La descrizione di Rocca D’Evandro di fine 600 dell’abate Pacichelli.


Print Friendly, PDF & Email

.

Studi Cassinati, anno 2008, n. 3

di Sabrina Marandola

Dal primo volume dell’opera “Il Regno di Napoli in prospettiva”1 dell’Abate Giovan Battista Pacichelli, pubblicata postuma nel 1703, riportiamo la descrizione ed una veduta di Rocca D’Evandro (pagg. 154/156).

DI ROCCA D’EVANDRO

Antichissima è questa Rocca, e delle prime del Latio, benché chiaro non sia da qual delli due Evandri Prencipi d’Arcadia sia stata fabricata, se da quello, che havendo per imprudenza ucciso il Rè Carmete suo Padre, partitosi per habitare altro paese, e seguito da Popoli Pelasgi, & altri, che seco volsero andare, pervenuto nella Puglia, da dove discacciò i Popoli Siculi, si portò poi nel Latio nel 2679 del Mondo creato, & ottenne da Fauno Rè di quello licenza di potersi edificare un luogo per sua habitatione, ò pure dal suo pronipote, che nel anno 2744 mandò in soccorso al Trojano Enea ( che combatteva con Turno Rè de Rutoli) Pallante suo figlio con buon corpo di Soldati: Questa Terra, che è distante dalla Città di Napoli cinquanta miglia carrozzabili, stà posta sù la cima d’un scoglio, che la rende per ogni parte fortissima, venendo racchiusa con recinto di muri, che la circondano; l’ingresso in essa s’hà per due sole porte, le quali in ogni occorrenza d’inimico assalto, con pochissimo numero di difensori la rendono inespugnabile: per strada breve si, ma erta da dentro detta Terra si và ad un fortissimo Castello, che le sovrastà; e questo stà edificato sopra l’homeri d’un altro scoglio superiore, e racchiude dentro la sua ampiezza un Palazzo assai commodo, ch’è stata sempre l’habitazione de Baroni di detta Rocca, dal di cui hodierno Padrone è stato reso più vago il Palazzo, e ridotto in miglior forma il Castello per essere quello fatto più capace, & al maggior segno abellito, & à questo stati accresciuti i Baluardi, e Torri con ogni più fina simetria, solo ritenendo hoggi l’unica & antica sua Porta di ferro, che è di disegno Goto: in tutti i Secoli, e specialmente quando il Regno di Napoli era travagliato dall’armi di tante, e tante Nationi straniere, che raccontano l’historie, non solo fù sempre esente dall’incursioni hostili per la sua natural gagliardezza, mà in molte occasioni è stato sicuro rifugio à chi si c’è ricovrato, & in tempo de Goti, e Saraceni in esso fù salvato il Tesoro del Regale Monastero di Monte Casino; e per venire à guerre più fresche, celebre fù l’assedio à tempo del Imperator Carlo V chè fù costretto mandarvi grosso Essercito di valorosi Soldati sotto la condotta di Frabitio Colonna ad espugnarlo per esservi stati accolti da Federico Monforte i Francesi, i qual benche in poco numero difesi dalla Fortezza del luogo con leggiere scaramuccie straccarono di tal’ fatta i Soldati Imperiali, che disperando il Capitano sorprenderlo con l’armi per essere la Fortezza del Castello inespugnabile sopra sasso vivo, né sotto posta à colle superiore, si contentò haverlo à patti di buona guerra: il fiume Garigliano, che è in distanza d’un miglio, e mezzo le serpeggia à canto, e spesso spesso l’irriga i terreni con le sue acque unite ancora all’altre del vicino fiume della Peccia, dove v’è un Ponte, Osteria, e Molino: la bontà dell’aria, e l’amenità deliziosa di questa Terra hà tratti molti da luoghi convicini ad habitarla, e de Cittadini la maggior parte si mantiene con li suoi beni; hà tre Chiese con quella di S. Maria Maggiore che, è la Parochiale, e questa viene servita dal suo Arciprete con buon numero di Sacerdoti, i quali col resto del Clero vivono con gran decoro, e bontà di vita, e quella, che è sotto il titolo di S. Antonio, tiene l’Ospedale, e somministra il necessario à passaggieri ammalati: tiene il Barone per diporto oltre l’habitatione del Castello un altra casa dentro la Terra detta il Casino, nella quale s’ammira il disegno, e godesi la bella vista di tutta la Campania felice, delli territorii la maggior parte sono piani, e fertilissimi, abondanti d’esquisiti ogli, grani, latticinii, saporitissimi frutti e d’ogni altra sorte di vittovaglie ( à segno, che se nè provedono molte Terre convicine) e particolarmente de’ pretiosi vini, ch’ non hanno in che cedere alli più pregiati dell’Italia; onde con verità si può chiamare questa Terra il giardino della Provincia di Terra di Lavoro, essendovi concorse à gara, e la natura, e l’arte à farla compita, e perfetta in ciascuna sua parte.
Alle spalle dell’accennato Castello s’innalzano molte montagne nella più alta delle quali stava l’antica Terra di Camino hoggi distrutta, essendovi rimasta solo una Chiesa detta S. Maria di Camino, & un infinità di Case dirute: i miracoli, che hà operati, & opera l’immagine di questa Madre di Dio à beneficio de’ suoi divoti, hanno ivi tratto da tempo in tempo Romiti, i quali successivamente habitano in alcune celle à canto detta Chiesa; & assistono al culto divino poco curando la rigidezza del luogo, e procacciandosi il vitto col mendicarlo dalle convicine Terre: alle falde poi di queste montagne stanno i casali di Camino, i quali sono molti, & habitati tutti da buon numero di Cittadini: il suo tenimento, che è tutto montuoso, produce vittovaglie più che sufficienti per gli suoi habitatori, à quali niente manca del necessario, & è abondantissimo al maggior segno di ghiande, herbaggi di animali, e cacciagione d’ogni sorte di quadrupedi, e volatili, e particolarmente di quella di Pernici, che è nobilissima: è stato anche arricchito dalla natura d’una montagna di Marmo giallo, le di cui pietre per la loro finezza, e vivacità del colore, che le dà la vena di quella Terra vengono tenute in gran stima, e giornalmente se ne lavorano per gli edificii di Palazzi, e Chiese, come s’osserva in quelle del Carmine maggiore, e S. Luigi di Palazzo in Napoli: il clima salutifero fà godere à suoi habitatori ottima salute, e l’altezza de suoi monti porge dilettevole vista di tante, e tante Terre, havendo campo il guardo di stendersi sino alle Città di Gaeta, e Napoli, Isola di Ponza, & altri luoghi: queste terre della Rocca, e Camino, benche sempre siano state sogette ad un Padrone n? dimeno in quãto allo spirituale, la prima all’Abbate di Monte Casino obedisce, e la seconda al Vescovo di Teano; Prima de i Rè di Napoli furono possedute dalle famiglie Brancaccia, e Toralda, dal tempo poi del Rè Cattolico dalli Ferramosca, Monforti, Colonna, Carafa, Muscettola, e Bologna, al presente con titolo di Marchese stanno questi feudi nella famiglia Cedronio antichissima patritia Romana, trasportatasi in Regno fin’ dall’hora, che tumultuava l’Italia per le fattioni de Guelfi, e Gibellini, d’una delle quali era seguace.

1 Per l’opera di Pacichelli si veda “Studi Cassinati”, n. 1/2008, pag. 28, dove fu presentato il capitolo relativo a S. Germano a cura di Alceo Morone.

(93 Visualizzazioni)