Studi Cassinati, anno 2004, n. 4
di Giovanni Petrucci
Di molte chiese di S. Elia Fiumerapido non resta che il nome.
Nel testamento di Leonardo Infante del 1250 ne sono elencate diciotto; nell’inventario di Antonio Nigro e in Lanni ve ne figurano diverse ancora1. Sommandole tutte con altre citate in documenti o sorte in anni recenti ne contiamo 312.
Le numerose chiese in parola trovano rispondenza nei 34 ecclesiastici regolari elencati nel Catasto Onciario3 del 1754 e documentano “la numerosità, quasi d’eccezione, dei luoghi di culto nel territorio santeliano e nello stesso nucleo abitato”4.
Premettiamo che molte, e specialmente le più importanti, sono state ampiamente descritte dal Pantoni5, come quelle di S. Biasio, di S. Pietro, di S. Cataldo, di Ognissanti e altre; ci permettiamo di aggiungere qualche precisazione.
Vanno escluse innanzi tutto le chiese di Monte Raditto, che oggi appartengono a Vallerotonda, la cappella di S. Maria di Pescluso, che era nel territorio di Villa Latina e la chiesa della SS. Trinità, che doveva trovarsi in quello di Atina6.
Quelle di S. Pietro centro e di S. Cataldo furono distrutte durante l’ultima guerra.
Sono ancora aperte al culto le chiese del Carmine di Portella, di S. Maria dell’Olivella, di S. Angelo di Valleluce, di S. Maria la Nuova e di S. Sebastiano del centro.
Delle chiese di S. Maria Maggiore, di Casalucense, dell’Annunziata e di S. Maria di Palombara ci siamo già interessati in studi monografici7. Restano le seguenti:
Chiesa di Sancto Helia. Cominciamo da quella che portava proprio il nome di Sancto Helia. Essa sorgeva nei pressi del ponte degli Sterponi. Fino al 1960, lungo la riva sinistra, correva una stradetta che faceva gomito e si slargava dinanzi ad un ponte di epoca romana; in uno spiazzo si ergeva una edicola scalcinata, con all’interno un affresco di S. Michele Arcangelo: si era salvata dai cannoneggiamenti, ma era cadente; comunque costringeva i passanti a sostare e a recitare una preghiera. Nel prosieguo della via, si potevano rilevare i resti di due muri paralleli, del tutto sgretolati e ridotti al piano stradale: essi dovevano essere gli unici resti della Chiesa di Sancto Helia, danneggiata dai Saraceni nell’866; l’anno successivo, nell’879 e nell’883 subì altre distruzioni. Da questi era possibile intuire che la chiesa era ad una sola navata.
Probabilmente fu costruita molto prima dell’anno 866, in quanto non era ammissibile che le abitazioni dei fedeli fossero sorte come per un prodigio improvvisamente con il comparire della Chiesa. Il Fabiani afferma che essa venne edificata al tempo dell’abate Apollinare (817-828)8.
Forse venne definitivamente distrutta nel XVI secolo; il Pantoni ci fornisce notizie molto interessanti: “da alcuni fogli abbastanza rovinati … e datati al dicembre 1700, si viene a sapere che per i lavori di ampliamento con la costruzione delle due navate laterali della chiesa di S. Maria la Nuova, “furono adoperate le pietre delle chiese di S. Elia Vecchio, fuori l’abitato, e di S. Michele pure di S. Elia, in rovina a quel tempo”9. Oggi non esiste più nulla; non si riconosce nemmeno più la località in parola.
È opportuno precisare che nel rievocare il saccheggio da parte dell’emiro di Bari Sedoan, la Cronica di Leone Ostiense per la prima volta usa il termine di Sancti Helie10.
Chiesa dell’Annunziata. Si trovava tra le chiese di S. Maria la Nuova e quella di S. Cataldo; attualmente i locali sono occupati dalla falegnameria Froncione. L’aula stretta e lunga, posta in senso longitudinale alla strada, doveva misurare circa m. 12 x m. 6 x h m. 4.
