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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 2
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di Maurizio Zambardi
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La «Porzesa»
In epoca romana la diramazione per il Sannio si trovava in corrispondenza di Santa Maria del Piano (l’antico sito di Ad Flexum), diramazione che attorno al XVII secolo venne a spostarsi in località San Cataldo. Da qui passava il nuovo tracciato della «Via Napolitana», che, dopo aver superato il passo di Colle Altare (o Monte Leucio), con l’ampia curva a ferro di cavallo di Monte Lungo, puntava verso San Germano, l’attuale Cassino.
La strada, chiamata anche Via Casilina, oggi è nota come Strada Statale n. 6. Nei pressi dell’antica Taverna San Cataldo partiva una nuova strada che diramandosi dalla «Via Napolitana», saliva verso il vecchio paese di San Pietro Infine1. Da qui proseguiva, inerpicandosi su Monte Sambùcaro, per raggiungere il Passo delle Tre Torri e quindi il Molise e gli «Abruzzi». Questa diramazione, e quindi la località, prese allora il nome di «Abbruzzese», cioè strada che portava negli Abruzzi2 (Fig. 1). In seguito tale strada prese anche il nome di Via Annunziata Lunga, che si sostituì all’altro no-me «Via Ferdinandea Latina», perché modificata e risistemata sotto Ferdinando II di Borbone nella prima metà del XIX secolo3. Persa la motivazione iniziale il termine «Abbruzzese» subì nel tempo una deformazione dialettale che trasformò il termine in «Porzesa». La località conserva tutt’ora tale toponimo, più propriamente per «La Porzesa» si intende la continuazione di Viale Degli Eroi andando verso il Bivio di San Cataldo.
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Le «Gesenove»
Il termine «Gesenove» è riferito al toponimo di una località sita sul versante occidentale del territorio di San Pietro Infine, a confine con San Vittore del Lazio, e precisamente alle pendici meridionali di Monte Sambùcaro, con quota altimetrica media attestabile sui 130 metri.
Il termine «Gesenove» deriva da «Cesenove», cioè «Cese nuove». Le «cese» (o «cesa») sono riconducibili a degli appezzamenti di terreno boschivo, sottoposti a taglio degli alberi, e, a volte, successivo riutilizzo agricolo degli stessi. A San Pietro Infine ci sono anche altre località con il termine «Cese». In passato per distinguerli tra loro si usava mettere il nome, o soprannome, del proprietario del fondo sottoposto al taglio, come ad esempio «Le Cese re’ gli Meo», «Le Cese re’ gli Fulicione».
Una curiosità: sulla Tavoletta NE (Nord-Est), II° Quadrante, del foglio n° 160 (Cassino) della Carta d’Italia dell’IGM (Istituto Geografico Militare), in scala 1:25.000, con rilevamento anteriore alla Seconda Guerra Mondiale, la località è denominata «Chiesanova» (Fig. 2). Il toponimo farebbe pensare alla presenza di una «Chiesa nuova», ma, nei vari sopralluoghi effettuati, non è mai stata riscontrata la presenza di una struttura riconducibile ad una chiesa, e neanche se ne ha traccia nei documenti d’archivio. Neppure gli anziani del posto ricordano l’esistenza in loco di una chiesa. Ciò porta ad ipotizzare che il termine sia il risultato di una cattiva interpretazione fatta dai topografi del tempo del termine «Cese nuove». Questi, infatti, nel riportare i rilievi effettuati sulle carte topografiche scrivevano anche i nomi delle località, che venivano desunte dopo aver interpellato gli abitanti del posto. È probabile, quindi, che qualche topografo, proveniente dal Centro o dal Nord Italia, abbia male interpretato il termine «Cesa», pensando ad una forma dialettale del termine «Chiesa», cosa che succedeva di frequente anche per altri termini, per cui il toponimo è stato scritto «Chiesanova» al posto di «Cese nuove».
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La «Grotta degli Zingari»
Percorrendo la strada provinciale Annunziata Lunga che dal nuovo centro di San Pietro Infine porta al vecchio centro, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, sul lato sinistro, prima ancora di arrivare all’imbocco del vecchio paese, proprio dietro l’edificio della «Cabina elettrica», una enorme caverna apre la sua bocca verso la strada. Oggi una fitta vegetazione ne maschera in parte la visione. L’enorme cavità è nota come «Grotta degli zingari». Si è sempre sostenuto che il nome derivasse dal pernottamento degli zingari che da Venafro, o Isernia, andavano a Cassino, in occasione del mercato settimanale del sabato, e forse sarà anche vero. Ma il motivo principale per cui la grotta è così appellata risale alla metà del XIX secolo, quando la grotta fu abitata, per lungo tempo, da una famiglia di zingari i «Sarachella» proveniente da Vairano. Da qui gli zingari si spostarono successivamente ad Isernia, dove tutt’ora risiedono4.
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NOTE
1 Cfr. Archivio Storico di Montecassino, La Terra S. Benedicti nei disegni ad acquerello di Marcello Guglielmelli (1715-1717), Montecassino 1994, Il territorio di S.to Pietro in Fine, Tav. 9, pp. 68-71.
2 Il toponimo è riportato con il nome «Abbruzzese» sulla Tavoletta 1:20.000, prodotta dall’Opificio Topografico di Napoli (1843-1860), Foglio 13°, n. 14, anno 1851.
3 Cfr. F. Lucenteforte, Monografia Fisico-Economico-Morale di Venafro, Cassino 1877, Vol. II, pp. 199-200; A Di Biasio, Territorio e viabilità nel Lazio meridionale dal tardo settecento all’Unità. Gli antichi Distretti di Sora e Gaeta, in «Rassegna Storica Pontina – Quadrimestrale di studi rinascimentali», n. 1, gen-apr. 1993, Marina di Minturno 1993; M. Zambardi, Costantino Berrillo rissoso sampietrese di provata “vena artistica”, Cassino 2002, n. 12, pp. 30- 31.
4 Cfr. A. M. Mattei, Storia d’Isernia, Vol. III, p. 326.
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