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Studi Cassinati, anno 2016, n. 4
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di Maurizio Zambardi
Nella prima metà degli anni ’80 del secolo scorso, mentre perlustravo le macerie del paese di San Pietro Infine, raso al suolo durante la seconda guerra mondiale, mi soffermai a guardare l’ingresso dell’antica chiesetta di San Sebastiano (Fig. 1), che, scampata alla distruzione, perché defilata al tiro dei cannoni, versava in stato di totale abbandono. Tra l’altro, una pianta infestante, nata in una lesione creatasi nello spigolo destro della facciata, aveva reso la chiesetta pericolante. Tra la folta vegetazione intravidi, grazie alla luce solare che arrivava in maniera radiale, delle forme scolpite in bassorilievo su un blocco in pietra dello stipite della porta (Fig. 2). Al momento non riuscii a capire che cosa rappresentassero i bassorilievi, mi limitai, quindi, a scattare alcune foto, facendomi largo tra il fitto fogliame. Notai, però, che il tema decorativo si ripeteva anche sull’altro blocco in pietra dell’altro stipite, e ritenni quindi interessante approfondire l’argomento con delle ricerche storiche. Tuttavia nelle pubblicazioni locali e nei documenti d’archivio consultati non c’era cenno dei bassorilievi. Tornai allora sul luogo e provai a fare un primo rilievo con della carta velina e una matita morbida, ma i risultati non furono un granché, anche perché sui bassorilievi vi erano dei residui di pitturazione a calce che impedivano la restituzione precisa dei contorni. Tornai allora sul luogo all’imbrunire fornito di torcia che utilizzai per avere una luce radiale e solo così riuscii a capire cosa rappresentassero quei segni. Il rilievo fu poi perfezionato in seguito con l’utilizzo di pennarelli e fogli acetati.
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Descrizione dei blocchi degli stipiti recanti i bassorilievi
I blocchi in pietra degli stipiti recanti i bassorilievi hanno una larghezza complessiva in facciata pari a 30 cm e un’altezza pari a 125 cm, cui va aggiunta anche l’altezza della base, che, però, non si conosce perché affonda nella pavimentazione. All’interno di una semplice cornice larga 5 cm, ricavata nella pietra stessa, vi è una fitta trama di virgulti e foglie il cui intreccio e il cui articolarsi delimitano una sequenza di sei spazi dove trovano collocazione sei motivi zoomorfi.
L’intreccio vegetale genera cinque spazi che possono sintetizzarsi in cinque cerchi del diametro di 20 cm, mentre lo spazio più in alto è ottenuto da mezzo cerchio. Nei sei spazi generati dai virgulti vi sono raffiguranti, con lieve rilievo, alcuni animali che rinviano a simbologie allegoriche.
Ad eccezione dello spazio più in alto che contiene un unico animale, e cioè una civetta, gli altri contengono coppie di animali che si ripetono su entrambi i blocchi degli stipiti laterali. La sequenza degli animali è però leggermente diversa. Sullo stipite di sinistra, partendo dall’alto, la sequenza appare composta da una civetta, una coppia di lupi, una coppia di conigli (o lepri), una coppia di ibis sacro, una coppia di draghi e, infine, una coppia di colombe (Fig. 3). Sullo stipite di destra la sequenza è, invece, formata da una civetta, una coppia di conigli, una coppia di galli, una coppia di lupi, una coppia di draghi e una coppia di colombe. Quindi gli unici animali diversi sui due stipiti sono l’ibis sacro e il gallo.
Per poter ricercare l’allegoria a cui rinviano gli animali, si deve ricorrere alla simbologia riportata nei testi antichi, in particolare nei Bestiari1.
Dietro queste sculture o bassorilievi vi sono contenuti allegorici e simbolici di gran valore. Vediamo allora più da vicino quali sono questi significati allegorici, anche se va puntualizzato che spesso molti animali hanno una simbologia ambivalente2.
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La civetta
A seconda delle località e della cultura la civetta (Fig. 4) è vista in duplice modo, come simbolo dell’oscurità o del suo esatto contrario. Nei geroglifici dell’antico Egitto la civetta è la rappresentazione della notte, ma anche del sole che lascia il posto all’oscurità e di conseguenza è simbolo anche di morte, considerata, però, come trasformazione e rinnovamento della vita. Nell’antica Grecia la civetta assume una polivalenza di significati, quasi tutti positivi. Infatti rappresenta la filosofia, la saggezza, la profonda consapevolezza di sé e dell’insieme, la conoscenza, la chiaroveggenza, ma soprattutto la luce che penetra nell’oscurità e consente di vivere nel buio stesso. Quindi porta inevitabilmente alla sapienza e alla rivelazione delle soluzioni dei problemi.
