Un soldato italiano alla battaglia di Montelungo Demetrio Cugliandro, oggi 84enne di Brooklyn, ricorda quei tragici giorni

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Studi Cassinati, anno 2007, n. 4

di Demetrio Cugliandro

Demetrio Cugliandro,
Mimmo per gli amici, giornalista originario di Villa S. Giovanni, emigrato in America, nel 1988 con un gruppo di 20 amici fondò il quotidiano “America Oggi” – l’unico in lingua italiana negli USA – che attualmente conta 50 giornalisti, per lo più italiani, e vende 50.000 copie al giorno.

Era il 1943, all’imbrunire, quando il maresciallo Pietro Badoglio chiese l’armistizio per la cessazione della Seconda Guerra Mondiale da parte dell’Italia, accettato dal generale americano Eisenhower.
Abbiamo festeggiato per un attimo, ma noi dell’11mo Reggimento artiglieria Divisione Mantova, comandante il colonnello Emilio Cavalli, demoralizzati e abbandonati a noi stessi, abbiamo vissuto il momento più tragico dall’inizio della guerra, dichiarata da Mussolini il 10 giugno 1940, alleati con Germania e Giappone, contro Francia, Inghilterra, Russia e Stati Uniti.
Con il mio Reggimento eravamo stazionati in Calabria (provenienti da Alessandria), attendati sotto gli uliveti alle porte di Nicastro.
Liberata la Sicilia, dopo lo sbarco a Villa San Giovanni, gli americani, raggiunta Palmi, iniziarono l’avanzata lungo la penisola. L’ armistizio per noi della “Mantova” giunse al “momento giusto”, profilandosi ormai imminente lo scontro con i nemici, Dio solo sa con quali conseguenze.
Sotto gli uliveti ci radunò il nostro comandante, invitando i residenti in Sicilia e nella zona calabra dello Stretto di Messina, a tornare, se lo volevano, alle proprie case. Io che ero di Villa San Giovanni ma, avendo la famiglia sfollata a Todi (Perugia) e dalla quale non avevo notizie da alcuni mesi, decisi di rimanere.
Da Nicastro facemmo tappa a Crotone, da dove iniziò la nostra avventura verso il fronte di Cassino. Da Crotone nuova tappa fino a San Pietro Vernotico (Brindisi). È qui che il 28 settembre, gli anglo americani ci riconobbero come loro co-belligeranti. Fu così formato il C.I.L., Corpo Italiano di Liberazione, 1° Raggruppamento motorizzato, costituito dalle varie unità allo sbando dislocate in Calabria, Puglia, Lucania e Sardegna. A comandarlo fu scelto il generale Umberto Utile, subito dopo sostituito dal generale Vincenzo Dapino. La divisa grigio verde venne in seguito cambiata con una simile alle truppe coloniali, color khaki.
In tutto circa 5mila uomini, molti gli allievi-ufficiali che, a causa degli eventi bellici, non completarono il corso e non ottennero la conseguente nomina. Li distingueva il filetto dorato che ornava il colletto delle loro giacchette.
Comandante del mio reggimento era il colonnello Corrado Valfrè di Bonzo. Con lui voglio ricordare alcuni ufficiali del reparto al quale appartenevo: il capitano Ceranto, i tenenti Beretta, Pondrani e Graziani ed i miei compagni marconisti Amelotti, Montini, Borghi, Grandini e Talocci (quanto la sentivo pesante quella cassetta che a fatica portavo sulle spalle).
Da San Pietro Vernotico facemmo tappa ad Airola (Benevento) ed Avellino. Da qui, aggregati alla Vª Armata americana, comandante generale Clark, che ci passò anche in rassegna il 4 dicembre (giornata di S. Barbara, protettrice degli artiglieri) fummo inviati sul fronte di Cassino, in zona Mignano di Monte Lungo (ironia del destino: mia sorella Lina, nel 1962, dopo aver vinto un concorso a Reggio Calabria per l’ insegnamento elementare, venne destinata a Mignano di Monte Lungo, ove tuttora risiede).
