Studi Cassinati, anno 2002, n. 3/4
di Marino Fardelli
A 40 anni dalla strage di Ciaculli ne rievoca il sacrificio il nipote, che porta lo stesso suo nome.
“Nuovo gravissimo episodio di banditismo nella Sicilia occidentale. Un tenente, tre sottufficiali e tre militi uccisi in un criminale attentato dinamitardo presso Palermo1”.
Un terrificante attentato si compì nel pomeriggio del 30 giugno 1963 in una località alle falde del Colle di Gibirossa, lungo una trazzera che congiunge la strada di Gibilrossa alla località Giardini di Belmonte Mezzano, Palermo. Lo stesso giorno l’Italia tutta viveva momenti di piena euforia per la visita del Presidente degli Stati Uniti J. F. Kennedy; nelle stesse ore, inoltre, veniva proclamato papa Paolo VI; infine Berlino est era teatro di un summit importantissimo come quello Cina-Russia. A Palermo, insieme ad altri sei commilitoni perse la vita il carabiniere Marino Fardelli, poco più che ventenne, di Cassino.
Verso le 13,30 del 30 giugno, giunse una segnalazione telefonica ai carabinieri di Roccella, Palermo, che avvertiva che lungo una strada di periferia si trovava abbandonata una “Giulietta”. Si recò immediatamente sul posto il Comandante della Stazione Carabinieri di Roccella insieme a tre carabinieri tra cui Marino Fardelli. L’autovettura si presentava con una gomma a terra e con gli sportelli aperti. Sul sedile posteriore era collocata una bombola di gas liquido, dalla bombola usciva una miccia lunga una ventina di metri, in parte consumata.
I militari dell’Arma, memori di quando era avvenuto la mattina stessa (un’altra “Giulietta” era stata fatta esplodere a scopo intimitadorio), segnalarono via radio a Palermo il numero di targa della “Giulietta” sospetta, che risultava rubata. Stabilito che l’autovettura si presentava carica di esplosivo vennero adottati tutti gli accorgimenti del caso.
Dai resoconti dei giornali si hanno altri particolari.
“…giungevano il maresciallo artificiere dell’esercito e un soldato. I due artificieri hanno fatto allontanare tutti gli uomini della polizia e dei carabinieri e si sono avvicinati alla Giulietta. Nella bombola era contenuta una carica di tritolo. A questo punto il maresciallo chiedeva al soldato una tenaglia. Mentre quest’ultimo cercava di tagliare i fili, un carabiniere effettuava una perquisizione più accurata dell’auto, aprendo il portabagagli. È stato a questo punto che la Giulietta è saltata in aria, compiendo una carneficina2”
“Il Fardelli, tra i feriti era quello che mostrava di essere in condizioni più gravi: infatti il carabiniere è deceduto pochi istanti dopo il suo ricovero all’Ospedale Villa Sofia3”.
Il luogo della terrificante esplosione si presentava disseminato di brandelli di carne umana, molti dei quali erano rimasti impigliati anche tra i rami degli alberi di agrumi circostanti e i rottami della Giulietta.
La “Giulietta” carica di esplosivo forse era diretta, assieme alla “gemella”4 contro l’autorimessa del mafioso Giovanni Di Pieri a Villabate. I criminali che avevano organizzato la “spedizione” non sarebbero riusciti a far giungere la “Giulietta” carica di esplosivo, abbandonata poi a Villa Sirena, fino a Villabate, perché furono bloccati, strada facendo, da un guasto ad una gomma. Non è però da escludere che si sia trattato di una fredda “messa in scena” per compiere un attentato, sia pure indiretto, contro le forze dell’ordine”5.
Numerose furono le interrogazioni presentate al Parlamento Italiano sull’attentato palermitano. Il Ministro degli Interni, Rumor, prendendo la parola, sia alla Camera che al Senato, precisò di “aver già dato precise disposizioni perché la criminalità in Sicilia venga estirpata sin dalle radici”6.
Molti i senatori e gli onorevoli che pronunciando brevi parole di deplorazione per i tristi episodi di criminalità verificatisi in Sicilia, esprimendo il cordoglio per le vittime appartenenti alla Forze dell’Ordine e invitando le Assemblee ad un minuto di silenzio7.
Subito scattarono in Palermo irruzioni notturne di carabinieri e agenti di P.S. in assetto di guerra nelle abitazioni dei pregiudicati. Furono operati quarantadue fermi autorizzati dalla magistratura per sette giorni. L’operazione scattò alla mezzanotte del 1 luglio “per assicurare alla giustizia i responsabili della raccapricciante strage di cui sono rimasti vittime i sette tutori dell’ordine”8.
Intanto a Caira, frazione di Cassino, paese natale del carabiniere Marino Fardelli, forte era lo sgomento e la rabbia per la morte così atroce di un proprio compaesano.
“Era il 30 giugno 1963, quasi a sera, eravamo circa cento persone tutte assiepate nella locale sezione D.C. di Caira, tutti attenti e commossi nel vedere in diretta televisiva l’elezione del papa Pio VI quando la diretta stessa venne interrotta da un’edizione straordinaria del “comunicato” che diede la notizia del terribile attentato, senza però fare nessun tipo di nome. Mentre si commentava il tragico evento, dopo un bel po’ arrivarono a Caira dei carabinieri che chiesero a noi ragazzi seduti quasi dinanzi all’attuale Posta, dove abitava la famiglia Fardelli. I carabinieri parlarono con uno zio, Francesco, che si preoccupò lui di dare la tragica notizia ai familiari. Subito in paese si sparse la voce. Tutti corremmo in Via Pila dove risiedeva la famiglia per rendere omaggio e cordoglio. Tanta tristezza avvolse il paese intero in pochi minuti9.
La salma proveniente dalla Sicilia, giunse il 3 luglio alle ore 22 alla stazione ferroviaria di Cassino. A riceverla c’erano un gruppo di carabinieri, alcuni familiari e parecchi amici e conoscenti. “Una volta raggiunta Caira, le spoglie sono state deposte e vegliate nella camera ardente allestita nella cappella mobile, colà funzionante dallo scorso mese di novembre, cioè da quando ebbe a verificarsi la sciagura del crollo del tetto della chiesa in muratura”10.
Ricorda l’allora consigliere comunale Prof. Giuseppe Del Greco: “La sera dell’arrivo della salma feci, insieme ad altri tre collgehi consiglieri comunali, la veglia funebre all’interno della tenda allestita a camera ardente”11.
Parteciparono alla funzione funebre, celebrata la mattina del 4 luglio vero le ore 9, oltre alle massime autorità locali e provinciali, l’intera popolazione della frazione di Caira e abitanti del centro di Cassino.
“La piazza adiacente la chiesa era stracolma, tutto il paese volle salutare Marinuccio. Lungo la strada erano presenti tante corone di fiori tutte tricolori, portate dai molti giovani del paese che parteciparono emozionati alla celebrazione funebre”12.
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