Umberto Nobile a San Dotato Val di Comino


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Studi Cassinati, anno 2004, n. 3

Il legame dell’esploratore con il nostro territorio risale agli anni Venti del secolo scorso, quando Nobile chiamò a far parte delle spedizioni artiche il santeliano Vincenzo Pomella

Umberto Nobile partito dalle Isole Svalbard sul dirigibile “Norge”, da lui stesso disegnato, il 12 Maggio 1926 doppiò il Polo Nord insieme al norvegese Ronald Amundsen e all’americano Lincoln Ellsworth, che aveva finanziato la spedizione. Come generale dell’aeronautica e professore di ingegneria aeronautica a Napoli, iniziò, nel 1928, una serie di voli sopra le regioni inesplorate dell’Artico, con un dirigibile simile al Norge. Al terzo tentativo l’aeromobile si schiantò sul ghiaccio, causando la morte di diciassette persone. Una commissione d’inchiesta determinò le sue dimissioni. Dopo la Seconda Guerra mondiale, il giudizio della commissione fu sovvertito e Nobile venne riabilitato. Abbandonata la docenza, divenne deputato dell’Assemblea Costituente.

La spedizione del dirigibile “Italia”

La trasvolata del Norge, organizzata in tempi assai ristretti, aveva necessariamente escluso qualunque programma di ricerca scientifica: circa 4 milioni di kmq della calotta polare restavano inesplorati e l’eventuale presenza di terre emergenti fra i ghiacci era tutta da verificare Umberto Nobile aveva già deciso al suo arrivo a Teller la preparazione di un’altra impresa, questa volta con un dettagliato programma di esplorazione geografica e di esperimenti scientifici.
Il governo italiano (e soprattutto Balbo) non autorizzò la costruzione di un nuovo dirigibile, l’N5, grande tre volte il Norge: pur riconoscendo gli indubbi meriti della spedizione artica del 1926, l’Aeronautica preferì concentrare i propri sforzi nello sviluppo degli aerei Nobile tuttavia non si arrese: ottenne il sostegno di un gruppo di industriali milanesi e portò a termine nel 1927 la costruzione di un’aeronave gemella del Norge, l’N4 Nel frattempo, istituti scientifici italiani, cecoslovacchi, statunitensi e inglesi misero a disposizione i loro migliori strumenti di rilevazione.
Alla fine di marzo del 1928 ogni dettaglio della spedizione era stato definito Il dirigibile N4, ribattezzato Italia, aveva 13 membri d’equipaggio, tutti italiani Considerando anche i tre scienziati e i due giornalisti, la spedizione comprendeva in tutto 18 uomini, con Nobile naturalmente come comandante.
Dopo il trasferimento da Roma a Milano, l’Italia partì dall’aerodromo milanese di Baggio il 15 aprile 1928 e con un volo di circa 6000 km, facendo tappa a Stolp (Pomerania) e Vadsö (Norvegia), giunse alla Baia del Re il 6 maggio.
Il primo volo di esplorazione delle regioni polari si concluse ben presto, a causa delle avversità atmosferiche e di guasti tecnici Il secondo durò tre giorni con un percorso di circa 4000 km sui territori inesplorati a nord-est delle isole Svalbard: vennero definiti gli estremi confini occidentali della Terra del Nord, fu dimostrata l’inesistenza della Terra di Gillis e vennero effettuati diversi rilevamenti sulla Terra di Nord-Est Il terzo volo doveva esplorare la parte settentrionale della Groenlandia, alla ricerca di terre emerse, per dirigersi quindi sul Polo, dove erano previste misurazioni scientifiche sul pack.
Alle 4 28 del 23 maggio 1928 l’Italia si alzò in volo con sedici persone a bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunse il Polo Nord alla mezzanotte fra il 23 e il 24 maggio Fu impossibile attuare la discesa sui ghiacci, a causa del forte vento Alle 2 20 Nobile ordinò che si prendesse la via del ritorno.
L’avvistamento delle isole Svalbard era previsto per le prime ore del mattino del 25 maggio, ma la forza del vento aveva portato spesso l’aeronave fuori rotta, rallentandone la marcia Alle 10 30 il capo motorista Cecioni diede l’allarme: l’Italia stava perdendo rapidamente quota Tre minuti più tardi, per cause che restano tuttora sconosciute, il dirigibile si schiantava sul pack, a quasi 100 km dalle isole Svalbard.
