LA SVEZIA E L’ITALIA: LA SCRITTRICE FREDRIKA BREMER A MONTECASSINO

«Studi Cassinati», anno 2024, n. 4

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di

 Domenico Tortolano

Fredrika Bremer, ritratto di Johan Gustaf Sandberg (it.wikipedia.org).

«La Svezia fu una delle prime nazioni d’Europa a riconoscere il nuovo Regno d’Italia» come scrisse in un suo saggio per un periodico italo-svedese nel 1969 il professor Stellan Ahlstrom dell’Università di Uppsala.

A far conoscere la situazione italiana nel mondo era stata la scrittrice svedese Fredrika Bremer che per diversi anni girò non solo per l’Europa e l’America ma era giunta anche in Italia soggiornando in varie città del nord e del sud, visitando pure il monastero di Montecassino.

Negli anni 1849-1851 era già stata negli Stati Uniti, che descrisse in un’opera dal titolo Focolari del Nuovo mondo.

Poi nel maggio del 1856 lasciò di nuovo la Svezia per recarsi in Svizzera a studiare la chiesa riformata del Vinet. In realtà il viaggio durò cinque anni: soltanto nell’estate del 1861 fece ritorno in patria, dopo essere stata in molti paesi europei e dopo aver visitato la Palestina, l’Egitto e la Turchia. Le avventure del lungo viaggio e le impressioni riportate costituirono un’opera di circa 1800 pagine, tradotta in inglese e tedesco, suddivisa in sei parti – la seconda è dedicata all’Italia – che fu pubblicata tra gli anni 1860-1862 con il titolo di La vita nel Vecchio mondo nel quale la scrittrice svedese utilizza il motto di Terenzio che è rivelatore del suo animo: «Sono uomo e nulla di umano mi è estraneo»; esso caratterizza, pertanto, quel senso di realtà e di interessi sociali in colei che dal poeta americano, Nathaniel Hawthorne, incontrato negli Stati Uniti e poi rivisto a Roma dieci anni dopo, viene definita «la nubile zietta dell’umanità». Quando aveva iniziato il viaggio la scrittrice aveva cinquantacinque anni. Era famosa, i suoi romanzi erano stati tradotti in molte lingue, era dotata di un acuto spirito di osservazione, con un’inclinazione particolare a discutere problemi sociali e politici, e soprattutto a difendere la libertà della donna.

Come è stato notato da Tora Nordstrom­Bonnier, in un eccellente articolo, però, più che i romanzi, di Bremer contano le descrizioni dei viaggi, cioè le sue relazioni dall’estero.

Scrive ancora il prof. Stellan Ahlstrom: «Nel 1861 la Bremer passa per Venezia di ritorno in patria. Il suo libro sull’Italia, però, era già stato pubblicato nel 1860 e proprio nel 1861 viene tradotto in inglese e tedesco. In diversi paesi del mondo il libro di Fredrika Bremer fece comprendere maggiormente il Risorgimento e destò simpatie per la causa italiana».

IL VIAGGIO IN ITALIA

Nel settembre del 1857, attraverso il Sempione, giunge in Italia. Il viaggio si svolge con questo itinerario: Lago Maggiore, Torino, Genova, La Spezia, Pisa, Firenze, Siena, Roma, Montecassino, Napoli, Palermo, Messina. Da qui, nel dicembre del 1858, partirà per Malta e poi si recherà in Terra Santa.

Le sue impressioni italiane non sono turistiche. Il viaggio in Italia di Fredrika Bremer ha per sfondo i principali eventi del Risorgimento e le figure di punta che prepararono l’unità d’Italia. La sua partecipazione spirituale alla causa italiana di libertà, le sue fervide simpatie per l’unità e l’’indipendenza sono della stessa intensità di quelle di Carl Snoilsky, il poeta svedese che cantò, qualche anno dopo, in una raccolta di poesie dedicate all’Italia, la libertà risorgimentale.

La scrittrice imposta tutto ciò che vede sul principio della nazionalità: un popolo, uno Stato. S’interessa con passione dei problemi italiani e studia la storia d’Italia. Le mie prigioni del Pellico suscitano in lei un sentimento d’odio per l’Austria. Legge Le speranze d’Italia e il Sommario della Storia d’Italia di Cesare Balbo. Ed inoltre Il Primato morale e civile egli italiani di Gioberti, la Storia d’Italia di Carlo Botta.

A Torino è lieta di poter leggere sui muri: «La legge è uguale per tutti», come indice del nuovo spirito liberale che permeava il Regno di Savoia. L’episodio centrale della sua permanenza nella capitale sabauda è l’incontro con Camillo Benso di Cavour avvenuto il 21 ottobre 1857.

