Studi Cassinati, anno 2002, n. 2
di Viviana Fontana*
L’Archivio di Stato di Frosinone estende la propria competenza sull’omonima provincia, creata con Regio Decreto, il 2 gennaio 1927, aggregando territori soggetti in passato, in parte allo Stato Pontificio, provincia di Campagna e Marittima, e in parte al Regno di Napoli, ossia, Terra di Lavoro.
La documentazione, qui conservata, riflette, dunque, la storia istituzionale e politica dei due Stati sovrani ed è appena il caso di ricordare che trova il suo naturale completamento nell’Archivio di Stato di Roma e negli Archivi di Stato di Napoli e Caserta.
In questa occasione dedicheremo spazio alla documentazione riguardante la parte meridionale della Provincia, l’antica Terra di Lavoro, che ricadeva nel Regno di Napoli e che gravitava e attualmente gravita, per buona parte, sulla città di Cassino.
Gli Atti Demaniali Inizieremo dalla documentazione appartenente al fondo degli “Atti Demaniali” (1809-1952).
Si tratta di documentazione attinente il problema della liberazione delle terre dagli usi civici: gli “usi civici” erano e sono forme di utilizzazione collettiva delle terre. Per l’Italia, l’origine, è strettamente legata a quella del feudo: laddove si rintraccia l’esistenza di un feudo, lì esistevano e venivano esercitati gli usi civici da parte delle popolazioni. Nel corso del XVIII secolo, sotto l’influenza di nuove correnti ideologiche, si affermò la tendenza per la diminuzione delle terre comuni e per il loro passaggio nella proprietà privata.
L’occupazione del Regno di Napoli da parte dei Francesi per un decennio, fu carica di cambiamenti sostanziali, in tutti i campi, da quello politico a quello dell’organizzazione amministrativa.
La legge del 2 agosto 1806 abolì la feudalità con tutte le sue attribuzioni, i decreti 8 giugno 1807 di Giuseppe Bonaparte e 3 dicembre 1808 di Gioacchino Murat dettarono norme per la divisione dei demani feudali.
Il Grande Feudatario, nel territorio di cui parliamo, era il Monastero di Montecassino, che esercitava la sua alta signoria su un vastissimo territorio.(foto n.1)
Nel fondo “Atti Demaniali” si trovano le carte riguardanti le istruttorie, gli atti preparatori, le sentenze, le dispute riguardanti la ripartizione dei demani e la conseguente suddivisione in quote tra gli aventi diritto che diedero luogo ad interminabili vertenze tra Università che avevano in comune usi civici o promiscuità, e che, per legge, dovevano essere sciolte definitivamente. Si trovano, qui, anche le prime piante, a rilevamento geometrico del territorio in questione, dal momento che sia il catasto onciario, che il seguente catasto murattiano, sono accomunati dalla caratteristica di essere entrambi dei catasti descrittivi, privi cioè del corredo di mappe e piante.(foto n. 2 e n. 3)
I catasti onciari Nel catasto onciario, venivano riportati su base familiare i beni e le rendite di cui era titolare la famiglia intestataria. Nel catasto murattiano, invece, si dà preminenza ai singoli beni ai quali viene attribuito un numero progressivo, seguito dall’indicazione del nome del proprietario, della natura della singola proprietà, della denominazione del luogo, della estensione ed infine della rendita netta imponibile.
Presso questo Archivio si conservano i registri dei catasti onciari di Viticuso (1745) e di Roccasecca (1742) collocati rispettivamente nel fondo della Sottoprefettura di Sora l’uno, e l’altro nel Commissariato per gli usi civici. (foto n.4)
Nel Regno di Napoli la redazione di un nuovo catasto fu ordinata da Carlo di Borbone, con un dispaccio reale del 4 ottobre 1740, al quale seguirono poi le Istruzioni Generali del 17 marzo 1741.
Il catasto fu detto “onciario” perché la valutazione dei beni veniva fatta ad “once” (pari al valore di una moneta d’oro di sei ducati) e risultava composto, secondo le Istruzioni, da quattro parti: gli atti preliminari, le rivele, gli apprezzi e il catasto definitivo.