Dieci uomini caddero dalla navicella di comando sui ghiacci Il meccanico Pomella fu trovato morto dai superstiti subito dopo la caduta; Nobile e Cecioni subirono fratture agli arti Sull’involucro privo di comandi restarono invece Alessandrini, Caratti, Ciocca, Arduino, Pontremoli e Lago L’aeronave si risollevò lentamente scomparendo nella fitta nebbia: della sua sorte e di quella dei sei uomini rimasti a bordo non si ebbero più notizie Probabilmente l’Italia andò alla deriva, inabissandosi nel Mare di Barents.
L’impatto aveva riversato un po’ ovunque anche numerose attrezzature di bordo Fu rinvenuta una parte dei viveri, ma soprattutto la tenda preparata per la discesa sul Polo e la radio di soccorso Ondina 33 La tenda, colorata di rosso con l’anilina che avrebbe dovuto servire per le rilevazioni altimetriche, diventò un indispensabile rifugio per i naufraghi e un punto di riferimento per i soccorsi Il radiotelegrafista Biagi montò subito l’antenna della radio e attivò l’apparecchio Il 30 maggio, dopo cinque giorni di infruttuose trasmissioni (la nave appoggio Città di Milano non riuscì a captare i messaggi di aiuto), Mariano, Zappi e Malmgren lasciarono la tenda per una marcia disperata verso la terraferma Quattro giorni dopo, il 3 giugno, un radioamatore russo di nome Schmidt intercettò l’SOS dei naufraghi.

Le operazioni di salvataggio
La notizia del naufragio dell’Italia si diffuse in tutto il mondo Due baleniere, la norvegese Hobby e la Braganza (noleggiata dall’Italia), perlustrarono inutilmente la zona a nord delle Svalbard Anche i reparti degli alpini e i giovani della SUCAI (associazione universitaria legata al Club Alpino Italiano) si attivarono immediatamente e setacciarono senza successo centinaia di chilometri quadrati, con la speranza che il dirigibile avesse raggiunto le coste settentrionali delle Svalbard La nave appoggio Città di Milano si spostò alla Baia Virgo e finalmente l’8 giugno stabilì il contatto radio con la Tenda Rossa: i naufraghi si trovavano a 80° 30′ latitudine N e 28° 4′ longitudine E.
Tra la fine di maggio e i primi di giugno si mossero anche i governi svedese e italiano La Svezia inviò il battello Tanja con due idrovolanti Hansa-Brandenburg e il Fokker 31 pilotato da Einard Lundbord Sulla baleniera Quest partirono gli uomini della spedizione, guidati da Tornberg In Italia il governo fascista si limitò ad autorizzare la partenza di un idrovolante Siai S55 pilotato dal maggiore Umberto Maddalena, con una spedizione resa possibile dal finanziamento deciso da privati, organizzati in comitato a Milano presso l’Automobile Club
Nella prima metà di giugno la Svezia inviò un altro aereo, il trimotore Uppland; la Finlandia mise a disposizione il monomotore Turku L’idrovolante di Maddalena raggiunse la Baia del Re il 18 giugno Nello stesso giorno il Latham-47 della spedizione francese, decollato da Trömso, precipitò nel Mare di Barents con a bordo quattro uomini dell’equipaggio, Amundsen (il leggendario esploratore norvegese compagno di Nobile nella trasvolata del Norge) e Dietrichson (pilota di uno dei due Dornier Wal che avevano tentato la conquista polare nel 1925): uno dei galleggianti dell’idrovolante fu ritrovato il 31 agosto dalla nave Brodd.
Il 19 giugno Maddalena fece un primo volo, infruttuoso, alla ricerca della Tenda Rossa Il giorno successivo, durante un’altra ricognizione dell’S55, i naufraghi scorsero l’idrovolante e iniziarono a trasmettere il segnale stabilito: “KKK”; il pilota dell’aereo riuscì così a individuare la tenda e a lanciare sui ghiacci i primi aiuti.
