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«Studi Cassinati», anno 2022, n. 4
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di Gaetano de Angelis-Curtis
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Cinquant’anni or sono la più importante industria automobilistica italiana, la Fiat, dal 2014 Fca (Fiat Chrysler Automobiles) e ora Stellantis, si insediò nel Comune di Piedimonte San Germano a pochi chilometri di distanza da Cassino.
Ma quale era la situazione di questo territorio nella seconda metà del Novecento?
Si trattava di un comprensorio composto da «aree sfibrate» (così le definisce Francesco Di Giorgio a p. 137), ma più che altro erano aree depresse, aree devastate in senso fisico, materiale e psichico dagli eventi bellici che si erano tragicamente e luttuosamente abbattuti sui suoi abitanti e con il suo tessuto sociale ed economico uscito fortemente provato dalla sosta su questo territorio di nove sfibranti mesi di guerra. Nell’immediato secondo dopoguerra gli abitanti di tutte e due le città (come il resto del territorio) languivano di stenti tra campi minati e materiali bellici disseminati ovunque e pericolosi in genere oltre che di impedimento per la ripresa delle attività agricole; tra abitazioni e infrastrutture polverizzate; tra malaria e altre malattie che infierivano; tra scarsità di prodotti alimentari, di prodotti igienici, di indumenti, ecc.
Alla fine degli anni ‘40 e negli anni ‘50 del Novecento il territorio del Lazio meridionale venne interessato da una fase di industrializzazione incentratasi nella riattivazione di quegli impianti già operanti localmente ma andati distrutti o danneggiati (le cartiere del triangolo Sora-Isola Liri-Arpino o di Atina, Ceprano) oppure promuovendo nuovi insediamenti produttivi (la Riv, ora Skf, e tutti gli stabilimenti di piccole e medie dimensioni dislocati in varie città a stretto contatto con il tessuto urbano). Si trattò di scelte industriali indotte da una politica destinata a mitigare le tremende difficoltà in cui si dibatteva un territorio martoriato dal passaggio del fronte di guerra. In sostanza gli interventi adottati furono tesi all’occupazione di maestranze locali. Tuttavia essi si rilevarono comunque insufficienti se si considera il forte flusso migratorio europeo e transoceanico degli anni ‘50 e ‘60, al pari del fatto che quegli impianti, con le dovute eccezioni, sono stati quasi tutti incapaci di garantire la loro attività produttiva sul medio-lungo termine.
Qualche anno più tardi ulteriori politiche industriali furono adottate in seguito a interventi straordinari statali come quelli attuati dalla Cassa per il Mezzogiorno.
Va detto che prima e dopo l’insediamento della Fiat tutto il territorio ora incastonato nel Lazio meridionale ha visto il susseguirsi di trasformazioni che hanno avuto importanti riflessi sul tessuto sociale e sull’economia locale come, ad esempio, l’apertura dell’Autostrada del Sole (il 22 settembre 1962 l’inaugurazione proprio al casello di Cassino); l’installazione della caserma militare «Lolli Ghetti» con il suo Centro di Addestramento Reclute, oggi 80° Reggimento Fanteria Roma; la statizzazione dell’Università degli Studi avvenuta nel 1979.
Tuttavia di ben altro spessore è stato l’insediamento di un imponente stabilimento come quello della Fiat per le dimensioni in termini sia occupazionali che di produttività giornaliera, di movimentazione umana e di materiali, di impatto socio-economico.
L’idea di insediare nel Cassinate una industria automobilistica prese corpo nel settembre 1969 quando venne approvato il decreto di concessione di un contributo di 40 miliardi delle vecchie lire alla Fiat per l’apertura di uno stabilimento in quel territorio con una previsione occupazionale di circa 5.000 unità. La scelta del sito ricadde su una vasta area ubicata nel Comune di Piedimonte San Germano. Tuttavia si palesarono subito le resistenze da parte dei proprietari dei terreni i quali, opponendosi alla loro cessione, determinarono notevoli difficoltà negli espropri (di cui ci dà contezza l’allora sindaco Mario Aceti, nella lettera di dimissioni presentate il 12 ottobre 1972 e riproposta integralmente nel volume alle pp. 29-31), intoppi che furono superati solo con l’intervento del prefetto di Frosinone nel marzo 1970. Quindi il 15 settembre 1970 iniziarono i lavori edili e solo due anni dopo, il 23 settembre 1972, fu avviata la produzione, quindi un mese dopo, il 15 ottobre uscì dalle linee la prima autovettura, una «126» presentata ufficialmente al Salone dell’Auto di Torino il 7 novembre successivo. Insomma erano trascorsi soli tre anni dall’emissione del provvedimento concessorio all’inizio della produzione.
