Le case più antiche di Sancto Helia

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Studi Cassinati, anno 2017, n. 1
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di Giovanni Petrucci

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Esistono ancora, nei pressi dell’unica Torre rimasta, ruderi di case costruite al sorgere del castrum nel 990  con l’Abate Mansone1, trasferito sull’altura con l’abbandono di S. Elia Vecchio. I muri sono innalzati con pietre di fiume, nei pavimenti si riconoscono acciottolati e le aperture di porte di entrata, di misure ridotte, mostrano archi a tutto sesto o a sesto ribassato con al centro la chiave ingentilita da un disegnino. Dovrebbero essere esplorate attentamente e catalogate, perché dimostrano la loro origine del Basso Medioevo. In questa ricerca ne descriviamo solo alcune più significative per una eventuale ricostruzione ideale del castrum che possono contribuire a dare prova anche della loro importanza nei secoli passati. Di esse restano testimonianze visibili ed incontrovertibili: quella del Vescovo di Carinola, il Palazzo Badiale e la casa della Limata.

Della prima2, che possiamo chiamare anche della bifora, abbiamo solo una parte della facciata che si ricava da una vecchia cartolina del 1900, la cui riproduzione è posseduta da ogni Santeliano (fig. 1). Era situata di fronte alla Chiesa di S. Biagio ed era caratterizzata da una elegante bifora del secondo piano e da un’unica e semplice finestra al primo. Tra i due antichi manufatti si innalzava la grande porta Napoli.

Apparteneva a Don Paolo Laboratore. Sappiamo che Don Paulus de Sancto Helia, figlio di Giovanni Laboratore, una volta innalzato alla carica vescovile, fece dono all’abate Bernardo I Ayglerio (1263-1282), a favore del Monastero di Montecassino, di un palazzo a due piani, con elegante bifora che affacciava fuori la Porta principale del paese e di abitazioni con una torre «prope Ecclesiam S. Petri»3. Risulta che Don Paulus de Sancto Helia fu Vescovo di Carinola, in provincia di Caserta4; che successe a Berteratino5, che il suo episcopato andò dal 1275 al 12916 e che morì sotto Nicola IV7. L’Ughelli8 afferma: «Paulus Episcopus Calinensis, cujus ordinatio non extat. Memoratur tamen in monumentis ejusdem Ecclesiæ anno 1257. Obiit sub Nicolao IV».

In seguito la casa probabilmente fu acquistata da una delle famiglie che portavano il cognome «d’Arpino»9, e oggi è di proprietà Petrucci-Picano. L’ing. Giovanni Picano, nella ristrutturazione degli anni ’35, ebbe l’accortezza di lasciare la chiave di volta allo stesso punto dell’arco rifatto in cemento armato. Questa è sostanzialmente uno stemma indicante il ceto del proprietario che vi risiedeva. È una elegante scultura di marmo posta in tale arco della porta principale della casa; raffigura un’aquila ben modellata, dalle ali spiegate, stilizzata, sovrastante una sorta di assicellato, piuttosto evidente, con funzione di dimostrare il blasone di famiglia; di sotto si legge, come in un libro aperto, in caratteri chiari e bene scolpiti AN. JVB / MDCC / X X X X.; l’incisione delle ultime quattro lettere è meno profonda. Potremmo ritenere che questi anni o tutti siano stati scolpiti posteriormente.

La seconda è il Palazzo badiale la cui costruzione fu imposta dallo stesso Abate Bernardo10 con la sentenza del 10 luglio 1273. Si innalza prima della Chiesa di Santa Maria Nova, lungo la strada Mediana, oggi Via A. Santilli, nella località chiamata «Dentro Corte». Nel Catasto Onciario del 1754 è classificata come casa palazziata11. La parte ancora esistente, salvatasi dalle violenze della guerra, dimostra la sua robustezza e il rispetto alla lettera degli obblighi12. All’esterno della facciata, alla sommità della Porta di accesso a tutto il caseggiato, fa bella mostra una figura schematica e piatta, che risalta sulla superficie della parete e sembra rappresentare un angelo stilizzato, o forse la testa di toro, simbolo di forza e di potere.

La terza si trovava e si trova ai margini dell’agglomerato della Limata, risparmiata dagli straripamenti «del Rapido perché le strutture erano in una zona più interna e sicura»13. Costituisce un esempio di come era costruita una casa nel castrum con i ruderi che possono ancora vedersi oggi, pertanto meriterebbe una completa documentazione. Essi, tramite una ricerca attenta e un rilievo effettuato con grande pericolosità, ci hanno permesso di compilarne la pianta (fig. 2).

