Venafro: emergenze archeologiche su Monte San Nazario

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Studi Cassinati, anno 2011, n. 1
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di Maurizio Zambardi


Risalita la cavea naturale che viene a generarsi, ad est della Valle di San Pietro Infine2, dall’unione di Monte Sambúcaro con Monte Cannavinelle e attraversato il tunnel dell’Annunziata Lunga, si ha un rapido accesso alla Piana di Venafro, la cui vastità non è subito visibile perché impedita da Monte San Nazario. Un monte che, insieme a Colle Sant’Onofrio, rappresenta una lunga appendice nord-orientale del Massiccio del Cèsima (fig. 1).
La piccola altura di San Nazario (398 m. slm) si presenta con un profilo arrotondato, irto, però, di piccole rocce calcaree che affiorano da un terreno piuttosto brullo. Sparute macchie di verde corrono lungo le pendici del monte, a ridosso del rio Centisimo, affluente del San Bartolomeo (fig. 2).
A nord, proprio di fronte a San Nazario, vi è l’altura di Colle Moresco3, una propaggine orientale di Monte Sambúcaro, alle cui falde si distende il paese di Ceppagna, frazione di Venafro (fig. 3).
La notevole importanza strategico-topografica di Monte San Nazario è testimoniata da una fitta sequenza di emergenze archeologiche stratificatesi nel tempo e per lo piú sconosciute, sia agli studiosi che alla gente del posto.
L’altura ha da sempre avuto una funzione di controllo e guardia dell’estremità nord-occidentale della Valle Venafrana4, in particolare sulla stretta lingua di terra che viene a formarsi tra il monte stesso e il braccio orientale di Monte Sambúcaro. Questa sorta di gola ha rappresentato da sempre un punto obbligato di passaggio per raggiungere il passo dell’Annunziata Lunga, anche noto come Passo delle Tre Torri, e avere quindi accesso all’ampia Valle del Liri.
È verosimile, infatti, che già in età protostorica l’area fosse attraversata da un asse viario, ripreso e potenziato, con parziale modifica anche del tracciato5, con la diramazione della Via Latina che da Ad Flexum, presso San Pietro Infine, consentiva il collegamento con il Sannio6.
Passiamo ora ad analizzare le varie emergenze rinvenute.
Sull’estremità nord-occidentale della cresta rocciosa di Monte San Nazario, tra le quote 350 e 390, si conserva parte di un recinto in opera poligonale, della prima e seconda maniera, formato dalla sovrapposizione di blocchi calcarei di m. 0,80×1,00, che doveva racchiudere la parte piú alta del monte7 (fig. 4).
La cinta muraria è costituita da un lungo tratto che, da quota 350, sale in direzione nord, per circa 330 metri, raggiungendo la quota 375 (fig. 5).
Da qui devia, quasi ad angolo retto, verso est di circa 80 metri, mantenendosi grossomodo sulla stessa quota, poi diverge verso nord di circa 30 gradi, scendendo, dopo circa 50 metri, a quota 360 metri. Poi, con un accentuato angolo acuto, piega nuovamente verso sud-est8, salendo, dopo circa 100 metri, a quota 390, e va a ricollegarsi con lo spigolo nord-est dei ruderi di una torre quadrangolare9.
Sul versante ovest non si rinvengono altri tratti murari in opera poligonale, ciò potrebbe trovare la motivazione nel fatto che la roccia, molto impervia su questo lato, abbia sostituito le mura stesse.
All’interno del recinto si conservano altri tratti murari a secco, larghi 1,50 circa, e alti anche piú di un metro, realizzati, però, con pietrame di piccola e media pezzatura.
Il tratto in opera poligonale posto ad est, a quota 350 circa, è interrotto ad un certo punto da due grosse pietre, alte piú di un metro e recante le superfici levigate, poste verticalmente ad una distanza di m. 3,20 circa (fig. 6). È probabile che le pietre siano ciò che rimane della porta d’accesso al recinto. Qui il recinto si conserva in gran parte per uno o due filari, ma in alcuni punti se ne osservano anche tre e quattro filari, per un’altezza massima di circa m. 2,00.