Tra l’altro gli occhi e il becco riconducono alla lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia e in seguito della sezione aurea. Lettera che quindi accomuna armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato. I suoi grandi occhi la legano anche alla preveggenza, all’illuminazione e alla sublimazione della conoscenza legata alla dea Atena (Minerva), portatrice di saggezza, arte e sapienza.
Nel medioevo, per la sua prerogativa di volare, vengono attribuite alla civetta tutte le caratteristiche simboliche tipiche dei volatili, come ad esempio la capacità di guardare dall’alto e di vedere tutto, anche al buio, essendo un animale notturno. Da qui la simbologia negativa e nefasta, da cui deriva Strigidae, che riporta alla parola strega. Fino a non molti anni fa, a causa della superstizione popolare, in alcune località montane, vi era la pessima usanza di inchiodare l’animale morto all’esterno della porta di casa in funzione apotropaica, cioè per allontanare il malocchio.
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Il lupo
L’età classica ha visto nel lupo (Fig. 5) il nemico primo degli animali domestici, solo eccezionalmente pericoloso per l’uomo. Il Medioevo, invece, ha inserito il lupo nella lista dei demoni. La bestia diventa una realtà spaventosa non solo per animali e greggi, ma per lo stesso uomo di cui è anche il divoratore. Per l’Occidente cristiano medievale esso rappresenta il diavolo o gli eretici, il peccato, la morte, l’inferno. Il significato simbolico della lupa dantesca è la «cupidigia» o l’«avarizia».
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Il coniglio
Presso gli antichi Egizi il coniglio (Fig. 6) era ritenuto un grande conoscitore dei misteri della vita. Nei tempi antichi si pensava che cibarsi della loro carne restituisse la bellezza, ma per soli nove giorni; si credeva poi che dormissero con gli occhi aperti e che mangiarli provocasse l’insonnia. Nel folklore sono spesso collegati più o meno strettamente alla Luna, attraverso la quale si connettono alla Madre Terra e alla simbologia dell’acqua, intesa come fecondante, nel nome della rinascita in un cerchio senza fine, mediante il quale si ritorna alla vita dopo la morte. Il coniglio, come anche la lepre, sono entrambi simboli lunari: dormono nelle ore diurne e vivono la notte illuminati dalla brillante luce riflessa dal satellite. La rinomata prolificità di questi animali conferisce loro il ruolo di emblema indiscusso di fertilità. Nelle varie tradizioni europee, il coniglio reca buona sorte (una zampa di coniglio o di lepre veniva considerata un amuleto, la testa della lepre, si pensava, scacciasse la Stregoneria, anche se la lepre veniva considerata spesso una serva delle streghe) a meno che non si debba prendere la via del mare, in questo caso il coniglio annuncia tempeste! Allo stesso modo, scorgere un coniglio sulla strada per le miniere era sinonimo di disastro.
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L’ibis sacro
L’ibis sacro (Fig. 7) era una animale fondamentale nella religione egizia dato che la sua immagine era, con quella del babbuino, associata al dio Thot, simbolo dell’intelligenza e rappresentato anche con un ibis nel suo geroglifico. Considerato molto utile (perché divorava serpenti e carogne) e puro, perché beveva solo acqua limpida e pura, usata anche dai sacerdoti per funzione rituale, l’ibis sacro era considerato intelligente per lo sguardo sempre fermo sull’obiettivo e per le posture eleganti.
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Il drago
Il drago (Fig. 8) simboleggia il diavolo, quindi il male. La sua sconfitta è simbolo della fine del male, tema più volte ripreso in molti libri religiosi, ed è considerato un animale dal carattere poliforme. È spesso rappresentato come un grosso coccodrillo verde, con una cresta che va dalla testa fino alla coda, con quattro corte zampe artigliate, coda appuntita e sovente a punta di freccia. Frequentemente è riprodotto anche con delle piccole ma robuste ali membranose, simili a quelle di un pipistrello. Talvolta è dotato di corna, ha la lingua biforcuta, per cui viene spesso assimilato ad un serpente, che però sputa fuoco. Il suo carattere è ambivalente: fecondatore e distruttore. In Estremo Oriente il drago è visto come una creatura benefica, mentre in Europa e nel Medio Oriente esso ha caratteristiche malvagie, che culminano nel cristianesimo con l’identificazione del drago in Satana. Nelle miniature medievali viene rappresentato con contorcimenti del corpo attorno alle lettere. Sempre nel Medioevo, come accade per il serpente, il drago appare legato alla donna ed è simbolo della tentazione del peccato, in particolare della lussuria. Il mito cristiano di San Giorgio che uccide il drago sarà simbolo, per la cavalleria cristiana, della «guerra santa contro gli infedeli».
