziali elevate a capoluogo di provincia nel 1927 e cioè Viterbo (157.770 abitanti, sessantottesimo posto), Frosinone (155.155 abitanti, sessantanovesimo posto) e Rieti (83.697 abitanti, centoventottesimo posto). Anche in relazione alla dimensione demografica delle Corti di assise, quella di Cassino si poneva al quarantunesimo posto fra le 79 operanti in tutta Italia, sempre al di sopra, comunque, non solo di quella di Viterbo, anch’essa formata da un solo Tribunale, quello del capoluogo della Tuscia, ma anche di quelle di Frosinone e Rieti che pur riunivano due organi giudiziari (la prima i Tribunali di Frosinone e Velletri con complessivi 228.218 abitanti, la seconda i Tribunali di Rieti e Spoleto con complessivi 140.695 abitanti).
Il numero degli uffici giudiziari operanti in Italia venne ridotto nel 1923 dal primo governo Mussolini. Nelle fasi di studio della riforma dell’ordinamento giudiziario anche quello di Cassino dovette rientrare nel novero dei Tribunali minacciati di soppressione. Tuttavia esso non fu toccato dall’ampio provvedimento di ridefinizione della geografia giudiziaria nazionale, anche se comunque conobbe un primo, seppur modesto, ridimensionamento dovuto alla perdita della pretura di Ponza, aggregata al Tribunale di Napoli.
Tuttavia ben più gravi conseguenze subì dall’attuazione della politica di riorganizzazione territoriale operata dal fascismo solo tre anni e mezzo dopo. Il momento cruciale e di snodo appare rappresentato dal r.d.l. 2 gennaio 1927 n. 1. La soppressione della storica provincia di Terra di Lavoro e la contemporanea istituzione di quella di Frosinone, alla quale vennero aggregate le aree fin lì casertane incluse in tutto il vecchio circondario di Sora e in parte di quello di Gaeta, ebbero un forte impatto sulla circoscrizione giudiziaria del Tribunale di Cassino che ne risultò fortemente ridimensionata a causa della perdita di tutti i comuni posti a sud del fiume Garigliano nonché di quelli costieri e dell’immediato retroterra. Tuttavia la penalizzazione subita da Cassino in quei frangenti fu doppia. In sostanza non solo la circoscrizione giudiziaria del suo Tribunale risultò fortemente ridotta ma, allo stesso momento, non si giunse al riconoscimento della sua antica aspirazione a elevarsi a capoluogo di provincia. Pur possedendo requisiti e caratteristiche idonee, pur potendo contare sul consenso dei gerarchi fascisti della provincia, orientati favorevolmente alla concessione dell’autonomia amministrativa all’alta Terra di Lavoro anche perché capace, a loro giudizio, di salvaguardare la provincia di Caserta dalla minacciata soppressione, poi effettivamente attuata, il fascismo non intese soddisfare gli auspici, le aspettative e le aspirazioni di Cassino. Il rimescolamento territoriale sancito dal r.d.l. 2 gennaio 1927 n. 1 causò la dispersione di quella unità geografica, amministrativa, topografica ed etnica rappresentata dalla circoscrizione giudiziaria del Tribunale di Cassino. Tutta quell’area costituiva una realtà territoriale omogenea e organica non solo dal punto di vista dell’amministrazione della giustizia ma anche come comprensorio amministrativo e in quanto tale era alla base delle varie richieste di istituzione della provincia con capoluogo Cassino avanzate fino al 1927 nonché di quelle successive. A Cassino non si rassegnarono e vari tentativi vennero operati nei mesi e negli anni successivi. La richiesta di istituzione di una provincia con capoluogo Cassino oltre a soddisfare le aspettative amministrative presenti sul territorio, tendeva anche a un altro ambizioso obiettivo, quello, cioè, della tutela del Tribunale. Con l’istituzione della provincia di Cassino, infatti, non solo si sarebbe venuta a ricostituire l’unità geografica dell’alta Terra di Lavoro, che avrebbe riacquisito la sua secolare omogeneità territoriale, ma alla ricompattazione amministrativa dell’area avrebbe fatto seguito quella giudiziaria riportando quei territori nell’ambito della competenza del Tribunale di Cassino.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, Cassino subì il suo primo bombardamento il 10 settembre 1943, due giorni dopo l’annuncio dell’armistizio. Proprio la città e il suo monte, su cui si innalzava imponente la plurisecolare abbazia benedettina, furono prescelti come perno centrale del poderoso sistema di difesa organizzato dalle forze militari tedesche nell’Italia centrale. Per salvaguardare il regolare svolgimento dell’amministrazione della giustizia anche in tempo di guerra, il ministero di Grazia e Giustizia autorizzò lo spostamento del Tribunale di Cassino prima a Pescosolido e poi, a partire dal luglio 1944, a Sora.
