Territorio e ricostruzione nella “Valle dei Santi”


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Studi Cassinati, anno 2005, n. 2

di Maria Renata Gargiulo

L’Istituto comprensivo “Don Bosco” di Sant’Apollinare, con la collaborazione dei Comuni di Sant’Ambrogio, Sant’Andrea, Sant’Apollinare e Vallemaio ha realizzato nell’anno scolastico appena conclusosi un interessante progetto di didattica della storia il cui fine è quello di far conoscere alle giovani generazioni il patrimonio documentario conservato presso gli archivi storici comunali.
Coordinati dall’archivista dott.ssa Maria Renata Gargiulo i ragazzi, con l’aiuto dei loro insegnanti, hanno sperimentato il metodo della ricerca storica sviluppando quattro temi d’indagine differenti, ma relativi tutti al riassetto del territorio della “Valle dei Santi” nel secondo dopoguerra.
I risultati del lavoro sono stati raccolti in una mostra documentaria ed in un breve saggio dal quale stralciamo alcuni capitoli.


La ricostruzione nei comuni del comprensorio

Sant’Ambrogio SUL GARIGLIANO

L’Acquedotto Consorziale Interamna

L’”Acquedotto Consorziale Interamna” nacque il 24 giugno 1933. Sant’Apollinare, Sant’Ambrogio, Pignataro Interamna, Cervaro e San Giorgio a Liri facevano parte del consorzio.
Il Consorzio veniva anche chiamato A.C.I., dalle iniziali delle parole che formavano il suo nome. L’acquedotto aveva il suo ufficio a Sant’Apollinare. Il suo presidente era il sindaco di Sant’Apollinare. L’acquedotto prendeva l’acqua dalla sorgente di Cervaro chiamata “Oliveto scuro”. Dalla sorgente l’acqua arrivava alla colonna piezometrica di “Colle Cedro” e da qui fino ai comuni del consorzio. Autore del progetto fu l’ingegnere Pinchera di Cassino. Alla costruzione della linea per il passaggio dei tubi dell’acquedotto da “Colle Cedro” a Sant’Ambrogio parteciparono numerosi Ambrosiani. Il lavoro fu molto faticoso perché il terreno era roccioso e gli uomini lavorarono senza l’aiuto di macchine.
Durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, i bombardamenti provocarono molti danni all’acquedotto, ma il danno più grave fu la distruzione del ponte sul Garigliano e, con esso, del tubo che portava l’acqua al nostro comune. Il ponte fu distrutto perché lì passava la linea Gustav, una linea di difesa costruita dai Tedeschi che divideva a metà l’Italia.
Dopo la guerra l’acqua che arrivava dall’acquedotto era scarsa, a causa dei danni provocati dalle bombe e perciò gli Ambrosiani prendevano l’acqua dai pozzi.
Il Genio Civile di Cassino riparò provvisoriamente in alcuni punti l’acquedotto, ma l’acqua era sempre poca, anche perché i fontanini dell’acquedotto erano senza i rubinetti di chiusura e cacciavano quindi in continuazione il prezioso liquido, sia di giorno che di notte. Alcuni contadini dei paesi che facevano parte del consorzio usavano inoltre l’acqua dell’acquedotto per irrigare i loro campi, facendo dei buchi ai tubi dell’acquedotto. Per queste continue perdite l’acqua spesso non arrivava affatto nei comuni del qua. Questo abbinamento si fece per ottenere dalla Cassa per il Mezzogiorno il denaro necessario per la riparazione degli impianti. La Cassa per il Mezzogiorno era una società creata nel 1950 proprio per favorire la ricostruzione del sud dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale.
I lavori per la sistemazione dell’A.C.I. iniziarono nel 1956, andando avanti per alcuni anni, durante i quali il problema della scarsità d’acqua sarebbe stato costante. Al posto della colonna piezometrica di “Colle Cedro”, distrutta dai bombardamenti, furono messe delle pompe che servono ancora a regolare la pressione dell’acqua.
Oggi il “Consorzio Acquedotto Interamna” non esiste più perché nel 1962 fu incluso definitivamente nel “Consorzio Acquedotti degli Aurunci”. Anche questo Consorzio si è estinto ed al suo posto nel 2003 è nato un nuovo Consorzio tra comuni per la distribuzione dell’acqua, che si chiama “Ato 5”.


