Poche le certezze, molte le affermazioni categoricheSulle origini di CassinoLa città fu volsca o osca?


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Studi Cassinati, anno 2005, n. 3

di Emilio Pistilli 

Le origini dell’antica città di Casinum fanno parte ormai di quel prezioso patrimonio culturale andato perduto con la venuta delle bellicose popolazioni italiche, nelle nostre terre, nell’VIII-VI sec. a.C.
Nonostante ciò si è soliti definire, con eccessiva sicurezza (o per pigrizia storiografica) Cassino città volsca», o addirittura «osca». Così Varrone, tra i primi, nel suo «De lingua latina»1, così G. F. Carettoni, non ultimo, nel suo «Casinum»2.
Circa le origini del nome «Casinum», Varrone3 avanza l’ipotesi che derivi dall’antico sabino «Cascum» o «casnar», cioè «vecchio». I linguisti non sono d’accordo, ritengono di poterlo ricollegare ad una radice tirrenica4. Le argomentazioni di Varrone, dunque, hanno solo valore di ipotesi e non di acquisizione storica, e come tali risultano, a dire il vero, ben poco convincenti. Lo stesso valore potrebbe avere la derivazione dal termine mediterraneo «karsa», cioè roccia, quindi «luogo pietroso» (e Casinum sorgeva sulle pendici rocciose dell’attuale Monte Cassino); ma francamente non mi sento di dare credito a una tale ipotesi.
Allora cosa c’è di sicuro circa le origini della città ?
Assolutamente nulla.
Fu etrusca? Nessuna prova oggi ce lo conferma, anche se Colasanti5 sembra voler credere alla presenza di quel popolo nella zona, almeno per un certo periodo; ma Carettoni definisce le sue argomentazioni dubbie.
Fu sannitica? Mommsen lo nega6 e Varrone afferma che “Samnites tenuerunt” la città7 “facendo altresì conoscere indirettamente che la città non appartenne in origine a questo popolo, che l’aveva soltanto occupata (tenuerunt)”8.
Ma lo stesso Carettoni propende “per l’appartenenza di Casinum ai Volsci”9. A dire il vero nessun documento ci dimostra tale appartenenza. Neppure a voler ricorrere alle notizie riguardanti il territorio limitrofo, come espressamente fa Carettoni10.
C’è da ritenere accertato infatti – e Giacomo Devoto11, sulle orme di H. Nissen12, ce lo conferma – che i Volsci, nell’ambito delle migrazioni delle popolazioni italiche, raggiunsero il versante occidentale al di là del Fucino, “lungo la valle del Liri, dopo essersi incuneati fra gli Equi e i Marsi. La direzione del loro movimento è stata determinata da questo corso d’acqua”.
Inoltre Livio ci attesta che fino al IV sec. a.C. i Volsci giungevano a Formia, Fondi, Interamna e, lungo il fiume Liri, a Fregelle e Sora: Cassino non è inclusa nel territorio appartenente a quel popolo; anzi gli storici propendono a ritenere che la città, in quel periodo si trovasse sotto il dominio dei Sanniti; e proprio a questi i Romani dovettero contendere il territorio in questione, in occasione della prima guerra sannitica.
Fu dunque, Casinum, città Osca?
Anche qui ci troviamo a dover constatare, nel silenzio delle fonti, l’assoluta mancanza di ogni conferma.
La migrazione di questo popolo (che secondo Devoto è solo da supporre, ma non è dimostrata) si spinse fino alla Campania, dove si arrestò. Anticamente furono “Opikoì”, cioè lavoratori (notare l’analogia con l’odierna Terra di Lavoro); più tardi, in seguito alla loro fusione con i Sanniti, discendenti dei Sabini, divennero “Oskoi” (per i Latini “Osci”).
Secondo alcuni storici gli Opici e gli Osci furono due popoli diversi vissuti in epoche successive nel territorio della Campania, ma gli antichi equivocarono considerandoli un unico popolo.
Essi comunque ebbero una loro individualità linguistica che li assimila (e nello stesso tempo li differenzia) alle genti osco-umbre. E sono proprio le vicende linguistiche che testimoniano il loro inserimento in una cultura preesistente, quale puó essere quella della Magna Grecia (Cuma, fondata nell’800 circa) o quella etrusca (Capua, fondata nel 600 circa).
