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«Studi Cassinati», anno 2020, n. 3-4
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di Salvatore Cardillo
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Come è noto, non vi è saggio storico, dépliant turistico o articolo di giornale che tratti della presenza del popolo aurunco sui lidi minturnesi, che non citi la Pentapoli Aurunca, la supposta confederazione delle cinque città ausoni nella guerra contro Roma, a fianco dei Sanniti durante il IV secolo a. C.
Ma è proprio così? Le fonti storiche ci tramandano davvero la notizia di una Pentapoli Aurunca?
Le origini del popolo Aurunco, o Ausone, si perdono nei tempi e le fonti documentali sono praticamente inesistenti, mentre quelle materiali, assolutamente scarse. Tra esse, citiamo per tutte il tempio della dea Marica, raro esempio di manufatto italico pre-romano, oramai in completo stato di incuria ed abbandono, presso la foce del Garigliano1.
La storia ancestrale di questa popolazione viaggia sempre ai limiti della leggenda e del mito. Annosa la questione se gli Ausoni e gli Aurunci fossero la stessa etnia. Su di essa, esistono discussioni e pareri discordanti.
In maniera stringata e concisa, tra gli autori antichi si possono ricordare Varrone, che vede negli Aurunci e negli Ausoni due popolazioni contigue ma diverse2 o Servio, con la sua famosa affermazione Isti (Aurunci) graece Ausones nominantur.
In epoca più recente, il Mele ipotizza che il discusso lemma Ausoni / Aurunci non vada attribuito a popolazioni diverse. Andrebbe invece accordato alla limitazione territoriale che i popoli Ausoni subirono dopo la pressione dei Volsci verso nord e quella greca a meridione. Essi, conosciuti dai Greci con tale nome, nel momento in cui subirono il ridimensionamento della loro estensione, sarebbero stati poi identificati quali Aurunci3.
Interessante – anche – la congettura in cui si ipotizza che la fortuna che l’«Ausonia» ha avuto nei testi greci, sia da attribuire ai rapporti commerciali preferenziali con i Calcidesi, i quali estesero il nome delle genti indigene con cui erano venuti a contatto, a tutte le popolazioni italiche meridionali4. In realtà, molto più semplicemente, l’ipotesi più accreditata afferma che i due nomi si risolvano nel tempo nell’unico «Ausoni», dove per il fenomeno del rotacismo la «s» intervocalica passa in «r», di qui «Auronici» e quindi Aurunci.
Un dato acquisito dalla storiografia moderna è che gli Aurunci, genti di chiara vocazione rurale, vivevano in pagi, più che in castra o urbes, costituiti da piccole abitazioni che si aprivano su uno spazio comune. Artificioso è dunque il tentativo di indicare una presunta “capitale”, cardine di queste popolazioni5.
Superata questa breve, brevissima, premessa, arriviamo al nocciolo della questione: la tanto citata, usata ed abusata «Pentapoli Aurunca».
Tito Livio, lo storico che più di altri tratta delle guerre sannitico-romane, nomina solo tre città: «… Ausona et Minturnae et Vescia urbes erant…»6, concludendo il racconto con la strage senza misura che colpì le genti aurunche7. Un vero e proprio genocidio.
Plinio, nella Naturalis Historia, fa una puntuale disamina delle città presenti sulla costa sud-pontina e parlando di Formia, della scomparsa Pirae e di Minturnae, non fa alcun cenno ad una pentapoli aurunco-ausone8.
Neanche altri scrittori latini – o greci – menzionano mai la supposta pentapoli. Infatti, nel notevole lavoro filologico sui testi classici di Ugo Zannini, in cui si esaminano testimonianze che vanno dal VI/V sec. a. C. sino al VI sec. d. C., nel verificare come «Ausones» sia lemma tramandato principalmente dalle fonti greche e Aurunci da quelle latine, si nota come nessuna, ma proprio nessuna, fonte accenni a una pretesa pentapoli o qualsivoglia confederazione ausone9.
Scorrendo i documenti, nei vari secoli, notiamo che nessun umanista o studioso che si sia occupato dei nostri luoghi, accenni mai ad una pentapoli.
Nel 1737 Girolamo Perrotta pubblica una prima monografia encomiastica sulle popolazioni aurunche10 che, come ha ben evidenziato il Federico, sembra un primo tentativo, durante il periodo borbonico, di attribuire unità territoriale e nobiltà alle genti antiche autoctone del Meridione11.
Il Perrotta non allude ad alcuna pentapoli. Non lo fanno poi il Pratilli12, il Gesualdo13, il Romanelli14, il Cayro15, il Corcia16, né autori di nascita e dimora minturnese quali il Ciuffi17 o il pur fantasioso Riccardelli18.
