Studi Cassinati, anno 2002, n. 2
di Maurizio Zambardi
Si è sempre saputo dell’esistenza di un acquedotto di epoca romana nel territorio di San Pietro Infine: ne erano state rinvenute tracce in piú punti del paese e si ipotizzava che partisse dalla Fonte Maria SS. Dell’Acqua. Oggi se ne ha la conferma a seguito di un importante rinvenimento.
È venuto alla luce in questi giorni, infatti, proprio un tratto del cunicolo dell’acquedotto. Il ritrovamento è stato fatto durante i lavori di sistemazione di un muro di contenimento a lato della Fonte Maria SS. dell’Acqua, condotti dalla Comunità Montana «Monte S. Croce».
Esso avvalora quanto si è sempre sostenuto in paese, e cioè che la Fonte Maria SS. dell’Acqua ha un’origine antichissima. Anche se la struttura coperta con cupoletta risale, come è noto, soltanto al 1886, quando fu realizzata dal sindaco, il notaio Antonio Decina.
Come suggerisce il nome stesso della località “Maria SS. dell’Acqua” la zona è sempre stata ricca di acque sorgive, per cui gli antichi romani, che avevano in tutto il territorio di San Pietro numerose ville rustiche, ritennero opportuno convogliare le acque in un apposito cunicolo, realizzato in muratura ed interrato, e portarle dove ne avevano necessità.
Il cunicolo è posto proprio a ridosso del lavatoio pubblico e non lontano da una grossa vasca di raccolta dell’acqua (detta in dialetto locale “la otta”, cioè “la botte”), utilizzata in passato da un mulino.
La struttura muraria del condotto è stata in seguito utilizzata come basamento per elevarvi un muro di contenimento del terreno sovrastante. Il cunicolo, che va in direzione ovest, verso il nuovo centro di San Pietro, si estende in linea dritta per 9 metri, poi piega leggermente verso sud per una lunghezza di tre metri. Qui il cunicolo è chiuso da un muro a secco, ma è ipotizzabile la continuazione dello stesso sotto la strada di accesso alla fonte in quanto oltre la strada, appena dopo un cancello, è di nuovo riscontrabile il tracciato, che viene a coincidere con un canale compreso fra un muro di contenimento e un muro a doppia faccia. I due muri evidentemente erano raccordati da una copertura – poi caduta – e formavano il cunicolo dell’acquedotto. Questo tratto è rintracciabile per una cinquantina di metri, e oltre ne è ipotizzabile la continuazione in quanto rimane visibile il muro di contenimento che delimita le proprietà. Da qui se ne ravvisa la direzione verso la nuova chiesa di San Nicola, dove negli anni cinquanta fu rinvenuto un altro tratto dell’acquedotto.
È possibile accedere al cunicolo, quello appena rinvenuto, solo da una stretta apertura, creatasi durante i lavori di sistemazione del muro di contenimento. La copertura del cunicolo è realizzata con conci di pietra informi, posti in modo tale da formare una piccola volta a botte a sesto ribassato. Sono evidenti, lungo la linea di chiave della volta, ampie ed estese lesioni, dovute forse alla diversa funzione che la struttura ha dovuto assolvere in seguito, cioè quella di basamento per le opere di sostegno del terrapieno che si trova a monte.
Il cunicolo è fruibile, come detto, solo per il tratto che va in direzione ovest, mentre non è accessibile, e neanche visibile, il tratto verso est, ma ci sono testimonianze di persone anziane che sostengono che quando erano bambini il cunicolo era aperto e percorribile anche verso est, cioè verso la camera di raccolta delle acque posta dietro la fontana. Questo tratto piegava quindi verso nord e, in pratica, seguiva lo stesso profilo del muro di contenimento che è visibile e che sta a ridosso della vasca del lavatoio.
Una tradizione popolare parla di una frana che avrebbe sepolto una fonte piú antica, posta più a monte di quella attuale. Si racconta che l’acqua uscisse da quattro bocche, come avviene tuttora, ma di ottone dorato, modellate nella parte finale a forma di teste di leone con le fauci spalancate. Non possiamo confermare la notizia per mancanza di documentazione ma l’ipotesi di una frana non è da scartare vista la posizione della fonte, posta proprio al di sotto di uno scoscendimento naturale e vista anche la natura del terreno stesso, che è appunto di tipo franoso.
Inoltre sempre in merito a questa fonte più antica si tramanda, come apprendiamo dalla viva voce degli anziani, che avesse ai lati due cavalli scolpiti, forse in bassorilievo.