Ad ogni modo la delimitazione del loro territorio nei confini della Campania è solo convenzionale: si è soliti suddividerli13 in tre confederazioni: Capua, Nola e Nocera. La confederazione di Capua, che maggiormente interessa il nostro problema, comprendeva i centri di Atella, Calatia, Velecha, Volturno, Literno, Cuma e Pozzuoli, Casilino, Acerra, Suessula e l’agro Falerno e Stellate.
Come si vede giungeva ben più a Sud del territorio di Casinum.
A dover giudicare dunque dalle fonti storiche in nostro possesso, ma soprattutto dal loro silenzio, non è corretto affermare che Casinum fu di origine Volsca oppure Osca, in realtà è più facile affermare il contrario. Se così fosse, infatti, dovremmo supporre che il territorio dei Volsci e quello degli Osci, nel periodo che va dal VI al IV sec. a.C., abbiano avuto dei confini in comune, con implicazioni politiche e sociali di tale portata che le fonti dell’epoca non avrebbero in alcun modo potuto tacere.
Ma neppure è lecito pensare che a dividere le due zone di influenza ci sia stata la terra di nessuno.
Dalle delimitazioni territoriali più su riferite rimane un corridoio che si diparte dall’Appennino e volge a Sud-Ovest, attraverso Atina e Cassino, aprendosi ad imbuto verso il mare, tra Minturno e Sessa. Ed è proprio riguardo a quest’ultima zona che esistono le tradizioni più radicate e più storicamente riscontrabili di tutta l’Italia centro-meridionale: si tratta delle popolazioni degli Ausoni e degli Aurunci, di cui ancora oggi numerosi toponimi attestano la vitalità storica: i monti Aurunci, i comuni di Ausonia, di Sessa Aurunca, il fiume Peccia, che ci richiama l’introvabile Vescia, ecc.
Si dirà che circa l’appartenenza di Casinum alle genti Ausoniche o Aurunche non si è mai parlato: infatti né la storia, né la tradizione ci ha mai fatto giungere una testimonianza del genere (come del resto circa le origini volsche o osche della città). Ci viene però in aiuto lo stesso G. Devoto14 quando afferma che “sul finire del VI secolo, in quel territorio (la valle del Liri) doveva esistere ancora traccia della popolazione tirrenica primitiva, dove degli Indeouropei del primo strato, i Latini guardavano al nord, gli Ausoni verso il sud …”, e più avanti (p. 119), riguardo alla valle del Volturno “La civiltà più antica è attribuita dalla tradizione agli Ausoni, che dovevano essere stati padroni di gran parte d’Italia, ed Ecateo fa giungere sino a Nola. Si chiamavano Auseli secondo Festo; il nome par risalire al tema mediterraneo AUSA “la fonte”. Attraverso i territori da loro occupati s’era sviluppata la più antica civiltà del ferro, a mezzogiorno del Lazio, quella delle tombe a fossa.
Inoltre A. Sogliano15 definisce gli Ausonî “l’antichissimo popolo, che nell’età del ferro abitava la regione litoranea, la quale fu poi chiamata Campania dai Sanniti invasori. Nissen16 riferisce come gli antichi ritenessero gli Ausoni autoctoni.
Riguardo agli Aurunci va precisato che il loro nome deriva dal più antico “Ausonikoì”, rotacizzato in “Auronici”; pertanto essi devono essere identificati con gli stessi Ausoni, anche se in epoca più tarda i Romani li considerarono due gruppi etnici diversi.
Una più recente corrente storica, infine, tende ad identificare, o almeno assimilare, gli Ausoni con gli Opici (Opíkoi), considerando gli Osci invasori, in epoca protostorica, da territori più settentrionali (come i Volsci).
E. Manni, confortato dai linguisti, ritiene che nella zona, ad una primitiva stratificazione tirrenica si sovrappose quella indoeuropea dei Latino-siculo-opico-ausonici, successivamente giunsero gli Etruschi, cui seguì la seconda invasione indoeuropea, l’italica, con i Sabini, gli Ernici e i Sanniti; i Volsci si incunearono poi tra Ernici e Sanniti17. Dopo quanto detto si puó così brevemente riassumere: in età del ferro i territori del Lazio e della Campania erano abitati dalle popolazioni (forse autoctone) dei Latini al Nord e degli Ausoni al Sud.
