Un martire cassinate dimenticato: Tommaso Piano

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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 4
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di Emilio Pistilli

Nella toponomastica cittadina di Cassino alle spalle del palazzo comunale, all’imbocco di una traversa di via Enrico De Nicola, spicca la targa «VIA T. PIANO». Per anni, da ragazzo, ripetevo l’interrogativo di don Abbondio, di manzoniana memoria: «Carneade! chi era costui?». Interrogativo che riguardava anche molte altre targhe cittadine dedicate a personaggi ormai sconosciuti ai più.
Quante volte, all’interno della commissione per la toponomastica comunale, ho sollecitato la «personalizzazione» delle targhe con l’apposizione della qualifica dei personaggi, almeno quelli di interesse locale, del tipo “poeta” o “sindaco” e simili! Inutilmente. Per questo signor «T. Piano» neppure l’indicazione del nome!
Ma vediamo brevemente chi era il personaggio immortalato – si fa per dire – nella nostra targa.
Si riferisce al prof. Tommaso Piano, cittadino cassinate falciato dai soldati tedeschi tra febbraio e marzo 1944 all’età di 50 anni.
La sua storia purtroppo si limita a poche notizie provenienti essenzialmente da un paio di fonti. Sappiamo con sicurezza che abitava in una delle prime case della vecchia Cassino a ridosso di via del Foro. Ne scrisse per primo l’avv. Guido Barbato in un articolo pubblicato sul settimanale «Il Rapido», diretto dall’avv. 6 Pistilli1Antonio Grossi, nel n. 1 del 7 gennaio 19461, replicato, poi, in Cassino Kaput, dello stesso Guido Barbato, nel ventennale della distruzione di Cassino2. Ne scrisse anche l’avv. Tancredi Grossi – anch’egli redattore de «Il Rapido» – nel suo Il calvario di Cassino3.
Fu professore di lettere nel liceo di Montecassino, amato e stimato da tutti nella città che poi sarà Martire; le sue lezioni private erano molto apprezzate. Pare che non sia mai giunto alla laurea: per questa ragione non potette insegnare nella scuola pubblica; tuttavia generazioni di studenti potettero fruire vantaggiosamente dei suoi insegnamenti.
Nel turbine della Seconda guerra mondiale, quando Cassino e Montecassino costituirono il nerbo della difesa tedesca, la «Linea Gustav», dopo il tragico primo bombardamento della città, il 10 settembre del 1943, gli abitanti dovettero cercare rifugio altrove per scampare ai bombardamenti, che quasi quotidianamente continuavano a falcidiare Cassino e i paesi circostanti. Molti scelsero la via della montagna, monte Cairo, e il territorio di Terelle, convinti di essere lì al sicuro.
Ma non fu così. Nei rastrellamenti tra quei casolari e quegli anfratti, ricoperti di neve, i nazisti fecero numerose vittime.
Analogo destino toccò al nostro Tommaso Piano e a sua madre ottantenne Giovanna Cantasale.
Ma leggiamo come racconta la vicenda Tancredi Grossi:
«Tra i delitti più inumani perpetrati in Terelle dai sanguinari sgherri hitleriani, bisogna segnalare anche quelli commessi nelle persone del prof. Tommaso Piano e della madre, Giovanna Cantasale. Era, costei, una vecchia di circa ottantanni, ridotta, dalle sofferenze fisiche e morali e dalla fame, in uno stato di debolezza tale da non poter assolutamente affrontare un viaggio. Le feroci S.S. pretendevano che anche la povera vecchia sfollas­se da Terelle, attraversando, a piedi, le strade coperte di neve. Alle umili osservazioni della poveretta, la quale, piangendo, si sforzava di far loro comprendere il suo stato di impotenza, rispo­sero con una scarica di moschetto, che la fece stramazzare al suolo. A vedere la mamma, un attimo prima implorante miseri­cordia, giacere nella immobilità della morte, il professor Piano, in preda a un dolore intenso, folle, selvaggio, con le mani alzate in segno di disperazione, si diede a gridare: “Che avete fatto ?! Avete ucciso mia madre! Mia madre, mia madre! Uccidete anche me!”. Una seconda scarica freddò lo sventurato, il cui corpo, crivellato di colpi, stramazzò su quello della madre.
Dopo la strage, i mostri umani, impassibili, freddi, automa­tici, passarono altrove a continuare le loro macabre operazioni».
Vale la pena anche rileggere la memoria di Guido Barbato.
Nel suo articolo su «Il Rapido», intriso di commozione e doloroso rimpianto per il caro amico perduto, a chiusura scriveva:
«O amico, o Tommaso Piano, tutto il tuo martirio di sofferenze, di fame, di disagi, di intenso dolore filiale, di santa ribellione e di eroica fine, a causa della maledetta guerra, non è noto a tutti.
Pochi sanno della tua triste odissea, della rivolta del tuo spirito libero, pochi sanno del tuo eroico coraggio, mai immaginato nel tuo carattere mite e pio, di fronte all’omicida mitra tedesco, di fronte all’assassina brutalità teutonica, che già, un istante prima, aveva resa cadavere anche la tua vecchia madre, solamente perché, per l’età e gli acciacchi, non era stata in grado di “sfollare” subito, da Terelle, a piedi, a piedi nudi sanguinanti, in mezzo alla neve.
Tu, inerme, sputasti sul viso all’unno maramaldo l’invettiva tremenda e cadesti da eroe e da martire … Ti fu sudario la neve!
Nessuno forse ti ricorda più, o amico, e non sono passati ancora due anni … Eppure quanti, quanti giovani, che oggi sono uomini, attinsero alla fonte genuina del tuo sapere classico, per presentarsi agli esami del Ginnasio o del liceo.
Tu eri noto anche in molti paesi vicini a Cassino: tanti conoscevano il Professore Piano, tanti ricorrevano a te per colmare le lacune scolastiche della loro negligenza e più spesso quelle più profonde, scavate dalla così detta scuola del littorio.
E nessuno più ti ricorda … Ma in questo Natale, ancora così triste per la nostra Italia (oh Radio Londra, anche tu ci cantavi l’Adeste, Fideles e promettevi pace in terra a gli uomini di buona volontà!), in questo Natale ancora tanto, tanto più tragico per la nostra Cassino, io ti elevo al sommo dei miei pensieri più religiosi, o amico Tommaso Piano.
Quando finalmente il nostro Presepe potrà risorgere, quando finalmente provvide leggi, fatte da uomini degni e seri, consentiranno la ricostruzione, non quella per burla o a pannolini caldi, ma la vera ricostruzione, quella che permetterà a tutti i dispersi di ritornare alla propria terra, alla propria casa; quando dalla nuova Badia e da Cassino risorta le campane canteranno il loro Adeste, fideles, oh! allora solamente ritornerà anche per noi cassinati il nostro Natale, e, anche se il tuo nome non fosse stato ancora incluso nella toponomastica della città nuova e tutti avessero obliato chi fosti, come, quando, dove e perché moristi, solamente allora, o sventurato, o eroico, o dimenticato concittadino e amico Tommaso Piano, solamente allora sarà placato il tuo spirito.
Natale 1945».