Sant’Andrea del garigliano

la Strada Sant’Andrea-Vallemaio

Realizzata nel secondo dopoguerra, la costruzione della strada Sant’Andrea-Vallemaio, fu richiesta dalle amministrazioni locali fin dal 1855. Interessati a tale infrastruttura erano i cittadini dei due paesi, che vedevano in essa la possibilità di facilitare i loro contatti con i centri vicini. Vallemaio in particolare, collegato al resto dal mondo da un’unica strada rotabile, proveniente da San Giorgio, premeva perché l’opera si realizzasse. Una volta terminata, la strada gli avrebbe consentito di aumentare i propri commerci grazie ai collegamenti con le Terme di Suio e le Province di Caserta, Napoli e Latina, che venivano così ravvicinate, riducendosi di circa trenta chilometri la loro distanza.
Già prima della guerra esisteva una strada mulattiera che metteva in comunicazione gli abitanti dei due centri. La strada era però molto sconnessa e, per la pendenza del terreno, si riempiva continuamente di sassi e buche, soprattutto dopo qualche giorno di pioggia. A causa di queste condizioni, nonostante la distanza tra i due paesi sia di soli tre chilometri, ci voleva parecchio tempo per andare dall’uno all’altro. Subito dopo la liberazione di Sant’Andrea e Vallemaio, avvenuta nel maggio del 1944, gli Alleati costruirono in soli due giorni, una strada rotabile per portare i rifornimenti alle loro truppe che si trovavano a Vallemaio. La strada partiva da Sant’Andrea, dove si trovano attualmente le case per i “senza tetto” costruite nel dopoguerra con gli aiuti dell’UNRRA (l’United Nations Relief and Rehabilitation Administration)1, passava poi vicino al cimitero ed arrivava infine a Vallemaio.
Tale strada fu adoperata per circa due anni dopo la guerra, ma poiché non era né asfaltata, né ricoperta di brecciame, ma solo sterrata, aveva subito molti danni nel tempo perché avrebbe avuto bisogno di una manutenzione che, con i pochi mezzi a disposizione nel dopoguerra, non era stato possibile assicurarle2.
I lavori per la costruzione della strada iniziarono nel 1951, in seguito alle insistenze dei sindaci dei due paesi. In tale occasione la strada che era comunale, cambiò classificazione, diventando provinciale3.
L’opera fu realizzata con il denaro fornito dalla Cassa per il Mezzogiorno, un Ente creato nel 1950 (D. L. n. 642 del 10.08.1950) per costruire opere destinate al “progresso economico e sociale dell’Italia meridionale”.
Durante l’esecuzione dei lavori sorsero vari problemi di tipo tecnico-finanziario, amministrativo e di ordine pubblico, che ne ritardarono l’ultimazione.
Trattandosi di una strada intercomunale, i terreni che essa avrebbe dovuto attraversare si trovavano in parte nel Comune di Vallemaio ed in parte nel Comune di Sant’Andrea. Mentre tutti i proprietari dei terreni situati nel Comune di Vallemaio avevano ceduto spontaneamente e gratuitamente le loro terre, alcuni proprietari dei terreni posti nel Comune di Sant’Andrea si erano rifiutati di far fare ai tecnici i rilievi necessari per espropriare i loro terreni. Essi quindi, non erano disposti a cedere le loro terre nemmeno in seguito al pagamento di un’indennità. Per ottenere le autorizzazioni necessarie per eseguire questi espropri si dovette aspettare circa un anno, durante il quale i lavori furono sospesi, causando anche le proteste dei disoccupati del paese, che minacciarono di scioperare.
Altri cittadini di Sant’Andrea avevano invece proposto un cambiamento del tracciato della strada, per evitare che questa passasse nelle loro terre. La proposta non fu però accolta dal Consiglio Comunale di Sant’Andrea perché avrebbe aumentato sia le spese previste per la costruzione della strada, sia la sua pendenza, sia la durata dei lavori, che si sarebbero in tal caso protratti per altri due anni circa.
Anche i rapporti tra la ditta che aveva avuto l’appalto per la realizzazione dei lavori e l’Amministrazione comunale non furono semplici. Più di una volta la ditta fu accusata dal sindaco di Sant’Andrea di non fare bene il proprio dovere. Le accuse riguardavano la lentezza con cui procedevano i lavori, causata dal fatto che venivano chiamati pochi operai ed alcuni di essi erano stati licenziati proprio durante i lavori, e dal fatto che non approfittava della stagione buona per aumentare il ritmo del lavoro. L’impresa fu accusata inoltre di aver provocato danni con gli scavi e con il terreno di riporto sia ai privati cittadini, sia alla parte della strada mulattiera non ancora ultimata, rendendola completamente impraticabile .
Oltre che con il Comune di Sant’Andrea, la Ditta “I.” ebbe problemi anche con gli operai ed i muratori che aveva assunto. Molti di essi protestarono presso il comune di Sant’Andrea perché non venivano pagati regolarmente e per tale motivo, nell’ottobre del 1955, scioperarono per alcuni giorni.
Nel maggio del 1955, quattro anni dopo l’inizio dei lavori della costruzione della strada “Sant’Andrea-Vallemaio”, si aggiunse un nuovo ostacolo alla loro rapida conclusione. Durante lo scavo di un muro di sostegno presso l’ultimo tratto della strada, nei pressi del cimitero comunale, fu scoperta una sorgente ed i lavori furono nuovamente rallentati per consentire ai tecnici della Provincia di Frosinone tutte le indagini necessarie.
Nel 1955, terminati i finanziamenti per la prima parte dei lavori, furono stanziati altri undici milioni per il completamento dell’opera, ma per la sua ultimazione sarebbe passato ancora qualche anno.