Chiesa di S. Antonio. Questa chiesa era ubicata nei locali interni della casa Petrucci, in piazza E. Risi, oggi centro del paese, un tempo campagna. La fanno riconoscere due grandi archi ancora esistenti: doveva misurare m. 8 x m. 5 x h m. 5,60, con un grande rialzo alla estremità di un locale, ancora esistente, che sembra un altare. I locali anteriori e il primo piano erano adibiti all’ospedale, che risulta fondato nel 1587.
Chiesa di S. Bartolomeo. La chiesa che i Cesaroli chiamavano con questo termine era situata nei pressi del romitorio di S. Bartolomeo, ed essi vi si recavano a Messa la domenica; nei regesti di Tommaso Leccisotti è detto che la chiesa di “S. Bartolomeo … è sopra Valleluce” ed è “posta «in capite montis Vallis Luci»11; nel Gattola si legge ancora: “ecclesia S. Bartholomæi, sita in eodem territorio [S. Eliæ] cum omnibus possessionibus suis… ”12. Essa in effetti vantava dei beni e risulta che nel 1259 ebbe per testamento una vigna13; anche nei Regesti dell’abate Bernardo I è detto che tale chiesa aveva dei terreni14. Sabatino Di Cicco fornisce notizie particolareggiate sulla sua storia15.
Chiesa di S. Domenico. Doveva trovarsi nella campagna, in S. Giovanni in Viridario: “… et terram cum vineis ad Sanctum Dominicum, sicut est terminata… ”.16
Chiesa di S. Giovanni in Viridario. Ad ovest del territorio di S. Elia, nei pressi di Casalucense, era la Chiesa di S. Giovanni in Viridario, ora Santo Janni. Anche per questa il Lanni annota: “Questa chiesa era nel mezzo della collina di dolce declivio, ove finisce al nord-ovest la catena di monti a semicerchio, che corona S. Elia. Avendo i Santeliani ne’ primi tempi a protettore S. Giovanni Battista, è a credere che quella chiesa sia stata Parrocchiale, e centro di agglomerazione di molti abitanti, come sostiene la tradizione, ed indicano tanti residui di case”17.
Chiesa di S. Maria de Loreto. Il Pantoni riferisce: “Sappiamo da atti di visita del 1734, che apparteneva di pieno diritto al monastero cassinese”18 e che forse l’architrave di pietra con la scritta S. M. DE LORETO M. D. esistente nella sagrestia di S. Maria Maggiore proveniva dalla chiesa ormai scomparsa. È certo che nella Terra di S. Benedetto era vivo il culto alla Madonna di Loreto; probabilmente legato ad esso è il toponimo Case Loreto e Contrada Loreto a sud di Cisternuole nel Comune di S. Elia Fiumerapido e il territorio Madonna di Loreto nei pressi di Cassino. Probabilmente la chiesa doveva trovarsi nel territorio citato di Cisternuole.
Chiesa di S. Maria di Fiumecappella. Marco Lanni dice che ad est della contrada Croce, di fronte al Convento dell’Annunziata vi era la Chiesa di S. Maria di Fiumecappella; poi in nota afferma: “Niun vestigio è restato di questa Chiesa. Era forse piantata in un suolo a livello del villaggio la Croce e della parrocchia SS. Annunziata, il quale col decorrere del tempo rosa dal fiume, che l’attraversava, si è avvallato, come è tradizione, scomparendo la chiesa con le case accosto la Parrocchia… ”19.
Chiesa di S. Martino de Monte Montano. Anche la chiesa di S. Martino de Monte Montano si trovava nel territorio di Valleluce, e ciò si desume dai confini riportati dal Lanni: “Rilevasi che i loro confini erano il fonte Oderisio, ora sorgente di Vaccarecce, la chiesa di S. Martino…”20.
Chiesa di S. Matteo. Anche questa era una chiesa rurale; di essa oggi non esistono se non le citazioni dei Regesti di Bernardo I21 e dei Regesti del Leccisotti, da cui ci sembra di capire che essa si trovava a Valleluce22, sul colle Palumbo, nei pressi della chiesa di S. Petro a Castello23.
