Benedetto – Costanzo – Tommaso: tre santi di questa terra.


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«Studi Cassinati», anno 2021, n. 4
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di Gaetano de Angelis-Curtis

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Questa sera si sta per assistere a un evento. Ognuno dei presenti può aggiungere l’aggettivo che meglio ritiene possa definirlo:

– evento atteso

– evento importante

– evento notevole

– evento storico.

D’altra parte chi più di d. Luigi Casatelli poteva giungere a svolgere delle ricerche e pubblicare il volume su Montecassino Aquino Sora e Pontecorvo Quindici secoli di storia?

Infatti l’estrazione territoriale di d. Luigi incarna totalmente le unificazioni che hanno portato all’odierna Diocesi di Sora Cassino Aquino Pontecorvo proprio perché egli proviene da Esperia dove, appunto, è nato. In quella cittadina operano tre parrocchie, con due di esse (Esperia superiore e Monticelli) che sono sempre state ricomprese nel territorio della diocesi di Aquino poi diocesi di Sora Aquino Pontecorvo, mentre una (Esperia inferiore) ha fatto parte del territorio della diocesi di Montecassino. Questa particolarità, questa anomalia qualcuno potrebbe definirla così, ha un suo fondamento storico ed è perdurato per diversi secoli, anche dopo la fusione dei tre centri in un nuovo Comune (Esperia) al 21 marzo 1977 quando la parrocchia di S. Pietro in Curulis fu sottratta al Diocesi cassinese per entrare a far parte di quella di Sora Aquino Pontecorvo. Ma quali erano i riflessi dell’appartenenza all’una o all’altra Diocesi? Uno di questi determinava che i giovani i quali intendevano abbracciare la carriera ecclesiastica venivano avviati agli studi nei seminari a seconda della loro estrazione territoriale. Così d. Luigi Casatelli, la cui famiglia che pure era originaria di S. Pietro in Curulis-Esperia inferiore a ma poi si era trasferita a Roccaguglielma-Esperia superiore, ha iniziato i suoi studi presso il seminario vescovile di Sora invece il cugino (figli di due sorelle) che era d. Donato D’Epiro originario di S. Pietro in Curulis è entrato nel seminario diocesano di Montecassino e poi ha svolto la sua funzione sacerdotale nelle parrocchie della Diocesi di Montecassino, ultima quella di S. Angelo in Theodice predecessore di d. Nello.

Entrando specificatamente nella ricerca, confluita nella pubblicazione che si onora e si fregia delle prefazioni del vescovo Gerardo e dell’abate don Donato, d. Luigi Casatelli parte dalle vicende storiche degli albori del cristianesimo.

Secondo la tradizione tutto questo lembo di terra allora incluso nel territorio imperiale della Regio I corrispondente al Latium adiectum, sarebbe stato convertito al cristianesimo direttamente da S. Pietro che avrebbe istituito una sede vescovile in ognuna delle grandi città presenti dando così vita alla Diocesi di Aquino, a quella di Cassino, di Atina, di Sora ecc.

Poi nel 529 (o giù di lì) S. Benedetto giunse in questo territorio preceduto da due angeli e seguito da tre corvi, per prendere possesso delle donazioni fatte da due patrizi romani (Tertullo e Gordiano) e fondare il monastero di Montecassino. Ma quando S. Benedetto giunse su questo territorio trovò l’antica città di Casinum già semidistrutta dai Goti (nel 410). Anche la Chiesa locale sarebbe rimasta talmente stremata perdendo i suoi vescovi (la tradizione ne ricorda due: Caprasio nel 465 e poi Severo nel 487). S. Benedetto una volta giunto sulla sommità di Montecassino, fissò la sua dimora in una torre di difesa romana, recise il bosco dedicato alle divinità pagane ed edificò i primi nuclei del monastero di Montecassino sopra i resti di templi pagani. Per la consacrazione e la dedicazione degli oratori (quello di s. Martino di Tours e di s. Giovanni Battista) Benedetto si rivolse all’autorità ecclesiastica più vicina e cioè il vescovo di Aquino, a quell’epoca s. Costanzo. Come scrive il cardinale Ildefonso Schuster, benedettino e arcivescovo di Milano, s. Costanzo si portò con il suo clero a Montecassino per le cerimonie da svolgere.

Ecco dunque, come sollecita d. Luigi Casatelli, si provi a immaginare due grandi santi su a Montecassino che celebrano assieme l’Eucarestia.

Negli anni successivi Benedetto, dal punto di vista ecclesiastico, si trovò a operare in un territorio privo ormai di pastore in quanto la sede vescovile di Casinum, come dicono gli storici, era «vedovata» cioè vacante per cui s. Benedetto prese il posto degli antichi vescovi di Cassino e fin dal suo arrivo esercitò fra quelle popolazioni alcuni degli uffici propri del vescovo. Gli abati che gli successero non erano vescovi (nel corso di 1500 anni solo per un brevissimo lasso di tempo, un quarantennio, gli abati eletti a Montecassino assumevano contemporaneamente il titolo e gli uffici del vescovo e precisamente dal 1322 quando papa Giovanni XXII eresse Montecassino a episcopio fino al 1367 quando per opera di papa Urbano V «Montecassino tornò abbazia»). Tuttavia nel corso dei secoli molti abati di Montecassino sono stati elevati al rango di vescovi: solo in epoca recente basti pensare a mons. Gregorio Diamare che fu nominato Vescovo titolare di Costanza di Arabia (antica diocesi soppressa del patriarcato di Antiochia); mons. Ildefonso Rea Vescovo titolare di Corone (antica diocesi soppressa del patriarcato di Costantinopoli); mons. Martino Matronola Vescovo titolare di Torri in Numidia (sede episcopale soppressa nell’odierna Algeria); infine mons. Bernardo D’Onorio dal 2004 al 2007 Vescovo titolare di Minturno (anche questa una sede soppressa nel X secolo)

