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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 3
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di Danilo Salvucci
La figura del medico da sempre suscita l’interesse della letteratura e della cinematografia per il fascino che esercita, grazie alla sua capacità potenziale di allontanare la malattia e la morte. Nell’antichità il medico era un po’ anche taumaturgo. Ma se nella visione storico-filosofica ed artistica incide molto la componente ideale, nella realtà le cose sono sostanzialmente diverse. L’importanza e la bellezza del ruolo sono spesso minacciate da mille interferenze e complicazioni. La fiducia e la stima, il medico deve conquistarsela sul campo, tra mille difficoltà e ostacoli. È sempre più difficile per un medico (soprattutto oggi), vivere la professione con equilibrio e in sintonia con l’ambiente circostante.
Pochi, pochissimi sono i medici che ci riescono. Diego Morigine era uno di questi. Diego Morigine era il medico per antonomasia, era la dimostrazione pratica di come si può essere bravi medici sempre, ogni giorno, nonostante le difficoltà che si incontrano, nonostante la stanchezza, nonostante tutto.
Come piccolo paziente, ho conosciuto Diego Morigine tanti anni fa. La sua imponenza fisica era rassicurante. Solo qualche tempo più tardi ho capito che a rassicurarmi non era l’aspetto di «gigante buono», ma il suo essere bravo medico, esperto, attento, coscienzioso, premuroso e soprattutto altruista. Negli ultimi anni, nei sempre più rari incontri con il dott. Morigine, congedandomi da lui, mi è capitato di azzardare un confronto, cercando di cogliere analogie tra me e lui, nella speranza di accrescere la mia autostima. Egli viveva con passione la sua professione, il medico e l’uomo erano la stessa cosa, per cui era naturale comportarsi alla stessa maniera anche fuori dal contesto lavorativo. In me prevalgono il senso del dovere e il rispetto della persona e del malato in particolare. Ciò che rendeva eccezionale Diego Morigine era la sua completezza. Egli era “geneticamente” destinato ad essere medico. Il dott. Morigine è diventato per tutti un modello a cui tendere. Proprio così. La cosa più bella che può capitare ad un medico, è quella di sentirsi dire: «somigli al dott. Morigine». Uomo di grande cultura, intellettualmente vivace, pur dedicando molto tempo all’aggiornamento, non trascurava affatto gli altri aspetti dello scibile umano. La sua formazione umana e culturale, condizionavano favorevolmente la sua attività professionale.
Non sto ad elencare le tante attività svolte nel corso della sua lunga carriera di medico, ricordo solo la sua inesauribile disponibilità, preziosissima quando non esistevano ancora i servizi notturni di guardia medica o le alternative al medico curante nei fine settimana. Il giorno di ferragosto il dott. Morigine è venuto a mancare ed il sentimento di privazione che proveremo tutti, spero sarà compensato dalla “certezza” che dall’altro mondo egli continuerà a vegliare su di noi e sulla sua famiglia, continuando in modo diverso la sua eterna opera di uomo e di medico che lo aveva reso amabile in vita.
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