In epoca posteriore, probabilmente intorno all’VIII-VI secolo, quelle regioni furono meta di infiltrazioni (se non vere e proprie invasioni) di genti italiche di stirpe osco-umbra, che lasciarono angusti spazi alle popolazioni preesistenti. Tale fu il destino degli Ausoni, che furono ristretti nel breve spazio tra il bacino del Liri e del Volturno e il mare; si salvarono, degli Ausoni, le roccaforti montane perché ben difese dalla loro posizione geografica: Atina, Cassino, Ausonia, ecc.; caddero in mano ai Volsci i centri di pianura come Aquino, Interamna, Formia, Fondi. Purtroppo le prime notizie storiche al riguardo le troviamo solo nel secolo quarto, quando tali centri caddero nell’orbita degli interessi romani. Proprio da questi ultimi infatti veniamo a sapere come le fiere popolazioni di montagna dei Sanniti, alla ricerca forse di pascoli estivi, invasero le valli del versante tirrenico facendole proprie con tutti i centri abitati.
È evidente che tutte queste argomentazioni vanno avanti per via di esclusioni e non per affermazioni certe, che hanno bisogno di documentazione probante. Ma se tale documentazione esistesse, non sarei qui a scriverne.
Mi confortano comunque le ammissioni, sia pure dubbiose, di M. Cagiano De Azevedo, il quale, riguardo al territorio di Interamna Lirenas, dice che “dovette prima appartenere agli Aurunci, o, secondo alcuni studiosi, agli Ernici o ai Sidicini, ai quali ben presto subentrarono i Volsci e quindi i Sanniti»18, mentre riguardo ai primi abitanti di Aquino afferma, sulla scorta di E. Manni19, che “sembrano essere quelli che sono caratterizzati dalla tomba di Castelliri e che sono inumatori. In essi si è voluto da taluno vedere gli Ausoni, ai quali sarebbero successi i Volsci, incineratori”20.
Riguardo al territorio di Cassino, in mancanza di notizie e documenti storici, come già detto, mi sembra opportuno far riferimento al ritrovamento di alcune monete bronzee, avvenuto nello spazio di pochissimi metri quadrati (una pala meccanica aveva sconvolto il terreno) in località Agnone21; tali monete recavano, con molta frequenza, la scritta SVESANO, oppure CALENO, o TIANVD, città notoriamente di origine ausonica o aurunca; nello stesso luogo furono rinvenute anche monete di argento e bronzo provenienti da città della Magna Grecia. Tali ritrovamenti, se non altro, testimoniano che gli abitanti di Cassino avevano interessi commerciali rivolti verso i centri degli Ausoni; e ognuno sa come nell’antichità i movimenti commerciali, cui si univano quelli culturali, seguivano preferibilmente canali indicati da secolari tradizioni.
Sono elementi, questi, che, in mancanza di materiale più concreto, non si possono trascurare.
C’è un’ultima osservazione da fare. Chi ci dice che le origini di Cassino si possano far risalire al periodo della protostoria d’Italia? La città potrebbe essere stata fondata in epoche successive da una delle popolazioni immigrate, come i Volsci, gli Osci o i Sanniti.
Un dubbio del genere, sia pure legittimo, è senz’altro fugato dai numerosi ritrovamenti dell’età del ferro, avvenuti nella zona archeologica di Cassino, in prossimità dell’anfiteatro22, e sul Monte Puntiglio, nelle adiacenze di Montecassino23.
Sono dunque proprio questi ritrovamenti che ci fanno escludere in maniera categorica che la città tragga le sue origini dalla venuta delle genti osco-umbre, quali i Volsci o gli Osco-Sanniti. È possibile che queste popolazioni se ne siano impossessate per un certo periodo; ma anche i Romani ne fecero una propria città, e non per questo affermiamo che Cassino fu città latina.
