Cassino e Montecassino nelle espressioni artistiche


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Studi Cassinati, anno 2008, n. 4

di Piero Ianniello

Che Cassino, come tutta la Ciociaria, o basso Lazio che dir si voglia, non sia proprio maestra nel valorizzare le proprie risorse, come la sua storia, non si scopre ora. C’è una storia millenaria, ci sono resti di epoca romana, terme, un’abbazia forse più famosa all’estero che in Italia. Eppure il turismo non è mai decollato! Non solo, ma sembra che anche in Italia si vada perdendo ogni traccia di memoria, o di conoscenza della storia o anche solo dell’esistenza di questi posti.
È un’opinione personale, ma credo che solo dalla presa di coscienza di tale mancanza si possa in futuro migliorare qualcosa.
Uno degli esempi di quanto Cassino con la sua storia sia addirittura più considerata all’estero che in Italia, è data dalla presenza, fuori dai confini nazionali, di importanti espressioni artistiche dedicate alla città. Si tralasci per un momento la fitta schiera di libri o filmati documentaristici che hanno seguito gli avvenimenti della guerra, e si tralascino anche le pubblicazioni autobiografiche, pure arrivate copiose a raccontare gli avvenimenti dal punto di vista della quotidianità delle persone comuni. Cosa resta, in Italia, della memoria di Cassino? Su quali altri canali si esprime?
Non voglio assolutamente screditare la forma documentaristica della storia, ma credo che si possa dire che una pagina di storia sia entrata nella cultura della nazione solo quando essa si riverbera sugli altri campi della cultura. La fiction, certamente non intesa come le commediole televisive che di questi tempi vanno per la maggiore, ma la finzione letteraria che accompagna romanzi, testi musicali e opere cinematografiche, è, secondo me, il vero metro per rendersi conto di quanto un avvenimento abbia attraversato la storia e sia entrato nella cultura anche delle persone che non l’hanno vissuto direttamente. Per questo mi accingo a fare una breve carrellata di espressioni artistiche che richiamano Cassino e Montecassino, che non siano il documentario storico, letterario o televisivo. Per forza di cose questa rassegna sarà incompleta, perché si basa essenzialmente sulle mie conoscenze personali, ma spero che possa essere uno spunto per avviare una raccolta organica delle informazioni.
Di romanzi ambientati a Cassino, o nel cassinate, se ne contano pochi. Il più famoso è forse Gli sporchi dannati di Cassino1, di Sven Hassel, scrittore danese noto per i romanzi di guerra. Cassino in questo caso è solo il pretesto per far calare lo sguardo dello scrittore all’interno dello spirito belligerante delle truppe. Se non fosse per qualche notazione toponomastica, il romanzo potrebbe essere ambientato in qualunque altro campo di battaglia. Voglio riportare un piccolo brano, che durante la lettura è stato particolarmente toccante:
‘I cadaveri si ammassano nelle trincee. Ce ne sono tanti, che abbiamo rinunciato a sbarazzarcene. Camminiamo su di loro, impossibile evitarli. Noi arretriamo, agghiacciati dalla paura, quando il morto lancia un “a-a-ah!”. Scusami camerata, ti credevo morto! Il camerata è morto! Le grida escono dalla sua bocca spalancata quando si mette il piede sul suo stomaco gonfio di gas.’
Sembrerebbe strano, ma la fiction non si è quindi dedicata troppo alla Cassino della guerra. Gli altri romanzi, infatti, si ambientano nel cassinate in epoche diverse, Ciociaria2, di Giorgio Maremmi, titolare della casa editrice Firenze Atheneum, narra delle vicende di Lazar, giovane viandante che si ferma per mesi a lavorare nei cantieri forestali sulle Mainarde, ed entra a contatto con le popolazioni locali. Il romanzo tende a dare un’immagine della Ciociaria come terra magica e misteriosa, ma a suscitare l’interesse sono soprattutto le notazioni culturali dei contadini locali, della società cassinate degli anni ’50, e quelle paesaggistiche.
‘Ho conosciuto nuovi paesi, villaggi, case, uomini e donne. Ma soprattutto in Ciociaria ho conosciuto, e imparato a compenetrarli e amarli, l’ebbrezza travolgente del silenzio e il delirio della solitudine assoluta. Io che non credo, e non prego da quando ero bambino, su questo montagne tante volte mi sono trovato, improvvisamente commosso, col fiato mozzo e la gola chiusa, a ringraziare ardentemente qualcosa o qualcuno, lassù o laggiù, per quella solitudine, per quel silenzio’
Di diversa impostazione è il romanzo di Margherita Martelli Bariloni, Briganti, donne e amori3, che con un approccio quasi didattico narra la rivalità tra il brigante Minco, detto anche Fuoco, e un capitano piemontese che gli dà la caccia sulle montagne nei dintorni di San Biagio Saracinisco.
La descrizione di Cassino:
‘La graziosa cittadina, adagiata parte in pianura, parte arrampicata alle falde del monte con qualche casa che spiccava tra i fichidindia ed il verde scuro degli allori: era sorta sulle basi quadrate delle ville di antichi romani: Terenzio Marrone, Marco Antonio ed altri, che qui convenivano per un soggiorno di riposo e di piena libertà.
Ruderi sparsi: l’anfiteatro romano, la rocca Janula, avanzo di tempio pagano, che una matrona romana, Ummidia Quadratilla, fece congiungere per mezzo di una galleria sotterranea alla sua tomba, sulla qualcosa sorse poi la cappella del Crocefisso, consacrata da Innocenzo III; da qui si accedeva alla strada per Montecassino, il Monastero Benedettino, dominante con la mole colossale tutta la vallata del Rapido’
Torna ad ambientarsi nella II guerra mondiale Six oies cendrées4, di Henri Coulonges, scrittore francese contemporaneo. Si tratta di un intrigato romanzo, mai tradotto in Italia, in cui i monaci di Montecassino ricevono la visita di un colonnello tedesco incaricato di salvare i tesori dell’Abbazia. Intorno a questa vicenda si intrecciano le storie di due appassionati d’arte: un ufficiale americano e di un suo amico della polizia britannica, quest’ultimo ammiratore del poeta romantico inglese Shelley, di cui vuole ricostruire la storia della permanenza a Napoli agli inizi dell’800. Storia legata ad un libro di ornitologia custodito a Montecassino, da cui il titolo del romanzo (Sei oche grigie).
Un breve passo del romanzo, che getta un atroce presagio sull’Abbazia:
‘Ed ecco la linea di fortificazione, la linea Gustav, di cui vi parlavamo, disse seguendo col dito un tratto ampissimo. La V armata americana ha appena superato il Volturno, e non credo di infrangere alcun segreto militare annunciandovi che alla riunione dello stato maggiore di Spoleto il nostro generale Conrath non ha fatto mistero di voler resistere costi quel che costi su tutta la linea!’
Anche Het perkament van Montecassino5 dell’olandese Philipp Vandenberg non è mai stato tradotto in Italia, ma a giudicare dalle recensioni ricevute, non deve essere poi una grossa perdita. Si tratta di un romanzo del filone fantasy, la cui unica connessione col monastero è data dalla moda di collocare in luoghi simili i misteri. In questo caso si tratta di una pergamena che avrebbe dovuto svelare il segreto, ma che poi ai protagonisti appare vuota…
Sul piano della poesia, Cassino appare in rarissimi testi. Ovviamente, il punto più alto toccato in questo campo è la citazione di Dante nella Divina Commedia:
Quel monte a cui Cassino è ne la costa
fu frequentato già in su la cima
da la gente ingannata e mal disposta;
Tra le altre, merita forse di essere ricordata la lunga (e quasi didascalica) poesia di Henry Wadsworth Longfellow6, famoso poeta americano dell’800.

