Piedimonte San Germano sabato 15 ottobre 2022
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Sala del Consiglio Comunale «Bruna Bellavista»
Presentazione del volume di Francesco Di Giorgio
Dalla Fiat a Stellantis. 50 anni di evoluzione sociale ed economica del Lazio meridionale 1972-2022
Saluti istituzionali:
- Gioacchino Ferdinandi – sindaco di Piedimonte San Germano
Relatori:
- Gaetano de Angelis-Curtis – presidente del Centro Documentazione e Studi Cassinati (Cdsc-Aps)
- Natia Mammone – già deputato al Parlamento
- Andrea Meccia – giornalista
- prof. Marco Dell’Isola – Magnifico Rettore Università di Cassino
- Francesco Di Giorgio – autore
Modera: Stefano Raucci – giornalista e conduttore «Radio Radio»
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Intervento di Gaetano de Angelis-Curtis
presidente del Centro Documentazione e Studi Cassinati-Aps
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A tutti i presenti, autorità e relatori, porto i saluti del Centro documentazione e studi cassinati-Aps che mi onoro di presiedere. Al sindaco di Piedimonte San Germano, avv. Giaocchino Ferdinandi, e a tutta la sua Amministrazione con l’assessora alla Cultura Ermelinda Costa, alla Pro Loco del presidente Alfonso Testa, a Marco Capraro e a tutti coloro che si sono spesi per l’organizzazione dell’evento odierno vanno sinceri ringraziamenti per aver voluto aderire convintamente e immediatamente alla proposta di presentazione del volume, al sindaco di Cassino, dott. Enzo Salera, e alla sua Amministrazione, al Magnifico Rettore dell’Università, prof. Marco Dell’Isola, per la sua cordiale disponibilità sia per il suo contributo scritto inserito nella pubblicazione sia per la sua autorevole partecipazione, all’on. Natia Mammone che ci onora con la sua presenza stasera, ad Andrea Meccia che interviene nella duplice veste di giornalista indipendente, già autore di interessanti articoli e reportage sulla Fiat, e di rappresentante di famiglie ‘immigrate’ in questo territorio.
Il Centro documentazione e studi cassinati-Aps, associazione senza fini di lucro che opera da più di un ventennio in campo culturale, non poteva non interessarsi di un evento così altamente significativo per questo territorio come quello rappresentato dall’insediamento avvenuto cinquant’anni or sono dello stabilimento Fiat, dal 2014 Fca (Fiat Chrysler Automobiles) e ora Stellantis. In tal senso, con orgoglio, funge da editore della pubblicazione licenziata da un suo alacre e dinamico socio, Francesco Di Giorgio, nonché, allo tempo stesso, ha cogestito l’organizzazione delle manifestazioni legate all’importante evento.
Il 15 ottobre 1972 usciva dalla linea di produzione dello stabilimento Fiat di Cassino-Piedimonte la prima autovettura, era una «126», ed ecco perché abbiamo voluto ricordare i cinquant’anni dall’insediamento proprio nella giornata di oggi con la presentazione del volume di Francesco Di Giorgio Dalla Fiat a Stellantis. 50 anni di evoluzione sociale ed economica del Lazio meridionale 1972-2022, un libro che ripercorre le varie fasi che hanno fatto seguito allo sbarco dell’importante complesso industriale su questo territorio: dall’insediamento, all’attività produttiva, all’impatto che ebbe direttamente o indirettamente su questo territorio con le trasformazioni indotte nella e alla società locale e con le modifiche subite da questo territorio.
Come sappiamo bene tutti l’insediamento dell’importante stabilimento industriale fu scelta un’area ricompresa nel territorio di Piedimonte San Germano a pochi chilometri di distanza da Cassino.
Ma quale era la situazione di questo territorio nella seconda metà del Novecento?
Si trattava di un comprensorio composto da «aree sfibrate», così le definisce Francesco Di Giorgio a p. 137, ma più che altro si trattava di aree depresse, di aree devastate in senso fisico, materiale e psichico dagli eventi bellici che si erano tragicamente e luttuosamente abbattuti sui suoi abitanti, con il suo tessuto sociale ed economico uscito fortemente provato dalla sosta su questo territorio di nove sfibranti mesi di guerra.