Rimane una sola possibilità verosimile, che il territorio di Cassino, dopo essere stato frequentato, in epoca preistorica, da genti di varia cultura, dalla Musteriana alla Campignana (come testimoniano i numerosi reperti litici che continuamente si raccolgono nella zona), abbia dato vita ad un centro abitato, città o solo villaggio, vivamente inserito nel contesto delle popolazioni autoctone, siano esse Ausoniche o addirittura Appenniniche.
Va infine precisato, riguardo alle stratificazioni culturali della zona, che il problema andrebbe esaminato da tre angolazioni: archeologica, religiosa e linguistica.
L’esame archeologico dei ritrovamenti sicuramente databili ci fa fare un salto dall’età del ferro all’età romana: i pochi reperti del periodo intermedio non sono mai stati oggetto di uno specifico esame comparato. Analogamente, circa le mura dell’antico sito urbano, a parte il riconoscimento di due o forse tre periodi diversi, chi è in grado di darne la sicura attribuzione?
Circa l’aspetto religioso del problema bisogna riconoscere che si hanno ben pochi elementi a disposizione per poterne fare uno studio serio. Sulle usanze funerarie troviamo una discreta bibliografia, secondo cui, in prevalenza, le genti ausoniche, tirreniche (le più antiche in genere) sarebbero state sicuramente inumatrici, mentre i Volsci, portatori di una cultura in circolazione ormai in molte zone dell’Europa, sarebbero stati incineratori. Nel territorio di Cassino, fino ad oggi, sono state rinvenute solo tombe a inumazione, rarissime quelle a incinerazione, mentre nelle località certamente volsche sono stati frequenti i ritrovamenti di urne cinerarie.
Riguardo alle divinità locali, a parte le brevi note di E. Manni24, alla cui bibliografia rimando, non si hanno studi specifici.
Dal punto di vista linguistico, infine, va notato che il materiale epigrafico preromano nel Cassinate è pressoché inesistente: rarissime scritte di incerta attribuzione; e infatti linguisti come Devoto o Ribezzo hanno avuto modo di fare solo brevissime osservazioni. Credo che allo stato attuale delle cose potrebbe risultare utile un esame comparato dei dialetti locali (ancora così ricchi delle antiche abitudini linguistiche), focalizzato sulla situazione dell’ultimo anteguerra, prima cioè che gli eventi bellici sconvolgessero anche i tratti più preziosi e indistruttibili della fisionomia di una città: la lingua e la cultura. Solo per fare un esempio: gli Osci rotacizzavano, i Volsci no; analogamente il dialetto di Cassino rotacizza (il dito = gliu ritö; sono caduto = só carùtö), il dialetto ciociaro, a partire da Aquino in su, non rotacizza (gliu ditö – só cadùtö): tali caratteristiche linguistiche hanno radici molto antiche; dunque ben si prestano a connotare le singole popolazioni che da millenni abitano in un territorio.

1 VII, 28.
2 Ist. St. Rom., 1940.
3 Loc. cit.
4 Ribezzo, “La originaria unità tirrena dell’Italia nella toponomastica”, in R.I.G.I., 1920.
5 “Fregellae”, 1906.
6 CIL, X1.
7 loc. cit.
8 Carettoni, op. cit., pag. 17.
9 Ibid.
10 Ibid.
11 Gli antichi Italici, Firenze 1931.
12 Italische Landeskunde, Berlino, 1902.
13 Devoto, op. cit.
14 Gli antichi Italici, cit., p. 114.
15 Disegno storico della Campania antica, in Atti della Società italiana per il Progresso delle Scienze, 1924.
16 op. cit.
17 Le tracce della conquista volsca nel Lazio, in “Athenaeum” N. S. XVII, 1939, ed. 1968.
18 Interamna Lirenas vel Sucasina, Ist. Studi Romani, 1947.
19 op. cit.
20 Aquinum, Ist. Studi Romani, 1949.
21 “La voce di Aquino”, n. 42, aprile 1973.
22 G. F. Carettoni, «Sepolcreto dell’età del ferro scoperto a Cassino”, Roma 1960.
23 A. Pantoni, “Stazioni dell’età del ferro – Monte Puntiglio”, Atti Acc. Naz. dei Lincei, 1949.

 

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