Giovanni Bizzoni Ricordo di un grande artista nel basso Lazio


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Studi Cassinati, anno 2005, n. 3

di Giovanni Petrucci 

La vita
Nacque il 30 agosto 1928 a Bonate Sopra, in provincia di Bergamo, e morì a Cassino il giorno 8 febbraio 1992.
Il padre, capotreno, aveva assorbito nel sangue dalla tradizione di famiglia e dagli amici delle Ferrovie dello Stato, il pensiero socialista e ne aveva fatto la sua bandiera agli inizi degli anni venti. Partecipò alla prime lotte e contribuì ad ostacolare la salita al potere del fascismo; questo, una volta affermatosi, lo destituì dall’incarico di lavoro e lo costrinse ad andare lontano, in Libia. La famiglia allora pensò bene di gestire un bar, con i proventi del quale alleviare le difficoltà del momento.
Nel 1945, rientrato in Italia, andò a lavorare alle acciaierie di Dalmine. Dopo una lunga lotta, venne reintegrato e riassunto nelle Ferrovie dello Stato.
Il ragazzo Giovanni, dotato di acume e di spiccata vivacità, andava bene a scuola e non dava preoccupazioni alla famiglia; per questo motivo fu invogliato dagli insegnanti a continuare gli studi intrapresi e ad entrare nell’Accademia Carrara di Bergamo.

Gli studi
Qui fece profitto e si formò sotto valenti professori e specialmente sotto la guida maestra di Achille Funi1.
A diciotto anni si segnalò in una mostra organizzata dall’Accademia che frequentava, con un lusinghiero giudizio sull’opera esposta: in esso venivano evidenziati “un interessante temperamento e fantasie compositive”.
Alla fine di ogni anno, nel conseguire il passaggio alla classe successiva, otteneva un diploma; religiosamente conservati in famiglia quelli degli anni 1946. 1947, 1948 e 1949, con menzione onorevole e compiacimento per i brillanti risultati ottenuti.
Era sempre tra i primi e si faceva apprezzare per le qualità di squisita sensibilità con cui riusciva a realizzare i suoi lavori.
Il 25 luglio 1946 vinse un premio di cinquecento lire intitolato allo scultore Beppe Rossi e il 1° luglio 1949, oltre all’attestato per lui abituale, meritò il primo premio della Banca Mutua Popolare di Bergamo di cinquemila lire.
Nel 1950 lavorò, insieme con altri allievi dell’Accademia, sotto la guida del maestro Achille Funi, nell’affrescare la maestosa Aula Consiliare di Bergamo, sita nel Palazzo Comunale ex Frizzoni. Nell’opuscolo stampato per l’inaugurazione è scritto: “[gli artisti] hanno qui felicemente sintetizzato i momenti eroici della libertà Comunale nel ‘giuramento di Pontida’ e nella ‘battaglia di Legnano’; nella parete domina, fra il tumulto e la strage, il Carroccio con la figura orante del vescovo Ariberto”2. In particolare il Nostro ebbe anche l’incarico di rappresentare, negli spazi liberi tra le finestre, tre uomini illustri di Bergamo: il giureconsulto Alberico da Rosciate, il musicista Gaetano Donizzetti e il capitano di ventura Bartolomeo Colleoni. Le tre figure, segnalatesi in campi diversi dello scibile umano, sono delineate con andamento sicuro, con i segni indiscutibili di gusto classico, con maestria e provetta conoscenza dell’arte pittorica; esse fanno presagire il futuro artista che manifesterà il suo estro nella nostra terra.
Nel 1956 realizzò nella Chiesa Provinciale di Branzi, in provincia di Bergamo, un grandioso ciclo di affreschi rappresentanti episodi biblici; interessante è quello del peccato originale, di impostazione opposta a quello di Casalucense.

