IL GARIGLIANO, UN CORSO … DI STORIA


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Studi Cassinati, anno 2004, n. 3

di Cosimino Simeone

1927: Il ponte in cosstruzione sul Garigliano

Il Garigliano, o più correttamente Liri-Garigliano, è un fiume dell’Italia centrale, che scorre nell’Abruzzo e nel Lazio ed è tributario del mar Tirreno. Ha una lunghezza di 158 Km e un bacino idrografico di 502 Kmq. Il regime, che dipende dalle precipitazioni, è caratterizzato da magre estive e piene primaverili e autunnali. Nasce come Liri in Abruzzo, in località Cappadocia, sulle pendici nordorientali dei monti Simbruini (2014 m), nell’Appennino abruzzese, percorre la Val Roveto ed entra nel Lazio. In pianura lo raggiunge il Sacco (87 Km), suo principale affluente di sinistra, e quindi il Gari: dopo questa confluenza in località Giunture, assume il nome di Garigliano. Nell’ultimo tratto segna il confine fra il Lazio e la Campania, sfociando nel golfo di Gaeta presso Minturno (Lt). Le sue acque sono utilizzate per alimentare trentotto centrali idroelettriche e una fitta rete di canali per l’irrigazione. Il fiume dà il nome anche ad un impianto elettronucleare che si trova lungo il suo basso corso in località San Venditto-Garigliano e ad un recente ippodromo nel comune di Ss. Cosma e Damiano dove annualmente si svolge il Palio dei Comuni di trotto a cui il nostro Comune partecipa regolarmente. Anticamente il fiume prese il nome di Lirigliano. È oggetto anche di un’importante Festa dell’Acqua e, una curiosità, il nostro fiume dà il nome ad una varietà di grano duro rustico e produttivo, coltivato prevalentemente nelle regioni meridionali.
Il Garigliano, attualmente, è scavalcato dallo storico ponte ad arcate, costruito per la prima volta nel 1927 dalla ditta tedesca Stoelcker e distrutto dai bombardamenti alleati sulla Linea Gustav del 1944.
Ricostruito nel 1946 oggi è per noi tutti simbolo di speranza e di volontà di vivere.
Al fiume l’Amministrazione Comunale intitola un incontro di poesia: Le Voci del Garigliano, che annualmente raggruppa poeti del circondario ed anche di fuori provincia e regione. Molto apprezzata è stata l’intuizione di coinvolgere anche i ragazzi delle scuole elementari e medie del comprensorio scolastico. Commovente è stata l’edizione in occasione del 60° anniversario della battaglia che aveva per tema: “ 1944-2004: la distruzione, il sacrificio, le speranze…”
Intorno all’880, alle foci del Garigliano si stanziò una colonia fortificata araba. Base di incursioni verso l’interno fu fatta oggetto di assedio sotto il pontificato di Giovanni X, papa dal 914 al 928. Nel 915 guidò infatti la lega dei principi italiani del sud e con l’aiuto dell’imperatore di Costantinopoli che mandò galere a Napoli distrusse le fortificazioni saracene, portando la calma nel territorio nel 916, dopo che il suo esercito forzò la città partenopea e i suoi vicini ad abbandonare la loro alleanza con gli arabi. Sul fiume Garigliano avvenne la battaglia decisiva e gli invasori furono ricacciati. Questi ultimi infatti, avevano costituito una piazzaforte non lontana da Roma, a Saracinesco, ed un’altra sui monti Sabini, a Ciciliano, rendendo la Campagna Romana un deserto: redacta est terra in solitudinem.
Giovanni X fu favorito nell’elezione al soglio pontificio dal nobile signore di Camerino Alberico di Spoleto di origine longobarda, che divenne uno dei signori più potenti d’Italia. Questi sposò Marozia, figlia dell’incontrastato senatore Teofilatto, marito di Teodora, il quale appoggiò con le sue truppe la battaglia vinta contro i saraceni sul fiume Garigliano. Giovanni X comunque, fu imprigionato per ordine della stessa Marozia e ucciso.
Il Garigliano segnò a lungo il confine settentrionale del Regno di Napoli ed è propabile la sua identificazione col Verde, di cui parla Dante nel Canto di Manfredi (Purg., III). Lungo il suo corso furono combattute numerose battaglie, alcune delle quali di grande importanza per l’Italia.
Carlo VIII, re di Francia, fornì a Ferdinando d’Aragona il pretesto per intervenire in Italia: nel 1494 il sovrano francese scese in Italia e strappò Napoli a Ferdinando II, detto Ferrandino, poiché apparteneva ad un ramo cadetto degli Aragona. L’intervento spagnolo ristabilì Ferrandino sul trono, ma le due nazioni tornarono a scontrarsi pochi anni dopo (1502-1503). Quando il nuovo re di Francia Luigi XII ritentò la conquista della città, la decisiva battaglia del Garigliano, combattuta il 29 dicembre 1503 tra gli spagnoli comandati dal gran capitano Consalvo de Cordoba e i francesi guidati da Ludovico di Saluzzo, diede ragione agli iberici. I transalpini, sconfitti, furono costretti a rinunciare alle aspirazioni del re di Francia, della casa di Valois, a succedere al trono del Regno di Napoli, che entrò a far parte della corona di Spagna, dove, dopo Ferdinando il Cattolico, nel 1516 si insediarono invece gli Asburgo di Spagna, instaurando così l’egemonia spagnola nel Mezzogiorno.