Così la Fiat, la grande azienda fondata nel 1899 a Torino con un acronimo dal benaugurante significato latino, che aveva pian piano inondato il mercato italiano dei suoi prodotti industriali (negli anni Ottanta deteneva il 60% delle vendite auto), che aveva attraversato non senza scossoni tutti e due gli eventi bellici e poi, in particolare, il secondo dopoguerra, che con la «600» ha rappresentato uno dei simboli del boom economico, quel miracolo italiano caratterizzato dalla forte crescita economica e dallo sviluppo tecnologico, nel 1972 si è insediata in questo territorio su una superficie, oggigiorno, di due milioni di metri quadrati. Se notevoli sono le dimensioni fisiche dello stabilimento altrettanto notevoli sono state le dimensioni occupazionali: al momento dell’avvio della produzione la Fiat impiegava 2.000 unità, salite nel 1973 a 3.000, nel 1980 a 9.000 e poi a 12.500 (che rappresenta il massimo dato occupazionale) fino alle circa 3.000 unità occupate tutt’oggi.
Dal momento in cui la Fiat è diventata parte integrante di questo territorio, la storia dell’importante gruppo industriale torinese è divenuta anche la storia di questa terra in quanto ne ha influenzato gli aspetti economici, sociali, culturali, demografici, lavorativi, sportivi ed oltre.
Ad esempio questo territorio che da sempre è stato a vocazione emigratoria, a partire dal 1972, e per qualche tempo dopo, ha vissuto una situazione capovolta. Infatti da terra storicamente di emigrazione si è trasformata in terra di immigrazione per molti lavoratori provenienti da aree e regioni limitrofe ma anche di soggetti inviati dalla casa madre a sovrintendere e coordinare le operazioni di insediamento; oppure si è trasformata in una terra di emigrazione di ritorno per persone del comprensorio o originarie del meridione, cioè, già emigrate a Torino per andare a lavorare negli stabilimenti del Lingotto e che poi hanno chiesto e ottenuto il trasferimento alla Fiat di Cassino-Piedimonte San Germano.
Nel volume Dalla Fiat a Stellantis. 50 anni di evoluzione sociale ed economica del Lazio meridionale, Francesco Di Giorgio ripercorre le varie fasi che hanno fatto seguito all’insediamento a Cassino-Piedimonte San Germano di un importante complesso industriale come quello di Fiat-Fca-Stellantis su questo territorio: dall’insediamento, alle attività produttive, all’impatto che ebbe direttamente o indirettamente su questo territorio con le modifiche subite e con le trasformazioni indotte nella e alla società locale. Ripercorrere, dunque, la storia di questi primi cinquant’anni non è cosa facile e bisogna dare atto a Francesco Di Giorgio della meticolosa ricerca svolta e del prodotto finale offerto trattandosi di un lavoro non semplice per la complessità dei temi rappresentati e delle questioni riportate.
Tuttavia l’autore non ha inteso volutamente dare né un taglio celebrativo, né rivendicativo ma si è soffermato sui fatti reali, sulle situazioni concrete, su ciò che è storicamente accaduto, privilegiando delle fonti poco note, se non del tutto sconosciute ai più. Così ha provveduto ad inserire, ad esempio, il resoconto stenografico della riunione di Consiglio della Regione Lazio tenutasi straordinariamente a Cassino. Tale resoconto è riportato senza filtri, senza omissioni tanto che potrebbe diventare esso stesso uno strumento di ricerca per chi volesse approfondire tali temi.
Lo studio, in definitiva, persegue vari obiettivi quale quello di fare memoria e quello di rendere edotti su parte di quanto accaduto dal 1972 ad oggi, ma allo stesso tempo vuol fungere anche da stimolo per il futuro perché la conoscenza delle situazioni positive e delle manchevolezze, dei problemi sorti e delle risposte offerte nel corso di cinque decenni, possa indurre, facendone tesoro, le istituzioni italiane, da quelle nazionali e governative a quelle degli enti locali (Regione Lazio, provincia e Amministrazioni comunali), nonché consorzi, università e soggetti interessati, a fornire, nei prossimi anni, riscontri pertinenti, efficaci e tempestivi.
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Francesco Di Giorgio, Dalla Fiat a Stellantis. 50 anni di evoluzione sociale ed economica del Lazio meridionale 1972-2022, Centro documentazione e studi cassinati-Aps, Cassino 2022, pagg. 316, illustr. col. e b./n.; f.to cm. 17×24; ISBN 978-88-97592-65-5
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