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Un’altra rievocazione è quella di Vincenzo Saggese.
«La morte di Tommaso Piano.
Tutta la gente si allontana da Terelle, si forma una colonna di sfollati che si dirige verso Belmonte Castello. È uno spettacolo pietoso! Quasi tutti sono avvolti da pochi stracci, se si possono definire così; sono preoccupati pensando ai travagli che dovranno affrontare nel futuro; gli uomini hanno lunghe barbe le donne sono spettinate e hanno in braccio i bambini che piangono inorriditi per gli scoppi delle bombe, che si ripercuotono per l’intera vallata. Tra questi sfollati c’è anche Tommaso Piano con la madre Maria. La colonna si ferma e la signora si appoggia esausta ad un castagno: non ce la fa a camminare: i piedi le sanguinano, le fanno male e piange sommessamente. Il figlio Tommaso cerca di rincuorarla: “Su, mamma, ancora qualche chilometro e saremo salvi! Dob­biamo raggiungere Atina dove ho dei colleghi che mi aiuteranno! Il professore Anselani certamente mi ospiterà nella sua casa colonica dove andavo spesso d’e­state in bicicletta! Su, mamma, non piangere, appoggiati alle mie spalle, io sono forte e ce la faccio a portarti”. “No, figlio mio, puoi lasciarmi qui e morirò in santa pace, sapendo che tu sei sano e salvo dai tuoi amici”.

Il figlio Tommaso esorta di nuovo la madre a farsi coraggio e ad appog­giarsi a lui, ma è tutto inutile, non riesce a convincerla. Arrivano dei Tedeschi per farli alzare perché hanno fretta, non vogliono subire ritardi e non vogliono correre il rischio di restare sotto il tiro delle artiglierie americane. Ma mamma Maria non si decide, allora uno degli aguzzini, come se avesse una pietra al posto del cuore, la uccide freddamente. Il figlio sembra impazzire dal dolore: piange, grida e ad un tratto strappa di mano un fucile ad un Tedesco e comincia a inveire: “Vigliacchi, mi avete ucciso l’unico mio bene, uccidete anche me se avete coraggio… ah!”. Si ode una raffica e i due corpi restano stesi per la strada, fra le pietre!».