Il 22 giugno l’S55 ripartì, questa volta insieme a un altro idrovolante italiano, il Dornier Wal Marina II di Penzo, giunto alla Baia del Re un paio di giorni prima I due velivoli erano carichi di rifornimenti indispensabili alla sopravvivenza dei naufraghi Nello stesso giorno anche i due Hansa della spedizione svedese sorvolarono la Tenda Rossa, lanciando altre provviste e chiedendo agli uomini sui ghiacci di individuare e segnalare un luogo adatto per l’atterraggio
Nel frattempo, al capitano degli alpini Gennaro Sora e a due esperti conoscitori del pack, Warming e van Dongen, venne affidato il compito di ritrovare Mariano, Zappi e Malmgren La spedizione di terra lasciò Capo Nord il 18 giugno con slitte trainate da cani e si diresse verso l’isola di Foyn A metà del percorso, Warming, colpito da oftalmia, si fermò in un rifugio Sora e van Dongen raggiunsero l’isola di Foyn dopo una marcia durissima; tuttavia, allo stremo delle forze, non riuscirono a proseguire e dovettero attendere a loro volta i soccorsi.
La sera del 23 giugno due aerei svedesi raggiunsero nuovamente la Tenda Rossa: uno era il Fokker 31 di Lundborg, che riuscì ad atterrare sulla pista di neve e ghiaccio e a trarre in salvo Nobile, che avrebbe dovuto dirigere dalla base svedese le successive operazioni di soccorso Lundborg tornò poco dopo in aiuto degli altri naufraghi, ma in fase di atterraggio il suo Fokker si ribaltò e il pilota rimase a sua volta prigioniero dei ghiacci.
Un’altra spedizione aveva intanto lasciato la nave Braganza ed era partita alla ricerca del gruppo Mariano: la componevano due giovani della SUCAI, Matteoda e Albertini, un conducente di slitte (Tandberg) e la guida Nois Dal 23 giugno al 6 luglio i quattro uomini perlustrarono un’ampia zona della Terra di Nord-Est, percorrendo quasi 500 km senza trovare traccia né dei dispersi né dell’Italia.
Il 6 luglio il Moth svedese pilotato da Schyberg portò in salvo Lundborg ma non tentò più altri rischiosi atterraggi Nobile sollecitò allora il comandante Tornberg perché organizzasse un nuovo tentativo con il Klemm-Daimler pilotato da Eickmann Ma il 12 luglio, quando l’aereo fu pronto per il volo, il rompighiaccio sovietico Krassin era già arrivato alla Tenda Rossa.
La spedizione di soccorso sovietica impiegò due rompighiaccio, il Malyghin e il Krassin La prima nave, partita da Arcangelo il 12 giugno, doveva raggiungere la parte orientale delle Svalbard e di qui dirigere verso nord Il Krassin, comandato da Karl Eggi e con a bordo il professor Samoilovich per coordinare i soccorsi, salpò da Leningrado il 16 giugno Doveva raggiungere le Svalbard da ovest e perlustrare tutta la parte settentrionale dell’arcipelago verso l’isola di Foyn Il 3 luglio, a nord delle Svalbard, il Krassin subì danni a un’elica; ulteriori avarie convinsero Samoilovich a ritornare per le riparazioni e per rifornirsi di carbone Ma Nobile telegrafò al comandante della spedizione sovietica, pregandolo di non rinunciare alle ricerche, e riuscì a ottenere che dal rompighiaccio fosse calato il trimotore Junkers pilotato da Boris Ciuknowski L’aereo decollò alle 16 del 10 luglio e riuscì ad avvistare il gruppo Mariano ma non a rientrare al Krassin La nebbia lo costrinse infatti a un atterraggio di fortuna presso le Sette Isole, dove il velivolo restò bloccato dai danni subìti. Samoilovich, sostenuto da un equipaggio noncurante delle avarie e della scarsità di carbone, decise di proseguire All’alba del 12 luglio vennero avvistati e tratti in salvo Mariano, che aveva un piede congelato, e Zappi Malmgren, purtroppo, non aveva retto alla tremenda marcia sui ghiacci Alle 20 dello stesso giorno fu avvistata la Tenda Rossa: mezz’ora dopo il rompighiaccio iniziava il salvataggio dei cinque naufraghi rimasti La tenda fu smontata e trasferita sulla nave insieme all’Ondina 33 Erano trascorsi 48 giorni dal tragico impatto dell’Italia.