Caduti i pavimenti, sono rimaste in parte le mura perimetrali, puntellate da ferri in verticale. Nella costruzione erano quattro “membra”, quattro stanze come allora esse venivano denominate, due per ciascuna “casa”: una a pian terreno e l’altra al primo con passaggio interno per mezzo di una botola e scala a pioli o “scalone” con gradini di legno. Avevano perciò entrate separate: una, a sud, conserva ancora il sottoscala con accesso al piano abitabile. L’altra l’aveva a nord; ma ha perso ogni traccia dei pochi gradini e del pianerottolo che si possono ancora intuire dalla parete esterna ed interna. È interessante l’arco della porta del piano terra della seconda, in quanto esso conserva la chiave, un concio cuneiforme sulla massima monta. Questo ancora oggi mostra un chiaro assicellato e delle figure corrose dalle intemperie; quindi ci assicura qualche interessante notizia, forse l’appartenenza della dimora alla nobile famiglia degli Angelosanto. Ci fornisce chiarimenti a riguardo il disegno desunto dalla descrizione di Marco Lanni14 eseguito con competenza ed arte dallo studioso Gino Alonzi. Una ellisse è divisa in due parti: in quella di sinistra è una scacchiera e sotto tre cipressi; nell’altra opposta è un fiume schematico, al centro un’oca con un serpentello nel becco giallo, e sotto una cometa, un corpo celeste formato da un nucleo ed una lunga coda (fig. 3). Analogo schema ci è dato da un altorilievo conservato all’interno di un antico palazzo gentilizio in Via A. Santilli, artisticamente rifinito è scolpito in una lastra di marmo delle misure approssimative all’esterno di cm. 40×60. Il pannello è contornato da un bordo di qualche cm. che rigira all’intorno, formando quattro cerchi; l’ovale centrale è diviso dall’alto in basso da una riga in due scomparti. In quello di destra è raffigurata un’oca che ha nel becco un rettile; questa poggia la zampa sinistra su ciottoli che sovrastano una zigrinatura, imitante un fiume, certamente il Rapido. Nell’altro sono visibili tre elementi verticali, che, secondo gli esempi citati, sarebbero tre cipressi, come quelli dello stemma di Montecassino e come quelli descritti dal Lanni. Al di sotto si leggono alcune lettere, forse incise posteriormente: a sinistra di una rientranza D E M I e alla destra I ° F U S C (fig. 4).

Il disegno della nostra chiave di volta invece è molto più modesto, anche perché scolpito in pietra calcare e soggetto alle rovine del tempo; comunque è possibile ancora leggervi degli elementi (fig. 5) da noi interpretati in un calco eseguito con l’intervento di mastro Pasquale d’Agostino (fig. 6). È diviso in orizzontale in due superfici: in quella inferiore torna l’assicellato15in sbarra”, romboidale, segno incontrovertibile della nobiltà di chi vi aveva residenza; l’altra superiore è anche essa frazionata in due semilunette: in una si scorge la stessa oca con il serpentello nella parte retrostante (ma di questo non siamo sicuri), in quella opposta i profili schematici dei tre cipressi16. Senza dubbio quanto resta del disegno mostra un legame con la descrizione del Lanni interpretata da Alonzi e con l’altorilievo di Via Santilli e fa allusione all’appartenenza della casa ad un ramo degli Angelosanto, ancora oggi proprietari, che nel Catasto Onciario erano piuttosto numerosi17.

Ma il fatto più importante è la tipologia dell’abitazione raffigurata. Ogni vano è costituito da pochi metri quadrati, non più di quindici.

Nel locale del primo piano, nella parete est è un caminetto (fig. 7) ben rifinito di linee eleganti e una nicchia. Possiamo quindi intuire come dovevano essere le abitazioni nel Medioevo a Sancto Helia18. Ciò è agevolmente verificabile nelle numerose abitazioni alla sinistra, al termine di Via Angelo Santilli e nei locali dove erano ubicate le “botteghe” degli artigiani.

Fig. 1.
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Fig. 2.
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Fig. 3.
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Fig. 4.
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 Fig. 5.