1 Sven Hassel, Gli sporchi dannati di Cassino, versione italiana Longanesi, Milano, 1968. Traduzione di Maria Marini.
2 Giorgio Maremmi, Ciociaria. La terra di Saturno, Firenze Atheneum, Firenze, 1998.
3 Margherita Martelli Bariloni, Briganti, donne e amori, Edizioni Laurus, Firenze, 1977.
4 Henri Coulonges, Six oies cendreées, Grasset, Parigi, 2001.
5 Philipp Vandenberg, Het perkament van Montecassino, Karakter Uitgevers, Uithoorn, 2006.
6 La poesia è contenuta nella raccolta Birds of passage.

Monte Cassino7

Beautiful valley! through whose verdant meads
Unheard the Garigliano glides along;—
The Liris, nurse of rushes and of reeds,
The river taciturn of classic song.
The Land of Labor and the Land of Rest,
Where mediaeval towns are white on all
The hillsides, and where every mountain’s crest
Is an Etrurian or a Roman wall.
There is Alagna, where Pope Boniface
Was dragged with contumely from his throne;
Sciarra Colonna, was that day’s disgrace
The Pontiff’s only, or in part thine own?
There is Ceprano, where a renegade
Was each Apulian, as great Dante saith,
When Manfred by his men-at-arms betrayed
Spurred on to Benevento and to death.
There is Aquinum, the old Volscian town,
Where Juvenal was born, whose lurid light
Still hovers o’er his birthplace like the crown
Of splendor seen o’er cities in the night.
Doubled the splendor is, that in its streets
The Angelic Doctor as a school-boy played,
And dreamed perhaps the dreams, that he repeats
In ponderous folios for scholastics made.
And there, uplifted, like a passing cloud
That pauses on a mountain summit high,
Monte Cassino’s convent rears its proud
And venerable walls against the sky.
Well I remember how on foot I climbed
The stony pathway leading to its gate;
Above, the convent bells for vespers chimed,
Below, the darkening town grew desolate.
Well I remember the low arch and dark,
The court-yard with its well, the terrace wide,
From which, far down, the valley like a park
Veiled in the evening mists, was dim descried.
The day was dying, and with feeble hands
Caressed the mountain-tops; the vales between
Darkened; the river in the meadowlands
Sheathed itself as a sword, and was not seen.
The silence of the place was like a sleep,
So full of rest it seemed; each passing tread
Was a reverberation from the deep
Recesses of the ages that are dead.
For, more than thirteen centuries ago,
Benedict fleeing from the gates of Rome,
A youth disgusted with its vice and woe,
Sought in these mountain solitudes a home.
He founded here his Convent and his Rule
Of prayer and work, and counted work as prayer;
The pen became a clarion, and his school
Flamed like a beacon in the midnight air.
What though Boccaccio, in his reckless way,
Mocking the lazy brotherhood, deplores
The illuminated manuscripts, that lay
Torn and neglected on the dusty floors?
Boccaccio was a novelist, a child
Of fancy and of fiction at the best!
This the urbane librarian said, and smiled
Incredulous, as at some idle jest.
Upon such themes as these, with one young friar
I sat conversing late into the night,
Till in its cavernous chimney the woodfire
Had burnt its heart out like an anchorite.
And then translated, in my convent cell,
Myself yet not myself, in dreams I lay,
And, as a monk who hears the matin bell,
Started from sleep; already it was day.
From the high window I beheld the scene
On which Saint Benedict so oft had gazed,—
The mountains and the valley in the sheen
Of the bright sun,— and stood as one amazed.
Gray mists were rolling, rising, vanishing;
The woodlands glistened with their jewelled crowns;
Far off the mellow bells began to ring
For matins in the half-awakened towns.
The conflict of the Present and the Past,
The ideal and the actual in our life,
As on a field of battle held me fast,
Where this world and the next world were at strife.
For, as the valley from its sleep awoke,
I saw the iron horses of the steam
Toss to the morning air their plumes of smoke,
And woke, as one awaketh from a dream
Magnifica valle! Attraverso i cui verdeggianti prati il Garigliano si stende silenzioso;
Il Liri, culla di giunchi e canne, taciturno suona la sua canzone classica.
Terra di Lavoro e Terra di Riposo, dove centri medievali biancheggiano sulle colline,
e ogni cima di montagna è un muro etrusco o romano.V’è Anagni, dove papa Bonifacio fu insolentemente strappato dal suo trono;
Sciarra Colonna, quel giorno fu la vergogna
solo del papa, o in parte anche la tua?
V’è Ceprano, dove rinnegato fu ogni Apuleo, come disse il grande Dante, quando Manfredi, tradito dai suoi uomini d’armi continuò la sua cavalcata verso Benevento e verso la morte.
V’è Aquino, antica città volsca, dove
Giovenale ebbe natali, la cui luce splendente si libra ancora sul suo suolo natio, come la corona di splendore vista sulle città di notte.
E a raddoppiar lo splendore è che in quelle vie l’Angelico Dottore giocava come uno scolaretto, e sognò forse i sogni che poi ripete nella ponderosa Scolastica.E lassù, come una nuvola passeggera che si ferma sulla sommità d’una montagna,
il convento di Montecassino si staglia contro il cielo con le sue venerabili mura.
Ben ricordo come risalii a piedi il selciato pietroso fino al suo cancello;
Sopra, le campane richiamavano al vespro, sotto, l’oscurità avvolgeva man mano la città desolata.
Ben ricordo la bassa e scura arcata,
la corte col pozzo, l’ampia terrazza,
da cui nella nebbia della sera appena si scorgeva la valle in lontananza.

Il giorno stava morendo, e con deboli mani carezzava la cima delle montagne; mentre le valli si oscuravano; come una spada nel fodero il fiume si riponeva nelle praterie, e non si scorgeva più.

Il silenzio del luogo era come un sonno, tanto era pieno di pace; ogni passo
era un riverbero dai profondi
recessi delle ere che non ci sono più.
Più di tredici secoli addietro,
Benedetto, giovane disgustato dal vizio e dal dolore, fuggì da Roma e cercò nella solitudine di queste montagne la sua dimora.
Fondò il Convento e la Regola
di preghiera e di lavoro, e ritenne il lavoro come la preghiera; la penna divenne una chiarina, e la sua scuola illuminò come un faro nella notte.
Cosa importa se Boccaccio, coi suoi modi disinvolti, deridendo l’indolente fratellanza, deplora gli illuminati manoscritti, che stanziano stracciati e dimenticati sul pavimento polveroso?
Boccaccio era un novellista, tutt’al più un bambino ricco di fantasia e immaginazione!
Questo è quanto il bibliotecario cortese disse, e sorrise incredulo come di fronte ad uno scherzo.
Di questi temi ho disquisito, con un giovane frate fino a tarda notte,
finché nel suo cavernoso camino la legna non ebbe arso anche il suo cuore, come un eremita.
E portato nella mia cella, io ma non più io, nei sogni mi adagiai,
e come monaco che sente le campane delle lodi, fui dunque strappato al sonno: era già giorno.
Dall’alta finestra guardai quella stessa scena
che San Benedetto tante volte aveva guardato,
— le montagne e la valle nello splendore del sole — e restai, stupito.
La nebbiolina grigia saliva, si arricciolava, svaniva; le foreste scintillavano con le loro corone ingioiellate; in lontananza le campane pacate cominciarono a richiamare alle lodi le città mezze addormentate.
Il conflitto tra il Presente e il Passato,
tra l’ideale e il reale della vita,
mi braccarono come in un campo di battaglia,
su cui questo mondo e quell’altro si combattevano.
Perché non appena la valle si svegliò dal suo sonno, vidi i cavalli di ferro del vapore
lanciare nell’aria mattutina le loro piume di fumo
E mi svegliai, come uno si risveglia dal sonno.