Quando la guerra terminò, a Cassino si fecero sempre più pressanti e insistenti le richieste di rientro del Tribunale nella sua sede istituzionale, così come di tutti gli altri uffici pubblici, formulate in modo sempre più intenso ed energico anche perché cominciarono a crescere i timori di una perdita definitiva degli uffici giudiziari a vantaggio di Sora.
Oltre che nel prodigarsi per riportare gli uffici giudiziari nella sede di Cassino e per difendere l’integrità della sua circoscrizione, i fautori del rientro del Tribunale si adoperarono per promuovere l’idea di dotare la città di un fabbricato da adibire specificatamente a palazzo di giustizia. Infatti la distruzione della città, in mezzo a tanta desolazione, offrì per la prima volta la concreta possibilità di una sistemazione definitiva degli uffici giudiziari in quanto fin dalla sua istituzione, e cioè per poco più di ottanta anni, il Tribunale era stato ubicato nel palazzo badiale.
Tuttavia la lentezza dell’opera di ricostruzione della città e difficoltà di vario genere (gli scarsi mezzi economico-finanziari messi a disposizione delle nuove autorità nazionali, le questioni legate alla penuria di materiali edili, allo sminamento, alla malaria ecc.) non consentirono di ripristinare, in tempi brevi, accettabili condizioni di vita. A Cassino, dunque, si fece ricorso anche alla mobilitazione delle masse locali per evitare lo smembramento o la decurtazione del territorio di giurisdizione o addirittura per scongiurare la soppressione del Tribunale o il trasferimento in altra sede, toccando punte di alta tensione sociale soprattutto il 13 e il 14 ottobre 1947 e nel maggio 1951.
Il contenzioso determinatosi nell’autunno del 1947 fu fonte di attriti e dissidi, sfociati in plateali dimostrazioni di protesta. Infatti la ricostituzione della provincia di Caserta aveva portato anche a prevedere il distacco dei mandamenti di Mignano e Roccamonfina dalla giurisdizione del Tribunale di Cassino e la loro aggregazione a S. Maria Capua Vetere. Contro il provvedimento insorsero gli amministratori comunali di Cassino, ma poi la protesta finì per allargarsi, coinvolgendo la popolazione locale. Al fine di sensibilizzare ancor di più il governo sulla questione, venne proclamato uno sciopero generale da tenersi a Cassino in concomitanza con lo svolgimento di un incontro tra il presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, e una rappresentanza di amministratori comunali programmato per il 13 ottobre 1947. Per due giorni consecutivi tutta Cassino «insorse compatta». Tutte le attività si bloccarono, «i negozi, le banche, le scuole, i trasporti, le industrie si fermarono». Furono erette delle vere e proprie barricate formate «con pietre, con carri, con vecchie automobili» e si giunse all’occupazione della via Casilina, quindi al blocco della comunicazione stradale tra Roma e Napoli. Qualche giorno dopo il Consiglio dei ministri fece proprie le motivazioni esposte dagli amministratori della «città martire» accogliendo la richiesta di sospensione del decreto di distacco dei mandamenti di Mignano e Roccamonfina.