Alcune figure storiche si distinsero in queste azioni d’armi.
Ricordiamo il francese il francese Pierre Terrail De Bayard, uomo d’armi, soprannominato “il cavaliere senza macchia e senza paura” che fu al servizio di Carlo VIII. Distintosi nella battaglia di Fornovo, sotto Luigi XII, partecipò alla conquista del Ducato di Milano. La leggenda narra che difese da solo il ponte sul Garigliano contro 100 spagnoli.
E poi Piero Dei Medici, signore di Firenze, figlio di Lorenzo il Magnifico. Quando scese in Italia Carlo VIII di Francia, fu cacciato dalla città fiorentina con l’accusa di essersi piegato ai francesi. Piero si ritirò a Roma senza più rivedere la sua Firenze. Morì nel Garigliano, annegato, nella zona di Suio, cercando di far ritorno alla sua città. Si dice che la zattera, su cui trasportava anche dei cannoni, o per la corrente delle acque o per un attacco di banditi, si sia capovolta con tutto il carico, e lui sparì tra le acque. Il fratello, il papa Leone X, fece recuperare il corpo e lo volle seppellito nell’abbazia di Montecassino, dove un monumentale sepolcro accoglie le sue spoglie. Era l’anno 1503.
Il 17 maggio 1815 al ponte di Ceprano Gioacchino Murat fu sconfitto dalle truppe austriache del Nugent. Nel 1860 le truppe piemontesi varcarono il fiume dopo duri scontri con i borbonici, che si rinchiusero poi in Gaeta.
Ma fu la seconda grande battaglia (poiché la prima si ebbe in Sicilia e la terza in Romagna) combattuta durante la Seconda Guerra Mondiale – che prese proprio il nome di Battaglia del Garigliano –, che aprì alle truppe alleate la strada per Roma e fornì le condizioni per aprire, con lo sbarco in Normandia, il secondo fronte ed ottenere la liberazione della Francia.
Essa si svolse dal 28 novembre 1943 al 4 giugno 1944 e si articolò in tre fasi operative:
– 28 novembre – fine dicembre 1943. Corrisponde all’offensiva lanciata dalle armate 5ª americana e 8ª britannica contro la “linea invernale” tedesca che correva dall’Adriatico (Sangro) al Tirreno (Garigliano, zona Scauri, Minturno). Nel complesso conseguì scarsi risultati a prezzo di gravi sacrifici. Nel settore della 5ª armata, l’8 dicembre entrò in azione a Montelungo il 1° raggruppamento motorizzato italiano (che diede origine al Corpo Italiano di Liberazione) e di cui fece parte il nostro compianto cittadino, Alfonso Petreccia.
Nel settore tirrenico le truppe tedesche ripiegarono sul fiume Rapido e sul Gari, presidiando solidamente la linea Gustav.
– 12 gennaio – 25 marzo 1944. Comprende i sanguinosi combattimenti attorno a Cassino e quelli conseguenti lo sbarco di Anzio: in entrambi i settori assunsero la caratteristica di lotta di logoramento. Nel concetto operativo strategico lo sbarco di Anzio costituiva la manovra di avviluppamento delle truppe tedesche schierate sul Garigliano.
– 11 maggio – 4 giugno. Dopo il fallimento del terzo attacco sul fronte di Cassino entrambe le parti, che avevano subito gravi perdite, sentirono la necessità di una lunga sosta (oltre un mese e mezzo). Nella ripresa operativa, l’intenzione alleata era quella di effettuare la rottura con un’azione frontale nel settore Garigliano-Rapido. L’attacco fu durissimo per lo scatenarsi della reazione tedesca. Il favorevole esito dell’azione condotta dalle truppe marocchine sugli Aurunci consentì all’attacco di procedere su tutto il fronte della 5ª armata americana, in particolare il II corpo d’armata veniva agevolato nell’avanzata lungo il litorale. Il 20 maggio poteva considerarsi realizzata la completa rottura della linea difensiva tedesca, dopo che, il 14 dello stesso mese, S. Ambrogio veniva liberata. Sul fronte dell’8ª armata britannica il II corpo d’armata polacco dall’11 al 18 maggio conquistò le alture dell’abbazia di Montecassino e si spinse oltre. A Valmontone le truppe avanzanti si congiunsero con quelle della testa di sbarco di Anzio. Il 3 giugno la 5ª armata, con il II corpo d’armata a cavallo della via Casilina, si diresse verso Roma senza incontrare resistenza e il giorno dopo entrò nella città liberandola.