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La colomba
Fin quasi dagli albori del Cristianesimo la colomba (Fig. 9), animale dalla natura dolce e mite, è stato un simbolo di purezza e innocenza, che ha poi rappresentato l’intervento divino in alcuni episodi biblici. Come simbolo di volontà divina la colomba è infatti spesso citata in alcuni passi della Bibbia. Nella Genesi è una colomba a portare a Noè il rametto d’ulivo che annuncia la fine del Diluvio universale e l’inizio della salvezza e di una nuova era di pace tra Dio e gli uomini. In Matteo la colomba viene vista scendere dal cielo da Giovanni Battista durante il Battesimo di Cristo. Per questo inizialmente l’animale venne associato al battesimo.
Nei codici miniati del V e VI secolo la colomba si era però già slegata dal significato unicamente legato al battesimo per assumere il ruolo di simbolo dello Spirito Santo, in episodi come l’Annunciazione o le raffigurazioni della Trinità.
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Il gallo
Il gallo (Fig. 10) è associato alla luce quindi alla rinascita e alla vita. È un simbolo solare perché il suo canto annunzia il levarsi del sole e quindi l’allontanamento degli spiriti maligni notturni.
Nel cristianesimo viene inevitabilmente associato all’episodio evangelico del canto all’alba, che causò il pentimento di Pietro, previsto da Cristo. Per cui, inizialmente, era legato al rimorso, ma più tardi nella tradizione medievale la figura del gallo fu associata al concetto di vigilanza, di veglia dello spirito ed anche come anelito di forza spirituale, incorruttibile e duratura.
Il gallo è diventato un simbolo d’illuminazione, dal momento che si sveglia all’alba accogliendo con favore il sole, e quindi Cristo. Nello stesso tempo, però, il gallo, soprattutto se nero, è anche considerato un simbolo negativo perché riconducibile al diavolo.
Nella massoneria il gallo è considerato contemporaneamente segno della vigilanza e dell’avvento della luce iniziatica, corrisponde al mercurio alchemico.
In conclusione, vista l’ambivalenza di molti simboli allegorici, diventa arduo e azzardato tentare di dare un’unica chiave di lettura o di interpretazione generalizzata. È, forse, molto probabile che nell’intenzione dell’artista non vi fosse un unico tema comune ma più significati allegorici, interpretabili in funzione delle circostanze. Una cosa però è certa: i due stipiti della porta di San Sebastiano, recanti i bassorilievi fito-zoomorfi, sono una vera e propria “opera d’arte” e quindi vanno tutelati, valorizzati e fatti conoscere il più possibile.
I grafici e le foto sono dell’autore.
1 I Bestiari sono una sorta di cataloghi di animali contenenti la descrizione della loro simbologia allegorica. Essi si svilupparono nel medioevo e in particolare nel XII e nel XIII secolo. Lo scopo era quello di descrivere le “proprietà” di alcuni tipi di animali, reali o immaginari, al fine di ricavarne insegnamenti morali e religiosi. Tali proprietà fanno riferimento sia agli aspetti fisici degli animali, alle loro abitudini, al loro comportamento, ai loro rapporti con le altre specie, compresa quella umana, nonché a tutte le leggende, le credenze e i poteri magici e misteriosi che li riguardano. Già ai tempi dei greci e dei romani erano, comunque, stati prodotti libri del genere, e non di rado tali opere sono state alla base o hanno influenzato la produzione medievale. Nel periodo romanico e gotico si ha un notevole sviluppo della simbologia allegorica, in particolare nelle chiese ma anche negli edifici civili o religiosi in genere. L’arte si sbizzarrisce a creare forme animali nei capitelli, nei protiri, nelle basi di colonne, negli stipiti delle porte, nei rosoni o nelle facciate stesse delle chiese. Per i Bestiari, dunque, studiare l’animale vuol dire anzitutto descriverlo, poi cercare e svelare i suoi significati nascosti. Dietro un’apparente unità – l’animale è sempre al centro del discorso – si nasconde, di fatto, una nutrita varietà di argomentazioni e classificazioni, tanto più che con il passare dei secoli e dei decenni nuove fonti e nuovi sviluppi si aggiungono alle compilazioni più antiche.
2 Le notizie sono desunte da Internet.
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