Sant’Apollinare

Il ponte sul fiume Liri

Della costruzione di un ponte sul Fiume Liri gli amministratori di Sant’Apollinare si occuparono fin dallo scorso secolo. Nel 1915 il Consiglio Comunale incaricò l’ingegnere Pietro Giammattasio di progettare la strada di collegamento tra Sant’Apollinare e Cassino, compresa la costruzione del ponte1. L’opera era molto importante perché l’attraversamento del fiume con la zattera, detta anche scafa, era piuttosto complicato: oltre a richiedere la presenza fissa di una o due persone, lo scafaro ed il suo aiutante, che avevano il compito di manovrare la scafa, dipendeva molto dalle condizioni del tempo. Quando il fiume si ingrossava in seguito alle piogge abbondanti e straripava allagando la campagna circostante, bisognava spostare la zattera e metterla al sicuro sulla terra ferma. In questi casi non era possibile traghettare i passeggeri. Spesso, dopo gli straripamenti era necessario trovare dei nuovi e più facili punti di attraversamento del fiume.
Nel 1916 il sindaco di Sant’Apollinare, Pardi, chiese al sottoprefetto di Formia2, l’aiuto necessario per ottenere dalle autorità religiose l’affitto di un pezzo di terra, chiamato “Farnella” o “Facciano”, tenuto dal sacerdote Antonio Tudino, dove il comune avrebbe voluto spostare il porto della zattera comunale perché quello attuale non era più utilizzabile per i continui straripamenti del fiume.
Il collegamento con l’altra sponda del Liri era importante per tutti gli abitanti dei paesi vicini: Sant’Ambrogio, Sant’Andrea e Vallemaio, perché rappresentava la via più breve per raggiungere la stazione ferroviaria di Cassino. Per la popolazione di Sant’Apollinare però era fondamentale perché quasi la metà degli abitanti del paese viveva nella Contrada “Giunture”, che si trova sulla riva opposta del fiume e per qualsiasi necessità della vita quotidiana doveva recarsi al centro del paese, anche più volte in un giorno. Ad esempio, quando i collegamenti erano interrotti e non si poteva attraversare il fiume, i morti non si potevano portare al cimitero e restavano per quattro o cinque giorni nelle case.
Subito dopo la guerra, nel 1945, gli abitanti di Sant’Apollinare residenti nella Contrada “Giunture” presentarono una petizione al Prefetto di Frosinone, chiedendo nuovamente lo spostamento della zattera, perché la richiesta fatta nel 1916 non aveva avuto alcun risultato, in seguito al rifiuto dei proprietari dei terreni sui quali si sarebbe dovuto costruire il nuovo approdo. Nella petizione si legge che a causa del continuo depositarsi di ghiaia sulla riva destra del fiume e del cambiamento continuo del livello dell’acqua, causato da una centrale idroelettrica situata più a monte, era possibile traghettare, in determinate ore del giorno, solo le persone a piedi. La necessità di usare la scafa a pieno carico, trasportando pesi maggiori, era particolarmente sentita in quel periodo, nel quale alle merci ed agli animali che si traghettavano abitualmente, si andavano ad aggiungere i materiali da costruzione necessari per riparare o ricostruire gli edifici bombardati durante la guerra. Anche il sindaco del paese più volte aveva chiesto alle autorità la costruzione del ponte, lo spostamento della scafa, e la ricostruzione della casetta posta sulla riva destra del fiume, dove si riparavano lo scafaro ed il suo aiutante nei giorni di pioggia.
Quello dello scafaro era un lavoro molto antico perché fin dal Medioevo era previsto il passaggio dei Fiumi Rapido, Gari e Liri con zattere, dette anche scafe. L’Abbazia di Montecassino, che dalla metà del Secolo Ottavo fino al 1806 fu proprietaria di gran parte dei territori bagnati da tali fiumi, aveva stabilito il pagamento di un pedaggio per il loro attraversamento. Questo pedaggio variava a seconda del lavoro che svolgevano i vari traghettati e degli attrezzi da lavoro che essi trasportavano, perché rappresentava una vera e propria tassa sui mestieri3.
Nel 1946 fu incaricato del servizio di traghetto il signor Andrea Salvadore di Sant’Apollinare. Il suo contratto prevedeva un orario di lavoro dall’alba ad un’ora dopo l’imbrunire. Il traghettamento era gratis per gli abitanti del paese4 e le loro bestie da trasporto e da lavoro, a pagamento per i forestieri. Questi ultimi pagavano una tariffa diversa in base al mezzo con il quale affrontavano l’attraversamento del fiume. Pagavano il passaggio anche i residenti che trasportavano animali da vendere. Lo scafaro riceveva per questo lavoro £ 2000 mensili dal comune, ma era obbligato alla manutenzione della zattera, di proprietà del comune. Lo scafaro riceveva anche dai contadini che si servivano della scafa molti regali in natura.
I lavori per la costruzione del ponte sul Fiume Liri iniziarono nel 1948, quando furono stanziati dal Genio Civile di Cassino dieci milioni di lire per la prima parte dell’opera. Agli inizi della costruzione ci furono dei problemi perché l’impalcatura in legno del ponte fu distrutta da una delle inondazioni del fiume. Inoltre uno degli operai, “V. C.” di Sant’Apollinare, durante i lavori cadde dalle impalcature e morì. A causa della eccessiva durata dei lavori, gli abitanti di Sant’Apollinare si riferivano al ponte chiamandolo “il ponte di cartone”perché erano dubbiosi sulla sua ultimazione.
Nel 1951, fu finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno5 il secondo lotto dei lavori relativi al ponte sul Liri. Tre anni dopo, il primo novembre 1954, l’opera finalmente conclusa, veniva inaugurata alla presenza del ministro dei Lavori Pubblici, Campilli.