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Il nostro fiume è stato oggetto di alcune opere bibliografiche di cui riportiamo i titoli e qualche passo saliente.

Francesco Paglioli: I confini di S. Ambrogio sul Garigliano, (1934)

Dal Registro dei confini, Archivio di Montecassino, anno 1278: Confines et determinationes Torritorii Bantrae: “a prima parte incipiente, ubi dicitur fossatus altus, juxta flumen liris, descendit per ipsum flumen, et vadit ad junturam fluminis lirir et carnelli, et descendit per flumen, qui dicitur gariliani, et vadit usque ad pontem picciae…”.

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Ferdinando Soave: Sant’Ambrogio sul Garigliano dalla morte … alla vita, (1975)

“All’estremo limite della provincia di Frosinone, diviso dalla Terra di Lavoro dal fiume Garigliano, S. Ambrogio si distende su un dolce declivio che simula l’immagine della groppa di un dromedario… Anche il visitatore più distratto non puó non inebriarsi, in S. Ambrogio, della frescura dei boschi, del paesaggio arioso, della calma silente che aleggia sulla piana del Liri e del Gari, della vivificante brezza marina che sale insinuandosi fra le morbide anse del Garigliano.”

Antonio Broccoli: Dagli uomini rana del Garigliano la caduta del fronte,(1982).

“È facile per chi di Cassino volesse un po’ vagare nella Terra di San Benedetto ritrovare il fiume Garigliano, proprio al punto della sua nascita per la confluenza del “verde” Liri che viene da San Giorgio ed il Rapido che scende con il nome di Gari dalla vetusta Cassino.

Sarà distensivo soffermarsi in un meriggio assolato all’ombra dei freschi salici delle chiome curve sulla verde e mormorante onda e leggere queste poche pagine che vogliono rievocare immagini e figure di un’epoca indimendicabile.”