Qui troviamo discordanza nel nome della madre di Tommaso Piano, che chiama Maria anziché Giovanna; però c’è un riferimento molto preciso alla destinazione dei profughi in casa del professore Anselani di Atina, che non figura nelle altre testimonianze.

Anche l’ing. Agostino Tari, all’epoca quarantaquattrenne, fa cenno all’uccisione di Tommaso Piano, riportando, però, una versione un po’ diversa da quella di Barbato: nelle sue memorie4 annota quanto gli riferì un montanaro che era riuscito a varcare la prima linea tedesca: « … nel “Vallone Oscuro” [Valle cupa? N.d.r.] venti cittadini di Cassino e Terelle furono dapprima legati fianco a fianco e poi mitragliati. Tra essi trovarono la morte il mite, modesto e buon maestro Tommaso Piano ed i fratelli Saverio ed Antonio Ricci, apprezzati muratori ed ottimi padri di famiglia; tutti di Cassino».

Ancora una rievocazione, a cura della Scuola Media G. Di Biasio questa volta, prodotta in occasione del cinquantesimo anniversario della distruzione della città, 19445, ma tratta, con ogni evidenza, da quella di Vincenzo Saggese:

«Tommaso Piano.
Una colonna di poche persone, uomini, donne, bambini, procedeva lentamente tra i monti. Fuggivano da Terelle, stanche della guerra e sfiduciate, verso la salvezza, forse irraggiungibile per loro. Era il 3 gennaio e, dopo le piogge dei giorni precedenti, la temperatura si era irrigidita ed il vento non accennava a placarsi. I lati del viottolo erano ghiacciati ed il sentiero, ripido e fangoso, rallentava la fuga; gli alberi spogli, l’arido paesaggio, non facevano che aumentare la disperazione di quelli che fuggivano dall’imminente distruzione. Ad un tratto, tra il rombo lontano degli aerei e lo scoppio delle cannonate, tra i pianti dei bambini, un’anziana signora, di nome Maria, si accasciò per terra con i piedi sanguinanti e le gambe che, sfinite dalla fatica, non la reggevano più.
Tommaso, suo figlio, cercò di rincuorarla, di farla alzare, di convincerla del fatto che al di là delle montagne ci sarebbe stata salvezza, un rifugio sicuro dove vivere; ma fu tutto inutile.
Erano diretti a Belmonte Castello e i Tedeschi cercavano di affrettare questo esodo per rimuovere gli ostacoli alle loro manovre.
Quelli che li seguivano dicevano loro di sbrigarsi, gridan­do che ci sarebbe stato il bombardamento americano da un momento all’altro, ma Maria non si decideva e restava seduta sulle radici del castagno. Così, uno dei soldati, senza pensarci più di una volta, puntò il fucile automatico e la uccise senza pietà.
Tommaso sembrava impazzito e ad un tratto, strappato di mano il fucile al Tedesco, inveì contro di lui piangendo e gridando.
Si sentì un’altra raffica ed i corpi della madre e del figlio rimasero lì, sulle pietre, freddi ed immobili per sempre».

 Va da sé che per noi, in mancanza di altre fonti, resta attendibile quella di Guido Barbato perché suo stretto amico.
Il «dimenticato concittadino e amico Tommaso Piano» ha avuto la sua targa, ma nella maniera che non rende giustizia al martire di Cassino.

 Notizie più precise ci fornisce “a memoria” il nostro socio Cosmo Barbato, giornalista, figlio di Guido, vivente a Roma, che aveva ricevuto lezioni private da Tommaso Piano e che ci esorta a ricordarlo qui su «Studi Cassinati».

«Traccio un breve profilo, ricostruito a memoria. Piano fu un ottimo linguista e latinista, che insegnò con grande stima nel liceo di Montecassino, non potendo accedere alle scuole pubbliche per non aver accettato la tessera del fascio: la stessa sorte toccò anche a mio padre, l’avv. Guido Barbato, cui fu impedito l’accesso al Foro. Ci furono quelli che non piegarono la schiena a costo di sacrifici. Nel caso di mio padre egli istruiva le poche cause che nelle sue condizioni gli capitavano e poi le discutevano alcuni colleghi solidali. Ma c’erano giorni in cui in casa non c’era da fare la spesa. Lo stesso accadeva in casa di Tommaso Piano, grande amico di mio padre.
Il professor Piano, nel periodo dell’arresto del fronte di guerra a Cassino, sfollò con l’anziana madre a Terelle. Un giorno qui giunse perentorio l’ordine di sfollamento da parte dei tedeschi. Come trasportare la madre che a malapena si reggeva in piedi? Il problema fu subito risolto, una sventagliata di mitra la spedì all’altro mondo. A questo punto esplose la protesta del figlio che si scagliò contro l’assassino, ottenendo a sua volta una scarica di mitra che lo stese sul corpo già esanime della madre. Tommaso Piano fu innanzitutto maestro insigne e poi anche martire».