Non è la prima volta, come già detto, che vengono alla luce tratti di acquedotto. Don Giustino Masia nel suo opuscolo su San Pietro Infine[1], parla infatti del rinvenimento, avvenuto agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso, di un altro tratto del cunicolo durante i lavori di sbancamento per la costruzione della nuova chiesa di San Nicola. Il tratto, localizzato alle spalle della chiesa, aveva le dimensioni grosso modo simili a quelle riscontrate nell’attuale tratto (65 centimetri di larghezza per un metro e cinquanta di altezza).
Da una indagine fatta in passato, interpellando diversi anziani del paese che avevano trovato fortuitamente tratti di cunicolo, è stato possibile ricostruire con buona approssimazione l’intero percorso. Riportando infatti i vari punti rinvenuti su una cartina topografica, è emerso in maniera evidente un allineamento che dalla fonte porta in località “Le Torri”. Partendo dalla Fonte Maria SS. dell’Acqua, a quota 130 metri circa, seguendo un allineamento che tiene conto della conformazione del terreno, si raggiunge una struttura molto antica risalente all’epoca romana posta a una distanza di circa 1700 metri e approssimativamente ad una quota di 125 metri. Ciò consente di calcolare che la pendenza media dell’acquedotto era del 3 per mille circa.
Il cunicolo lambisce il lato nord del cimitero comunale, dove, tra l’altro, nel 1971, durante lavori di ampliamento, furono rinvenuti resti di una struttura di epoca romana, con ampie superfici rivestite a mosaico. Il tutto riconducibile ad una villa di epoca imperiale. Ne dette notizia Don Angelo Pantoni, nel suo lavoro monografico sulla storia di San Pietro Infine. Il cunicolo termina in un ambiente chiuso, tuttora esistente, posto in località “Le Torri”, a confine con il limitrofo territorio di San Vittore del Lazio. L’ambiente, rifatto in epoca successiva, potrebbe essere una sorta di “Castellum aquae”, una vasca di raccolta e di smistamento, in varie direzioni, dell’acqua potabile, oppure potrebbe far parte esso stesso di una struttura residenziale molto piú grande che si può far risalire ad un periodo compreso tra il II e I sec. a. C. Se fosse valida l’ipotesi di una grossa villa rustica, questa doveva certamente contenere anche delle strutture termali. Tutta l’area comunque è ricca di opere di epoca romana, che rivelano l’importanza della zona in quell’epoca. Importanza avvalorata anche dall’ipotesi della presenza di un altro acquedotto proveniente da una sorgente posta nel territorio di San Vittore del Lazio. Tale ipotesi viene suggerita dall’allineamento di un muro (oggi utilizzato come muro di contenimento, ma l’evidenza di archi di scarico nella parte inferiore, conferma l’antica funzione di acquedotto), che corre sul lato settentrionale della strada comunale che da San Pietro porta a San Vittore, in località “Mura abbandonate”, che punta dritto proprio nella località “Le Torri”.
In questa area è quindi ipotizzabile la presenza, in epoca romana, di una struttura termale di rilievo, sia per la necessità di avere una grande quantità di acqua, sia per l’abbondanza nella zona di resti di “cocciopesto”, una malta impermeabile utilizzata appunto per vasche.
Attualmente i lavori sono sospesi in attesa dei rilievi e dei saggi di scavo da parte della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, anche se un primo e immediato sopralluogo è stato effettuato dall’Ispettore di zona l’archeologo Francesco Sirano.
Ci auguriamo che i lavori di indagine archeologica si svolgano al più presto possibile, in modo da poter continuare i lavori di sistemazione del muro franato, anche perché il fascino dell’area, che è di una bellezza naturalistica e paesaggistica unica nel suo genere, è meta preferita di quanti, sampietresi e non, si recano a prendere l’acqua o, specie in estate, vi sostano per godere della frescura data dall’ombra di secolari platani. Ci auguriamo, ma ne siamo convinti vista l’immediatezza e sensibilità dimostrata nel segnalare l’importante rinvenimento archeologico agli Enti competenti, che il sindaco Fabio Vecchiarino e la sua Amministrazione vogliano sfruttare al meglio il rinvenimento concentrando le energie su un’area di notevole bellezza artistica, naturalistica ed anche – ora possiamo affermarlo – di interesse archeologico.
Le foto e l’ipotesi del tracciato dell’acquedotto sono di Maurizio Zambardi
[1] G. Masia, San Pietro Infine e la sua Protettrice Maria SS. dell’Acqua, Cassino, 1964.
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