Vallemaio

Le case per senza tetto

Uno dei principali problemi del dopoguerra fu quello relativo alla sistemazione dei profughi rimasti senza casa.
Subito dopo la liberazione del nostro territorio, già durante l’estate del 1944, un gran numero di persone che erano state sfollate dai soldati Tedeschi ed Americani durante gli ultimi mesi della guerra1, dai centri di raccolta dove erano alloggiate, si affrettarono a ritornare nei loro paesi d’origine. Al rientro, non trovando più le loro abitazioni, che erano state distrutte o seriamente danneggiate dai bombardamenti, si adattarono a vivere in ricoveri di fortuna: caverne, cantine, baracche, case diroccate e prive di vetri, acqua e luce.
Queste difficili condizioni di vita, alle quali si aggiungeva una scarsa alimentazione, provocavano l’aumento della malaria, del tifo e di tante altre malattie.
La mancanza di abitazioni era dovuta anche al fatto che nelle poche case rimaste ancora in piedi venivano sistemati gli uffici pubblici. Con il passare dei mesi e l’aumento dei profughi rientrati, diventarono sempre più numerose da parte dei sindaci del Cassinate, le richieste di tende, baracche e materiali da costruzione.
Nel Comune di Vallemaio, distrutto al 98%, gran parte della popolazione era rimasta senza casa. Per fortuna, come succede di solito nei piccoli paesi, molti avevano delle abitazioni di loro proprietà che riuscirono a riparare personalmente, quando si trattava di case non eccessivamente danneggiate, entro uno o due anni dalla fine della guerra. Per queste riparazioni utilizzarono i loro pochi risparmi, gli aiuti in denaro che forniva lo Stato, i cosiddetti contributi per i “danni di guerra” ed il materiale da costruzione che veniva fornito dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) l’Associazione delle Nazioni Unite che si occupava del soccorso e della ricostruzione dei Paesi danneggiati dalla guerra.
Per i “Vallefreddani” che invece non avevano abitazioni da riparare o ricostruire, furono costruite delle case completamente a spese dello Stato. Per la realizzazione di questi edifici ci vollero però alcuni anni perché non era facile ottenere dal Ministero dei Lavori Pubblici i permessi ed i finanziamenti necessari per il compimento di questi lavori.
Subito dopo la guerra, nel 1945, furono montate delle baracche in Piazza Santissima Annunziata per ospitare alcune famiglie del paese prive di alloggio. Esse erano abitazioni molto modeste: senza bagni, con il pavimento in legno ed il tetto in lamiera.
Le prime vere costruzioni in muratura per “senza tetto” iniziarono nell’estate del 1946 e terminarono nel 1949. Erano due fabbricati uguali, di due piani ciascuno, situati in via “Fortuna Emilio”, in contrada “Vicinato”. Le case avevano due appartamenti per piano, di diversa grandezza, le cantine, la copertura a tetto ed il sottotetto calpestabile, i pavimenti in marmette di graniglia, la scala di marmo, gli infissi verniciati ed i vetri. Ogni casa aveva al pianoterra un forno, che era in comune per gli inquilini dei quattro appartamenti.
