Il distaccamento Allievi Carabinieri di Cassino*

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«Studi Cassinati», anno 2022, n. 1
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di Simona Giarrusso**

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Era da poco terminata la Prima Guerra Mondiale. I reparti dell’Arma territoriale necessitavano di nuove forze. Il considerevole aumento del contingente di nuovi Carabinieri disposto dal Regio Decreto del 2 ottobre 1919 fece sì che la Legione Allievi Carabinieri di Roma venisse improvvisamente a trovarsi in condizione di non poter far fronte, con la sola caserma Vittorio Emanuele, alle accresciute esigenze di accasermamento.

Un battaglione di allievi venne trasferito nei campi della Farnesina. Qui i militari, sistemati all’interno di baracche o sotto tende «Roma», vivevano in condizioni penose, rese ancor più precarie dalla penuria di acqua corrente. Nelle tende penetrava la pioggia. Il terreno era impraticabile. A poco erano serviti lo scavo di fossetti di scolo e la posa di ghiaia. La situazione si apprestava a divenire critica con il sopraggiungere dell’inverno.

In previsione di un ulteriore incremento degli arruolamenti in concomitanza con la chiamata della classe di leva 1901, si decise di dislocare un Battaglione della Scuola Allievi a Cassino, nei locali un tempo appartenuti al Campo di concentramento per i prigionieri di guerra dell’esercito austro-ungarico, evacuato al termine del conflitto.

Alle 9:47 del 18 settembre 1920 partì in treno alla volta della cittadina laziale una prima Compagnia composta da 400 militari; il 22 toccò a un secondo scaglione, costituito dalla 6ª Compagnia, della forza di 400 uomini. Gradualmente vennero trasferite le altre compagnie, otto in totale. Il campo, cintato esternamente da un alto muro, sorgeva a tre chilometri dallo scalo ferroviario e a circa due dal centro abitato, lungo la strada comunale che da Cassino conduceva, e conduce ancora, alla frazione Caira, in un ripiano tra la collina e un affluente del fiume Liri. Era ripartito in due settori, separati da un muro interno e comunicanti tramite un cancello: il Campo Nord, un tempo destinato al concentramento degli Ufficiali e il Campo Sud per gli uomini di truppa. In ciascuno di essi si erigevano dodici padiglioni in muratura, esternamente uguali ma divisi all’interno in camerette nel Campo Nord e in camerate nel Campo Sud. Ogni casermetta era dotata di una latrina e di un lavatoio.

I padiglioni che ospitavano le compagnie

Le camerate con i posti letti degli allievi

La truppa venne alloggiata nel campo Sud, composto da un padiglione destinato agli Ufficiali, nove a uso camerate, uno adibito a infermeria, locale d’isolamento, corpo di guardia e prigioni e uno destinato agli Ufficiali del Comando, alloggio e mensa Ufficiali. Vi era un’ulteriore baracca, occupata da materiali ancora da alienare, dotata di cucina e mensa sottufficiali, cucina per la truppa, con annessi ripostigli, deposito materiali, bagno per la truppa, lavanderia dotata di caldaia e lavatoio. I locali del Campo Sud potevano agevolmente ospitare 1080 militari di truppa (centoventi per ogni padiglione) e 25 ufficiali. Nelle camerate i posti letto erano collocati gli uni di fronte agli altri nella sezione longitudinale; sulle pareti che avevano contatto con l’esterno, più spesse, erano infissi dei modiglioni per sostenere i palchetti a zaino, del tutto mancanti nelle pareti interne (dello spessore di un mattone appena), e nelle camere degli Ufficiali. Quattro camerette erano destinate a uso uffici, ripostigli e alloggi per sottufficiali.