Chiesa di S.Pietro a Cassino: Consegna delle chiavi a S.Pietro, del 1969

Chiesa di S.Pietro a Cassino: Consegna delle chiavi a S.Pietro, del 1969

L’arte
Quando arrivò a Cassino intorno all’anno 1955, era divenuto un maestro pure lui e conosceva alla perfezione l’arte dell’affresco. Ma nella città martire non c’era tempo per pensare alla pittura: si doveva ricostruire perché dovevano rientrare gli sfollati da lontano. Fortunatamente si imbatté nell’arch. Giuseppe Poggi, il quale, sensibile a certe esigenze che non dovevano essere trascurate anche nelle circostanze del momento, seppe trovare i fondi necessari per la realizzazione di opere di completamento in chiese del Cassinate. E dire che questi affreschi sono rimasti unici e da allora non se ne sono aggiunti altri!
Nei quattro spicchi della Cupola della Chiesa di S. Antonio a Cassino realizzò gli Evangelisti, in maniera sobria ed essenziale; nella Chiesa di S. Pietro sempre a Cassino3, nel fondale di m. 12 x 8 dell’unica navata, nel 1969, affrescò la scena della consegna delle chiavi a S. Pietro; nella Chiesa di S. Sebastiano a S. Elia Fiumerapido rappresentò il supplizio di S. Sebastiano; nella Chiesa della Madonna dei Sette Dolori di Pignataro Interamna eseguì il Redentore su una superficie absidale di m. 10 x 4; nella stessa chiesa vi sono due altri grandi affreschi: il battesimo di Gesù e l’adorazione dei Magi; nel 1963 nella Chiesa parrocchiale di S. Andrea completò un altro grande affresco di m. 10 x 5 con la Madonna tra Santi; altri affreschi fece nelle chiese di S. Ambrogio sul Garigliano (Frosinone), S. Pietro Infine (Caserta); Casalcassinese (Frosinone), Viticuso (Frosinone), Villa S. Lucia (Frosinone).
Nel 1983 realizzò un grande pannello per la sala consiliare del Comune di Colfelice: in esso si possono cogliere gli aspetti essenziali della storia del paese: vi compare il lento cammino della società che, partendo da condizioni di vita agreste, fatta di duro lavoro, passa attraverso la fase dell’automazione, per arrivare a quella industriale. I colori sono tenui e caldi e permettono di cogliere agevolmente tutti gli aspetti della lenta trasformazione dell’ambiente.
A Casalucense dal 1958 al 1961 egli coprì ogni parete libera, illustrando gli episodi del mondo cristiano, e soprattutto la vita della Madonna dalla nascita alla sua incoronazione; in effetti gli affreschi4 vogliono essere appunto la celebrazione della Vergine delle Indulgenze.
Ma tutti gli spazi, gli angoli delle pareti e delle volte sono impreziositi da Angeli, da Santi, da figure bibliche. In quel tempo si vociferava che gli affreschi di Casalucense dovevano essere un accurato tirocinio ed un banco di prova per l’esecuzione di qualche lavoro più impegnativo a Montecassino.
“Lo stile del Bizzoni s’ispira a quei modi quattrocenteschi che trovano perfetta e compiuta espressione in Piero della Francesca, ma interpretati con sensibilità tutta moderna, e con vivo senso cromatico. Le pitture pertanto sono di un tipo tradizionale, in quanto s’inseriscono nella grande tradizione figurativa italiana, ma insieme mostrano che sono dovute ad un uomo del nostro tempo.
Non quindi una rievocazione di modi arcaizzanti, e meno ancora una loro imitazione, ma piuttosto una reinterpretazione di valori sempre vivi ed attuali, malgrado l’indulgere di tanta pittura moderna verso modi del tutto antitetici.
Il ciclo pittorico, terminato nel 1960, comprende tutti gli episodi di rilievo tramandatici dal Vangelo e dalla tradizione sulla vita della Madonna, a partire dalla sua nascita fino alla incoronazione che campeggia nel catino dell’abside. A quest’ultima pittura fa riscontro sulla parete d’ingresso la caduta dei primogenitori con l’annuncio della Donna che schiaccerà il serpente, la Vergine Immacolata. La cupola è dedicata alla gloria dell’Assunzione, e alla definizione dogmatica del 1950, fatta da Pio XII, qui pure effigiato.
Ma la decorazione pittorica non si esaurisce in questo ciclo, sia pure vasto e tale da non trovar riscontro nella regione, perché altre immagini illustrano i più bei titoli delle litanie lauretane, le donne dell’Antico Testamento che hanno prefigurato Maria, le allusioni evocative dei Profeti, i Dottori mariani della Chiesa. Così una solinga chiesa dell’agro cassinate è stata trasformata in un ambiente ricco di mistiche suggestioni, quale non è facile trovare in vari edifici sacri del dopoguerra, mentre al centro del transetto, in un tempietto addossato all’altare maggiore, l’immagine venerata campeggia con rinnovato e aumentato decoro, dopo l’abolizione degli orpelli che la deformavano, occultandone la linea semplice e aggraziata”.5