Chiesa di S. Michele. Oggi non esistono più notizie circa la sua ubicazione; certamente si trovava nella campagna come l’altra di Sancto Helie, citata precedentemente, e fu distrutta nel XVI secolo. “Le chiese di S. Michele e di S. Elia erano divenute rurali (Reg. de Tarteris, f. 93). Per quale sventura siano di poi perite, e quando non è noto. Forse nel 1495, o l’anno appresso; allorché Carlo VIII re di Francia, avendo avuto a ventura poter uscire salvo dall’Italia sollevata contro di lui, dopo averla attraversata sino a Napoli (ove erasi trattenuto sei mesi), senza incontrare alcuna resistenza, essendosi dato a precipitosa fuga con l’esercito, che Ferdinando II aveva accampato in S. Germano per arrestarlo, Pietro Giov. Paolo Cantelmo, duca di Sora e di Alvito, co’ figli Sigismondo e Ferrante, che con perseveranza parteggiavano per Carlo, arrecarono grandi danni alle Badie di Montecassino e di S. Vincenzo a Volturno; ed in ispecie a S. Elia che passò ora in potere dell’una, ora dell’altra parte, soffrendo saccheggi, e devastazioni, come riporta Palombo nella sua Cronaca di Atina (Tauleri, Mem: Is. Di Atina, p.135)”25.
Chiesa di S. Nicola. Questa chiesa appare citata nel diploma del 15 aprile 1215 dell’Abate Adenolfo (1211-1215)26: essa aveva delle rendite spettanti alla chiesa di S. Angelo di Valleluce. Si trovava nel territorio di S. Elia, o forse di Valleluce: “Ecclesia S. Nicolai sita in eodem territorio [S. Eliæ] cum omnibus terris, et possessioninibus suis… ”27 e forse diede il nome a qualche terreno di Valleluce che era all’intorno: “Giovanni Costantino da S. Elia, infermo, dispone dei suoi beni, lasciando alla mensa dei monaci di Valleluce due piccole terre con olivi nelle località «allo baruni» e «a S. Nicola» … ”28. Aveva anche delle rendite29. Dall’Inguanez abbiamo conferma che la chiesa era del secolo XIII e di essa conosciamo anche un modesto patrimonio librario30.
Chiesa di S. Pietro a Castello. Era a ovest del paese, sulla collina di Colle Palumbo, dalla quale si affacciava sulla valle come da un balcone. Attualmente esistono solo i ruderi, i nomi delle stradette e i ricordi degli anziani di Valleluce. “Quella collina è sormontata da burroni tagliati a picco, in cui è incavata una scala larga metri 1,50 fin su la vetta, ove vedevansi, pochi anni sono, le vestigia della Parrocchia di S. Pietro a Castello nella parte sporgente di spaziosa e bellissima spianata, racchiusa tra due monti, ed altrettanti colli.”31.
Chiesa di S. Onofrio. La chiesa sorgeva nel sobborgo di Limata, fuori delle mura di S. Elia, in un punto dove il livello del Rapido si elevava nei mesi di piogge, perciò era soggetta ad essere spesso danneggiata dalla forza del fiume: era stata distrutta dal “tremuoto nel 1367, ed una seconda volta dall’alluvione”32. Da anni ormai è scomparsa; si poteva un tempo localizzare l’area nei pressi di una calcara anche essa oggi non più esistente33.
Dall’Inguanez abbiamo conferma che la chiesa nel secolo XIII era “sita prope Castrum Sancti Helie e che aveva consistente patrimonio librario34.
Chiesa di S. Salvatore. Come risulta dai Regesti di Bernardo I35 la Chiesa di S. Salvatore si trovava nel 1270 in castro Sancti Helye ed aveva anche dei beni, ma non abbiamo altre notizie.