Il Campo Nord era parzialmente occupato dai materiali residuali dell’ufficio stralcio del campo (che sarà sciolto il 23 luglio 1923) e da un distaccamento di Fanteria impiegato per la guardia al locale carcere. Parte della truppa venne sistemata anche nel Campo Nord dove quattro dei dodici padiglioni erano divisi in camerate anziché in camerette. In totale tutto il campo poteva ospitare più di 3.000 militari. Nei corridoi, nelle camerate, nelle camerette, ed esternamente, nei campi, era presente un impianto di illuminazione elettrica. Vi era acqua sufficiente e una riserva permanente di 60 metri cubi, i rubinetti erano presenti nelle camerate e nelle latrine.

Fin dal 1920 il comando del distaccamento venne affidato al Maggiore Angelo Scalfi.

Per le istruzioni pratiche erano disponibili due ampi piazzali interni, un campo sportivo, una pista per la corsa in bicicletta.

La giornata iniziava al mattino presto. La sveglia, trenta minuti per provvedere alla cura della persona e a riassettare il posto letto. Seguiva l’adunata per la prima ora di istruzione interna su leggi e regolamenti. Dieci minuti di intervallo e una seconda ora di lezioni. Il rancio nella gavetta, un’oretta circa di riposo e poi, alle dieci e trenta in punto, di nuovo pronti per l’addestramento nell’enorme piazza d’armi sotto l’occhio vigile dei quattro marescialli maggiori di disciplina. Dopo l’istruzione principale, la quotidiana rivista delle camerate. Seguivano un’altra ora di istruzione in aula e il secondo rancio. Finalmente la libera uscita. Chi preferiva restare in caserma, poteva trascorrere le sue ore al cinema-teatro del distaccamento, dove si succedevano interessanti spettacoli, di tanto in tanto rallegrati dalle musiche della fanfara del battaglione. Una volta a settimana c’era la marcia attraverso i campi o su per i costoni dei monti che circondavano il distaccamento.

L’organizzazione del reparto risentiva dei disagi causati dall’isolamento e dalla transitorietà della soluzione adottata. Per quanto riguarda gli approvvigionamenti ad esempio, il pane veniva prelevato dal panificio di Caserta e la carne addirittura dalla più distante Napoli. Gli altri generi alimentari provenivano dal magazzino viveri che aveva sede nelle prime case di Cassino e precisamente nell’ex chiesa dello Spirito Santo (fino al 1927 quando la Chiesa venne restituita alla Confraternita di Sant’Isidoro) che veniva rifornito mensilmente da quelli delle due città campane. Per le verdure ci si rivolgeva a fornitori locali; la paglia per i quadrupedi veniva reperita in loco e la biada si prelevava a Caserta. Il confezionamento del rancio avveniva in due riprese a causa della mancanza di marmitte e di fornelli. Mancavano i mezzi di trasporto, a eccezione di quelli a traino animale che però, dati la forza considerevole cui ammontava il distaccamento di Cassino, la rilevante distanza che intercedeva fra il campo, il paese e lo scalo ferroviario, il continuo traffico di materiale e il quotidiano movimento di uomini tra la Legione Allievi di Roma e il distaccamento di Cassino e viceversa, risultavano inadeguati. I quadrupedi e i traini, specie nella cattiva stagione, adoperati su strade mal tenute, erano sottoposti a un continuo logorio e a un conseguente deperimento. Il loro impiego era tardivo e inefficace per cui, nei casi urgenti, era necessario noleggiare gli automezzi, con inevitabile maggior dispendio per l’erario.