Anche se erano soprannominate dagli abitanti di Vallemaio “Breda”, dal nome di una fabbrica di Roma che durante la guerra era servita da centro di smistamento per i profughi, queste case, che ancora oggi sono abitate e ben conservate, erano per quei tempi, funzionali e confortevoli perché dotate di acqua corrente, impianto elettrico e gabinetto, tutte cose che allora mancavano in parecchie abitazioni di Vallemaio.
Nel 1948 iniziò la costruzione di un terzo edificio per “senza tetto”, in località “Quercia dolce”. In questa casa però, non appena fu completata, si collocarono le scuole e gli uffici del comune, che vi è restato fino al 1979, anno in cui si è trasferito nella sede dove si trova attualmente.
Vicino a quest’ultima casa, agli inizi degli Anni Cinquanta, furono costruite altre due palazzine, sempre per i “senza tetto”.
Oltre alle costruzioni in muratura, nel 1950 si usavano però ancora le baracche per i cittadini privi di abitazione. In quell’anno al Comune di Vallemaio fu consegnata infatti dal Genio Civile di Cassino, una nuova baracca, con quattro alloggi, che venne sistemata in località “San Pancrazio”2.
I lavori per la costruzione di queste case, che fino al 1950 erano stati finanziati dal Ministero dei Lavori Pubblici furono, dal 1950 al 1953, pagati da un Ente creato appositamente per rendere più rapida la ricostruzione del Cassinate. L’Ente, che fu chiamato E.RI.CAS., Ente per la Ricostruzione del Cassinate3, gestì per conto del Ministero dei Lavori Pubblici dieci miliardi di lire per realizzare le opere pubbliche più urgenti nei comuni della Battaglia di Cassino. Per tale motivo la legge con la quale fu creato prese il nome di “Legge dei dieci miliardi”.
Per poter abitare negli alloggi costruiti per loro, i “senza tetto” dovevano fare una domanda al comune, indicando le loro condizioni economiche ed i componenti della loro famiglia, come si fa ancora oggi per ottenere una casa popolare. Il comune poi, attraverso la “Commissione comunale per l’assegnazione degli alloggi ai senza tetto”, esaminava le domande, che erano sempre maggiori degli appartamenti disponibili, dopo aver stabilito dei criteri preferenziali, come per esempio, l’essere senza lavoro; in cattive condizioni di salute; avere una famiglia numerosa, e così via.
Per verificare l’esattezza di quanto era stato dichiarato nelle domande, la Commissione si faceva aiutare dalle guardie municipali, che facevano apposite indagini.
Poiché le case erano state date in gestione all’Istituto Autonomo Case Popolari, i loro inquilini dovevano pagare un affitto mensile. Questo affitto era però piuttosto basso. Nel 1951 si pagavano seicento lire al mese per gli appartamenti più piccoli, e millecento lire per quelli più grandi.