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Fig. 6.
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Fig. 7.
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Note

1 A. Pantoni, «Bollettino Diocesano», 1966, n. 1, p. 40: «All’abate Mansone, successore di Aligerno, spetta la benemerenza di aver stabilito, intorno all’anno 990, con i medesimi patti agrari del suo predecessore, un centro abitato presso la chiesa di S. Elia».

2 Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis fragmenta, cvra et stvdio d. Anselmi Mariae Caplet, Romae, MDCCCLXXXX: doc. n. 479 «De Palatio Sancti Helye». Eod. die (f. ): «Paulus de S. Elia Episcopus Calinensis, pro reverentia et devotione erga Mon. Casin. et illius abbatem, in praesentia Gentilis aczuti iudicis S. Eliae, Abraymantis notarii Mon. Casin. et S. Germani, qui confecit actum in S. Elia, et testium Magistri Bruni canonici S. Germani, notarii Ihoannis de S. Elia, Petri de Perrecta, notarii Dominici Infantis, presbyteri Ihoannis paczi. diaconi Landonis de Petro de Lando et aliorum plurium proborum virorum, donatione inter vivos irrevocabiliter tradit Bernardo recipienti pro parte Monasterii, palatium suum cum domibus eidem adiacentibus quae emptae fuerunt a… et cum quadam domuncula prope palatium et iuxta viam publicam ac domos Petri de Perrecta. Palatium et domus sunt in S. Elia prope ecclesiam S. Blasii, et iuxta viam publicam, domos hered. Domini Iohannis…».

3 Regesti Bernardi I Abbatis … cit., doc. n. 480: «In Sancto Helya, pro domino Paulo episcopo Calinensi» Eodem die (f. 285 b) Bernardus attendens devotionem quam episcopus Calinensis et progenitores eius abuerunt erga Monasterium Casin., et largitionem praedicti palatii S. Eliae, tradit ei et heredibus in perpetuum, quasdam domus cum turri sitas in S. Elia prope ecclesiam S. Petri, extra et iuxta muros cum modico horticello …». Tale orticello con la torre esisteva ancora negli anni 1943, al tempo della maestra Serafina; fu acquistato da Angelo Arpino nel dopoguerra e vi fu costruito un locale.

4 Eubel Corrado, Hierarchia Catholica Medii Ævi. Summorum Pontificum, S. R. E. Cardinalium Ecclesiarum Antistitutum Series, Monasterii MDCCCCXIII, pag. 157.

5 P. Pius Bonifacius Gams, Series Episcoporum Ecclesiæ catholicæ, Ratisbonæ, 1873.

6 S. ém. Le Cardinal Alfred Baudrillart, continué a De Meyer et ét. Van Cauwenbergh, Dictionnaire d’Histoire et de Géografie Ecclésiastiques, Paris- VI, 1939, p. 1041: «Paulo fut évêque entre 1275 et 1291».

7 Girolamo Masci fu papa dal 1227 al 1292 col nome di Nicola IV. Proveniva dall’Ordine Francescano.

8 F. Ughello, Italia Sacra sive De Episcopis Italiæ et Insularum Adjacentium, Tomus Sextus, Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, MDCCXX, p. 468, n. d’ordine 9.

9 M. Lanni, Sant’Elia sul Rapido, monografia, Napoli 1873, p. 16.

10 A. Pantoni: o. c., p. 41: «L’abate intese rimettere ordine dal lato amministrativo e politico nel territorio cassinese, praticamente in abbandono a se stesso per molto tempo, durante le lotte tra i sovrani svevi e il Papa. Questo riordinamento, basato su “inquisiziones”, fatte nei diversi luoghi dall’abate medesimo, intendevano ripristinare tutto il carico degli oneri feudali vigente in epoca anteriore, e a S. Elia ciò avvenne nel 1270. Ma i Santeliani non si adattarono a questa ripresa in pieno delle vecchie consuetudini, e finirono col ribellarsi, uccidendo pure il rettore, cioè il monaco Andrea. La vertenza dopo vari ricorsi al Re di Napoli e al Papa […] fu conclusa con una sentenza di quest’ultimo dell’anno 1273, che pur alleggerendo i carichi feudali, imponeva la ricostruzione, con muri assai robusti, della sede del rettore …».

