NEL NOME DELLA CIOCIA Alla ricerca di un libro che non si trova


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Studi Cassinati, anno 2008, n. 1

di Costantino Jadecola

Del problema potrebbe interessarsi il programma televisivo “Chi l’ha visto?” sperando, con ciò, di poter finalmente sapere dove reperire Gente di Ciociaria, il volume di Ugo Iannazzi ed Eugenio Maria Beranger al quale sono state sin qui dedicate importanti presentazioni (ed altre ancora ne sono in programma) e del quale molto si parla, articoli a parte, attraverso manifesti, depliants ed anche con una “guida breve” che, oltre che al pregevole volume, lo è anche all’omonimo museo antropologico realizzato ad Arce, ma ancora chiuso al pubblico per via di sconsiderati atti vandalici commessi al suo interno dai soliti ignoti.
Insomma, la curiosità è grande. Non potendo, però, parlare del libro, del suo costo di stampa (si parla di svariate decine di migliaia di euro) e del suo sicuramente interessante contenuto, sarà il caso, allora, di soffermarci sul suo titolo ed anche sul suo editore, la XV Comunità montana “Valle del Liri” le cui iniziative editoriali sono talvolta pregevoli (mi riferisco, in particolare, alla pubblicazione di Marco Mastroianni e Leonia Simone Guida per la conoscenza dell’architettura rurale nella valle del Liri, 2003), considerazione, questa, peraltro confortata dalla pregevole fattura del policromo (e costoso) materiale pubblicitario cui si è accennato per promuovere Gente di Ciociaria.
Ma al di là della sua propensione per l’editoria, questa Comunità, che puó vantare l’originale caratteristica di prendere il proprio nome da una valle, ha naturalmente anche interessi più attinenti le sue finalità istituzionali che sono rivolte in primo luogo alla tutela di un considerevole e consistente patrimonio montano a preponderanza collinare (tant’è che la Regione Lazio si sarebbe finalmente decisa a smantellarla) nel contesto di un territorio che puó tranquillamente identificarsi, in linea di massima, con quello che era nei tempi borbonici, ma anche dopo, il circondario di Sora, ovvero un territorio che tutto poteva essere fuorché Ciociaria e che aveva un suo nome ben specifico: Terra di Lavoro o, se volete, Alta Terra di Lavoro.
Un territorio che, fin quando Mussolini non ebbe quella geniale intuizione di creare la provincia di Frosinone, iniziativa della quale si sarebbe poi pentito, era tutta un’altra cosa (e non è il caso di stare a sottilizzare) tant’è che il Duce stesso, non sapendo in che modo giustificare quel fasullo assemblaggio di territori, finì col decretarne l’unità nel nome del valore del soldato ciociaro da lui conosciuto in guerra. A gerarchi e gerarchetti non parve vero di potersi riempire la bocca di ciociari e di Ciociaria ed a cascata venne a crearsi una situazione che, siamo onesti, non ha alcun fondamento storico almeno per ciò che riguarda il territorio dell’ex provincia di Caserta conglobato in quello della nuova provincia di Frosinone.
Che “ci’azzecca” allora, per dirla con Di Pietro, Gente di Ciociaria? Ovvero, quale motivo ha spinto la XV Comunità montana “Valle del Liri”, ovvero la meno ciociara fra le comunità montane, a compiere questa operazione “estranea”, se così puó dirsi, ai propri confini gestionali?
Non è che mutando i nomi o falsando la storia – che poi mi sembra il vero nocciolo della questione – si cambiano certe situazioni (come, ad esempio, di recente qualcuno ha inteso fare facendo diventare “valle dei Latini” quella che era la “valle del Sacco”, sperando con ciò di cancellare le gravissime vergogne ambientali ispiratrici del cambiamento).
Beninteso ognuno è libero di chiamare Ciociaria anche tutta l’Italia. Avendo, però, la correttezza di precisare che prima di essere Ciociaria essa era tutt’altra cosa e che solo motivi di opportunità (?) ne hanno suggerito il mutamento.
Perché, in sostanza, è di questo che si tratta: ricordare che un tempo nemmeno troppo lontano gran parte del territorio di questa provincia a forte vocazione ciociara era tutta un’altra cosa e men che mai Ciociaria.
Un suggerimento, infine, a chi intellettualmente produce certe idee ed a chi ne supporta gli oneri per la loro divulgazione: invece di lasciarsi andare ad annessioni di territori ed a fantasiose elucubrazioni, pensino piuttosto a tutelare il buon nome di quella terra che chiamano Ciociaria dal dileggio di cui di tanto in tanto essa è oggetto.
E ciò valga anche per quell’altra inguaribile ciociarista che di recente è tornata di nuovo a propinarci la prefascista regione della Ciociaria storica con il coinvolgimento di una buona metà del territorio laziale (province di Roma, Frosinone e Latina), ovviamente “sotto il segno della maga Circe”. Come se di enti inutili, ovvero utili solo a chi li gestisce, non ce ne fossero già in abbondanza.

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