In tema di poesia, non si puó fare a meno di rilevare l’incisività dell’esperienza bellica di Montecassino per il popolo polacco. Franciszek Stefaniuk, politico, più volte membro del governo, ispirato dalla visione del cimitero polacco, nel 1994, cinquantesimo anniversario della battaglia, scrisse ¯o³nierzowi spod Monte Cassino, Ad un soldato di Montecassino8. Alcuni versi che colpiscono profondamente, incentrati sul dubbio del valore della morte per la patria:

Dzi´s po pól wieku, gdzie znicze plona,
pytam, co mestwa bylo przyczyna,
ze w ogniu walki ducha wyzional ?
… On Polske widzial przez Monte Cassino.
Ulecial oblokiem do Matki strapionych
i znalazl kraine, za która ginal.
Bohater cierni bolesnej korony.
… Szaleniec Ojczyzny spod Monte Cassino
In tema di poesia, non si puó fare a meno di rilevare l’incisività dell’esperienza bellica di Montecassino per il popolo polacco. Franciszek Stefaniuk, politico, più volte membro del governo, ispirato dalla visione del cimitero polacco, nel 1994, cinquantesimo anniversario della battaglia, scrisse ¯o³nierzowi spod Monte Cassino, Ad un soldato di Montecassino8. Alcuni versi che colpiscono profondamente, incentrati sul dubbio del valore della morte per la patria:
Oggi dopo mezzo secolo, dove i lumini bruciano, domando, a che è servito il valore, che nel fuoco della battaglia ha spirato l’anima? …Lui vedeva la Polonia attraverso Monte Cassino.
Si è librato nell’aria nebulizzato verso la Madre dei mortali e ha trovato il paese per il quale è morto.
Un eroe della corona dolorosa di spine
Folle patriota da Monte Cassino.

Anche Lwowska brygada, brigata Lwoska9, poesia scritta da Aleksander Szycht rivive le scene della battaglia più sanguinosa combattuta dall’esercito polacco, in quel di Montecassino.

Lwowska brygada
Tym italskim winem, znów pe³nym goryczy
Raczyæ siê musimy, czuj¹c smak po trochu
Tak gorzki, ¿e boli, poœród wzgórz tej dziczy
Ciep³ego metalu, gor¹cego prochu
Nam w³oskie melodie wygrywaj¹ kule
A tañce lokalne poka¿¹ granaty
Pieszcz¹ nasze uszy konaj¹cych bóle
Rozerwaæ w ekstazie maj¹cych swe szaty
My niebo Dantego ogl¹daæ chcieliœmy
I siedzieæ przy stole, z ¿ó³ci czerpi¹c misy
Œwiadomie wyboru wszak dokonaliœmy
By widzieæ zamglone cz³owieczeñstwa rysy
Tutaj nasza dzielnoœæ, tutaj nasza chwa³a
Poœród ³¹k odoru, poœród trupów pola
Gdzie le¿¹ koñczyny, gdzie gnij¹ce cia³a
Czeka nas nagroda, czeka wielka rola
Ka¿dy tu ze œmierci¹ gra o wzgórze w karty
Ryzykowaæ trzeba, tr¹c ³zê po kryjomu
Czo³gaæ siê pod górê bo wysi³ek warty
By wróciæ do Polski, do wolnego domu
Od swoich przyjació³ mamy przyrzeczenie
Gwarancje, tradycj¹ honoru poparte
Spe³nimy co ka¿¹, ka¿de polecenie
A choæby i ¿ycie mia³o byæ wydarte
Na ka¿de ¿yczenie brygada siê zrywa
Tu Krew w ka¿dej chwili przelewaæ gotowa
G³os z serca siê bowiem ka¿demu wyrywa
Powrócim niebawem, do Polski! Do Lwowa!
Jacek dosta³ w p³uco, Marek wszed³ na minê
Jarka cia³o obok, kul¹ w ziemie wbite
Chodzi³ do mej klasy…, myœla³em, ¿e zginê
Lecz wróg pokonany…, a wzgórze zdobyte!
Mamy sw¹ zap³atê, teraz ju¿ po latach
Dzisiaj ta jedynie, Bóg o nas pamiêta
I Chrystus cierpi¹cy, wie tam gdzieœ w zaœwiatach
Co znacz¹ lwowianie, co lwowskie Orlêta
Ty jesteœ na Wyspach, Staszek w Argentynie
Dzisiaj jest kalek¹, to jest dowód mêstwa
Mnie w Australii ¿ycie bardzo wolno p³ynie
Przecie¿ wygraliœmy, lecz gdzie smak zwyciêstwa?!
La brigata Lwowska
Questo vino italiano, di nuovo pieno di amarezza
dobbiamo berlo, sentendo il suo gusto poco a poco
così amaro, che fa male, in mezzo a questa altura selvaggia
di caldo metallo e torrida polvere.
A noi le pallottole suonano melodie italiane
e danze locali sono i ritmi delle granante
le urla di dolore degli agonizzanti ci accarezzano le orecchie
in estasi mentre si strappano i loro vestiti.
Il cielo di Dante noi volevamo guardare
e stare al tavolo bevendo da bicchieri d’oro
con coscienza la nostra scelta abbiamo effettuato
per vedere tratti nebbiosi di umanità
Qua è il nostro valore, qua è la nostra gloria
in mezzo a prati odorosi, in mezzo a campi di cadaveri
dove giacciono arti spezzati, dove i corpi marciscono
ci aspetta il premio, ci aspetta un grande ruolo
Tutti qui giocano a carte con la morte in palio
rischiare bisogna, asciugando la lacrima di nascosto
strisciare verso la vetta perché lo sforzo vale la pena
per poi tornare in una Polonia finalmente libera
Dai nostri amici abbiamo la promessa
garanzie, tradizione, onore
adempiamo a tutto ciò che ordinano, qualsiasi incarico
anche al costo di una vita strappata
Per tutti gli ordini il battaglione è sempre pronto
qui il sangue a versare è disposto
il cuore sta parlando a ciascuno di noi
ritorniamo presto, in Polonia! A Lwowo!
Jacek è stato colpito al polmone, Marek ha pestato una mina
il corpo di Arek inchiodato a terra da una pallottola
era un mio compagno di classe…, pensavo di morire
ma il nemico è sconfitto…, e l’altura conquistata!
Abbiamo la nostra ricompensa, ora dopo tutti questi anni
oggi solo questa e Dio a ricordarsi di noi
e il Cristo sofferente sa, in qualche parte dell’Aldilà
di cosa sono capaci i Lwowianie e i Lwowski
Tu stai nelle isole, Staszek in Argentina
oggi lui è mutilato, questa è la prova del coraggio
a me in Australia la vita scorre molto piano
eppure abbiamo vinto, pero dov’è il gusto della vittoria?!