Proprio la scelta dell’ubicazione dello stabilimento non fa che accomunare, relativamente alla storia più recente di questo territorio, ancor di più le due città che si richiamano dualisticamente nella dizione dello stabilimento: Fiat di Cassino e Fiat di Piedimonte San Germano.
Infatti in merito alle vicende della Seconda guerra mondiale, Piedimonte San Germano è il Comune che più di ogni altro si avvicina a Cassino tanto che la città Piedimonte è stata definita dagli storici come «la piccola Montecassino»:
- tutte e due le città sono state il baluardo e il perno difensivo di altrettante linee difensive approntate militarmente dai tedeschi, la Linea Gustav per Cassino e la Linea Hitler o Sbarramento Senger per Piedimonte;
- tutte e due sono ubicate ai piedi di massicci montuosi (Montecassino e Monte Cairo) da cui sono dominate e che per la loro ubicazione geo-strategica furono fortemente presidiati dalle truppe naziste;
- tutte e due le città furono liberate dal Corpo di spedizione polacco del gen. Wladislaw Anders: alla liberazione di Cassino, emblematicamente fissata al 18 maggio 1944 con la conquista dell’abbazia di Montecassino, fece seguito una settimana dopo quella di Piedimonte avvenuta il 25 maggio, sette giorni di cruente battaglie per sette chilometri;
- tutte e due le città hanno condiviso lo stesso amaro destino perché sono state ridotte totalmente in frantumi, tutte e due distrutte al 100%.
Nell’immediato dopoguerra gli abitanti di tutte e due le città (come il resto del territorio) languirono di stenti: campi minati e materiali bellici disseminati ovunque e pericolosi in genere oltre che di impedimento per la ripresa delle attività agricole; abitazioni e infrastrutture polverizzate; malaria e altre malattie che infierivano; scarsità di prodotti alimentari, di prodotti igienici, di indumenti, ecc.
Finita la guerra il territorio del Lazio meridionale era già stato interessato da una fase di industrializzazione incentratasi nella riattivazione di quegli impianti già operanti localmente ma andati distrutti o danneggiati nel corso della guerra (quelli cartari del triangolo Sora-Isola Liri-Arpino o di Atina, Ceprano) oppure promuovendo nuovi insediamenti produttivi (la Riv, ora Skf, e tutti gli stabilimenti di piccole e medie dimensioni dislocati in varie città a stretto contatto con il tessuto urbano). Si trattava di scelte industriali indotte da una politica destinata a mitigare le tremende difficoltà in cui si dibatteva un territorio martoriato dal passaggio del fronte di guerra. Si trattò quindi di interventi tesi all’occupazione di maestranze locali che pur tuttavia si rilevarono comunque insufficienti se si considera il forte flusso migratorio europeo e transoceanico degli anni ‘50 e ‘60, al pari del fatto che quegli impianti, con le dovute eccezioni, sono stati quasi tutti incapaci di garantire la loro attività produttiva sul medio-lungo termine.
Qualche anno più tardi ulteriori politiche industriali furono adottate in seguito a interventi straordinari statali come quelli attuati dalla Cassa per il Mezzogiorno.
Tuttavia di ben altro spessore è stato l’insediamento di un imponente stabilimento come quello della Fiat per le dimensioni in termini sia occupazionali che di produttività giornaliera, di movimentazione umana e di materiali, di impatto socio-economico.
Va detto che prima e dopo l’insediamento della Fiat tutto il territorio ora incastonato nel Lazio meridionale ha visto il susseguirsi, negli anni ‘60 e ‘70 del Novecento, di almeno quattro momenti che hanno avuto importanti riflessi sociali ed economici:
- l’apertura dell’Autostrada del Sole (il 22 settembre 1962 era stato inaugurato proprio a Cassino il tratto autostradale Frosinone-Caserta mentre il completamento si ebbe nel 1964);
- l’installazione di due caserme militari con funzione di Centro Addestramento Reclute, una a Sora (oggi 41° Reggimento «Cordenons») e l’altra, la «Lolli Ghetti», a Cassino (oggi 80° Reggimento Fanteria «Roma»);
- l’insediamento, appunto, della Fiat con l’avvio delle attività produttive nel 1972;
- la statizzazione dell’Università degli Studi avvenuta nel 1979.