Arriviamo al XX secolo: segnalando che il grande storico locale Angelo De Santis, nella sua poderosa opera storico-letteraria, non menzioni mai, nei primi anni del Novecento, una supposta pentapoli, rileviamo che nemmeno il Giglioli ne faccia alcun cenno nel suo appropriato studio del 191119.
Quindi nel 1925 esce il saggio di Giuseppe Tommasino, dal titolo La dominazione degli Ausoni in Campania. Suessa Aurunca ed i suoi avanzi archeologici, un testo – ancora oggi – ritenuto da molti essenziale nelle bibliografie sugli studi aurunci. Ed è proprio nel volume citato che rileviamo il primo accenno ad una presunta pentapoli.
Infatti il Tommasino, a pag. V, nella encomiastica dedica al Senatore del Regno e Ministro della Pubblica Istruzione Pietro Fedele, scrive testualmente: «A. S. Ecc. PIETRO FEDELE, che della SCHIATTA AURUNCA incarna l’integrità dello spirito e il rigor di coscienza e la SCUOLA vivifica e feconda con sorriso di amore e di fede, QUESTE PAGINE che dell’AURUNCA VETUSTA PENTAPOLI il fatale cammino ritessono con l’anima che non oblia offro».
Si noti come il Tommasino, proponendo Suessa quale supposta capitale aurunca, lungo tutto lo svolgersi del volume non userà mai in seguito il lemma «pentapoli», preferendo accennare molte volte ad una non accertata «confederazione aurunca»20.
Ritroviamo ancora nel Maiuri, nel suo intervento Del sito di Vescia nel territorio degli Aurunci del 1934, un breve, fugace accenno ad una possibile «piccola confederazione degli Aurunci»21, limitata però alle tre urbes citate da Livio.
Ed ecco che, improvvisamente, il primo che giunge a parlare esplicitamente di una pentapoli aurunca è – nel 1935 – il poeta Domenico Tambolleo, il quale nelle sue Odi Minturnesi, in SVB VMBRA, riporta il seguente commento: «… Minturno è l’antica città della pentapoli aurunca, con Ausona, Vescia, Suessa, Sinuessa, sec. V o VI a. C. sul Liri»22.
A Tambolleo segue, poco dopo, nel 1938, Angelo Josìa, il quale – nella rivista «Latina Gens» – in un’ode dal titolo stringato di Minturno, scrive: «… Poscia della pentapoli aurunca, o tu regina, cui corteggio fanno Suessa, Ausonia, Vescia e Sinuessa, sublime ti levasti oltre la meta che il destino ti impose contro Roma…», vagheggiando un ruolo primario e privilegiato della Minturno aurunca nelle guerre sannitico-ausoniche contro Roma23.
Il cerchio si chiude con «Aurunci Patres», il pur lodevole saggio che Giuseppe Tommasino pubblica nel 1942, all’interno della «Collana Minturnese» che aveva già ospitato il contributo di don Domenico Tambolleo. Al Tommasino, nella rievocazione di carattere economico e sociale, quantunque oramai superata dai tempi e dagli studi contemporanei, va ascritto il merito di aver allargato la prospettiva di un’attendibile ricostruzione e di aver – per primo – tentato di costruire una “storia aurunca”, in un contesto sociale, economico e commerciale di importanza locale e valorizzando i legami con il territorio.
Tuttavia è proprio il Tommasino, quando scrive: «…Alludo cioè alla invitta pentapoli di Ausona (Aurunca), Suessa, Minturnae, Vescia e Sinuessa, città legate da intenti ed interessi comuni di vita e strette entro un perimetro politico-militare…»24, che sdogana il termine in ambito storico-saggistico e lo fissa come «dato acquisito», comunemente riconosciuto, a livello locale e non solo.
Probabilmente il Tommasino, che userà più volte il lemma anche in pagine successive, suggestionato dalle suddette opere poetiche degli anni precedenti, aveva in mente, quale esempio, le discusse dodecapoli etrusche, le leghe tra città-stato di carattere economico, religioso e militare, compresa la ipotizzata dodecapoli campana.
La creazione della pentapoli aurunca a livello «storico» è avvenuta. La presunta «santa alleanza» ausone, contro i pericoli esterni, assurgerà oramai a dato acquisito, venendo citata spesso e più volte nei saggi e negli scritti successivi.
Paradigmatico ciò che avviene con la presunta Pirae, o Pyrae. Scrive il Tommasino: «…Nell’orbita della pentapoli aurunca va compreso il Castrum Pirae…». Enunciando successivamente una serie di ipotesi non dimostrate, il castrum Pirae viene incorporato quale sicuro alleato della pentapoli aurunca, anche e soprattutto nelle guerre contro Roma25.
Ciò ha portato alla fantasiosa creazione moderna della «Esapoli» aurunca, come si è potuto leggere in raccapriccianti stampe turistiche, a cura delle autorità pubbliche locali.