Anche questa poesia si chiude con un lecito dubbio, a cosa è servito versare il sangue se poi la vita dei polacchi non è cambiata, tanto che sono costretti ad espatriare?
Parimenti a quello poetico, anche l’ambito musicale vede Cassino entrata a pieno titolo nella cultura e nella memoria di quelle popolazioni che hanno visto i loro eserciti combattervi durante la II guerra mondiale. Tedeschi e polacchi, soprattutto. Con mia grossa sorpresa ho scoperto che in Polonia esiste un ricco repertorio di canzoni in qualche modo connesse con Montecassino.
La prima, e forse più importante opera è una canzone intitolata Czerwone maki na Monte Cassino, ‘Papaveri rossi a Montecassino’.
L’esercito polacco, come noto, fu il primo a mettere piede a Montecassino, dopo aver liberato il luogo dai soldati tedeschi. La prima bandiera fu quella polacca, ma questo a costo di un sacrificio altissimo in termini di vite umane.
Da quei tragici eventi è nata la canzone, entrata a far parte del repertorio tradizionale popolare polacco. L’autore, Feliks Konarski, conosciuto anche con lo pseudonimo Ref-Ren, era un poeta già abbastanza affermato. Si arruolò nell’esercito e finì anche lui a Montecassino. Sembra che la canzone, nata come poema, sia stata scritta proprio per risollevare il morale delle truppe polacche, che in quel maggio 1944 non doveva essere dei migliori.
Il testo fu musicato da Alfred Schütz, compositore teatrale polacco, anch’egli arruolato nell’esercito polacco in Italia.