La macchina per la distribuzione delle acque nelle latrine era malfunzionante. Il ritardo nel pagamento della fornitura di energia elettrica fece addirittura paventare il rischio di un’interruzione della somministrazione. I locali addossati alla montagna e limitati da un corso d’acqua, gli inconvenienti igienici derivanti dal freddo e dall’umidità, la notevole distanza dal centro abitato, gli ambienti ristretti, il clima rigido e piovoso della regione, gli elevati prezzi dei generi di conforto e delle derrate, indussero il Comando della Legione Allievi a proporre in favore dei militari distaccati a Cassino l’indennità di accantonamento prevista dal Capo IV, paragrafo 22, del Regolamento sulle indennità eventuali del Regio Esercito. In data 30 aprile 1921 il Ministero della Guerra scriveva al Comando Generale dell’Arma che aveva inizialmente espresso il suo diniego alla concessione: «Visto quanto codesto Comando ha fatto presente col foglio nr. 4583/54 del 21.12.1920 circa le speciali condizioni di disagio in cui trovasi il Battaglione Allievi distaccato a Cassino per deficienza di adatto accasermamento in Roma, e considerato la brevità del tempo pel quale esso dovrà ancora rimanere in tale posizione, significasi che verrà prossimamente emesso un decreto che stabilisce per detto Reparto una speciale indennità giornaliera di presidio, pari alla metà di quella di accantonamento. Codesto Comando può quindi autorizzare fin d’ora il pagamento relativo con decorrenza dal 1° gennaio 1921».

L’indennità venne soppressa il 1° aprile 1924.

Nel mese di gennaio 1921 il distaccamento raggiunse la sua forza massima: circa 2.800 uomini. Il 25 gennaio venne costituito un nuovo distaccamento ad Arpino, nei locali dell’ex Convalescenziario militare. Esso assunse il nome di 2ª Compagnia provvisoria alle dipendenze del 2° Battaglione.

In ambito sanitario, sia per il Presidio di Cassino che per quello di Arpino, prima ancora che vi fossero destinati gli Allievi Carabinieri, e cioè quando Cassino alloggiava i Prigionieri di Guerra e Arpino i convalescenti malarici del Corpo d’Armata, le funzioni ispettive erano esercitate dal Direttore di Sanità del Corpo d’Armata di Roma, trattandosi di reparti che, pur occupando il territorio del Corpo d’Armata di Napoli, erano, di fatto, alle dipendenze di quello di Roma. Tuttavia gli Ospedali Civili dei due presidi, per ragioni di territorio, avevano stipulato un contratto con l’Ospedale Militare di Caserta, del Corpo d’Armata di Napoli, pertanto tali funzioni erano passate al Direttore di Sanità del Corpo d’Armata di Napoli. Ma questi, di fatto, non si era mai preoccupato dell’igiene e del servizio sanitario del Campo di Cassino e del Presidio di Arpino anche perché le convenzioni con i medici civili che vi prestavano servizio erano stipulate dall’ospedale militare di Roma.

Il maggior aggravio che ne derivava per l’Erario, la mancanza di cure e di assistenza per i malati ricoverati, indussero a non rinnovare il contratto con l’ospedale per l’anno 1926.

L’infermeria iniziò pertanto a funzionare come infermeria speciale per il ricovero, oltre che degli ammalati di media gravità, anche per quelli gravi intrasportabili. Per sopperire alle aumentate esigenze dell’infermeria, il Ministero della Guerra approvò le proposte fatte dalla Direzione di Sanità Militare di Roma, stabilendo che tutti i malati lievi sarebbe stati, come di norma, ricoverati presso l’infermeria; gli ammalati gravi trasportabili sarebbero stati sgombrati sull’ospedale militare di Roma; quelli gravi intrasportabili sarebbero stati ricoverati nell’infermeria. Sarebbero stati assegnati all’infermeria due carabinieri che avessero frequentato l’apposito corso d’istruzione di aiutante di sanità. Al Capitano dirigente il Servizio Sanitario del Distaccamento, sarebbe stato affiancato, nei periodi di massima forza, un ufficiale subalterno medico. Qualora si fosse reso necessario un intervento chirurgico di speciale entità, su richiesta, sarebbero stati inviati degli Ufficiali Medici specializzati dell’Ospedale di Roma. Per far fronte al continuo aumento del numero degli allievi, dovuto anche al transito di forti contingenti di militari da altre Armi, si optò, al fine di contenere i costi, per l’abbattimento di diversi muri divisori all’interno dei padiglioni occupati dalla 6ª Compagnia e la chiusura alternata delle finestre in tutti i padiglioni, in modo da ottenere un maggior numero di posti letto e da ridurre il numero degli infissi.