L’8 dicembre, giornata dell’Immacolata Concezione, fummo mandati alla conquista di Monte Lungo, saldamente presidiato dalle truppe tedesche. Ricordo la giornata, fredda e nebbiosa. L’impresa, purtroppo, si tradusse in tragedia. L’attacco, iniziato all’alba, per l’intensa reazione dei tedeschi, costrinse i reparti del C.I.L. a ripiegare sulle posizioni di partenza. Cinquanta dei miei compagni caddero sotto il fuoco tedesco, oltre cento furono i feriti e 150 i prigionieri
Nonostante le gravi perdite, ci riprendemmo ed il 16 dicembre partecipammo al secondo tentativo per la conquista di Monte Lungo, raggiungendo l’obiettivo, grazie sopratutto alla costante collaborazione di unità della Quinta Armata americana.
Successivamente partecipammo anche alla conquista di Monte Marrone (con noi anche polacchi e marocchini).
Per la liberazione di Montecassino, avvenuta nel maggio del 1944 (venne anche distrutta l’abbazia), ci furono battaglie infernali. Nel corso di una delle giornate più cruente, americani e tedeschi patteggiarono due ore di cessate il fuoco, onde permettere il soccorso ai feriti ed il recupero dei morti, con gli americani che offrivano barelle agli increduli tedeschi. Episodio forse sconosciuto, più unico che raro.
Dopo la liberazione di Cassino, per noi del Primo raggruppamento seguì un periodo di riposo e riorganizzazione. Fummo successivamente destinati sul settore adriatico (Guardiagrele) aggregati all’Ottava Armata inglese, comandante il generale Montgomery. Proseguimmo l’avanzata verso Macerata, fino al caposaldo Filottrano-Osimo, inizio di luglio. Fu qui che un prigioniero tedesco mi mostrò la foto della figlia, pregandomi di conservarla. La dedica è ormai illeggibile (vedi foto). A Osimo la mia odissea di combattente si concluse. Autorizzato dal mio capitano, fui accompagnato da un motociclista (Campana) fino a Todi ormai liberata, riunendomi con la mia famiglia. Quindi il ritorno a Villa San Giovanni, ove trovai la mia casa senza tetto, porta e finestre, a causa di una bomba caduta nelle vicinanze (rione Solaro superiore). Fummo ospitati da alcuni parenti nel palazzo Barbaro. Nella porta accanto abitava la signorina Caterina Mazzeo, con la quale, ancora ironia della sorte, il 19 luglio scorso abbiamo celebrato il 55mo anniversario di matrimonio.
In segno di riconoscenza il Consiglio comunale di Mignano Monte Lungo aveva dedicato una piazzetta al generale Dapino e una via al Primo raggruppamento motorizzato. Con mio grande disappunto recentemente sono venuto a conoscenza che la stessa la piazza è stata rinominata Carlo Alberto Dalla Chiesa. Per quale motivo? Con tutto il rispetto verso il generale ucciso dalla mafia a Palermo nel 1982, mi domando: i suoi meriti verso Mignano Monte Lungo sono più commendevoli di chi qui ha rischiato la vita per liberarla?
I nominativi dei miei commilitoni caduti per la liberazione di Mignano Monte Lungo, saranno pure sostituiti nel sacrario qui eretto con altrettanti ammazzati dalla criminalità organizzata? Dagli amministratori del paese gradirei una risposta.
Il 2 settembre 1945 segnò la fine della Seconda Guerra Mondiale, il più grande conflitto che la storia ricordi e che costò la vita a 55 milioni di persone e causò incalcolabili danni materiali.
Termino citando un ritaglio di un vecchio giornale, che conservo come un oggetto caro e prezioso: “Un giorno le gesta del 1° Raggruppamento motorizzato italiano saranno avvolte in una luce di leggenda, nella quale voi, schiera di valorosi, sarete ravvicinati ai Bersaglieri di Lamarmora, di giovinetti di Curtatone e Montanara, ai Mille di Garibaldi”.
È l’ordine del giorno datato 20 dicembre 1943, redatto dal comando della Brigata Dapino, quando vittoriosamente si concluse l’azione di Monte Lungo, di cui vado giustamente orgoglioso.

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