Gli atti preliminari comprendevano le disposizioni di carattere generale, le “rivele” erano le dichiarazioni giurate di tutte le persone di qualunque “stato, grado e condizione, cittadini e forestieri, abitanti e non nel comune”, in merito al proprio mestiere, alla composizione della famiglia, ma soprattutto ai beni posseduti.
Successivamente le “rivele” venivano “apprezzate” da estimatori che eseguivano visite nei singoli fondi.
Le annotazioni degli apprezzi dei singoli beni venivano trascritte sul “Libro degli apprezzi”.
“La collettiva generale” era l’ultima parte del catasto e costituiva la sintesi delle due precedenti operazioni, sulla quale si fondava poi il sistema tributario.
È qui conservata, anche, la copia microfilmata del catasto onciario di Sora: i catasti onciari degli altri comuni della Provincia di Terra di Lavoro si possono trovare presso l’Archivio di Stato di Napoli.
I catasti murattiani Toccò, in seguito, a Gioacchino Murat, con il “Decreto del dì 9 ottobre 1809 per la formazione dei catasti provvisori (foto n. 5), e per l’Iscrizione delle mutazioni” dare l’imput definitivo per un nuovo tipo di catastazione, già annunciata, con legge 8 agosto 1806, n. 238, che aveva abolito tutte le contribuzioni dirette sui beni fondiari, sulle persone o sulle industrie, sostituendole con un tributo unico, l’imposta fondiaria.
L’Archivio di Stato di Frosinone conserva i registri del catasto
murattiano, detto anche, “catasto provvisorio” per i seguenti comuni: Acquafondata, Agnone (Villa Latina), Alvito, Aquino, Arce, Arpino, Atina, Belmonte (Belmonte Castello), Brocco (Broccostella), Campoli (Campoli Appennino), Casalattico, Casalvieri, Castelluccio (Castelluccio di Sora poi Castelliri), Castelnuovo (Castelnuovo Parano), Cervaro, Colle San Magno, Coreno (Coreno Ausonio), Fontana (Fontana Liri), Fratte (Ausonia), Isola (Isola presso Sora poi Isola del Liri), Monticelli (nel comune di Esperia), Palazzolo (Palazzolo di Castrocielo poi Castrocielo), Pastena, Pescosolido, Picinisco, Pico, Piedimonte (Piedimonte San Germano), Pignataro (Pignataro Interamna), Posta Fibreno, Rocca d’Arce, S. Biagio, (S. Biagio Saracinisco), San Donato (San Donato Val di Comino), San Germano (Cassino), San Giorgio (San Giorgio a Liri), San Giovanni Incarico, Sant’Ambrogio (Sant’Ambrogio sul Garigliano), Sant’Andrea (Sant’Andrea del Garigliano), Sant’Angelo in Theodice, Sant’Apollinare, Sant’Elia (Sant’Elia Fiumerapido), Santopadre, San Vittore (San Vittore del Lazio), Schiavi (Fontechiari), Settefrati, Sora, Terelle, Vallerotonda, Vicalvi, Villa (Villa Santa Lucia), Viticuso.
Il catasto murattiano, che è un catasto descrittivo, fu definito “provvisorio” dal momento che era stato stabilito che si passasse al catasto geometrico–particellare, ma i successivi avvenimenti politici ne interruppero l’attuazione. Nel Mezzogiorno, tuttavia, rimase in vigore fino alla legge del 1 marzo 1886, n. 3682, che uniformò la legislazione catastale italiana estendendo a tutte le province del Regno il sistema geometrico-particellare. Il nuovo catasto italiano cominciò ad operare agli inizi del Novecento, in alcuni casi anche oltre il primo quarto di secolo. (foto n. 6)
I registri catastali Ugualmente, sono conservati, presso questo Archivio di Stato i registri catastali provenienti dagli Uffici delle Imposte Dirette di Cassino e di Sora. Il fondo comprende circa 6000 registri dei terreni, oltre a registri dei fabbricati e mappe (n. 3650). (foto n. 7)
Il catasto del Regno italiano così come prevedeva la legge 1 marzo, n. 3682, all’art. 33 era formato: dalla mappa particellare, dalla tavola censuaria, dal registro delle partite, dalla matricola dei possessori.
La documentazione notarile Poco consistente è, invece, la documentazione notarile riguardante il territorio considerato: possiamo citare solo un centinaio di testamenti (88 per l’esattezza) di Pontecorvo, provenienti dall’archivio notarile distrettuale di Cassino.