Dunque l’insediamento della Fiat in questo territorio fu avviato nel settembre 1969 quando venne decisa l’apertura di uno stabilimento industriale nel Cassinate che faceva seguito alla decisione delle autorità politico-istituzionali e dei vertici Fiat di Torino di avviare una politica di delocalizzazione verso il meridione di produzione favorita da finanziamenti statali. Il 23 dicembre 1969 il Comitato dei ministri per il Mezzogiorno, su proposta di Giulio Andreotti, ministro per l’Industria e il Commercio, costituì nella provincia di Frosinone un’«area di sviluppo industriale» che allargava a trenta Comuni la possibilità di poter usufruire delle politiche di industrializzazione fino ad allora limitate solo a quelli facenti parte del «Nucleo di industrializzazione “Valle del Sacco». Quindi il 22 gennaio 1970 il ministro della Cassa per il Mezzogiorno, Paolo Emilio Taviani, emanò il decreto di concessione del contributo di 40 miliardi delle vecchie lire alla Fiat per installare uno stabilimento industriale con una previsione occupazionale di circa 5.000 unità. Le resistenze dei proprietari che si opponevano alla cessione dei terreni, determinando forti difficoltà negli espropri (di cui ci dà contezza l’allora sindaco di Piedimonte San Germano, Mario Aceti, nella lettera di dimissioni presentate il 12 ottobre 1972 e riproposta integralmente nel volume alle pp. 29-31) furono superate solo tramite l’intervento del prefetto di Frosinone nel marzo 1970. Quindi il 15 settembre 1970 iniziarono i lavori edili e solo due anni dopo, il 23 settembre 1972, fu avviata la produzione: un mese dopo, lunedì 15 ottobre uscì dalle linee la prima autovettura, una «126» presentata ufficialmente al Salone dell’Auto di Torino il 7 novembre successivo. Insomma erano trascorsi soli tre anni dalla disponibilità finanziaria all’inizio della produzione.
Così la Fiat, la grande azienda fondata nel 1899 a Torino con un acronimo dal benaugurante significato latino, che aveva pian piano inondato il mercato italiano dei suoi prodotti industriali (negli anni Ottanta deteneva il 60% delle vendite auto), che aveva attraversato non senza scossoni tutti e due gli eventi bellici e poi, in particolare, il secondo dopoguerra, che con la «600» ha rappresentato uno dei simboli del boom economico, quel miracolo italiano caratterizzato dalla forte crescita economica e dallo sviluppo tecnologico, nel 1972, guidata dall’avv. Gianni Agnelli (presidente per il trentennio 1966-1996), si è insediata in questo territorio su una superficie, oggigiorno, di due milioni di metri quadrati. Se notevoli sono le dimensioni fisiche dello stabilimento altrettanto notevoli sono state le dimensioni occupazionali: al momento dell’avvio della produzione la Fiat impiegava 2.000 unità, salite nel 1973 a 3.000, nel 1980 a 9.000 e poi a 12.500 (che rappresenta il massimo dato occupazionale) fino alle circa 3.000 unità impiegate tutt’oggi.
Forse in quegli anni, e in quelli successivi, non si sono percepite appieno le potenzialità correlate alla favorevole congiuntura, né le trasformazioni che sarebbe state prodotte oppure indotte da essa. Nessuno poteva pensare allora e può pensare oggi che l’arrivo della Fiat potesse d’incanto risolvere tutti i problemi di questo territorio. Tutt’altro. Anzi ai vecchi problemi, quelli atavici di cui aveva sempre sofferto questo territorio, si vennero a innestare nuovi problemi. Tuttavia si è trattato di un insediamento che, come opportunamente riportato nella pubblicazione (p. 18) nella felice espressione offerta dal sindaco di Pontecorvo Giuseppe Aloisi Masella, ha rappresentato «un’ancora di salvezza per le nostre popolazioni».