1 L’Organizzazione delle Nazioni Unite di assistenza per il soccorso e la ricostruzione nacque nel 1943 a Washington, con lo scopo di aiutare la popolazione civile degli stati alleati e, successivamente, anche quella degli stati ex nemici. L’associazione distribuiva generi alimentari, biancheria, vestiti e materiali da costruzione.
2 Tutte le strade della “Valle dei Santi”, che erano state progettate per sopportare un traffico molto leggero -il passaggio di qualche carro trainato da buoi e le poche macchine esistenti negli Anni Trenta e Quaranta- risultavano, all’indomani della guerra, molto danneggiate dal transito dei mezzi pesanti delle truppe e dalle bombe, pertanto richiedevano spese notevoli per la loro riparazione.
3 Strada provinciale n. 80.1 In tale occasione il progetto non fu realizzato. Cfr.: Giuseppe Coreno, Sant’Apollinare, origini e storia. Da cella benedettina a comune della Repubblica, Amministrazione comunale, 1997, pp.154-155.
ASFR, PRE, I, B.488
2 A quel tempo non esisteva ancora la Provincia di Frosinone, che fu creata nel 1927, e Sant’Apollinare faceva parte del Distretto di Gaeta, nella Provincia di Terra di Lavoro.
3 Ad esempio, i sarti pagavano allo scafaro dodici grana e mezzo se attraversavano con le forbici o con altri attrezzi del loro mestiere. Per verificare i diritti di traghettamento che si dovevano pagare all’Abbazia di Montecassino, nel 1273, l’abate Bernardo I Ayglerio fece un’indagine, detta inquisizione, interrogando gli abitanti del posto.
Cfr.: Pistilli, Emilio (a cura di) Diritti di traghetto sui fiumi Liri, Garigliano e Rapido nell’anno 1273, Studi Cassinati, III, n. 4, pp.228-234; Serra, Luigi, Diritti di transito sulle scafe di Montecassino nel Medio Evo, Studi Cassinati, III, n. 4, pp. 234-242.
4 Ogni famiglia residente nel paese pagava al comune per il servizio di traghettamento una tassa annuale di pedaggio, che era di £ 1,50 nel 1912 e che fu aumentata a £ 5,00 nel 1921.
5 L’Ente fu creato nel 1950 con lo scopo di facilitare la ricostruzione del dopoguerra nell’Italia meridionale, comprese le Province di Latina e Frosinone.
1 Gli abitanti di Vallemaio furono accompagnati dai Tedeschi fino al Garigliano, dove passava la Linea Gustav, che separava l’esercito tedesco da quello americano. Da qui furono portati dagli Americani alle stazioni ferroviarie più vicine, per essere inviati ai centri di accoglienza della Calabria.
2 Su questo fatto le fonti documentarie trovate presso l’Archivio Storico Comunale non coincidono con quanto dichiarato dai due intervistati, secondo i quali la stessa baracca sistemata prima in Piazza Santissima Annunziata, sarebbe stata successivamente smontata e ricollocata in contrada “San Pancrazio”.
3 L’Ente fu istituito il Decreto Legislativo del 02.04.1948, n. 688.

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