***
Intanto è da precisare che conosciamo due località nelle quali erano ubicate altrettante chiese, di cui non conosciamo il nome:
La prima si trovava nel terreno di Alfredo Palombo, fra la sua abitazione e la strada che porta a Santo Ianni: è ancora segnata sul foglio n. 22 della mappa di S. Elia, che ci permette di rilevarne le misure: m. 6,50 x m. 13; edificata ad una sola navata, e con la porta principale rivolta verso sud est, aveva le mura formate alla base da grossi blocchi di pietra calcarea ed era sollevata dal terreno circostante di oltre un metro, proprio per ovviare al problema delle inondazioni create dalle piene; come ricorda il Lanni36 forse fu fatta edificare dai monaci benedettini di Montecassino in questa località più interna e più sicura, visto che l’altra di S. Onofrio, “che stava nelle vicinanze”, lungo il Rapido era stata distrutta più volte. Molto probabilmente portava lo stesso nome di S. Onofrio. Era ben salda ancora sulle sue mura fino al 1950 e sappiamo anche che venne utilizzata come stalla dai Tedeschi durante le battaglie di Cassino del 1943-44.
La seconda doveva sorgere in contrada Inserto, nei pressi delle Vicenne: qui ancora esistono dei ruderi di una vecchia costruzione che i Santeliani chiamavano e chiamano il Convento delle Monache.
Vanno annoverate poi le Cappelle della Madonna del Carmine, della Madonna degli Angeli, di S. Michele, distrutta con l’ultima guerra, e quella di S. Onofrio. Don Angelo Pantoni riporta le misure di quest’ultima “adiacente” alla Chiesa37 di S. Cataldo; poiché esse corrispondono esattamente a quelle dell’androne del palazzo Iucci, siamo indotti a ritenere che in esso fosse ubicata tale cappella38.
1 Nel testamento di Leonardo Infante redatto il 13 giugno 1250, Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis fragmenta, cura et studio D. Anselmi Mariæ Caplet, Romæ, MDCCCXXXX, documento n. 402, ne sono elencate diciassette: 1) Chiesa di S. Angelo di Valleluce, 2) di S. Biagio, 3) di S. Cataldo, 4) di S. Domenico, 5) di S. Giovanni «de Viridario», 6) di S. Elia, 7) di S. Maria de Cappella, 8) di S. Maria de Maione, 9) di S. Maria de Pescluso, 10) di S. Maria de Radecto, 11) di S. Martino de Monte Montano, 13) di S. Matteo, 14) di S. Michele, 15) di S. Nicola, 16) di S. Onofrio, 17) di S. Pietro, 18) di S. Salvatore. Nell’inventario stilato dal notaio Antonio Nigro il 2 gennaio 1411, in Gattola E., Historia Abbatiæ Cassinensis, I, Venetiis, MDCCXXXIII, v. I, p 206, se ne contano altre quattro: 19) Chiesa dell’Annunziata, forse della contrada Croce, 20) di S. Bartolomeo, 21) di S. Maria di Casalucense e 22) di S. Maria di Palombara. In Lanni M., Sant’Elia sul Rapido, monografia, Napoli, 1983, p. 8, altre due: 23) SS. Annunziata (parrocchia) e 24) S. Pietro a Castello.
2 Chiese 1) del Carmine, 2) dell’Annunziata del centro, 3) dell’Annunziata di Croce, 4) della Trinità, 5) di S. Angelo di Valleluce, 6) di S. Antonio, 7) di S. Bartolomeo, 8) di S. Biagio, 9) di S. Cataldo, 10) di S. Domenico, 11) di S. Giovanni in Viridario, 12) di S. Elia, 13) di S. Maria de Cappella, 14) di S. Maria de Radecto, 15) di S. Maria dell’Olivella, 16) di S. Maria di Casalucense, 17) S. Maria di Loreto, 18) di S. Maria di Palombara, 19) di S. Maria di Pescluso, 20) di S. Maria la Nuova, 21) di S. Maria Maggiore 22) di S. Martino de Monte Montano, 23) di S. Matteo, 24) di S. Michele di Via Pianelle, 25) di Ognissanti, 26) di S. Onofrio, 27) di S. Nicola, 28) di S. Pietro del centro, 29) di S. Pietro a Castello, 30) di S. Salvatore, 31) di S. Sebastiano.
3 Catasto Onciario di S. Elia, Terra di Lavoro, Distretto di Sora, Volume 1430, Anno 1754, Archivio di Stato di Napoli della Regia Camera della Sommaria.