Dal momento in cui la Fiat è diventata parte integrante di questo territorio, la storia dell’importante gruppo industriale torinese è divenuta anche la storia di questa terra in quanto ne ha influenzato gli aspetti economici, sociali, culturali, demografici, lavorativi, sportivi ed oltre.
Ad esempio questo territorio che da sempre è stato a vocazione emigratoria, a partire dal 1972, e per qualche tempo dopo, ha vissuto una situazione capovolta. Infatti da terra storicamente di emigrazione si è trasformata in terra di immigrazione per molti lavoratori provenienti da aree e regioni limitrofe (di cui ci riferirà tra poco Andrea Meccia in questa sua duplice veste di immigrato e di giornalista); oppure si è trasformata in terra di emigrazione di ritorno cioè per persone del comprensorio o originarie del meridione già emigrate a Torino per andare a lavorare negli stabilimenti del Lingotto e che poi hanno chiesto e ottenuto il trasferimento alla Fiat di Cassino-Piedimonte San Germano (e di questi aspetti opportunamente il volume ne dà conto nella sezione Contributi, riflessioni e testimonianze), ma anche di soggetti inviati dalla casa madre a sovrintendere e coordinare le operazioni di insediamento o con compiti di responsabilità della gestione dei processi produttivi i quali hanno finito per radicatisi poi sul territorio.
L’aumento demografico innescò, nel breve e nel lungo termine, nuovi problemi da risolvere. Nell’immediato quello edilizio ad esempio e per dare ospitalità ai lavoratori trasferitisi fu avviato un ampio programma edilizio con la costruzione di nuovi insediamenti abitativi in vari Comuni del circondario (le cosiddette «Case Fiat»), anche se molti dipendenti decisero di provvedere da sé.
Al pari l’aumentato reddito nel comprensorio delle famiglie, in genere, ha consentito ai figli la frequenza in Istituti scolastici superiori e poi accademici con l’Università di Cassino che, soprattutto nella componente di Ingegneria, ha saputo instaurare un rapporto privilegiato e proficuo con la Fiat, proseguito poi con Fca e Stellantis ed oggi fortemente impegnata in nuove sfide tecnologiche come l’elettrificazione dei motori auto (un rapporto ripercorso dal magnifico rettore prof. Dell’Isola nel suo contributo a stampa e poi nell’intervento conclusivo).
In più, nel corso di questi cinquant’anni, la presenza della Fiat ha avuto ricadute positive in ambito culturale nonché ha fatto da volano, diretto e indiretto, per la promozione e concretizzazione di politiche di vario genere, ad esempio quelle giovanili e quelle in campo sportivo. Non da ultimo la Fiat e l’indotto hanno prodotto effetti anche nel favorire nel comprensorio un processo di industrializzazione più generale stimolando pure la formazione di una classe industriale locale.
Di contro non sono mancate nella Fiat di Cassino-Piedimonte San Germano forme di dissenso nei confronti delle politiche industriali adottate, se non come «luddismo» in senso stretto, dal nome dall’operaio Ned Ludd che in una stabilimento manifatturiero inglese avrebbe infranto nel 1779 un telaio (atto identificato alla stregua di primo gesto di rivolta contro l’uso indiscriminato delle macchine nelle fabbriche), ma come atteggiamento teso a rivendicare miglioramenti delle condizioni lavorative e salariali. Infatti in questi primi cinquant’anni di vita si sono succedute anche stagioni difficili, con sindacati e lavoratori impegnati in difesa dei livelli occupazionali, del diritto al lavoro o incentrate sulla richiesta di rinnovi contrattuali, stagioni che si sono alternate o hanno coinciso con ciclici periodi di crisi dovuti a questioni di stampo internazionale o di carattere nazionale, oppure legate a difficoltà del comparto industriale in genere o più strettamente di quello dell’automobile o specifiche del mondo Fiat (basti ricordare quella di inizio anni 2000, ripercorsa nel volume nel capitolo XIX). Varie e diversificate sono state le manifestazioni di protesta con scioperi, mobilitazioni, cortei, sit-in, di operai, sindacalisti ed esponenti del mondo istituzionale-politico-amministrativo, dimostrazioni davanti ai cancelli dell’impianto di Piedimonte San Germano (il «picchettaggio», il «volantinaggio»), il tutto purtroppo condito anche da gravi episodi di terrorismo politico.