Altre volte abbiamo incontrato deliranti e disordinati interventi sul web e sui social media, ovviamente più seguiti dei saggi storici ma del tutto privi di scientificità, nei quali Pyrae viene arbitrariamente inclusa nella fittizia pentapoli aurunca, magari “escludendo” a turno Suessa o Sinuessa26.
La pentapoli aurunca – presumibilmente – non è mai esistita. Non si hanno prove acclarate della alleanza degli insediamenti ausoni in funzione anti-romana.
Rimane la suggestione poetico-letteraria di immaginifiche espressioni e l’incanto di colorite congetture dalla inventiva visionaria.
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Bibliografia
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NOTE
1 Dea o ninfa italica, il tempio a lei dedicato era un importante luogo di culto alla foce del Garigliano, legato agli Ausoni-Aurunci. Su di esso ancora fondamentale P. Mingazzini, Il santuario della dea Marica alle foci del Garigliano, in Monumenti antichi dell’Accademia nazionale dei Lincei, 37, 1938, c. 693-957.
2 Sul dibattito se gli Ausoni e gli Aurunci fossero popolazioni diverse o appartenenti invece alla stessa etnia, si veda U. Zannini, Ausones e Aurunci: forme della traslitterizzazione in lingue differenti (greca e latina) di una stessa realtà onomastica, in Isti (Aurunci) graece Ausones nominantur, 2012, pp. 169-176. L’autore propende nettamente per l’ipotesi che «i termini Ausones e Aurunci siano forme della traslitterizzazione in lingue differenti (greca e latina) di una stessa realtà onomastica…», p. 170.
3 A. Mele, Ausoni e Ausonia, in Greci in Campania, 2014, pp. 217-261, in particolare pp. 222-223.
4 Ivi, pp. 217-222 in cui l’autore evidenzia come, in alcuni testi greci arcaici, con il termine Ausonia si identificasse buona parte dell’Italia Meridionale, con il mare Siculo definito anche quale «Ausonio». A. Pagliara, L’immagine degli Ausoni-Aurunci nella letteratura classica in Dalle sorgenti alla foce. Il bacino del Liri-Garigliano nell’antichità: culture contatti scambi, 2008, pp. 3-13 offre un interessante resoconto delle proposte etimologiche dei lemmi Ausonia ed «Ausones», tentativo proposto anche dal Musti in Ausonia Terra 1-2. Una proposta per l’etimologia di Ausones. Gli Ausoni e il vulcanismo nell’Italia antica, in «Rivista di cultura classica e medioevale», 41, 2, 1999, pp. 167-172.
5 R. Castrichino, Gli Aurunci e la loro capitale Aurunca-Mefina (Roccamonfina), 1986, vede in Roccamonfina una presunta capitale aurunca. T. De Masi Del Pezzo, Memorie istoriche degli Aurunci, antichissimi popoli d’Italia e delle loro principali città Aurunca e Sessa, 1761, p. 42, identificava in Sessa la principale sede ausonica. Francesco Orgera, in una relazione presentata alla Commissione Conservatrice di Terra di Lavoro nel 1870, accenna ad una «Ausonia capitale degli Ausoni»: Atti della Comissione Conservatrice dei monumenti ed oggetti di antichità e belle arti nella Provincia di Terra di Lavoro, 1870, p. 34. Riteniamo sicuramente artificiosi i vari tentativi di rinvenire una pretesa capitale presso le popolazioni aurunche e – tra l’altro – la cosa molto striderebbe con l’ipotesi di una pentapoli, confederazione politico-militare tra città-stato di pari dignità.
6 Liv., Ab urbe condita, IX, 25: «…Ausona et Minturnae et Vescia urbes erant…».
7 Ibidem: «…nullus modus caedibus fuit deletaque Ausonum gens vix certo defectionis crimine perinde ac si internecivo bello certasset…».
8 Pl, N. H., III, 28: «…locus Speluncae, lacus Fundanus, Caieta portus, oppidum Formiae, Hormiae dictum, ut existimavere, antiqua Laestrygonum sedes. Ultra fuit oppidum Pirae, est colonia Minturnae Liri amne divisa, Clani olim appellato, Sinuessa…».
9 Zannini, op. cit., pp. 171-173, evidenzia come tra fonti scritte greche e latine, sino al VI sec. d. C., esistano ben 33 testimonianze, 21 in lingua greca e 12 in lingua latina, senza mai alcun accenno ad un’ipotetica confederazione.
10 G. Perrotta, La sede degli Aurunci popoli antichissimi dell’Italia. Storiografia della loro antica città Aurunca e della Vice-Aurunca Rocca Monfina…, 1737.