Quando il 17 ottobre 1927, a causa di piogge torrenziali, crollò la volta del pozzo nero, situato a ridosso della testata sud del padiglione nr. 27, adibito a uffici del Comando di Battaglione, a dormitorio dei Capitani e a circolo e mensa degli Ufficiali fu ormai per tutti chiaro che l’avventura cassinate della Legione Allievi stava per terminare. In quell’occasione, il Comando del Genio Militare fece ufficiosamente conoscere che non avrebbe fatto eseguire le riparazioni richieste poiché era imminente il trasferimento del 2° Battaglione a Gaeta.

Il 29 novembre 1927 si concluse il trasferimento del 2° Battaglione iniziato nei mesi precedenti. A Gaeta il distaccamento andò a occupare, per il personale e per i materiali, le caserme «Valfrè», «Santa Caterina», «Tosti» e «Castello».

Il tenore della perdita per la città di Cassino può essere compreso leggendo il verbale della Giunta comunale riunitasi il 18 giugno 1923, quando già si paventava il rischio del trasferimento del Distaccamento:

«Ritenuto che si è diffusa nella cittadinanza la notizia del prossimo allontanamento da questo Comune del Distaccamento della Legione Allievi Carabinieri;

Ritenuto che tale notizia ha avuto una grave ripercussione nella pubblica opinione, provocando una intensa agitazione tra la Cittadinanza tutta legittimamente allarmata per il trasferimento del Distaccamento in parola, al quale in dipendenza della lunga permanenza in questo Capoluogo del contegno esemplare sempre tenuto dai militari, dai graduati e dai signori Ufficiali, dei cordiali rapporti sempre interceduti tra Autorità locali, Cittadini e Comando del Distaccamento stesso, sentesi legata da vincoli [d]i sincera simpatia, sì da considerare gli Allievi Carabinieri come ambita parte della popolazione locale;

Considerato che l’allontanamento degli stessi arrecherebbe un notevole danno economico al commercio locale, aggravando la crisi che travaglia questa Città;

Ritenuto che per tranquillizzare la Cittadinanza, e prevenire manifestazioni collettive di protesta, urge rappresentare all’On/le Ministro della Guerra l’opportunità di mantenere in Cassino il Distaccamento Legione Allievi Carabinieri;

Facendo eco ai voti della Cittadinanza, unanime.

DELIBERA

Rassegnare a S.E. l’On/le Ministro della Guerra deferente e calorosa preghiera, perché sia mantenuto in Cassino il Distaccamento della Legione Allievi Carabinieri che trovasi alloggiato in idonei ed ampii locali, la cui permanenza incontrò il più largo gradimento da parte dell’intera popolazione, nel mentre l’allontanamento del Distaccamento riuscirebbe di grave pregiudizio agl’interessi economici di questo Capoluogo, che tuttora risente le tristi conseguenze del terremoto del 13 gennaio 1915 e nel diuturno sforzo per la sua rinascita e per il progressivo invegliamento». attente dal Governo Nazionale paterno aiuto».

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NOTE

* L’articolo è stato pubblicato sul periodico bimestrale «Notiziario Storico dell’Arma dei Carabinieri», a. IV, n. 6/2019, pp. 34-41. Si ringrazia il Ten. Col. Raffaele Gesmundo, responsabile dell’Archivio Storico – Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri, per aver concesso l’autorizzazione alla sua integrale pubblicazione. Si ringrazia pure il socio Carlo Nardone che lo ha segnalato.

** Maresciallo dei Carabinieri in servizio presso l’Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri di Roma.

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