Nonostante la generosa disponibilità dei sovietici ad appoggiare le operazioni degli idrovolanti, Nobile non riuscì a far proseguire le ricerche dell’Italia e dei sei dispersi che si trovavano a bordo quando l’involucro si era risollevato dopo lo schianto Da Roma, Italo Balbo ordinò il rientro degli idrovolanti, mentre il comandante della Città di Milano chiedeva al Krassin di raggiungere la Baia del Re Durante il viaggio di ritorno, il rompighiaccio recuperò l’equipaggio dello Junkers accampato presso Capo Wrede e già raggiunto in precedenza da una pattuglia discesa dalla baleniera Braganza e composta da Albertini, Matteoda, Gualdi e Nois Sora e van Dongen, avvistati dal Krassin durante l’avvicinamento alla Tenda Rossa, furono portati in salvo dagli idrovolanti svedesi.
Altre due spedizioni alla ricerca dell’Italia ebbero luogo nei mesi di agosto e di settembre e videro impegnati, senza alcun risultato, la Braganza e il Krassin Il 22 settembre Samoilovich ricevette da Mosca l’ordine di rientrare definitivamente.
La Tenda Rossa, riportata in Italia, è oggi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica La radio Ondina 33 è conservata dal Museo della Marina militare italiana di La Spezia.
Fin qui uno dei resoconti da parte italana. Di ben altro tenore sono quelli stranieri relativi alle operazioni di salvataggio.
Sul sito ww.transpolair.com, per esempio si legge1 che Amundsen, che il 26 maggio 1928 si trovava ad Oslo, appena appresa la notizia della tragedia dell’Italia, si offrì volontario a partecipare alle ricerche, benché la polemica tra l’Italia ed il norvegese si fosse trasformata in odio; inoltre “il governo norvegese propose all’Italia di inviare soccorsi, ma Mussolini, che si era intestardito in una stupida polemica internazionale (in seguito all’odio di Amundsen verso Nobile e lo stesso governo italiano), non rispose. Seguendo, invece, la tradizione internazionale per le ricerche e l’assistenza agli esploratori, la Norvegia inviò aerei militari e navi”. Inoltre “solo l’Italia sembrò poco disposta a partecipare ai soccorsi. La nave d’appoggio “Città di Milano” continuò a dormire tranquillamente. all’ancoraggio di Ny Aalesund e il governo italiano cercò pretesti per giustificare il suo atteggiamento.
In Italia intanto un industriale, amico di Nobile e vecchio capo di Stato Maggiore dell’armata dell’aria, chiese personalmente il distacco di aerei verso la Baia del Re. Al rifiuto minacciò di finanziare organizzare da solo i soccorsi facendo sapere ai giornalisti che il governo italiano non aveva i mezzi per stanziare un po’ di denaro per salvare i suoi superstiti. Tale fatto fece decidere la partecipazione dell’Italia, che inviò un aereo con equipaggio sulle tracce dell’Italia”.
Quanto poi alle polemiche per la decisione di Nobile di salire per primo sul primo idrovolante di soccorso abbandonando i compagni tra i ghiacci, cosa che costò carissimo all’esploratore, sullo stesso sito è precisato: “Lundborg, un mercante svedese, scelse un piccolo Fokker munito di pattini per andare in soccorso dei superstiti. Decollò il 23 giugno tra le ore 22 e 23 e atterrò presso l’accampamento. Nell’attesa di essere soccorsi gli uomini avevano preparato un ordine di evacuazione. Nobile voleva essere l’ultimo evacuato, posizione che fu cambiata in penultimo per la necessità di lasciare a terra un uomo capace di calcolare e segnalare la posizione.
Quando Lundborg atterrò chiese a Nobile di imbarcarsi per primo visto che c’era un solo posto disponibile sull’aereo. Fedele al suo piano di evacuazione Nobili si rifiutò. Il pilota insistette precisando che gli ordini gli venivano dalla “Città di Milano” e che era necessario che egli arrivasse per primo sulla nave per aiutare nelle ricerche dei superstiti. Nobile decollò dopo 32 giorni di accampamento”. Al suo arrivo sulla nave subì aspri rimproveri dal comandante Romagna per aver abbandonato il suo equipaggio.