Il motivo principale di questa, quasi assoluta, mancanza di atti notarili presso l’Archivio di Stato di Frosinone, è da attribuirsi alla mancanza, nel Regno di Napoli, di istituti preposti alla conservazione degli atti notarili: questi passavano da un notaio, al suo successore, o ai suoi eredi, con evidente pericolo di dispersione.
Diversa era la situazione nello Stato Pontificio, dove vigeva una legislazione che, a partire dalla fine del XVI secolo, fece confluire gli atti dei notai cessati in appositi istituti di conservazione: gli archivi comunali.
Solo parzialmente la quasi totale dispersione di documentazione notarile è lenita dalla presenza, in questo Archivio, della Collezione delle pergamene notarili di Arce: si tratta di cinquantacinque pezzi che vanno dalla metà del XV secolo alla metà del XVIII secolo (foto di due pergamene).
Sono atti notarili privati: vendite, donazioni, accensioni di censi, concessione di terre in enfiteusi, e quasi sempre uno dei due interlocutori è una chiesa di Arce, il Rettore di essa, ovvero il Capitolo o il clero di Arce. (foto nn. 8-9)
Il fondo della Sottoprefettura di Sora Interessantissima, è anche, la documentazione appartenente al fondo della Sottoprefettura di Sora. Le Sottoprefetture furono istituite dopo l’Unità d’Italia, con la Legge per l’Unificazione amministrativa del Regno d’Italia, n. 2248 del 20 marzo 1865: l’allegato A della stessa, ovvero, la legge comunale e provinciale, prevedeva, all’art. 1, che il Regno si dividesse in provincie, circondari, mandamenti e comuni.
Veniva stabilito, inoltre, che in ogni Provincia, vi fosse un prefetto e un consiglio di prefettura: il prefetto rappresentava il potere esecutivo in tutta la provincia e l’art. 7 prevedeva che, in ogni circondario, vi fosse un sottoprefetto che si diceva “compie sotto la direzione del prefetto le incombenze che gli sono commesse dalle leggi, eseguisce gli ordini del prefetto e provvede nei casi di urgenza riferendone immediatamente al medesimo”.
La sottoprefettura di Sora dipendeva dalla prefettura di Caserta e, grosso modo, appartenevano al suo circondario i comuni che gravitano attualmente sulla città di Sora e di Cassino. Oltre tutta la documentazione che riguarda l’amministrazione dei luoghi, nel fondo, si trova documentazione interessantissima riguardante, ad esempio, il fenomeno del brigantaggio post-unitario, compaiono nomi e gesta di briganti: Cedrone, Andreozzi, Fuoco, Guerra che vivono ancora nella memoria popolare nei luoghi in cui imperversarono.
Gli scioperi C’è ancora, tanto per fare degli esempi, la documentazione riguardante gli scioperi delle cartiere nel sorano del 1902, e quelli delle Leghe Operaie del 1915, quella delle elezioni amministrative e dei censimenti succedutesi nei vari anni: si tratta comunque di documentazione fondamentale per lo studio della storia del territorio in questione.
Gli organi giudiziari Non si puó, poi, trascurare la documentazione degli organi giudiziari ovvero dei Giudicati di pace, dei Giudicati di mandamento, delle Preture, ed, infine, del Tribunale di Cassino (San Germano). (foto n. 10)
Ricordiamo che il Regno di Napoli, fu occupato dalle armate francesi nel febbraio del 1806, e che dopo
l’insediamento di Giuseppe Bonaparte sul trono, attraversò un periodo di enormi mutamenti.
Di grandissima importanza, anche per l’ordinamento giudiziario, fu la legge sulla eversione della feudalità (2 agosto 1806) che aboliva la qualità feudale delle terre possedute dai baroni.
Questa legge sopprimeva, dunque anche, le prerogative derivanti dal carattere feudale delle terre delle quali una delle principali era la giurisdizione.
Vennero introdotti, quindi, i codici napoleonici e definiti i limiti del potere esecutivo e di quello giudiziario.
La riforma giudiziaria, iniziata durante il regno di Giuseppe Bonaparte, entrò in vigore durante il regno di Gioacchino Murat: fu varata con quattro leggi, le prime tre portano la data del 20 maggio 1808, e, la quarta, del 22 maggio dello stesso anno.