Giuseppe Poggi illustrò con sensibilità e competenza gli affreschi: “Non posso negare che la prima fonte delle sue composizioni nasce da un evidente realismo di grande efficacia: fatti e persone ti si stagliano dinanzi con tutto il peso del colore e della concretezza del vero. La caratteristica principale dei suoi affreschi risiede essenzialmente nell’ispirazione da episodi e persone tratti dalla vita quotidiana: egli riesce poi a trasfigurare tutto in immagini d’arte, grazie specialmente alla sua scuola6.
Aggiungiamo infine che molte delle figure che si stagliano nette e statuarie in molti pannelli risentono dell’insegnamento del maestro, il cui classicismo “è di natura sostanzialmente accademica”7.
Nell’incoronazione della Vergine la composizione è ampia (m. 12 x 6) e occupa tutta l’abside, con un triplice ricco corteo di Angeli. Quello più in alto fa cerchio intorno alla Madonna, mentre il Signore tende la corona sulla sua testa”8.
Il problema del realismo era già stato affrontato negli anni passati dal Vizzaccaro, che affermava: “Il vivo senso della realtà quotidiana nel Bizzoni traspare proprio da questo particolare modo di tradurre in pittura di genere episodi della storia sacra che più gli vengono richiesti, mentre là dove egli ricerca una bellezza ideale, come nelle “Madonne”, riesce solo ad ottenere un’accentuazione enfatica dei caratteri formali … Proprio per questo modo di attuare i suoi affreschi pone il problema del realismo che scaturisce dall’osservazione della realtà; la descrizione naturalistica gli serve come mezzo per nutrire di sostanza una composizione classicheggiante … ”9.
Nell’incoronazione della Vergine la composizione è ampia (m. 12 x 6) e occupa tutta l’abside, con un triplice ricco corteo di Angeli. Quello più in alto fa cerchio intorno alla Madonna, mentre il Signore tende la corona sulla sua testa”10.
Nuove strade
L’intelligenza pittorica gli consentì di non restare ancorato sempre agli stessi schemi; ad esempio, negli affreschi della Cappella del Crocifisso della Chiesa di S. Maria la Nuova in S. Elia Fiumerapido, se l’impianto iconografico è classico, del tutto moderna e personale è la sensibilità pittorica. È da pregiare specialmente la stilizzazione delle figure, sintetizzate nei tratti necessari. Campeggiano le masse, come l’altare ed il ciborio, e si trascurano i particolari: l’attenzione allora si concentra sull’essenziale. La palma e l’olivo sono raffigurati su un unico piano, quali foglie di un immaginario erbario comprese tra le pagine di un libro. Meravigliano il nitore, la pulizia e l’eleganza del colore, presenti nei suoi molteplici valori tonali e cangianti rapporti; ma anche il senso della misura e delle proporzioni.
Nell’angolo più buio e nascosto della Chiesa, ci si sente immersi in una visione di luce, riflessa e scomposta da un immaginario prisma ottico. Il cielo, attraversato da improvvisi ed imprevedibili bagliori di luce e reso vibrante dalla successione di linee in movimento e di una forza, non evoca semplicemente un’atmosfera, ma è espressione viva e palpitante della realtà nuova, scaturita dal mistero pasquale.
Siamo lontani dal Bizzoni del 1950/60, dagli affreschi quasi sempre sovraccarichi di colore; la pittura adesso è divenuta più matura, impalpabile, autonoma, personale, capace di creazioni interessanti e proiettata verso nuovi orizzonti: la padronanza del colore gli permette trovate ardite ed imprevedibili.
Portato da queste esperienze, dal 1978 al 1985 seguì altre strade. Sotto la guida dell’arch. Giuseppe Picano, affrescò la volta di un grande salone del palazzo Picano in S. Elia e altre sale più piccole; ad Anagni il soffitto di un salone di un palazzo ottocentesco; a Roma, in piazza del Parlamento, la volta di un salone nel palazzo Sassano; a Benevento, nel 1985, alcuni ambienti del palazzo dell’Avv. Mazzoni. Qui la natura cede il passo ad una vera e propria idealizzazione: i fiori e le foglie acquistano dimensioni e colori fuori del comune; sembra di poter intravedere margherite e girasoli dai dischi immensi, solari, vividi. Ti sorprendi in giardini strani, con la vegetazione a volte fitta, a volte rada, che ti è entrata in casa: ti trovi come per magia in un ambiente da paradiso terrestre.
Ci piace concludere questo breve excursus riportando le parole di un nostro caro collega, Torquato Vizzaccaro: “Si è sentito variamente giudicare Bizzoni. Chi dice che ha tratto molto da Giorgio De Chirico, altro da Mario Sironi, e via dicendo. Ma a costoro diciamo: visitate ed analizzate i lavori dello stesso. Credete forse che l’opera astratta “Visione di S. Benedetto” rientri nell’astrattismo dechirichiano o si riallacci a Sironi solo perché ha una plastica rude e primitiva? Non si puó negare che si lascia spesso trasportare da una scuola all’altra, da una sensibilità ad un’altra, ma non si puó disconoscere il carattere peculiare della sua pittura perché in ogni tendenza che segue il pittore ha un gusto ed una linea sempre inalterata.”