11 E. Federico, Il mito dell’Ausonia: dall’orizzonte greco-calcidese al leghismo sudista, Anabases, 14, 2011, pp. 11-23. Scrive il Federico: «…un modello di Meridione indipendente, “italico” e “anti-romano” proviene soltanto dalla tradizione sugli Ausoni, un popolo fiero avversario di Roma, che si considerava autoctono e che si riteneva avesse abitato, molto prima dei Greci, l’Italia dal Lazio meridionale fino alla Sicilia…», p. 12.
12 F. M. Pratilli, Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi. Libri IV, 1745.
13 E. Gesualdo, Osservazioni critiche di Erasmo Gesualdo sopra la storia della via Appia di D. Francesco M. Pratilli e di altri autori nell’opera citati, 1754.
14 D. Romanelli, Antica topografia istorica del Regno di Napoli, 1815-1819.
15 P. Cayro, Notizie storiche delle città del Lazio vecchio, 1816.
16 N. Corcia, Storia delle Due Sicilie: Dall’antichità più remota al 1789, 1843.
17 G. Ciuffi, Memorie storiche ed architettoniche della città di Traetto, 1854.
18 F. Riccardelli, Minturno e Traetto: Svolgimenti storici antichi e moderni, 1873.
19 G. Q. Giglioli, Note archeologiche sul “Latium Novum”, Ausonia, VI, 1911, pp. 39-87.
20 Nei titoli di ben due capitoli del volume del Tommasino compare l’ipotizzata confederazione aurunca. Cfr. G. Tommasino, La dominazione degli Ausoni in Campania. Suessa Aurunca ed i suoi avanzi archeologici, 1925, capp. VIII e IX. L’ipotesi dell’associazione – come detto – compare più volte nel testo.
21 A. Maiuri, Del sito di Vescia nel territorio degli Aurunci, Atti della Reale Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti. XIII, 1934, p. 295. Il Maiuri ribadisce il concetto di «piccola federazione aurunca» nel testo Fra gli “Aurunci Patres”, in Passeggiate Campane, 1938, p. 105.
22 D. Tambolleo, Odi Minturnesi, 1935, pp. 3-4. Il commento all’ode è a p. 4. Appare – tra l’altro – forzato l’inserimento, in ambito arcaico-aurunco, di Sinuessa, che è colonia di fondazione romana.
23 A. Josìa, Minturno, in «Latina Gens», Anno XVI, N. 9-10 settembre-ottobre 1938, XVII, p. 280. Lo Josìa fu insegnante, saggista e poeta. Pubblicò varie raccolte di liriche tra gli anni Trenta del XX secolo e il 1955. Nel 1942 si ricorda un opuscolo celebrativo dal titolo Mussolini nel suo diario di combattente.
24 G. Tommasino, Aurunci Patres, 1942, pp. 118-119.
25 Il Tommasino dedica al «Castrum Pirae» un intero capitolo, pp. 290-308. È pur doveroso sottolineare come le fonti classiche ignorino questo stanziamento al quale – come detto – accenna solo Plinio. Pertanto ci sembrano azzardate le congetture del Tommasino. Egli ipotizza di genti aurunche che dalle alture di Campodivivo (Spigno Saturnia) scesero verso la costa per stanziarsi sull’attuale territorio di Scauri, fondando poi un castrum fortificato sul mare. Pirae, prima ancora del Tommasino, venne definita città ausone dal Ribezzo nel 1923. È stata – tuttavia – ipotizzata anche quale greca (Corcia) o romana (Mattej) e il Cayro, il Ciuffi e il Romanelli la localizzarono in luoghi diversi rispetto all’attuale presumibile ubicazione. Per motivi meramente di prestigio, o anche economico-turistici, la pubblicistica locale tende a dare per scontata la datazione più alta – VII-VI sec. a. C. – delle mura poligonali, presenti verso il mare sul sito del presunto oppidum. In verità, gli studi più recenti (Guidobaldi, Rosi, Lafon) tendono a datare le discusse mura all’epoca romana, coeve alla fondazione della Minturnae repubblicana. Ultimamente lo studioso M. P. Fedele, ha ipotizzato che il sito archeologico possa celare un emporio, un insediamento ellenico commerciale, dovuto alla precoce presenza greca presso Ischia, isola davvero visibile e prossima alla costa scaurese. Non manca – nel testo del Tommasino – la stantia “favoletta” che il console e senatore romano Marco Emilio Scauro avrebbe edificato, sulle mura di Pirae, una possibile villa marittima, ipotesi oramai ampiamente confutata dalle fonti. Si veda a tal proposito S. Cardillo, M. Miranda, Scauri: una terra tra bizantini e longobardi. Nuovi riscontri etimologici, Warhol Grafica, Gaeta 2017.
26 Si è letto anche l’immaginifico parere che Pirae e Minturnae «sono in fondo la stessa cosa», tranne poi inserirle entrambe nella insussistente pentapoli, a scapito di un’altra urbs … No comment.
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