La presenza all’interno del recinto di strutture medievali testimonierebbero inoltre la sopravvivenza nel tempo dell’importanza strategica del luogo.
Infatti è verosimile che il recinto sia stato inglobato in successive strutture fortificate, tra cui una torre di avvistamento e difesa e, poco più a nord, dalla chiesa di San Nazario col relativo convento.
La torre quadrangolare (fig. 7) ha in pianta le misure medie esterne pari a m. 9,25×8,70, per uno spessore di m. 1,50, mentre la muratura è in opera cementizia con doppia cortina in opera incerta, con scapoli in calcare di misure medie pari a cm. 15×20.
La torre10 presenta buona parte della parete nord-est crollata, mentre la parete opposta reca, nella parte centrale, un taglio (ampio circa un metro) che consente di accedere all’ambiente11 (fig. 8).
I prospetti della torre presentano altezze diverse, che variano da 1,00 a 3,20 metri. Gli angoli sud-est e nord-ovest sono privi di paramento esterno (fig. 9).
Non sono stati rinvenuti frammenti fittili nell’area, utili ai fini di una datazione, anche se si ritiene che la struttura sia di età medievale.
A circa 70 metri ad est della torre, ad una quota inferiore di circa 15-20 metri, all’interno del recinto in opera poligonale, in una spianata naturale, sono i resti di due ambienti di forma rettangolare (fig. 10). Il primo, quello maggiore, posto piú a sud-ovest, è ampio m. 11,60×6,00 circa, ed ha uno spessore murario di m. 0,70 circa. Il secondo ambiente, piú piccolo e con orientamento diverso dal primo, è ampio m. 3×5. Le pareti sono spesse cm. 45 e sono a doppia cortina in opera incerta12.
In prosecuzione del lato lungo posto piú a sud dell’ambiente grande vi è uno spesso muro a secco, largo 1,50 metri e alto 1 metro circa, che si sviluppa verso est, salendo di quota fino a ricollegarsi nei pressi della torre (fig. 11).
Non è stato osservato alcun elemento fittile, se non frammenti di tegole a listello rettangolare arrotondato. Si ritiene che i due ambienti siano di età medievale e che facciano parte del sistema difensivo legato alla torre posta piú in alto.
All’estremità settentrionale di Monte San Nazario, a quota m. 315, su una spianata di circa 600 metri quadri, in posizione dominante su Ceppagna, sono le tracce di un grosso edificio, i cui muri perimetrali, appena percepibili, affiorano da un cumulo di materiale di crollo, ricoperto in parte da terra ed erba (fig. 12).
I resti della struttura emergono da un terrazzamento artificiale, delimitato da un muro, formato da pietre di piccola e media pezzatura unite con malta, spesso m. 1,20 circa.
Il lato lungo del terrazzamento, orientato in senso sud-ovest – nord-est, misura m. 24,50 e si affaccia sul paese di Ceppagna.
I lati corti ortogonali, in parte lacunosi, hanno una lunghezza pari a 13 metri circa, quello a sud-ovest13, e 5 metri circa quello a nord-est.
Sul terrazzamento, a m. 3,25 dal lato lungo, e a m. 1,20 dal lato corto posto a nord-est, si eleva, di circa 2 metri, un cumulo di macerie da cui affiorano le tracce del muro14 perimetrale di un ambiente rettangolare, avente il lato maggiore, parallelo al lato lungo del terrazzamento, di m. 14,50 circa, e i lati corti ortogonali lunghi m. 8,70 (fig. 13).
All’interno del terrazzamento, a circa m. 1,80 dal lato corto, posto a sud-ovest dell’ambiente rettangolare, è un secondo ambiente di forma quadrangolare15, con misure interne pari m. 3,50×3,70, delimitato da un muro spesso m. 1,30 circa.