1 Achille Funi, nato a Ferrara nel 1890, fu professore nell’Accademia di Brera e pittore di fama; prima esponente del futurismo, passò, poi, nel 1922, con Bucci, Malerba, Marussig, Sironi, al gruppo Novecento, di cui era uno dei fondatori. Nel 1923 prese parte alla mostra Novecento a Milano e l’anno seguente a quella della Biennale di Venezia. Propugnò il ritorno al classicismo. Lasciò l’impronta della sua arte nelle grandi decorazioni murali a Milano, Roma, Ferrara, Tripoli.
2 Comune di Bergamo, Inaugurazione della nuova Aula Consiliare, Bergamo 1950, pag. 2.
3 Bigante d. Antonio, San Pietro Apostolo a Cassino, ne “L’Inchiesta” 8 febbraio 1998, pag. 11: “Giovanni Bizzoni rappresenta la Consegna delle Chiavi a San Pietro, patrono della Parrocchia, raffigurata nella parte inferiore dal popolo orante che si affida alla sua intercessione”. Ci sembra di poter affermare una sicura influenza del Mantegna sul nostro, specialmente per quanto riguarda l’Orazione nell’orto.
4 Vizzaccaro Torquato, Problemi della pittura contemporanea, Casamari, 1970: “Con Giovanni Bizzoni il tema dell’affresco ritorna in auge e ciò riempie veramente di gioia, siccome un tempo era di casa nelle nostre contrade, grazie alla Scuola Benedettina Cassinese sin dal nono secolo”.
5 Pantoni A., Il Santuario Diocesano di Santa Maria di Casalucense, in “Bollettino Diocesano di Montecassino”, n. 3, anno XVI (1961), pag. 121 e seguenti.
6 Sappiamo che durante le soste per il pranzo, mentre affrescava la chiesa di Casalucense, e quando arrivava di pomeriggio, perché, anche in relazione ai soggetti da raffigurare, era solito dedicarsi al lavoro di notte, si tratteneva volentieri con i viandanti; ne imprimeva bene nella mente i tratti e li trasferiva nelle figure dei vari pannelli. Nella presentazione della Madonna al tempio è delineata la persona di Pietro Merucci, che era conosciuto da tutti e soprannominato Camuscio; questi passava tutti i giorni dinanzi alla chiesa ebbro e felice, in quanto risiedeva a Pietrelunghe; il pittore si è divertito a raffigurarlo in primo piano con fattezze possenti.
7 Grande Dizionario Enciclopedico P. Fedele, Torino, v. VI, p. 23, voce Funi.
8 Poggi G., Ricordo di un artista: Giovanni Bizzoni, in “Spazio Aperto”, n. 8, settembre 1992, pag. 26
9 Vizzaccaro Torquato, Problemi, cit., pag. 76.
10 Poggi G., Ricordo, cit., pag. 26.

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