Si stabiliva che, alla base della piramide giudiziaria, ci fosse il giudice di pace che giudicava le trasgressioni per pene punite al massimo con dieci giorni di carcere o con multe non maggiori di venti ducati. Il ritorno dei Borboni e la Legge Organica sull’ordinamento giudiziario del 29 maggio 1817 non cambiarono molto rispetto alla precedente legislazione, prevedendo che la giustizia civile e penale fosse amministrata da: conciliatori, giudici di circondario, tribunali civili, tribunali di commercio, gran corti criminali, gran corti civili, corte suprema di giustizia.
In ogni comune dunque c’erano i conciliatori, in ogni circondario vi era un giudice di circondario, in ogni provincia vi era un tribunale civile. Nella provincia di Terra di Lavoro il Tribunale civile aveva sede a S. Maria di Capua.
Questo Archivio di Stato conserva la documentazione riguardante i giudicati circondariali di: Alvito, Arce, Arpino, Atina, Cervaro, Esperia, Pico, Roccasecca, Sora.
Nei Giudicati circondariali, spesso è compresa anche la documentazione riguardante i Giudicati di pace.
Dopo l’Unità d’Italia, con la legge del 17 febbraio 1861, in vigore dal 1° maggio 1862, al giudice di circondario, subentrò, il giudice di mandamento, con competenze simili. A seguito, poi, dell’emanazione del Regio Decreto sull’ordinamento giudiziario del 6 dicembre 1865, firmato da Vittorio Emanuele II Re d’Italia, in ogni mandamento vennero istituite le Preture.
I Pretori ebbero le funzioni in materia civile e commerciale: erano giudici in materia penale, ufficiali di polizia giudiziaria ed esercitavano, inoltre, la giurisdizione volontaria.
Questo l’elenco delle preture istituite con il Regno d’Italia, nel territorio da noi considerato: Alvito, Arce, Arpino, Atina, Cervaro, Esperia, Pico, Pontecorvo, Roccasecca, Sora.
Vengono, altresì, istituiti sempre al titolo I, capo I, art. I del decreto 6 dicembre 1865, oltre ai conciliatori e pretori, i tribunali civile e correzionali, i tribunali di commercio, le corti d’appello, le corti d’assise e la corte di cassazione.
Il tribunale civile e correzionale
Al tribunale civile e correzionale, che nel territorio considerato ha sede a San Germano (poi Cassino), spetta (r. d. 6 dicembre 1865 n. 2626 artt. 41 – 51) giudicare in materia civile e penale in prima istanza e in appello tutte le cause loro deferite dalle leggi, ed esercitare le funzioni di tribunale di commercio.
I tribunali di Commercio
I tribunali di
Commercio, aboliti con la legge 25 gennaio 1888, giudicavano in prima istanza e in appello le attribuzioni ad essi demandate dal codice di commercio.
Erano composti da un presidente e da giudici ordinari e supplenti, tutti scelti nel ceto dei commercianti che avessero esercitato il commercio per dieci anni continui.
Gli atti del tribunale circondariale di Cassino comprendono sentenze civili e penali dal 1862 e fogli di udienza sempre dalla stessa data oltre a sentenze di vendita e volontaria giurisdizione.
Gli estremi cronologici nei quali sono compresi gli atti corrono dal 1862 al 1890.
Registri dello stato civile Avviandoci alla
conclusione ricordiamo, sempre appartenente al fondo del tribunale di Cassino, la serie dei “Registri dello stato civile” dei comuni del Mandamento con alcuni esempi, abbastanza rari, di registri dello stato civile, introdotto anche questo dai Francesi, come gli atti di nascita del comune di Ausonia risalenti al 1809. (foto n. 11)
Infine insieme alla convinzione di non aver detto tutto sull’argomento resta, anche, la pretesa di aver incuriosito qualcuno, che speriamo sia invogliato a tentare una visita presso l’Archivio di Frosinone dove i documenti originali sono consultabili, senza nessun’altra formalità che l’esibizione di un documento d’identità..
*Archivista di Stato direttore coordinatore
presso l’Archivio di Stato di Frosinone.
Si ringraziano per la preziosa collaborazione:
Giulio Bianchini, Giuliano Marcoccia, Daniela Petrivelli
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