Quindi il primo marzo 1949 gli uffici giudiziari, dopo quasi cinque anni, lasciavano definitivamente la città di Sora e facevano ritorno nella sede istituzionale di Cassino. Il rientro del Tribunale, celebrato in coincidenza con la cerimonia di inaugurazione del nuovo palazzo di giustizia alla quale intervennero oltre «ventimila persone», non risolse la disputa tra Cassino e Sora, anzi si vennero a generare ulteriori momenti di contrasto e di tensione tra le due città.
Infatti il 16 marzo 1951 Cesare Augusto Fanelli depositò alla Camera dei deputati il disegno di legge n. 1438 che prevedeva l’istituzione di una sede giudiziaria a Sora e, sostanzialmente, la divisione a metà della circoscrizione territoriale su cui aveva giurisdizione il Tribunale di Cassino. Ancora una volta la città si mobilitò in difesa dell’integrità territoriale del Tribunale. Nel pomeriggio del 6 maggio si svolse un comizio di protesta che vide la partecipazione di «duemila persone». Poi quando qualche giorno dopo la questione approdò in Consiglio comunale, il vicesindaco Pietro Malatesta propose che in caso di conversione in legge si dimettesse l’intera amministrazione comunale, e cioè tutti gli assessori e tutti i consiglieri, di maggioranza e di minoranza.
Non solo la proposta fu approvata ma i componenti dell’assise cittadina decisero di manifestare il loro fermo dissenso e la loro decisa contrarietà avvalendosi di una forma di protesta molto più plateale, energica e dirompente del semplice scioglimento dell’amministrazione comunale, la cui risonanza, evidentemente, veniva giudicata circoscrivibile alla sola comunità locale.
Si trattava cioè di servirsi di un gesto simbolico capace di richiamare l’attenzione delle istituzioni repubblicane e dell’opinione pubblica nazionale e internazionale, nella quale era ancora vivo, a distanza di così poco tempo, il ricordo dell’immane sacrificio tributato dalla «città martire», proprio perché la «mutilazione delle già povere istituzioni» operanti a Cassino era interpretata come il tentativo di rinnovare quel «martirio» patito a causa delle vicende belliche. I consiglieri comunali, quindi, giunsero ad individuare come gesto simbolico di protesta la restituzione di «quella Medaglia d’Oro» concessa a Cassino «in omaggio riverente al Suo martirio» e pubblicamente consegnata alla «città martire» dal presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, nel corso di una solenne cerimonia tenutasi il 2 aprile 1949. Il progetto di legge Fanelli non fu convertito in legge, ma alla fine del 1963 il Tribunale di Cassino perse la Pretura di Roccamonfina aggregata a S. Maria Capua Vetere.
Con l’importante riforma rappresentata dal d.legisl. 19 febbraio 1998 n. 51, nell’ambito del Tribunale di Cassino è stata istituita la sezione stacca di Sora. La circoscrizione giudiziaria risulta essere composta da cinquantanove comuni, di cui cinquantaquattro appartenenti alla provincia di Frosinone e cinque a quella di Caserta. Trentasette comuni afferiscono direttamente a Cassino e ventidue alla sezione staccata di Sora, mentre i restanti trentasette sui novantuno che compongono la provincia, sono inseriti nel Tribunale di Frosinone, in cui operano due sezioni distaccate (Alatri e Anagni). Dei 484.566 abitanti censiti in provincia di Frosinone, 211.299 risiedono nei comuni rientranti nella circoscrizione giudiziaria del Tribunale di Cassino, cui si aggiungono gli 11.171 dei cinque centri casertani per complessive 222.470 persone, mentre l’organo giudiziario di Frosinone amministra la giustizia su 274.267 abitanti.
Per concludere tale è la storia, in estrema sintesi, dei primi 150 anni di vita del Tribunale di Cassino, che è, come scrive in modo condivisibile e condiviso l’attuale suo presidente Amedeo Ghionni, «la storia degli uomini, dei magistrati, degli avvocati, del personale degli uffici, delle Autorità, dei cittadini tutti, ma anche del territorio e del suo progredire. Il tutto avendo a mente un valore straordinario, spesso esaltato, a volte temuto, frequentemente invocato, comunque da tutti tenuto in grande considerazione: la Giustizia».

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