Anche in Italia un comunicato del governo giudicava incomprensibile che egli avesse scelto di evacuare per primo. Da quel momento si scatenò una campagna di stampa contro di lui: “si giunse a dire che Nobile si era rotta la gamba per cercare di salire per primo sull’aereo”.
“Nobile – continua il testo francese –, che aveva cercato di partecipare alle operazioni di salvataggio del suo equipaggio ne fu impedito da Romagna che lo consegnò nella sua cabina e gli proibì di raggiungere il rompighiaccio Krassin. Non ebbe neppure il piacere di accogliere i superstiti al loro arrivo a bordo del ‘Città di Milano’. Nessuna ricerca fu organizzata dagli Italiani nella speranza di ritrovare i dispersi. Fu ordinato a Nobile di rientrare a Roma. I superstiti furono sbarcati in Norvegia da dove un treno li riportò in Italia”.
Ma vediamo come conclude la nota del sito francese: “Durante il tragitto in Italia risentirono l’ostilità degli abitanti. Nel suo paese Nobile fu oggetto di una ostilità senza pietà. Una commissione fu nominata per stabilire le responsabilità. Nobile fu assegnato al domicilio con il divieto di lasciare la città, di prendere la parola in pubblico e di scrivere articoli. Vedeva comunque nell’inchiesta ufficiale la possibilità di chiarire e di affrontare finalmente i suoi accusatori.
Non ebbe mai l’occasione di farlo e le conclusioni furono gravose per Nobile. Era ritenuto responsabile del disatro dell’Italia e dell’abbandono dei suoi uomini. Fu degradato e, su richiesta di Mussolini, gli si fece sapere di mettersi in congedo. Egli rifiutò e diede le dimissioni.
“Nobile, costantemente sottoposto a sorveglianza dalla polizia italiana, conobbe un semi pensionamento che durò due anni. Nel 1931 l’U.R.S.S. gli offrì un posto di consigliere tecnico in materia di dirigibili. Vi restò per 5 anni. al ritorno in Italia tenne corsi d’aeronautica all’Università di Napoli per tre anni, poi andò ad insegnare alla Scuola d’Aeronautica di Lewis Hoy Name negli Stati Uniti. Vi restò durante la seconda guerra mondiale e non ritornò in Italia che nel 1943. Fu reintegrato nel suo grado. Nel 1946 fu eletto all’Assemblea Costituente, ma si ritirò a vita privata per dedicarsi ai suoi scritti e alle sue ricerche scientifiche, continuando a tenere corsi all’Università di Napoli”.

Ma perchè tanta avversione da parte del fascismo nei confronti di Nobile? Pare che tutto sia dipeso dai rapporti tra Italo Balbo e Nobile.
Leggiamo quanto scrive al riguardo l’Associazione Circolo Polare sul proprio sito www.circolopolare.com
La posizione di Italo Balbo e l’attacco a Umberto Nobile
I libri, i documenti e la trasmissione di Piero Angela hanno posto in risalto le feroci polemiche e le calunnie su Umberto Nobile e la sua spedizione Italia.
Ciascuno è in grado di farsi una precisa opinione a riguardo, attraverso la lettura dei documenti disponibili. Si riportano i motivi di fondo che Giordano Bruno Guerri descrive nella biografia su Italo Balbo (ed. Mondadori):
– Balbo non credeva nello sviluppo dei dirigibili
– era concentrato a creare e a sviluppare l’aeronautica militare italiana basata sull’aereo
– non desiderava gestire i suoi incarichi con altri personaggi famosi e/o competenti.

Italo Balbo, Umberto Nobile e le “prime donne”.
Dalla biografia su Italo Baldo di Giordano Bruno Guerri, ed. Mondadori.