Czy widzisz te gruzy na szczycie?
Tam wróg twój siê kryje jak szczur!
Musicie, musicie, musicie!
Za kark wzi¹æ i str¹ciæ go z chmur!
I poszli szaleni, za¿arci,
I poszli zabijaæ i mœciæ,
I poszli jak zawsze uparci,
Jak zawsze za honor siê biæ.
Refren:
Czerwone maki na Monte Cassino
Zamiast rosy pi³y polsk¹ krew…
Po tych makach szed³ ¿o³nierz i gin¹³,
Lecz od œmierci silniejszy by³ gniew!
Przejd¹ lata i wieki przemin¹,
Pozostan¹ œlady dawnych dni!..
I tylko maki na Monte Cassino
Czerwieñsze bêd¹, bo z polskiej wzrosn¹ krwi.
Runêli przez ogieñ, straceñcy!
Niejeden z nich dosta³ i pad³…
Jak ci z Samosierry szaleñcy,
Jak ci spod Rokitny, sprzed lat.
Runêli impetem szalonym
I doszli. I uda³ siê szturm.
I sztandar swój bia³o-czerwony
Zatknêli na gruzach wœród chmur.
Refren:
Czerwone maki Monte Cassino…
Czy widzisz ten rz¹d bia³ych krzy¿y?
To Polak z honorem bra³ œlub.
IdŸ naprzód – im dalej, im wy¿ej,
Tym wiêcej ich znajdziesz u stóp.
Ta ziemia do Polski nale¿y,
Choæ Polska daleko jest st¹d,
Bo wolnoœæ krzy¿ami siê mierzy –
Historia ten jeden ma b³¹d.
Refren:
Czerwone maki Monte Cassino…
 Hai visto le rovine sulla cima della collina?
Là il tuo nemico si nasconde come un topo!
Tu devi devi e devi
Prenderlo per il collo e rigettarlo da quelle nuvole!
E loro andarono, sprezzanti del pericolo
E loro andarono, a uccidere e vendicare
E loro andarono, caparbi come sempre
E come sempre, per l’onore, a combattere.
Refrain
Papaveri rossi a Montecassino
Invece della rugiada, bevvero sangue polacco…
E i soldati si accalcavano cadendo
Perché la rabbia era più forte della morte.
Gli anni passeranno e scivoleranno via
Ma resteranno le tracce dei giorni passati
E i papaveri a Montecassino
Saranno più rossi perché irrigati dal sangue polacco.
Come folli si lanciarono nel fuoco
Innumerevoli caddero colpiti
Come la cavalleria a Samosierra
Come i soldati a Rokitno anni fa.
Attaccarono col fuoco e col furore
E arrivarono. Scalarono la cima
E il loro stendardo bianco e scarlatto
Posero tra le rovine e le nuvole.
Refrain
Papaveri rossi a Montecassino…
Vedi questa fila di croci bianche?
I soldati polacchi fecero onore al loro servizio
Più avanti, più in alto vai
Più croci così troverai.
Il suolo fu conquistato dalla Polonia,
anche se la Polonia è così lontana
ma quando la storia si distacca dalla giustizia
allora la libertà si misura in croci.
Refrain
Papaveri rossi a Montecassino…
Montecassino, il testo richiama due importanti battaglie del passato: Samosierra, in Spagna, quando nel 1808 le truppe polacche comandate da Napoleone furono massacrate, ma riuscirono comunque a conquistare l’obiettivo, e Rokitno, teatro dei violenti attacchi da parte dei nazisti durante la conquista della Polonia nel 1939.
Della canzone esiste anche una versione rock, musicata dal gruppo Twierdza, in cui però non viene cantato il refrain, ma ben più famosa è la versione cantata da Adam Aston, interprete polacco anch’egli arruolatosi nella guerra in Italia. Ad impreziosire ancora di più il brano è la splendida interpretazione del coro dell’armata russa. Il pezzo resta comunque una testimonianza fondamentale nella cultura polacca. Su internet è possibile anche trovare un forum in cui alcuni studenti polacchi dibattono sull’esistenza o meno di papaveri a Montecassino! (http://traditionsacrosseurope.wordpress.com/2008/05/14/traditional-polish-songs-translated-by-students/)
La memoria di Montecassino sopravvive poi in un’altra canzone, questa di livello assolutamente diverso, e rivolta ad un target molto giovanile.
Si intitola Monte Cassino (Dziewczyna i wino)’10, che sta a significare Montecassino, una ragazza e il vino, del gruppo polacco chiamato Kowalski. Il richiamo a Montecassino è tuttavia casuale, si tratta di una via di una città polacca, punto di ritrovo dei giovani. Sarebbe interessante chiedere ai Kowalski se sanno che Montecassino è una località italiana, e se conoscono qualche particolare della sanguinosa battaglia che ha probabilmente visto coinvolti i loro stessi nonni. C’è da dubitarne, perchè da alcuni anni a questa parte anche la Polonia, come molti paesi dell’est europeo, sta vivendo un processo di modernizzazione che investe tutti i campi, compreso quello culturale. E spesso si tende a cancellare il passato in virtù d’un avvenire tutto da costruire.
La traduzione di Montecassino (Dziewczyna i wino)11:
