EDITORIALE


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Studi Cassinati, anno 2003, n. 2

Cosa si intende quando si parla di “storia locale”? È cenerentola di quella cosiddetta ufficiale? Poste così le domande credo che ognuno convenga che entrambe le storie hanno la loro validità, che l’una è strettamente connessa con l’altra. Diverso il discorso quando si parla dei cosiddetti “storici locali”, che poco o nulla – almeno secondo una diffusa opinione – hanno a che vedere con gli storici accademici o “ufficiali”. Essi appartengono al mondo dei “praticoni”, degli improvvisati, che non sanno volare più in alto del proprio campanile: si tratta per lo più del maestro di scuola elementare, del prete, del medico condotto, che, oltre ad una discreta conoscenza della lingua italiana possono vantare una infarinatura storica di origine scolastica. Al contrario, gli accademici hanno dalla loro parte una solida cultura specialistica nel campo storico ed una vasta conoscenza bibliografica. Ma mentre questi, nel dedicarsi ai propri studi, svolgono attività professionale ed esclusiva con adeguata remunerazione e, spesso, ottimi ritorni economici dalle loro pubblicazioni, quelli, gli “storici locali”, hanno solo una gran passione per la loro terra: le loro pubblicazioni – quando riescono a trovare lo sponsor che le paghi – non danno ritorni economici, non ripagano i sacrifici affrontati per approntarle se non dal punto di vista morale.
Le pubblicazioni locali molto difficilmente potranno sperare di entrare nella bibliografia che conta; e questo non per demerito dei loro autori ma per pretesa dignità scientifica degli storici accademici. Eppure non mancano esempi di storici famosi che hanno dedicato tempo e passione allo studio delle loro contrade: per tutti ricordo l’illustre Pietro Fedele, per non andare molto lontano. Del resto Bartolomeo Capasso, il padre della storiografia napoletana, ripeteva ai suoi discepoli: “Lavorate per il luogo ove nasceste”. Più oltre andava Honoré de Balzac, il quale soleva affermare: “Se vuoi essere universale, parla della tua terra”.
Senza nulla togliere alla storiografia ufficiale – me ne guarderei bene – vale la pena ricordare che è proprio grazie agli storici del luogo che la gente dei paesi puó riconoscersi in comuni radici conoscendo il comune passato; è grazie ad essi che anche chi è lontano puó rivivere immagini, affetti, sensazioni, che altrimenti sarebbero perduti per sempre. Cesare Teofilatto, nei suoi commenti ai Vangeli e alle Epistole di S. Paolo (sec. XI), diceva: “Io dico che se nelle vene non circola l’eredità dei millenni, se nel cuore non canta il poema delle memorie lontane, non si rappresenta un popolo, non ci si puó vantare di essere membri di una nobile terra “.

e. p.

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