11 Archivio di Stato di Napoli, Catasto Onciario, S. Elia, Terra di Lavoro, Distretto di Sora, Volume 1430, Anno 1754, p. 256: «Il Real Monastero di Montecassino possiede una Casa Palazziata con diversi commodi e con un orto contiguo nella Ripa, fuori l’abitato, sita nel luogo detto La Parrocchia di S. Biasio, confinante con D. Benedetto Barbiero, Carmine Caccia, la strettola, la forma dell’acqua del Montano e Via pubblica».

12 Regesti Bernardi I Abbatis … cit., doc. n. 364: «obligat ad faciendum muros et complendum usque ad annum ab hodie numerandum in loco ubi elegerimus pro domo et hospitio nobis convenientibus et successoribus nostris . qui quidem muri habeant in altitudine in loco ubi minus habebunt preter fundamentum a terra usque sursum septem cannas . ad publicam mensuram Sancti Germani (f. 171b). In spissitudine autem usque ad primum solarium preter spissitudinem fundamenti quod spissius esse debet septem palmos, . usque ad secundum vero solarium palmos quinque et deinceps quattur palmos usquequo altitudo edificii consumetur. In qualibet autem fronte quadrature . habeat quindicim cannas . in longitudine. Ita quod in summa sint sexaginta canne cum ydonei cantoni bus . fenestris portis et hostiis de lapidibus quadratis sicut ordinaverimus apponendis… muros vero infra ipsum antedictum pro diversis habitaculis dividendis facendo. ligamina ferrum, tegulas et alia quecumque ad ipsum opus necessaria ministrari de nostra Camera faciemus».

13 G. Petrucci, Il sobborgo di Limata di SS. Onofrio, in «Studi Cassinati», n. 2, a. XV, aprile-giugno 2015, p. 94.

14 M. Lanni, Sant’Elia sul Rapido … cit., p. 16: «Lo stemma, ch’era sulla porta della casa Angelosanto a scudo ellittico in campo d’argento, diviso nel mezzo da una semplice linea, non si conosce a quale famiglia appartenesse in origine, ma rimonta a grande antichità, e forse ai tempi delle Crociate; ed era molto espressivo: Dal lato destro eravi lo scacchiere, che dinota la guerra, perché con esso i militi rimuovevano la noia ne’ lunghi assedii; e tre cipressi, che ne esprimono gli effetti. Dall’altro lato il fiume che significa il tempo che scorre; l’oca col serpe nel becco, il vigilare con prudenza; e la cometa, le eventualità sinistre, cui debbono essere rivolte la vigilanza e la prudenza. I due scompartimenti erano forse stemmi di due famiglie riunite in una, la prima distinta per armi, l’altra per ricchezze acquistate con l’industria».

15 Dizionario Enciclopedico Italiano, v. I, p. 720: «assicellato s. m. [der. di assicella]. In araldica, convenevole partizione costituita da file di rettangoli di due smalti alternati, posti in palo nel senso del lato più lungo. Nel blasonare si numerano le file dall’alto in basso e sempre i pezzi se meno di 15. L’a. innastato presenta i pezzi spostati in modo che i due smalti si contrappongono solo in parte, per la metà del lato più lungo dei rettangoli. Sia l’a. sia l’a. innestato possono anche essere disposti in banda, in fascia, in sbarra»; Vocabolario della Lingua Italiana Treccani, v. I, p. 308: «assicellato s. m. [der. di assicella]. In araldica, rara suddivisione dello scudo costituita da file di rettangoli di due smalti diversi alternati, che possono essere disposti in palo (cioè in senso verticale), in fascia (in senso orizzontale) o in sbarra (inclinati da sinistra a destra); Gabrielli, Dizionario della lingua italiana: «assicellato, s. m. (arald.) Partizione di un blasone costituita da file di rettangoli di due smalti diversi e alternati».

16 Ringraziamo di cuore il mastro Pasquale D’Agostino, nostro prezioso ed esperto collaboratore, che, realizzando la base del calco della Chiave di Volta, successivamente da noi rifinita, ha permesso una lettura piuttosto sicura del bassorilievo, e l’arch. Lino Marsiglia che ha curato l’elaborazione della planimetria.

17 Archivio di Stato di Napoli, Catasto Onciario, S. Elia … cit. Le famiglie che portavano questo cognome erano diciotto; quelle di origini nobili ritenevano opportuno evidenziare la loro condizione. Benedetto Angelosanto, di Via Croce, uno degli ultimi eredi, non ne sa nulla.

18 Dal manoscritto La Terra di Sant’Elia.

 

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