Siedzê w kawiarni na Monciaku
Przez s³omkê j¹ podgl¹dam jak
Boi siê spojrzeæ w moj¹ stronê
Lecz gdy to robi daje znak
I ju¿ jest moja sami wiecie
Dwa razy kelner – proszê sto
A ¿e romantyk jestem przecie¿
Butelka wina, Molo, koc
Montecassino, dziewczyna i wino
W s³onecznym sierpniu gwiazdy
Œci¹gaj¹ t³umy na swój spid
Na pierwsze miejsca nie ma szansy
Lecz nie na frajer ma siê kit
I ju¿ bruneta farbowana
M¹ twarz zamyka w swoje uda
A marynara krochmalem usztywniana
Nad jej g³ow¹ krêci cuda
Montecassino, dziewczyna i wino
Montecassino stare kino
Film nowy wiêc go graj¹ w dzieñ
Przecie¿ nie mogê go omin¹æ
Nie jestem leñ choæ jestem leñ
Reklamy, tytu³, pierwsza scena
A¿ w fotel przydusi³o mnie
W Sopocie ch³opak i dziewczyna
Œpiewali w³aœnie s³owa te:
Montecassino, dziewczyna i wino
Sto seduto in un cafè sulla Monciaku12
Da una fessura spio per vedere quanto lei è intimorita nel guardare nella mia direzione
Ma quando lo fa, le faccio un cenno.
E lei è mia, sai. Cameriere, due consumazioni da 100 grammi! Sono un romantico, dopo tutto.
Una bottiglia di vino, un marciapiede e una coperta.
Montecassino, una ragazza e il vino.
Nell’assolato agosto, velocemente si disegna una folla di stelle.
Non c’è speranza per
accaparrarsi i posti migliori
E la brunetta artificiale chiude la mia faccia tra le sue cosce.
E la sua giacchetta inamidata
sopra la sua testa fa miracoli.
Montecassino, una ragazza e il vino.
Montecassino un vecchio cinema
Il film è ora come lo hanno proiettato durante il giorno.
Dopo tutto non posso perdermelo
Non sono pigro sebbene io sia pigro.
La pubblicità, il titolo, la prima scena.
Sono incollato al mio posto.
A Sopocie13 un ragazzo e una ragazza
Cantavano quelle parole:
Montecassino, una ragazza e il vino.
Ancora in Polonia un altro gruppo ha prodotto musiche con specifici richiami a Montecassino. Si tratta dei Forteca, rock band di ambigua ispirazione patriottico-militare, apparentemente di estrema destra. Si dichiarano ammiratori del Narodowe Si³y Zbrojne, l’esercito nazionale armato impegnato nella resistenza polacca durante la seconda guerra mondiale. I Forteca hanno realizzato un disco musicando testi del poeta e soldato W³adys³aw Broniewski, tutti inneggianti alle gesta dei soldati polacchi, tra cui la canzone Monte Cassino. Sul loro blog (http://www.poligrafia1.nazwa.pl/helmut/forteca2/) dichiarano di voler semplicemente offrire un omaggio a quanti sono caduti per la libertà.
Il testo di Montecassino:
Nasze granice naszli znienacka,
s³upy graniczne zewsz¹d zr¹bali…
Idzie Kresowa, idzie Karpacka
w dymie eksplozji, w huku batalii.
Nasze granice?… – trzeba ich szukaæ
w rytmie kaemów, w chrzêœcie pancerzy.
My ju¿ to wiemy, stara nauka
polskich tu³aczy, polskich ¿o³nierzy.
Idzie Karpacka, idzie Kresowa,
wal¹ armaty, trzeszcz¹ spandauy.
Tu nam nie ujdzie, tu siê nie schowa
wróg uzbrojony w broñ doskona³¹.
Padnie nas wielu w piêknej Italii,
¿ywi umar³ych grzebmy i liczmy,
potem pójdziemy dalej i dalej
stawiaæ, przestawiaæ s³upy graniczne.
Idzie Kresowa, idzie Karpacka,
ka¿da bojow¹ chrzêszcz¹c maszyn¹.
My was znajdziemy, choæ po omacku,
w Monte Cassino! W Monte Cassino!
Nasze granice? – “Póki ¿yjemy”,
wszêdzie, gdzie nasi walcz¹ i gin¹.
Gniewnie idziemy, krwawo idziemy,
nasze granice w Monte Cassino.
Hanno aggredito all’improvviso le nostre frontiere,
Hanno spaccato le palizzate che le dividevano …
Arrivano i battaglioni Kresowa e Karpacka
nel fumo delle esplosioni, nel rombo delle battaglie.
Le nostre frontiere?…- bisogna cercarle
al ritmo delle mitragliatrici, nel fragore delle corazze.
Noi già conosciamo ciò, la vecchia scienza
di polacchi erranti, di polacchi soldati.
Arrivano i battaglioni Kresowa e Karpacka,
tuonano i cannoni, crepitano gli spandau14.
Qui non si scappa, qui non si nasconderà
il nemico armato con armi perfette.
Cadiamo in tanti nella bellissima Italia,
i sopravvissuti contano e seppelliscono i morti,
poi andiamo avanti, sempre più avanti
spostando e rialzando i segni dei confini.
Arrivano i battaglioni Kresowa e Karpacka,
con mezzi corazzati, rumorosi e imponenti.
Noi vi troviamo anche al buio,
a Monte Cassino! a Monte Cassino!
Le nostre frontiere? – “Finchè viviamo”15,
ovunque, dove i nostri combattono e periscono.
Marciamo con rabbia, marciamo con fierezza,
le nostre frontiere a Monte Cassino.