Ripartita da Torino si sposta a Firenze dove visita gallerie d’arte e chiese. Incontra il Granduca di Toscana Leopoldo II. Apprezza l’aria di libertà che c’è in Toscana, le riforme leopoldine del codice penale ed anche la libertà di stampa. Quindi il viaggio al sud d’Italia. Poi va a Costantinopoli e di ritorno in patria passa per Venezia – che allora non apparteneva ancora all’Italia unita -, prima di abbandonare definitivamente il suolo italiano.

A sei giorni dalla morte di Cavour, annoterà, il 12 giugno 1861, il senso di desolazione che la scomparsa del grande statista aveva lasciato negli animi: «Ieri, al caffè sotto i tigli, adagio, è circolata la triste notizia che Cavour è morto. A Venezia c’è una atmosfera deprimente. Povera Venezia! Povera Italia!».

FREDRIKA BREMER A MONTECASSINO

Per sei mesi, da dicembre 1857 a maggio 1858, la Bremer è a Roma. Frequenta il Vaticano, dialoga con il cardinale e segretario di stato Giacomo Antonelli, odiato dai patrioti italiani. Alla scrittrice svedese, però, è simpatico. E grazie a lui nel febbraio 1858 incontra Papa Pio IX. Lei luterana, parla di religione con il capo del Vaticano, della posizione dei cattolici e dei luterani di fronte a Cristo. Le parole liberali del Pontefice sono di suo gradimento e anche a Pio IX lei è simpatica.

A fine maggio lascia Roma e su consiglio del cardinale Antonelli e dello stesso papa nel viaggio di trasferimento a Napoli fa tappa a Cassino per una visita al monastero di Montecassino.

A quei tempi, però, i viaggi tra Roma e Napoli e per salire a Montecassino erano ancora difficoltosi. I treni da Roma verso sud si fermavano a Ceprano mentre quelli da Napoli a Caserta. I binari a Cassino arrivarono nel 1863, l‘anno in cui fu inaugurata la stazione sulla linea Roma-Napoli.

E così la Bremer arrivò a Cassino in carrozza. Soggiornò per una notte in una casa del centro. Per andare al monastero venne aiutata dai portatori che sostavano alla base del monte. Praticamente a piedi. C’erano i muli o gli asini. O piccoli carretti, secondo le cronache dei monaci.

Al monastero venne ricevuta dall’abate Simplicio III, Pappalettere da Barletta (fu abate da aprile 1858 al 1863), informato dal Vaticano. Una giornata intensa per la Bremer che dopo il Vaticano visitava un altro monumento della chiesa cristiana. Un cenobio voluto dal suo fondatore, san Benedetto venuto da Norcia. E su consiglio del Vaticano a realizzare sul monte sopra Cassino un monastero. Da qui i monaci nei secoli si sparsero per tutta l’Europa dove fondarono altri monasteri ancora esistenti. Il colloquio fra la Bremer e Pappalettere fu cordiale e si dilungò per parecchio. Parlarono di religione, dei rapporti fra cristiani e luterani e del ruolo di Montecassino nella diffusione della religione cristiana in Europa. La Bremer rimase molto impressionata dall’organizzazione del lavoro, di studio e di ricerche, all’interno dell’antico cenobio fondato da san Benedetto così come dalla maestosità dell’antico cenobio, dalla ricca biblioteca, dai dipinti, dalle statue, dal coro ligneo. Ne apprezzò il volume delle ricerche e la ricchezza libraria oltre al lavoro dei secoli precedenti nel ricopiare testi antichi, libri rari e i tanti dipinti di illustri artisti che avevano arricchito la basilica. Montecassino all’epoca aveva una propria tipografia ed anche un osservatorio meteorologico per conoscere il clima e le sue variazioni. Per le coltivazioni era importante, già allora, conoscere in anticipo l’arrivo delle piogge o di altri fenomeni meteorologici. E a Montecassino vennero installate, tra il 1800 e il 1900, le prime stazioni sismologiche, le prime stazioni radio-telegrafiche private, le prime stazioni meteo ed altre invenzioni della tecnologia dell’epoca. Un fervore di attività sviluppate da monaci scienziati.

La Bremer discese a Cassino nel pomeriggio soddisfatta della visita e dell’incontro con l’abate. In città fu ricevuta anche dal sindaco dell’epoca, Francesco Ponari. Il giorno dopo, il 29 maggio 1858, dopo un giorno di viaggio faticoso, arrivò a Napoli. In quel periodo il Vesuvio era in piena eruzione. All’epoca regnava Ferdinando II, re delle Due Sicilie.

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