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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 3
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di P. Ianniello e L. Di Pofi
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Cosa ci fa Minturno citato in una poesia di Baudelaire, contenuta nella celebre raccolta Les fleures du mal? Il verso 8 di La muse malade recita: T’a-t-il noyée au fond d’un fabuleux Minturnes? Per una traduzione di questo verso, occorre partire dal verbo noyer, che non ha un corrispondente esatto in lingua italiana. La definizione data dal dizionario francese Larousse è «far perire». La parola deriva dal latino necare, che, appunto, significa “uccidere”. In francese la parola ha assunto però un’accezione più precisa, quella di uccidere per immersione. In generale, qualcosa che ha a che fare con l’acqua, con l’immersione.
Il noyer della poesia è dunque traducibile con «annegare».
La parola Minturnes (scritta esattamente così, con la lettera maiuscola) non ha invece traduzione nei vocabolari francesi. È evidentemente un neologismo creato da Baudelaire, che funziona bene nella struttura ritmica della poesia:
Ma pauvre muse, hélas! qu’as-tu donc ce matin?
Tes yeux creux sont peuplés de visions nocturnes,
Et je vois tour à tour réfléchis sur ton teint
La folie et l’horreur, froides et taciturnes.
Le succube verdâtre et le rose lutin
T’ont-ils versé la peur et l’amour de leurs urnes?
Le cauchemar, d’un poing despotique et mutin
T’a-t-il noyée au fond d’un fabuleux Minturnes?
Je voudrais qu’exhalant l’odeur de la santé
Ton sein de pensers forts fût toujours fréquenté,
Et que ton sang chrétien coulât à flots rythmiques,
Comme les sons nombreux des syllabes antiques,
Où règnent tour à tour le père des chansons,
Phoebus, et le grand Pan, le seigneur des moissons.
La composizione offre un mood piuttosto notturno, cupo, rappresentazione dello spleen su cui l’autore ha fondato l’intera sua poetica. Il senso della poesia è quello della ricerca della musa ispiratrice, persa a causa degli abbattimenti dovuti allo spleen della notte. Da qui l’ampio uso, nella prima parte della poesia, della vocale u e il ripetersi delle sonorità cupe terminanti in –urnes. Nella seconda parte, invece, l’invocazione degli elementi ispiratori della poesia porta all’uso di sonorità più aperte.
È Antoine-Vincent Arnault. nella prima parte che si inserisce Minturnes, ultima rima delle quattro terminanti in –urnes: nocturnes, taciturnes, urnes e Minturnes. Una traduzione letteraria del verso non ha alcun senso: l’incubo notturno avrebbe annegato la musa in un favoloso (o fiabesco?) Minturno. È vero che Minturno è sulla costa laziale, ma si è ancor lontani dalla comprensione di come Baudelaire possa aver immaginato che la sua musa sia finita annegata nel mare minturnese.
Le traduzioni della poesia, sia in lingua italiana che inglese, offrono una molteplicità di significati, o accezioni. Si va dall’intendere Minturno come nome proprio (appunto di località) o nome comune (pur mantenendo la maiuscola iniziale). In quest’ultimo caso le accezioni vanno dal sinonimo di tristezza o di depressione evocato puramente dalla sonorità della parola. In pochi tuttavia hanno voluto approfondire il termine, proponendo interpretazioni più ampie. È il caso, ad esempio, del riferimento alla palude, presente in alcune poesie (in effetti nell’antica Minturnae era presente una zona paludosa tutt’intorno alla città, zona poi bonificata e tutt’ora chiamata dalla popolazione locale ‘Pantano’).
Lo stesso aggettivo fabuleux viene spesso tradotto con “mitico” (“fiabesco”) o addirittura weird (strano).
Con tutta probabilità, Baudelaire non era neanche a conoscenza dell’esistenza della piccola cittadina laziale. È possibile invece che abbia scelto questo nome perché la sonorità intrinseca della parola offre quel contenuto cupo che ben si prestava alle necessità fosche della poesia. L’interpretazione è dunque nel fabuleux del verso stesso: Minturnes è un luogo immaginario, senza senso materiale, ma solo come entità psichica che si fonda sulle profondità tenebrose dell’animo, dove, appunto, può finire annegato il benessere psichico, e quindi la musa ispiratrice.
Resta ora da chiedersi come Charles Baudelaire, poeta parigino, sia venuto a conoscenza di questa parola, che poi ha scelto per i motivi di cui sopra. Pur ammettendo che non fosse consapevole dell’esistenza della cittadina italiana, resta il nome, che l’autore deve pur aver incontrato in qualche modo.
Qui si apre un altro capitolo della presenza di Minturno nella letteratura francese. Nel 1791 il drammaturgo Antoine-Vincent Arnault ha rappresentato a Parigi la tragedia Marius à Minturnes. L’opera ha ottenuto un grandissimo successo in città, tanto da essere lodata da Napoleone Bonaparte. Si tratta della storia di Caio Mario, generale romano che ad un certo punto della sua vita venne dichiarato nemico pubblico da Silla, e quindi costretto a fuggire. Rifugiatosi tra le zone paludose intorno a Minturnae, venne poi catturato e condannato a morte. Ma lo schiavo cimbro incaricato dell’esecuzione fu mosso a compassione, o meglio, intimidito dall’autorità di Mario: «Oseras-tu, Cimbre, egorger Marius?». Mario fu quindi liberato e imbarcato, con l’aiuto della popolazione minturnese, sulle navi dell’antico porto posto alla foce del Garigliano.
È la rappresentazione teatrale della cronaca raccontata da Plutarco, ripresa da Arnault in pieno periodo di rivisitazione neoclassica. Segue infatti lo stile di quella corrente culturale che nei decenni tra fine ‘700 e inizi ‘800 ha pervaso la Francia, dando vita poi al Romanticismo. Si tratta di una tragedia lunghissima, in tre atti, scritta in rime, dove l’enfasi è posta sul personaggio e le sue azioni eroiche così da suscitare l’ammirazione nel pubblico e negli altri personaggi.
La stessa domanda sul come Baudelaire sia venuto a conoscenza di Minturno può essere posta riguardo ad Arnault. Su dichiarazione del drammaturgo stesso, l’ispirazione gli è venuta guardando un quadro: Marius prisonnier à Minturnes di Jean Germain Drouais. L’opera è stata realizzata a Roma tra il 1784 e il 1786, e rappresenta la scena culmine della storia raccontata da Plutarco, quando un robusto e coraggioso Caio Mario fa addirittura indietreggiare lo schiavo che doveva ucciderlo. Il quadro è tuttora considerato un capolavoro del neoclassicismo, opera principale di Drouais, oggi esposta nel museo del Louvres. È stata realizzata dall’autore durante un soggiorno a Roma, alla ricerca delle radici del classicismo.
Oggi forse la tragedia di Arnault risulta improponibile, legata ad un’epoca e uno stile difficile da essere apprezzati. Così come il quadro di Drouais potrebbe risultare fin troppo enfatico. Ma al di là delle qualità artistiche delle opere qui citate, resta il fatto che la città di Minturno abbia goduto fama in Francia, molto più che in Italia stessa. Conseguenza dell’importanza rivestita dalla città in epoca romana, tuttora testimoniata dai resti dell’antica Minturnae e dal teatro che ogni estate torna ad ospitare eventi culturali. Non resta che sperare che qualche esponente culturale della zona voglia rispolverare questa fama, e magari rappresentare quelle scene dove sono effettivamente accadute.
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