4 Pantoni A., Bollettino Diocesano, XXI, 4, 1966, p. 107.
5 Pantoni A. Bollettini Diocesani, XXI, 1, 2, 3, 1966.
6 Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis fragmenta, ibidem, d. n. 206, p. 90: “… iuxta terram ecclesiae Sanctae Trinitatis de Atina… ”.
7 Petrucci G., Studi Cassinati, n. 3 (luglio-settembre 2003); Studi Cassinati nn. 1-2 (gennaio-giugno 2004); S. Elia Fiumerapido: Santa Maria Maggiore, Atina, 2001; Itinerario storico a Casalucense in Lazio Sud, n. 5, maggio 1983.
8 Fabiani L., La Terra di S. Benedetto, V. I, p. 60: La chiesa di S. Elia fu “costruita, sembra, al tempo dell’abate Apollinare”.
9 Pantoni A., Bollettino Diocesano, XXI, 2, 1966, p. 82.
10 Leone Ostiense, Chronica Monasterii Casinensis, ed. H. Hoffmann in MGH, Scriptores, Hannover 1980, I, 35 CDMS, p. 97 “… Cumque in plana venissent, ingressi ecclesiam sancti Helie tulerunt, quod invenerunt”.
11 Leccisotti T., I regesti dell’Archivio, Roma, 1971, p. 272 e 274, documenti n. 11 e n. 16.
12 Gattola E., Historia, cit. p. 206.
13 Leccisotti T., op. cit, p. 270, doc. n. 6; p. 272, d. n. 11.
14 Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis fragmenta, doc. n. 69 “… iuxta terram ecclesiæ S. Bartholomæi … ”.
15 Di Cicco S., Memorie Storiche di Valleluce, Cassino, 2002, p. 106 e p. 125: “Nel passato i residenti di Cese, la domenica, vi andavano alla S. Messa, essendo essa molto più vicino al loro borgo… ”. “Un’anziana donna di Cese, Antonia Rizza, mi narrò che a sua volta dalla nonna aveva saputo che gli eremiti che vivevano nel Romitorio di S. Bartolomeo si ritirarono a Montecassino assieme ai monaci di Valleluce; per celebrare la messa la domenica mattina un monaco si inerpicava per l’erto sentiero, cavalcando una giumenta; dopo la celebrazione, sempre cavalcando la giumenta, ritornava al suo convento. Una mattina, nel discendere l’intricato sentiero, la giumenta incespicò e assieme al suo cavaliere ruzzolò nei sottostanti burroni, sfracellandosi entrambi. Da quel momento nessuno si curò più del romitorio che andò in rovina. Stando al racconto di Antonia Rizza, la sciagura dovette avvenire la domenica successiva a quella in cui nella chiesa di Valleluce, si erano radunate le popolazioni di Cese e di Valleluce, per assistere alla cerimonia del battesimo della campana, che i fedeli delle due borgate avevano donato al loro Protettore, S. Michele Arcangelo, nella seconda domenica del mese di ottobre 1785; questa data ho rilevato incisa nella fascia superiore della campana, che era uscita dalla fonderia di S. Vittore del Lazio a devozione di S. Michele Arcangelo …”.
16 Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis fragmenta, doc. n. 402, p. 168; e nello stesso documento viene citata più volte.
17 Lanni M., op. cit., p. 8, nota n. 2.
18 Pantoni A., Bollettino Diocesano, XXI, 4, 1966, p. 107.
19 Lanni M., loc. cit., p. 8, nota n. 3.
20 Lanni M., ibidem, p. 59.
21 Regesti Bernardi I, cit., doc. n. 402, p. 170: “Item Ecclesiae Vallislucis mediam unciam, ecclesiae S. Mathei de servis Dei mediam unciam pro aliquo utili opere… ”.
22 Leccisotti T., op. cit., p. 274, d. n. 17: “… con consapevolezza e volontà di d. Signoritto, abate di S. Matteo e procuratore del monastero e comunità di Valleluce… ”.