Un’interessante produzione discografica è El cancioneiro de Montecassino, musica sacra e musica profana del nostro monastero, che paradossalmente viene realizzata in Spagna, sotto il patrocinio di enti pubblici spagnoli! Si tratta di musica tratta da un manoscritto musicale del XV secolo16, voluto da Alfonso V d’Aragona, meglio conosciuto come Alfonso il Magnanimo, e sopravvissuto miracolosamente al bombardamento del Monastero. Il doppio cd, in commercio dal 2001, fa parte di una collana di musiche delle corti reali, voluta dal direttore d’orchestra Jordi Savall, che in quest’occasione dirige l’orchestra Cappella Reial de Catalunya.
Ancora una volta la valorizzazione di un bene culturale cassinese avviene all’estero. Un’occasione mancata da parte di Cassino?
Come se non bastasse, sull’onda della moda dei canti gregoriani, troviamo ancora un disco legato al nostro monastero. Si tratta di una raccolta di inni che compongono parte della laus perennis dei monaci benedettini di Montecassino, registrati direttamente nella tomba di San Benedetto.
Il disco è stato prodotto in Italia, la casa discografica è livornese, ma è comunque destinato ad un mercato estero, tant’è vero che il titolo e le intestazioni sono tutte in inglese!
Restando nell’ambito musicale, potrebbe sembrare un autentico richiamo alla città martire il nome che si è scelto un duo di musica folk americano. Si tratta di due musicisti dell’Alabama, Nick Torres e Tyler Odom, provenienti da svariate esperienze musicali precedenti, che nel 2005 hanno deciso di formare questo sodalizio e prendere il nome di Cassino!
Anche qui, c’è da dubitare fortemente che Torres e Odom sappiano dell’esistenza di una città con quel nome, e sarebbe interessante sapere qual è l’origine della loro scelta. Si tenga comunque presente che nelle distorsioni etniche e popolari dell’inglese americano, spesso la parola casinò, casino, viene trascritta in ‘cassino’. È una delle possibilità, ma cercherò di chiederlo direttamente a loro.
Sta di fatto che i Cassino, oltre ad uno splendido disco, hanno prodotto anche dei gadget, tra cui una maglietta col loro nome, reperibile su internet per pochi dollari, sul sito http://www.myspace.com/cassinoband . Ma ciò che riempie d’orgoglio, forse illegittimo, è che i Cassino fanno davvero un’ottima musica, in linea con la tradizione folk americana. Il loro primo disco, Sound of Salvation, del 2007 è stato accolto molto positivamente dalla critica, e ha anche ottenuto un certo successo di pubblico, considerando che si tratta di musicisti rientranti nel circuito delle case discografiche cosiddette indipendenti.
Un altro gruppo, scozzese, ha invece scelto di chiamarsi Montecassino. Anche qui, non si sa come a Greg Bell, John Ronaldson, Andy Dorrai, Duncan Gemmel e Alan Bell sia saltato in testa di chiamarsi così. Trattandosi però di una band di ispirazione cattolica, è possibile che questa scelta sia da ricercare in un omaggio ad un antico monastero, culla della religione nei secoli andati.
Hanno realizzato un unico EP, nel 2005, dal titolo Early morning signs. Purtroppo dopo quella data non si hanno altre notizie della band, né esiste più il loro sito web. È un peccato perché erano stati accolti positivamente dalla critica. Sul negozio virtuale ‘Amazon’ è possibile acquistare il loro mini cd.
Una dovuta notazione per l’ambito musicale, anche se non rientra tra le mie preferenze musicali, è quella riguardante Dino da Cassino, ormai affermato DJ londinese, che ha mosso i primi passi nelle discoteche ciociare, col nome Dino Lenny. Il suo vero nome è Dino Lanni, e in terra britannica sta ottenendo un discreto successo nell’ambiente della musica da discoteca. Ha collaborato con numerosi personaggi importanti del settore, e ha realizzato una serie sterminata di 12”, che vanno molto nelle discoteche europee.
Chiudiamo la rassegna della musica in qualche modo connessa con Cassino e Montecassino, con una colonna sonora tra i cui titoli spicca anche La battaglia di Montecassino. Si tratta però di una colonna sonora di un videogioco, tale ‘Medal of Honour – Undeground’, dove tra le varie missioni da compiere c’è anche quella di liberare alcuni prigionieri prima che l’Abbazia venga rasa al suolo! Le musiche sono di Micheal Giacchino.