Sul versante sud-est del terrazzamento affiora di pochi centimetri dal terreno un muro, lungo m. 20,50 circa e spesso m. 0,70, che si estende, in maniera ortogonale all’ambiente grande, verso sud e che sembra cercare una sua chiusura con un ammasso roccioso, allineato in parte con il muro stesso.
Un altro muro, spesso m. 0,50, affiora dal pianoro in senso est-ovest, per una lunghezza di m. 5,50, e va a ricongiungersi con il muro precedente.
Le strutture rilevate sembrano di epoca medievale e potrebbero essere riconducibili alla chiesa di San Nazario16, di cui si sono perse le tracce già da tempo17.
Le strutture si trovano, infatti, proprio a monte del Rio Centisimo, come riportato dalle fonti archivistiche18. All’estremità sud della cresta rocciosa di Monte San Nazario, in posizione dominante su uno dei due ampi stazzi terrazzati, in località Vallicelle, posti a mo’ di sella nei punti di raccordo delle alture di Monte San Nazario e Colle Sant’Onofrio, si sono osservati numerosi lacerti di muri a secco (formati da pochi filari di pietrame vario) che, ricollegati con dei tagli artificiali nella roccia, sembrerebbero formare degli ambienti di un articolato insediamento di cui però non si hanno elementi sufficienti per stabilirne una datazione19 (fig. 14).
In un terrazzo olivetato posto a 30 metri circa dal Fosso Centesimo, posto alle pendici settentrionali di Monte San Nazario, in un vecchio casolare noto come Masseria Iannelli20, di cui rimangono solo le mura perimetrali ed un setto murario trasversale, contenente un grosso arco ogivale, sono stati rinvenuti due frammenti di epigrafe in pietra calcarea, riutilizzati nelle murature portanti del casolare21 (figg. 15 e 16).
Il primo frammento (fig. 17) è posizionato come pietra cantonale di base della spalla destra dell’arco ogivale, dove tra l’altro si riconoscono altri blocchi squadrati riutilizzati, recanti delle scanalature larghe circa 4 cm. Lo specchio epigrafico, di forma grossomodo rettangolare allungata, che però va stringendosi nella parte piú bassa, misura cm. 14×65, per una profondità pari a cm. 25.
Dell’epigrafe si conservano due righe e un frammento di carattere non bene identificabile di un terzo rigo superiore. Il primo rigo leggibile presenta 14 lettere, intervallate da due interpunzioni triangolari con punta rivolta verso il basso. Il rigo inferiore conserva 4 lettere ben definite e la parte superiore di altre 5 lettere.
Nel complesso i caratteri non mantengono una linearità ben definita, tanto che alcuni di essi, appartenenti al rigo inferiore, invadono lo spazio del rigo superiore. I caratteri hanno altezze variabili tra i 3 e i 6,5 cm. La lingua dell’epigrafe non è stata ancora ben identificata, contiene comunque caratteri assimilabili a lettere greche quali un teta, un omicron, un sigma e un gamma.
L’altra epigrafe (fig.18) è posizionata come pietra cantonale dello spigolo esterno posto a sud-est del casolare, a m. 1,50 dal terreno. Il blocco di misure massime pari a cm. 50×45, per una profondità presa sul lato angolare pari a circa 30 cm.
L’epigrafe conserva due righe: quello superiore sembra contenere 10 caratteri, quello inferiore solo 2 caratteri e, forse, un punto di interpunzione di forma irregolare. In questa seconda epigrafe i caratteri, simili a quelli della prima epigrafe, sono disposti in maniera piú lineare. Le altezze delle lettere variano da 4,5 cm. a 7 cm.
La porta d’ingresso del casolare, posta a sud, è anch’essa ricavata riutilizzando blocchi antichi.
