Un sarcofago con epigrafe di epoca romana rinvenuto presso la Chiesa Madre di Cassino

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Studi Cassinati, anno 2011, n. 1
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di Emilio Pistilli


I bombardamenti del 1943/44 che rasero al suolo Cassino sembra non siano riusciti a cancellare tutto del passato della Città Martire. Dalle profondità del suolo degli antichi siti ogni tanto riemergono tracce che contribuiscono a far luce su elementi storici purtroppo ancora nebulosi.

L’area del ritrovamento.

L’ultimo ritrovamento di un certo interesse si è avuto il 2 febbraio scorso sull’area della scomparsa chiesa di S. Maria delle 5 Torri, adiacente alla chiesa madre, lato nord.
Durante uno scavo per opere di bonifica idraulica, alla profondità di circa un metro e mezzo, è venuto alla luce un tronco di sarcofago in pietra locale, del tipo che si estrae nella vicina Valleluce. Il manufatto, che è circa la metà del suo originale, reca sul lato anteriore parte di una iscrizione funebre; grazie al tempestivo intervento della Soprintendenza archeologica è stato trasportato nell’area protetta del museo nazionale G. Carettoni di Cassino.
Il sarcofago, al cui interno si notano ossa frammiste a terra e frammenti di laterizi, ha una sezione leggermente trapezoidale, essendo la faccia anteriore con la scritta un po’ inclinata verso l’interno, mentre gli altri lati sono solo grossolanamente lavorati, segno evidente, credo, che doveva essere incassato in una struttura muraria. Su tutta la lunghezza del bordo superiore del lato posteriore è presenta un incavo, come per un incastro. Misura in altezza cm. 59, in larghezza (da sinistra fino alla frattura) cm. 106; la profondità varia da cm. 80 in basso a cm. 74 in alto. L’altezza delle lettere dell’epigrafe varia da 2,8 a 3 cm.
Il sito del ritrovamento fu oggetto di un sondaggio nel dopoguerra, in occasione della ricostruzione della

Il lato anteriore del sarcofago con l’iscrizione troncata a metà.
Il lato anteriore del sarcofago con l’iscrizione troncata a metà.

chiesa collegiata di San Germano, per verificare i resti della medioevale chiesa di S. Maria delle 5 Torri, detta del Riparo. Dalla relazione stilata dal monaco archeologo Angelo Pantoni, OSB, non si ha notizia della presenza di quel manufatto. L’intera area fu poi colmata con materiale di risulta spinto dalle ruspe per sollevare il piano di calpestio, che attualmente è tra un metro e mezzo e due metri rispetto all’anteguerra. Dunque il sarcofago è stato lì sospinto dall’area adiacente, ma non sappiamo da quale direzione. La frattura non sembra recente, il che significa che è stato traslato insieme ad altro pietrame senza essere riconosciuto come parte di un sarcofago, cosa che non si sarebbe verificata se questo fosse stato intero. Tuttavia gli operai che lo hanno estratto segnalano la presenza di un grande masso più o meno delle stesse dimensioni rimasto in loco ma subito ricoperto al termine dei suddetti lavori di bonifica. La soprintendenza, nelle persone dell’archeologo Alessandro Betori e del direttore del museo Silvano Tanzilli, sta valutando l’opportunità di un nuovo scavo alla ricerca della parte mancante.
L’epigrafe, che sarà illustrata più avanti, fa cenno alla sepoltura di un personaggio femminile della seconda metà del secondo secolo d.C.
epigrafe.3Data la fattura non pregevole del sarcofago, non mi sembra sia ipotizzabile la sua traslazione da altro sito archeologico per un riutilizzo nell’area del ritrovamento; dunque credo si possa ritenere che la sua giacitura originaria fosse nelle immediate vicinanze. Va ricordato che tutta l’area ai piedi di Rocca Janula, che era il cuore dell’antica San Germano, si sviluppa lungo la via del Foro. Tale denominazione vuole essere la riproposizione di un’antica e persistente tradizione, secondo la quale lì sorgeva il foro della Casinum: questione, questa, ampiamente dibattuta dagli studiosi, tra i quali si contrappongono sostenitori autorevoli di tale tesi e altrettanto autorevoli scettici per varie ragioni.
Ma se consideriamo che al tempo degli antichi Romani le sepolture monumentali sorgevano a margine delle strade extraurbane, non si puó escludere, per le ragioni appena dette, che la via del Foro fosse un tracciato di quella stessa antichità. Tanto più che si ha notizia di un ritrovamento, nell’immediato dopoguerra, all’imbocco di quella via (lato sud), a grande profondità, di un cippo di epoca romana, del quale, però non si ha più traccia. Altre importanti epigrafi erano visibili in zona nell’anteguerra, insieme a colonne e capitelli di epoca romana riutilizzati per le chiese locali; ma di essi si è sempre ipotizzato che provenissero da altri siti, se non addirittura dai ruderi di Roma.
Non mi sento, qui, di trarre delle conclusioni circa la presenza in loco dell’antico foro; è opportuno, però, che tali questioni vengano tenute presenti nella ricostruzione della storia della Casinum romana.
Per l’interpretazione dell’epigrafe lascio la parola all’illustre epigrafista finlandese Heikki Solin, che l’ha esaminata – occorre precisarlo – solo sulle foto che gli ho fatto pervenire e che qui ringrazio a nome di tutta la Redazione di Studi Cassinati.

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