In definitiva, tra poesie e canzoni, la presenza di Montecassino sembra essere ancora forte e attuale. Ma credo che sia solo una casualità, perché le canzoni moderne citano Montecassino solo casualmente, o per esaltazione delle attività belliche. Per il resto tutta la memoria è rivolta al passato. Il rischio è, dunque, che man mano che ci si allontana da quei tempi, man mano che vengono a mancare quelle persone che sono state direttamente coinvolte in quei tragici avvenimenti, la memoria venga dimenticata.
Nell’ambito cinematografico Cassino ha goduto nel decennio successivo alla fine della II guerra mondiale di una certa attenzione. Solo sfiorato dal famosissimo La ciociara, restano in quattro i film dedicati alla città, e tutti hanno per tema Montecassino.
Il più recente è I diavoli verdi di Montecassino, di Harald Reinl, del 1958. Film tedesco girato nel 1955, ricchissimo di scene documentaristiche, si incentra sul trasferimento dei beni culturali contenuti nell’abbazia a Roma, prima di un attacco delle milizie anglo-americane.
Sempre ambientato durante la guerra, è La Grande Strada – L’Odissea di Montecassino, di Vittorio Cottafavi e codiretto da Michal Waszinsky, del 1948. Il film segue le vicende di Adam, soldato polacco che perde la vista durante la battaglia di Montecassino, e che scambia l’infermiera per la ragazza lasciata in patria.
Più interessante lo spirito pacifista che anima il film Montecassino nel cerchio di fuoco, di Arturo Gemmiti, del 1946. Tratto dal libro di Tommaso Leccisotti, rievoca i giorni dei bombardamenti e traspare l’umanità di molti superstiti di quella terribile vicenda.
L’unico film che non si riferisce direttamente alla guerra, anche se si apre con le scene della distruzione dell’abbazia, è Il sole di Montecassino – San Benedetto, dominatore dei barbari, di Giuseppe Maria Scotese, del 1945. È la storia di San Benedetto e la fondazione dell’abbazia nel tempo in cui l’impero romano subiva gli attacchi sferrati dai barbari provenienti da tutt’Europa.
Purtroppo tutti e quattro i film, oltre ad essere ormai dimenticati nel calderone della cinematografia nazionale, non godono di commenti critici positivi. È difficile reperirne delle copie, e non mi risulta che passino mai nella programmazione televisiva. Occorrerebbe forse una riproposizione cinematografica, perché la memoria non puó oggi fare a meno di essere rievocata attraverso un così diffuso mass media. È tuttavia difficile che questa terribile pagina storica susciti oggi l’interesse di registi o case di produzione. La storia della guerra di Cassino, di Montecassino, come la storia dell’Abbazia, oggi non sono più di moda. In pochi ne conoscono le vicende, e in pochi sono disposti a rievocare le tristi memorie di quei giorni.
Come per la cinematografia, così la musica ha ormai abbandonato Cassino. Gli esempi qui trattati sono tutti relegati al passato, e salvo casuali riproposizioni, o nostalgie militaresche, Cassino si puó dire non essere più al centro dell’interesse della musica. In questo ambito, per giunta, l’interesse è stato suscitato solo e soltanto all’estero. Non una sola canzone, o musica, in Italia. Un po’ meglio le cose sono andate con la letteratura, dove si gode di una preziosa citazione dantesca, e successivamente ci sono stati tentativi di riproporre il territorio della bassa Ciociaria come ambientazione di romanzi più vicini al nostro tempo, ma comunque risalenti a trent’anni fa!
Occorrerebbe un intervento istituzionale, che coinvolga tutti i soggetti cassinati, dalle amministrazioni alle scuole passando per il Monastero e le attività commerciali, che miri a stimolare, anche finanziariamente, l’attenzione sulle vicende. In altre parti d’Italia sono state recuperate pagine storiche molto minori di quella di Cassino, briganti locali, piccoli avvenimenti, e consegnate al futuro attraverso espressioni artistiche quali il cinema o la letteratura.
Il mio piccolo contributo vuole, appunto, essere d’auspicio ad un recupero più completo e significativo della memoria della terra in cui affondiamo le radici, affinché questa possa uscire dai confini regionali, come credo meriti.

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