Il concio sinistro dell’arco è infatti ricavato da una soglia, come è possibile capire da tre fori per cardini22.


Bibliografia
Bloch 1986: H. Bloch, Monte Cassino in the Middle Ages, I-III, Roma 1986.
Capini 1999: S. Capini, Molise. Repertorio delle iscrizioni latine. Venafrum. VII, Campobasso 1999.
Di Rocco 2009: G. Di Rocco, «Castelli e borghi murati della contea di Molise (secoli X-XIV)» in Quaderni di Archeologia medievale X, Firenze 2009.
Lucenteforte 1877 [2003]: F. Lucenteforte, Monografia fisico-economico-morale di Venafro, I (Cassino 1877), II (Isernia 1878), III (Venafro 1880), [rist. anast. in unico vol. Venafro 2003].
Morra 2000: G. Morra, Storia di Venafro dalle origini alla fine del Medioevo, Montecassino 2000.
Zambardi 2007a: M. Zambardi, «Mura sannitiche e romane su Monte Santa Croce a Venafro: nota topografica preliminare», in Archeologia Aerea, II, Roma 2007.
Zambardi 2007b: M. Zambardi, «Organizzazione del territorio in corrispondenza della mansio Ad Flexum», in Casinum Oppidum, a cura di E. Polito, Ercolano 2007, pp. 161-169.
Zambardi 2007c: M. Zambardi, «La Via Latina nel territorio di Ad Flexum», in Spigolature Aquinati, Storia e archeologia nella media valle dell’antico Liris, II, Castrocielo, pp. 113-124.
Zambardi 2007d: M. Zambardi, «Recinti fortificati di età sannitica su Monte Sambúcaro e su Monte Santa Croce a Venafro», in “Popolo dell’Italia Antica – Le antiche città scomparse” Atti del convegno, Formia 2007, pp. 135-184.
Zambardi 2009a: M. Zambardi, «Ville rustiche e insediamenti produttivi-residenziali di età romana situati lungo la diramazione della Via Latina da Ad Flexum a Venafrum», in Poster GSA (Giornate Scientifiche di Ateneo) 2009, Seconda Università di Napoli.
Zambardi 2009b: M. Zambardi, «Rinvenimenti archeologici nel sito di Ad Flexum», in Per la conoscenza dei beni culturali II, Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli, 2009, pp. 41-51.
Zambardi 2010: M. Zambardi, «Carta archeologica di un settore di territorio a confine tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro», Tesi di Dottorato di Ricerca in Metodologie conoscitive per la conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali. (Sett. Scientifico: Topografia Antica). Seconda Università degli Studi di Napoli, 2010.
Le foto e i rilievi delle strutture sono dell’Autore.


1 Il presente contributo è un estratto dalla mia tesi di Dottorato di Ricerca in “Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali” discussa nel mese di dicembre 2010 presso la Seconda Università di Napoli, dal titolo “Carta Archeologica di un settore di territorio a cavallo tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro”, tutor Prof.ssa Stefania Gigli Quilici (Cattedra di Topografia Antica).
2 La valle di San Pietro Infine era attraversata dall’antica Via Latina, rimarcata poi in parte dalla Casilina, e dalla Via Annunziata Lunga che, serpeggiando a mezza costa sulle pendici di Monte Sambúcaro raggiunge il valico delle Tre Torri per poi inoltrarsi nel Sannio. Alla fine degli anni ’50 l’apertura di una galleria proprio al di sotto del valico della Tre Torri ha permesso il rapido collegamento tra la Valle di San Pietro e quella di Venafro, tramite una strada a scorrimento veloce, la S.S. n. 6 dir., che ha relegato a ruolo secondario la Strada Provinciale Annunziata Lunga. Oggi la Statale, doppiata anche dalla tratta ferroviaria Venafro-Rocca d’Evandro, costituisce un’importante arteria di collegamento con il Molise.