23 Regesto di Tommaso Decano, Montecassino, 1915, doc. n. XXV, p. 42: “Do etiam et trado eis pro ecclesia Sancti Mathei de Castello, minorem cesam meam… ” e doc. n. XXVI, p. 46: “Do etiam et trado eis pro ecclesia Sancti Mathei de Castello, minorem cesam meam… ”
24 Cfr. Chiesa di Sancto Helia nel presente articolo.
25 Lanni M., op. cit., p. 41.
26 Gattola E., op. cit. p. 206.
27 Gattola E. ibid.. 206.
28 Leccisotti T., op. cit., p. 275, d. n. 19.
29 Leccisotti T., op. cit., p. 268, d. n. 2.
30 D. Maurus Inguanez, Catalogi Codicum Casiniensium Antiqui (VIII-XV), Montis Casini, 1941, XIX, p.74: “ Saec. XIII, Libri Monasterii Vallis Luci et ornamenta ipsius … -Psalteria, quattuor, unum quorum est in ecclesia santi Nicolai”.
31 Lanni M., loc. cit., p. 8, nota n. 2.
32 Lanni M., ivi, p. 121.
33 Riferimenti a tale chiesa si possono cogliere con evidenza in alcune cartine: 1) nello schizzo fantasioso di Sancto Helia che figura nella Delineazione dei Confini di Innocenzo Lobelli, copiata nel 1745, sembra di poter rilevare ad ovest della Terra Sancto Helia una costruzione isolata con una sorta di campanile; 2) nella tavola del 1734 del Gattola, che porta il titolo Dominii ac Diocesis Sacri Monas. Casine. Descriptio, è disegnato il castrum n. 61 di Sancto Helia e ad ovest una chiesa con il campanile; 3) nella litografia di Giuseppe Santilli, della metà del XIX secolo, oggi diffusa in tutte le famiglie santeliane, con le case disposte come sono ancora oggi, perciò sostanzialmente molto fedele alla realtà, è dipinto al di là dal Rapido un campanile, senz’altro quello della Chiesa di S. Onofrio; 4) un campanile si scorge in lontananza anche nella litografia ottocentesca Lanificio de’ Fratelli Picano di S. Elia, in Terra di Lavoro. Oggi della chiesa di S. Onofrio non esistono più nemmeno i ruderi.
34 D. Maurus Inguanez, Catalogi codicum Casinensium Antiqui (sæc. VIII-XV), Montis Casini, 1941 XIX, p. 59: Ecclesia S. Onufrii. 65 Sæc. XIII: Item Ecclesia Sancti Onufrii sita est prope Castrum Sancti Helie et subiecta est Monasterio Vallis Luci … In qua Ecclesia S. Onufrii est: Liber missalis, unum – Notturnale, unum – Psalterium, unum, Orationale, unum – Manuale, unum – Ympnarium cum orationale, unum – Evangelistale, unum – Antiphonarium de die unum.
35 Doc. n. 46, p. 17: “Frater Matheus… concedit… cesam ecclersie Sancti Salvatroris de Monte… ” d. n. 166, p. 77: “… pro parte dicti Monasterii super quadam domo sita in Castro Sancti Helye iuxta casalinum quondam heredum Landulfi de Clauso iuxta muros domnicos, et iuxta domum Ecclesie Sancti Salvatoris.”
36 Lanni M., op. cit., p. 121.
37 Pantoni A., Bollettino Diocesano XXI, luglio-settembre 1966, p. 127: “Adiacente alla chiesa era la cappella di S. Onofrio, lunga palmi 31 (m. 8,18), larga palmi 13,5 (m 3,56), alta palmi 20 (m. 5,28). Detta cappella, come si puó vedere tuttora, aveva un proprio accesso esterno, dalla parte di sinistra della facciata di S. Cataldo. Sull’altare di questa cappella si notava una tela con le immagini della Madonna, di S. Onofrio e di S. Carlo, in unione ad angeli recanti strumenti musicali … ”.
38 Petrucci G., Il terremoto fa scoprire un affresco, in “LazioSud”, luglio-agosto 1986, p. 2.
(462 Visualizzazioni)