Pag. 216-222“Italo Balbo, diventa sottosegretario all’aeronautica e nei rapporti con gli uomini non andava certo per il sottile. Lo si ricorda e lo si descrive di volta in volta come generoso e crudele, affettuoso e durissimo…Balbo nel suo discorso del ’26 alla camera insiste “ vogliamo dimostrare che l’aviazione italiana non ha soltanto pochi uomini d’eccezione nei suoi ranghi, ma che tutto il personale si trova in grado di partecipare o collaborare alle più audaci imprese dei tempi nostri. E ciò non soltanto per rendere queste prove meno individualistiche che sia possibile, ma per evidenti ragioni disciplinari”…voleva dimostrare che dietro i grandi piloti c’era un’arma militare e non un vuoto organizzativo…in sostanza Balbo voleva eliminare le “prime donne” per rimanere lui solo “prima donna”…ed è un fatto che, come comandante delle sucessive grandi crociere, solo lui sia passato alla storia del volo. Infine quello che non è apprezzabile è il modo con cui Balbo si sbarazzò delle “prime donne”.
Il primo fu Nobile, già celebre per aver sorvolato il Polo Nord nel ’26 con Amundsen e il dirigibile Norge. Nel ’28 quando Noile propose di ripetere l’impresa con un equipaggio tutto italiano e con il dirigibile Italia, Balbo fu contrarissimo perché considerava superato il tempo dei dirigibili. Però, dopo la caduta nel pack, inviò due grandi piloti Maddalena e Cagna….ma davanti alla commissione di inchiesta a Roma, Balbo fu spietato: accusò Nobile di vigliaccheria e di arroganza…” . Dopo Nobile, furono attaccati da Balbo e caddero: De Pinedo, De Bernardi e Ferrarin…

I Disperati. La tragedia dell’aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale.
Di Gianni Rocca, ed: Oscar Mondadori 1993
Vi si dedica un capitolo al rapporto tra Balbo, l’industria italiane e il dirigibile.
Anche Rocca attribuisce l’attrito tra Nobile e Balbo al fatto che quest’ultimo non crede nel dirigibile e lo ritiene un ostacolo allo sviluppo aereo in Italia.
Pag. 28”…Nobile non godeva di molti appoggi nell’ambiente aeronautico….soprattutto perché la sua tenace battaglia in favore dei dirigibili intralciava i piani di Balbo e di quanti ritenevano inutile perdita di tempo e di denaro il voler mantenere in vita un mezzo ormai sorpassato.”
Pag. 32 “ La tragedia dell’Italia segnò praticamente la fine dell’era dei dirigibili nel nostro paese.
I nemici dell’aeronave non persero tempo, organizzarono una subdola campagna contro Nobile, accusato di pessima organizzazione della spedizione, e soprattutto di “viltà” per aver abbandonato i suoi uomini sul pack….Balbo, grazie alla tragedia, aveva vinto un’altra battaglia, liberandosi di un rivale autorevole e prestigioso. Del resto le crociere nel Mediterraneo che aveva cominciato in quel 1928, stavano dimostrando la superiorità dei suoi metodi organizzativi e quella dell’aereo”.
Italo Balbo é abbattuto il 28 giugno 1940 a Tobruch dalla contraerea italiana. Con lui perirono Nello Quilici e altri parenti.

Non meno duro con Nobile fu Folco Quilici. Dalla stessa associazione Circolo Polare leggiamo:
Folco Quilici , Amundsen e Nobile. Poco noto è lo sconcertante racconto di Folco Quilici nel libro scritto sulla vita di Amundsen (edito da PIEMME nel 1998) quando affronta Umberto Nobile e l’avventura del Norge.
Sconcertante per come Quilici descrive Nobile e riporta gli avvenimenti della preparazione alla spedizione con il NORGE.
Possibile che Nobile sia un personaggio secondario, meschino, opportunista, così come lo descrive Quilici nei capitoli riguardanti il Norge e l’Italia?
D’accordo che la famiglia Quilici eveva un ottimo rapporto di amicizia con Italo Balbo, però come si giustificano  i giudizi di parte e severi di Folco Quilici?
Necessita un approfondimento e l’argomento è aperto a tutti coloro che desiderano dare un loro contributo. Naturalmente, per la stima che sia ha in Folco Quilici, cercheremo di contattarlo e di approfondire con lui l’argomento Amundsen-Nobile.