3 Dove si sono rinvenute sparute tracce di muratura in opera poligonale, probabilmente facenti parte di un primordiale recinto che delimitava la spianata superiore; Cfr. Zambardi 2010. Il toponimo del luogo, e di altri esistenti nella zona, indurrebbe a ipotizzare che l’area sia stata frequentata, in maniera stabile, dai saraceni, riutilizzando, in qualche maniera, le strutture in opera poligonale preesistenti.
4 La Valle è delimitata a nord-ovest dai Monti Corno e Santa Croce. Su quest’ultimo è stata riconosciuta una fortificazione sannitica considerata tra le piú estese del territorio; Cfr. Zambardi 2007a; 2007b.
5 Cfr. Zambardi 2010.
6 Cfr. Zambardi 2007b; 2007c; 2009a; 2009b; 2010.
7 Segnalate già dallo scrivente. Cfr. Zambardi 2007d, pp. 179-181.
8 In questo tratto il muro presenta ampie riprese realizzate, in epoca successiva, con pietre di piccola e media pezzatura.
9 Il tratto di muro (formato sempre da pietre di piccola e media pezzatura) riprende, quindi, dallo spigolo opposto della torre e, con una leggera curva, scende fino a ricollegarsi con un pianoro contenuto all’interno del primo tratto in opera poligonale descritto.
10 I cui lati sono ruotati di circa 45° rispetto agli assi cardinali.
11 Non vi sono elementi, quali stipiti laterali o rientranze, che consentano di capire se sia un allargamento di una originaria porta.
12 La struttura conserva nella parte alta di una parete alcuni tratti di muratura leggermente arcuate che fanno ipotizzare una originaria copertura a volta.
13 Una sequenza di grosse pietre ne continuano l’allineamento verso sud-est. Sul versante opposto il pianoro è delimitato da un banco roccioso.
14 A doppia cortina, dello spessore di 60 cm, formati con pietre di piccole e medie dimensioni legate con malta.
15 Posto in asse e in maniera parallela al primo.
16 Cfr. Morra 2000, pp. 301-302: «Nella sola contea di Venafro, di questi conventi ne erano stati fondati due: uno sul monte Cerino alle spalle della città, l’altro su di una collina nei pressi dell’attuale Roccapipirozzi, a settentrione del fiume Centesimo, oggi S. Bartolomeo. […] Del secondo esistevano ancora i resti nel 1588, allorché fu formata la platea dei beni posseduti dalla Mensa vescovile, come si legge in una allegazione a stampa dell’avv. Niccolò Rossi. Di quest’ultimo si era reso fondatore un prete di nome Cantaro “figlio di un certo Saniperto, nativo e abitante della città di Venafro” – come egli stesso si definisce nell’atto trascritto da Pietro Diacono – intitolandolo ai santi Nazario e Celso martiri e propagatori della fede cristiana, il cui culto ebbe, nell’alto medioevo, larga diffusione anche presso i Longobardi dell’Italia meridionale. Quivi riuní un esiguo gruppo di monaci i quali elessero a proprio priore frate Giovanni, nipote del fondatore, fino a quando non giunse un nuovo adepto, frate Stefano, anch’esso prete, che poco dopo assunse il priorato per elezione, in luogo di Giovanni. Cantaro raccolse nel suo medesimo cenobio non soltanto i monaci ma pergamene e ornamenti ecclesiastici, arricchendolo anche di “non piccoli possedimenti di terre”».
17 Gabriella Di Rocco riporta la notizia della chiesa di San Nazario sita nel borgo medievale di Roccapipirozzi, ma non ne identifica il luogo esatto. Cfr. Di Rocco 2009, p. 166.
