In ricordo delle vittime del primo bombardamento di Cassino 76 anni fa


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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 3
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di Adriana Letta

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13DieciSett1Nel 76° anniversario del primo bombardamento che il 10 settembre 1943 iniziò a distruggere Cassino provocando un centinaio di morti, la cittadinanza ha voluto ricordare quelle prime vittime pregando per loro. Infatti, grazie ancora una volta all’iniziativa del Cdsc-Onlus, alle 17,00, nella chiesa parrocchiale di S. Antonio, una Messa di suffragio è stata celebrata da Don Benedetto Minchella, alla presenza dei familiari delle vittime, di superstiti, amici, conoscenti e cittadini – a cominciare dal Sindaco Enzo Salera, accompagnato dal Gonfalone della Città – che riconoscono in quel luttuoso giorno l’inizio della tragedia di Cassino, destinata nei mesi successivi ad essere completamente cancellata e ridotta in polvere e macerie.

13DieciSett2Tra i presenti dominava uno spirito di partecipazione, di fratellanza e di commozione palpabile. Particolarmente commovente, come sempre, il momento delle parole di rievocazione pronunciate dal prof. Gaetano de Angelis-Curtis, Presidente del Cdsc, e ancor più quello della lettura dei nomi dei 67 deceduti, elenco parziale perché mancano all’appello circa 40 vittime. Ogni volta lo scandire, nel silenzio raccolto degli astanti, quei nomi, di cui solo 8 superano i 50 anni e la maggior parte sono giovani, bambini o famiglie falcidiate dalle bombe, fa venire i brividi e gonfia il cuore di pena e la mente di indignazione per l’assurdità e disumanità della guerra, a cui ancora oggi molti vogliono affidare la soluzione di controversie internazionali. Come se la Storia non avesse insegnato nulla.

Perciò un particolare ringraziamento va al Centro Documentazione e Studi Cassinati perché tiene viva la memoria della città e del territorio con le sue molteplici iniziative.

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La famiglia Panaccione al completo un po’ prima della tragedia. Renata è la seconda in alto da sinistra

E’ venuta a mancare una delle ultime testimoni del tragico bombardamento del 10 settembre 1943 di Cassino. Quel giorno, quando la città conobbe l’inizio del suo martirio, Renata Panaccione, allora quasi ventenne, scampò alla strage dei suoi familiari solo perché era dovuta recarsi all’ufficio postale. Agostino Panaccione, ufficiale giudiziario a Caserta, aveva avuto otto figli, tra cui Renata; dopo la sua morte la famiglia era appena ritornata a Cassino. Nel bombardamento sotto le macerie della casa morirono quattro figli: Anna, Antonio, Iole, Marcello ed anche una loro cugina, Ida Corvari, mentre gli altri, con la madre, rimasero seriamente feriti. Non è difficile immaginare lo strazio di Renata nel tornare a quella sua casa che non c’era più e nel constatare che le era stata strappata metà della sua numerosa famiglia.

13DieciSett4In seguito, Renata Panaccione, con i suoi familiari sopravvissuti si trasferì a Roma dove poi visse integrando la sua attività di funzionaria statale con la passione per la pittura producendo valide e apprezzate opere. Nella città capitolina, all’età di 96 anni ha chiuso la sua esistenza terrena il 5 settembre 2019, proprio in prossimità dell’anniversario della sua tragedia, portando con sé l’inestinguibile pena della sua tragedia (Emilio Pistilli).

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