Tra le tante persone del mondo Fiat che hanno offerto nel corso di questi cinquant’anni il loro contributo allo stabilimento (la proprietà, gli amministratori delegati, i vari direttori dello stabilimento) mi sia consentito citarne tre legate che, in un modo o in altro, appaiono legate a questo territorio:
- Franzo Grande Stevens a tutti noto come l’avvocato dell’avvocato, che iniziò la sua formazione scolastica a otto anni nel collegio di Montecassino dove rimase fino all’estate del 1943 quando fece ritorno a Napoli in seguito alla chiusura del collegio benedettino a causa dell’avanzare della guerra e poi una volta a Torino si è dimostrato sempre pronto ad ascoltare le istanze provenienti da questo territorio;
- mons. Bernardo Fabio D’Onorio per anni abate e vescovo di Montecassino che ha dimostrato di avere sempre avuto a cuore i destini della fabbrica, sostenendola e difendendola soprattutto nei momenti più critici arrivando a farsi ricevere a Torino dall’avv. Gianni Agnelli o non disdegnando di intervenire in assemblee sindacali (come ampiamente documentato nel volume);
- Sergio Marchionne scomparso troppo presto e troppo velocemente cui l’Università di Cassino nel 2007 ha inteso conferire la laurea Honoris causa in Economia come ricorda il Magnifico Rettore Marco Dell’Isola nel suo contributo a p. 261. Henry Ford, il fondatore dell’omonima casa automobilistica americana, ha avuto modo di raccontare che quando sentiva il rumore di un motore di una Alfa Romeo si toglieva il capello in segno di ammirazione e rispetto nei confronti dell’allora marchio di Arese e tale positiva valutazione fa ancor più piacere a questo territorio da quando Marchionne volle che lo stabilimento di Cassino-Piedimonte divenisse Alfa Romeo Plant.
Ripercorre, dunque, la storia di questi primi cinquant’anni dall’insediamento a Cassino-Piedimonte San Germano di un importante complesso industriale come quello di Fiat-Fca-Stellantis non è cosa facile e bisogna dare atto a Francesco Di Giorgio della meticolosa ricerca svolta e del prodotto finale offerto trattandosi di un lavoro non semplice per la complessità dei temi rappresentati e delle questioni riportate.
L’autore non ha inteso volutamente dare né un taglio celebrativo, né rivendicativo ma si è soffermato sui fatti reali, sulle situazioni concrete, su ciò che è storicamente accaduto, privilegiando delle fonti poco note, se non del tutto sconosciute ai più. Così ha provveduto ad inserire, ad esempio, il resoconto stenografico della riunione del Consiglio della Regione Lazio a Cassino un resoconto riportato senza filtri, senza omissioni tanto che per questo volume diventa esso stesso un strumento di ricerca per chi volesse approfondire tali temi.
Ecco per l’immediato futuro, considerato il delicato momento che stiamo vivendo a livello locale e a livello globale, oserei sperare nella convocazione di un Consiglio regionale straordinario a Cassino sulla falsariga di quanto avvenuto il 4 dicembre 1974. Non bisogna dimenticare che la provincia di Frosinone ha il Consorzio industriale più grande del Lazio e che Stellantis è il più grande impianto industriale operante nel Lazio.
Lo studio, in definitiva, persegue vari obiettivi quale quello di fare memoria e quello di rendere edotti su parte di quanto accaduto dal 1972 ad oggi ma allo stesso tempo vuol fungere anche da stimolo per il futuro perché la conoscenza delle situazioni positive e delle manchevolezze, dei problemi sorti e delle risposte offerte nel corso di cinque decenni, può indurre, facendone tesoro, le istituzioni italiane, da quelle nazionali e governative a quelle degli enti locali (Regione Lazio, provincia e Amministrazioni comunali), nonché consorzi, università e soggetti interessati, nei prossimi anni, a fornire riscontri pertinenti, efficaci e tempestivi.
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