Riprendendo la suggestione di d. Luigi Casatelli si provi a immaginare i due grandi santi citati in precedenza (Costanzo e Benedetto) a Montecassino accanto a un terzo grande santo espresso da questo territorio: s. Tommaso d’Aquino1. L’insigne religioso, teologo e filosofo proveniva da Aquino dove il padre Landolfo era a capo dell’omonima contea, discendente dei conti d’Aquino. Tommaso era molto piccolo, aveva solo cinque anni, quando nel 1230 fu condotto da Landolfo a Montecassino. Data la sua tenera età il padre dovette pagare venti once d’oro al monastero per farlo accettare come oblato benedettino. Sembrerebbe che Landolfo nell’affidare a Montecassino il suo ultimo figlio non fosse spinto da alti e nobili sentimenti religiosi ma da qualcosa di più terreno perché desiderava che Tommaso divenisse abate di Montecassino per aver la possibilità di usurparne in parte o tutti i possedimenti.

A prescindere da ciò, è noto che Tommaso abbia svolto i primi anni di formazione scolastica e religiosa nella prepositura di Santa Maria dell’Albaneta. Dieci anni più tardi intrigate vicende storiche portarono Tommaso a trasferirsi a Napoli dove conobbe i frati predicatori del convento di s. Domenico ed entrò nell’Ordine Domenicano. Poi negli anni successivi sparse il suo sapere ovunque. Il «Bue muto» così veniva denigrato dai suoi compagni di studio a Colonia ma il suo maestro sant’Alberto Magno disse loro: «Voi lo chiamate bue muto ma egli con la sua dottrina emetterà un muggito che risuonerà in tutto il mondo» tanto da essere definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei, essere venerato come santo dalla Chiesa cattolica che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa.

Il legame di Montecassino con s. Tommaso, e di conseguenza con i frati predicatori, è sempre stato profondo basti pensare che i Domenicani sono stati fra i pochi ordini religiosi che ottennero, nel 1270, l’autorizzazione da Montecassino a erigere nella città di Cassino una chiesa con annessa struttura conventuale (ubicati nei pressi dell’odierno ponte di s. Domenico). A inizio del 1800, nel corso del decennio dei napoleonidi, il convento fu soggetto a confisca da parte delle autorità statali. Lo stabile fu dato in uso al Comune di Cassino che lo adibì inizialmente a sede scolastica, poi a sede di organi giudiziari e quindi a struttura di detenzione che ancora oggi nel nome di carcere di s. Domenico ricorda l’antico uso. Diversamente la chiesa della SS. Annunziata non subì la confisca per cui poté così essere utilizzata ancora per le celebrazioni religiose finché non fu totalmente distrutta dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale anche se miracolosamente fu possibile rinvenire quasi intatta la statua della Madonna dell’Assunta così cari ai cassinati.

Ecco, in conclusione e in estrema sintesi, il messaggio di d. Luigi Casatelli di rifarsi a tre grandi santi i quali hanno dato lustro eccezionale a questo territorio. Tre grandi uomini dotati di santità e animati da profondi sentimenti di purezza, di pace, ai quali ispirarsi per operare su basi di concordia, di armonia, di condivisione, di intesa, di accordo (foto di Alberto Ceccon per Pastorale Digitale, www.diocesidisora.it).

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NOTE

1 In merito a s. Tommaso e Montecassino va ricordato che in questi giorni, al fine di onorare i settecento anni della morte di Dante Alighieri, è in esposizione nel Museo dell’abbazia il Codice cassinese 512 che contiene la Divina Commedia del sommo poeta. Il Codice esposto in una delle teche è aperto alla pagina del canto XX del Purgatorio nel quale si racconta della discesa in Italia del re francese Carlo d’Angiò, il quale «per ammenda» fece uccidere prima Corradino di Svevia e poi, come sembrerebbe riferire anche Dante, pure San Tommaso d’Aquino. Su questo accenno di Dante alla morte di Tommaso d’Aquino voluta da re Carlo, si è molto discusso: secondo la storia ufficiale della Chiesa s. Tommaso morì infermo a Fossanova. Ma per i primi commentatori della Commedia la sua morte deve attribuirsi alla volontà di Carlo d’Angiò di volersi disfare di Tommaso per via della sua inimicizia col casato dei D’Aquino, legato ai suoi nemici Svevi. L’omicidio sarebbe stato commesso da un medico di corte che avrebbe avvelenato Tommaso probabile futuro cardinale o addirittura pontefice mentre era in viaggio verso Lione, dove aveva sede papa Gregorio X, per partecipare al concilio.

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