Pietro Grossi, già sindaco di Terelle, nel suo libro Terelle6 riferisce che insieme al professore Tommaso Piano e sua madre furono trucidati anche i coniugi Giallonardi.
Intanto sorgono degli interrogativi circa la famiglia di Tommaso Piano. Pare che il padre sia morto quando egli era ancora abbastanza giovane.
Secondo le testimonianze di anziane signore di Cassino, non più viventi7, la madre Giovanna aveva una trattoria sul fianco della chiesa di S. Antonio. Si sarebbe successivamente risposata con un certo Sabatini da cui ebbe almeno due figli. L’ultimo, Carlo, noto barbiere in località Ponte San Domenico, presso l’attuale carcere, è venuto a mancare circa un anno fa. Intervistato dal nostro Alberto Mangiante dichiarò di essere fratellastro di Tommaso Piano; ma i certificati anagrafici non lo confermano: infatti da essi risulta che Carlo era figlio di Giuseppe e Capaldo Bettina (Benedetta) e non di Giovanna Cantasale.

Nell'area cerchiata è possibile scorgere tavolo e sedie della trattoria.
Nell’area cerchiata è possibile scorgere tavolo e sedie della trattoria.

Dunque ci si può chiedere con chi altri la signora Giovanna fosse nel rifugio di Terelle oltre al nostro Tommaso; c’era con lei anche il secondo marito ed il figlio di secondo letto? Dai superstiti di quella tragedia, ammesso che ve ne siano stati, che si sappia non è mai giunta alcuna testimonianza.
Anche circa la data della morte di Tommaso vi è incertezza: nel Martirologio di Cassino risulta deceduto nel mese di marzo 1944, mentre la madre Giovanna Cantasale nello stesso Martirologio risulta morta il 24 febbraio 1944 e credo che si debba ritenere buona quest’ultima data poiché nello stesso giorno risulta deceduta una certa Angela Giallonardi, che potrebbe essere una dei coniugi cui accenna Pietro Grossi8.
Ma di tutto ciò nei registri dello Stato civile di Cassino non vi è traccia. Né ci aiutano i registri cimiteriali, che ho trovato lacunosi e, per il periodo bellico, basati su autodichiarazioni dei familiari dei defunti. Va detto però che i bombardamenti della città avevano distrutto tutto, compresi gli archivi comunali; i registri anagrafici sono stati ricostituiti sulla base delle testimonianze degli interessati, ma non tutte le famiglie provvidero a fare lo stesso.
Ad ogni modo il cognome Piano non sembra provenire dalla Città martire, dunque si può supporre che il padre, di cui non si conosce il nome, provenisse da altra località. Lo stesso cognome è diffuso in tutta Italia, con maggiore frequenza a Roma, in Piemonte e nel sud della Sardegna.
Ma dove sono sepolti Tommaso e la madre Giovanna? Non a Terelle, dove sono deceduti, come risultato dalle ricerche effettuate presso gli uffici del Comune, mentre (lo dico solo per dovere di cronaca), nel martirologio del monumento ai caduti del paese troviamo una certa Anna Cantasale.
Le ricerche fin qui da me condotte non vanno oltre. Ed è un peccato perché il compianto Tommaso Piano, per i suoi meriti in vita e per il suo martirio, meriterebbe una storia degna di tal nome.

 

NOTE

1 Anno II, p. 3
2 1964, pp. 53-57.
3 Rispoli, Napoli, 1946.
4 A. Tari, Orrori di guerra nel Cassinate, SEL Roma, 1972, pp. 28-29.
5 10 settembre 1943 … Cassino sul filo della memoria, 18 maggio 1944, pp. 48-49.
6 Idea Stampa, Cassino 2013, p. 346.
7 Lo riferisce Alberto Mangiante che raccolse quelle testimonianze molti anni fa: si trattava della signora Anna Cenami, moglie del preside Angelo Gaetani (testimonianza raccolta nel 1984), e della signora Maria Bruni, di Cassino (testimonianza di qualche tempo dopo).
8 Pochi giorni prima, il 15 febbraio 1944, nello stesso Martirologio figurano deceduti i fratelli Michele e Remo, figli di Pasquale Giallonardi. Per maggiore precisione dal Martirologio di Cassino rileviamo i seguenti dati: Giovanna Cantasale, deceduta il 24 febbraio 1944; Tommaso Piano, deceduto nel marzo 1944; Angela Cantasale, deceduta il 24 febbraio dello stesso anno.

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