A) Folco Quilici sminuisce il ruolo di Nobile nella preparazione e volo del Norge…pag. 127: “Quando l’accordo tra i due esploratori e il governo italiano venne perfezionato, comiciò ad assumere peso sempre maggiore un personaggio sino a quel momento quasi sconosciuto: il costruttore del dirigibile N.1, l’ingegner Umberto Nobile. Senza dubbio un tecnico era indispensabile per rendere possibile il volo che Amundsen immaginava, ma certamente era il meno adattato a convivere con lui…”

Nobile “personaggio quasi sconosciuto”? Il 25 luglio 1925 Nobile era a Oslo ad incontrarsi con Amundsen per definire il possibile utilizzo di un dirigibile per trasvolare il Polo Nord. Dopo che Amundsen fallì la trasvolata servendosi di due idrovolanti Dornier Wal,costruiti in Italia a Marina di Pisa, nella primavera del 1925.
Nel 1922, Nobile era negli Stati Uniti in quanto la Marina Americana aveva acquistato due aeronavi di progetto e di costruzione italiana. Inoltre, Nobile era consulente della Goodyear
Nel 1924, l’N-1 compiva i primi voli, si affermò quale progetto valido per la scelta di costruire una chiglia flessibile e non rigida, in modo da adattarsi meglio alle sollecitazioni aerodinamiche.
Aprile 1926, il Norge parte da Ciampino diretto alla Baia dei Re, pilotato da Nobile e con un equipaggio misto, composto da norvegesi e da italiani. Sia Amundsen che Ellsworth lo aspettano in Norvegia.
B) Folco Quilici non ha nessuna stima di Nobile e fa fatica anche a scriverne il nome, nel libro lo chiama “futuro Generale”, “l’italiano che sarebbe stato il padrone assoluto…” Ironizza anche sul modo in cui Nobile acquisisce i gradi militari, prima di tenente colonnello, poi di generale.
Ritiene Nobile colpevole di aver abbandonato i compagni della Tenda Rossa (pag. 151)…”il suo comportamento suscitò critiche nel mondo intero quando per primo si fece portare in salvo dalla banchisa ov’era precipitato, lasciando i compagni in pericolo. A questo punto mi tornano di nuovo alla mente i commenti ripetuti attorno al tavolo da pranzo della casa di Ferrara, dove sedevo da bambino…A un comandante tutto si può perdonare, anche l’inutilità e il fallimento d’una missione, ma non l’abbandono del suo equipaggio”.
C) La sua descrizione della trasvolata oltre ad essere fredda si sofferma su episodi marginali, negativi e indipendenti da Nobile (come il tempo atmosferico avverso). Descrive con ricorso a frasi quali “…la paura restò di casa sull’N.1”, “scarsa l’allegria tra chi s’era imbattuto sul Norge a Roma…”, “…gli italiani invece, ignorando, come da tradizione, ogni ordine…” “il Norge avanzava alla velocità di un ciclomotore di oggi”…
D) Ritiene la spedizione dell’Italia “un fallimento” e quasi attribuisce la morte di Amundsen a Umberto Nobile… “che non era partito per una semplice missione di soccorso, ma per salvare chi nei suoi confronti s’era comportato molto male dopo il volo del Norge: offendendolo” (pag. 151).
Onore e rispetto ai caduti, soprattutto perché scomparsi in azioni di soccorso ma i dati certi sono:
–     sia Amundsen che Ellsworth non sapevano pilotare un dirigibile e non avevano equipaggio in grado di saperlo pilotare…
–            Amundsen e Ellsworth salirono sul Norge alla sua partenza dalla Baia dei Re, mai prima di allora. Quindi non avevano effettuato nessun allenamento o azione di affiatamento con Nobile e con l’equipaggio.
–            Amundsen è stato l’ideatore, Ellsworth finanziatore (in parte, perché i 2/3 dei costi sono stati ripianati da Mussolini e dalla Stato Italiano), Nobile è il progettista e il comandante del Norge
–     La spedizione era organizzata dall’Aeroclub di Norvegia che definì ufficialmente con
–     “Volo transpolare Amundsen-Ellesworth-Nobile”.
Il contratto con l’Aeroclub Norvegese prevedeva che il resoconto finale della spedizione doveva essere compilato da Amundsen, Ellsworth e Nobile, ma Amundsen rompe il contratto con l’Aeroclub e scrive il libro solo con Ellswoth “The Firs crossing of the Polar Sea”.

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