Luisa Gerard: Dal Garigliano al San Lorenzo, (1992)

“Ogni mattina, all’alba, gli ambrosiani celebrano la rinnovata unione dal sole e del fiume, impegno della rinascita quotidiana della vita. È l’immagine che continua a ripetersi dal basso all’alto di S. Ambrogio: il trasportar d’oro e rubino, smeraldo e olezzi a profusione. E la presenza del vecchio fiume valorizza l’incanto del paesaggio; scorre, scorre, a pari passo, con gli ambrosiani, per vivere una vita all’unisono nel loro lussureggiante paradiso ebbro di verde, sole, storia e destino singolare, il Garigliano scivola cantando per donarsi all’immensa sua destinazione. Il mare! Ammirato è, questo fiume con grato sguardo; amato anche, da dove nasce a dove muore, con tutta la poesia di sue segrete bellezze!”

Suola Media “Don Bosco”, aa.vv.: Per non dimenticare, (1994).

“S. Ambrogio sul Garigliano nel periodo settembre 1943-maggio 1944, ha vissuto lunghi mesi di guerra, perché esposto agli attacchi incrociati delle truppe alleate attestate sulla riva sinistra delGarigliano… Nei primi giorni di aprile, però, quando gli scontri si fecero più accesi, io e gli altri giovani del paese decidemmo di oltrepassare a guado il fiume Garigliano…in zona Cupone. Eravamo in sei: io, Gaetano Simeone, Giovannino e Clementino Messore, Alberto Pagliaro (Raimuccio), Antonio Broccoli e Don Giuseppe Abbruzzese… Dopo tre ore avevo sperimentato che il fosso, che dal cosidetto “Cupone” attraversava i “Palorfi” e “l’isola” fino ad arrivare poco distante dal punto in cui il Gari con il Liri si uniscono e formano il Garigliano, era sgombro da mine.”

Luigi Serra: Diritti di transito sulle scafe di Montecassino nel medio evo, (1999).

“Prima della costruzione dei ponti, ed in alcuni punti anche in tempi recenti, i fiumi sono stati attraversati con le scafe : erano delle grosse zattere che con due carrucole scivolavano lungo una fune posta attraverso il fiume, la fune impediva che la zattera venisse trascinata a valle e, in quelle più piccole, serviva allo scafaiuolo che, stando sulla zattera vi si aggrappava facendo camminare l’imbarcazione sull’acqua. Quelle più grandi, invece, erano tirate da terra alternativamente da una sponda e dall’altra… Durante una fase di restaurazione intrapresa dall’abate Bernardo I Ayglerio (1263-1282), furono fatte diverse inquisizioni per accertare i diritti spettanti al monastero… Una di queste, fatta nel 1273, ebbe per oggetto l’accertamento dei diritti da pagare all’abbazia per l’attraversamento dei fiumi Liri, Garigliano e Rapido… Le scafe erano diverse… Oltre alle 5 che sono rimaste a lungo nei possedimenti di Montecassino, ce ne erano delle altre lungo il Garigliano, alcune delle quali erano fra le più grandi per il traffico che smaltivano… Si pensi solo a quella del Garigliano sulla quale passava il maggior traffico per Napoli e Roma.”

Antonio Riccardi e Marisa Broccoli: Sant’Ambrogio sul Garigliano dalle origini al xx secolo, (2004).

“Il confine naturale tra Lazio e Campania è rappresentato dal corso del fiume Garigliano. Il fiume, con le sue acque verdi e con il suo corso sinuoso, dona un tocco particolare a tutta l’area che gravita su di esso ed è proprio nel territorio di S. Ambrogio che, alla confluenza tra Liri e Gari, esso prende il nome di Garigliano. Testimone dei fatti cruciali per la storia, ha avuto sempre un ruolo rilevante per l’economia e per gli scambi del Lazio meridionale. Un tempo navigabile, rappresentava un’insostituibile via di comunicazione, il suo corso già durante l’età romana vide sorgere degli insediamenti ben organizzati facendo prosperare le attivita’ commerciali”.

Si ringraziano i Revv.di Don Faustino Avagliano, Direttore dell’Archivio di Montecassino e Don Gregorio, della Monumentale Biblioteca di Montecassino, per le precisazioni storiche e per la fattiva collaborazione prestata.

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