18 Cfr. Di Rocco 2009, p. 166, con note 8-9: «Dati storici: nell’ottobre del 1039 il presbitero e monaco Nantario di Venafro dona la chiesa di San Nazzario da lui edificata sul colle de Peperozzu all’abate di Montecassino, Richerio». [(In nota 8) CMC (Chronica Monasterii Casinensis), p. 295: “Nantarius quidam sacerdos et monachus de Venafro obtulit in hoc monasterio ecclesiam Sancti Nazarii, quam idem nuper a fundamentis construxerat in ipso colliculo de Peperozzu super rivum de Centesimo”; Reg. Petri Diaconi, c. CLXVI, n. 383; Bloch 1986, I p. 457]. Nel gennaio del 1074 il conte Morino di Venafro offre a Desiderio, abate di Montecassino, quattro chiese, tra cui la chiesa di San Nazario di Roccapipirozzi. [(in nota 9): CMC, p. 417: “Morinus comes benafranus de quattuor aliis ecclesiis, idest Sancti Nazarii de Piperozza…”; Reg. Petri Diaconi, c. CCVIII, n. 490. Negli anni intercorsi tra le due donazioni (1039-1074) la chiesa di San Nazario di Roccapipirozzi passò ai conti di Venafro. Cfr. Bloch 1986, I, p. 458].
19 Sul versante nord-ovest di Colle Sant’Onofrio, a quota 375 metri, vi è un muro di terrazzamento in opera poligonale, lungo 60 metri circa e alto m. 0,90, formato da uno e due filari di blocchi calcarei di grosse dimensioni, che delimitano una retrostante e stretta spianata. Un altro muro di terrazzamento in opera poligonale si trova sul versante sud-ovest, a quota 400 metri. Il muro, lungo 120 metri circa, è formato da uno e due filari di blocchi calcarei di grosse dimensioni. L’estremità nord prosegue, piegando verso valle, con pietrame di medie e piccola pezzatura, mentre, sul lato opposto, continua per circa 500 metri, fungendo da delimitazione di un sentiero montano. A quota 450 metri, sulla vetta meridionale di Colle Sant’Onofrio vi è un lacerto di muratura, di misure m. 1,20×1,00×0,55, formato da scapoli di calcare, di piccole dimensioni, legati con malta. Considerata la sua posizione, elevata e dominante sulla Piana di Venafro, e la tessitura muraria si ipotizza la presenza di una piccola torre di avvistamento di età medievale.
20 A 50 metri ad ovest della Masseria Iannelli, sulla sponda orientale del rio Centesimo, a circa 5 metri dall’alveo del rio, vi sono i resti di un muro con doppia cortina in opera incerta che affiora da una scarpata di terra che delimita un terrazzo agricolo superiore. Il tratto murario, che diverge di circa 30 gradi antiorari dall’asse nord-sud, ha uno spessore di m. 0,90, un’altezza massima di 2 metri e una lunghezza di 3 metri circa, ma il muro continua ancora all’interno della scarpata di terra. In località Rio Centesimo, alle pendici settentrionali di Monte San Nazario, sul versante sud dell’alveo del rio, vi è una spianata di terra delimitata da un terrazzamento in opera poligonale che si adatta alla morfologia delle prime pendici del monte. Il muro di terrazzamento, alto mediamente m. 1,50, ha una lunghezza complessiva di oltre 80 metri. I blocchi calcarei sono di media e grossa dimensione.
21 Nella seconda metà del 1800, a duecento metri circa ad est della masseria Iannelli, alle pendici orientali di Monte San Nazario, presso la Masseria Capaldi, fu rinvenuta un’epigrafe, trascritta dal Garrucci, ora non piú reperibile. Cfr. C.I.L., X, 4913 = ILS 6516; Lucenteforte 1877, I, pp. 130-131; Capini 1999, p. 98 n. 90.
22 Sul concio si intravede una incisione, certamente non antica, riconducibile a una “frasca”, cioè un ramoscello di ulivo, simbolo che, secondo la tradizione locale, si metteva in corrispondenza delle cantine o, comunque, nei luoghi dove si poteva bere del vino.

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