Pittori di Sant’Elia Fiumerapido

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«Studi Cassinati», anno 2020, n. 3-4
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di Giovanni Petrucci

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«Purtroppo anche questo è un tema oggetto di scarse ricerche. Qui appresso ci si sforzerà di fornire una serie di informazioni basilari su quegli artisti ciociari del passato, anagraficamente ciociari o tali considerati e tali informazioni è la prima volta che vengono portate alla conoscenza. Questa Terra ha avuto il privilegio di dare i natali a molti uomini illustri in tutte le branche dello scibile che hanno contribuito alla crescita civile della società ma nessuno vi è vissuto, tutti hanno dovuto mettere a disposizione di altre comunità la loro genialità e la loro cultura»1.

Dalle ricerche effettuate per il mio paese di Sant’Elia Fiumerapido ho reperito le seguenti notizie.

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1) Fusco Carlo: sappiamo solo che era di Sant’Elia2 e risultava già morto nel 1696; forse apparteneva alla stessa famiglia di Fosco o Fusco Paolo Emilio che fu maestro portolano negli anni dal 1572 al 1577. Carlo Fusco certamente era un pittore e come tale aveva raffigurato il martirio di S. Bertario, abate dotto, difensore di Montecassino dalle invasioni dei Saraceni, contro i quali invocò l’aiuto dell’imperatore Ludovico II, che venne ucciso insieme con i suoi Benedettini nel Monastero di S. Salvatore, nella città di S. Germano nell’883. Sapendo che il quadro occupava il retro di uno degli altari più importanti della famosa Chiesa, considerando la tragicità della morte di colui che aveva tentato con tutti i mezzi di contrastare l’arrivo dei Saraceni, ottimamente riprodotta dall’artista santeliano («ivi si dimostra tutto il suo martirio seguito») e valutando l’ampiezza della tela, di m. 1,85 x m. 1,32, possiamo pensare ad un’opera assai pregevole. Le sue opere disseminate in Terra di Lavoro sono andate perdute nel corso di secoli. È importante osservare il meraviglioso stemma di famiglia, nel paragrafo relativo, in fondo al quale figura il cognome del casato «FUSCO».

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2) Figliolini Giuseppe: nacque a Sant’Elia, in Terra di Lavoro, nell’anno 1684 (vivente nel 1754). Esercitava l’arte di pittore: a lui si attribuisce l’affresco eseguito a lato di Porta Napoli. Vi era effigiato «S. Elia Profeta confortato dall’Angelo, che, sotto l’ombra di un ginepro, gli porge un pane; dal che i Santeliani traggono buono augurio dell’abbondanza de’ viveri del loro paese»3. Quasi certamente era il capofuoco indicato nel Catasto Onciario del 17544, visto che nei Regesti Bernardi I, non si parla di tale affresco5.

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3) Figliolini Vincenzo: forse discendeva dalla famiglia del capofuoco Figliolino Giuseppe, elencato al n. 3 nel Catasto Onciario del 1754, riportato nella nota precedente, in quanto catalogato pittore6.
Lavorò sicuramente a Napoli, dove eseguì le sue più importanti opere tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo seguente7. È documentato che un Vincenzo Figliolini fu tra molti pittori napoletani che sottoscrissero il 6 febbraio 1777, e anche precedentemente, una richiesta al re di Napoli perché affidasse l’incarico di insegnante di disegno all’Accademia di S. Carlo alle Mortelle di Napoli al prof. Giacomo Cestari8. In considerazione di quanto sopra riteniamo che certamente frequentò tale accademia.
Lavorò nella Basilica Annunziata di Napoli, eseguendo una copia di un celebre quadro: «Sull’altare della cappella Carafa era un piccolo dipinto incassato in una raffinata cornice in pietre dure e metalli, copia di un quadro del Parmigianino eseguito nel 1874 da Vincenzo Figliolini, rubato di recente»9. Dal D’Addosio, in Filangieri: «il 28 settembre 1784 gli si pagano Duc. 9 per aver copiato il quadro originale del famoso Parmigianello, rappresentante la B. V. col Bambino in braccio e S. Giuseppe, quale copia è stata situata nella cappella di rimpetto alla Sagrestia (Annunziata di Napoli)»10.

Tra le opere più importanti ricordiamo:

Vincenzo Figliolini, Madonna col bambino.
Vincenzo Figliolini, Madonna col bambino.

Madonna col bambino, olio su tela di cm 63 x 76. La Madonna è tutta raccolta in un profondo pensiero, come a prevedere la storia di Gesù e la sua morte per la redenzione dell’umanità. Vi si legge una eleganza di fattezze in una estrema semplicità e ciò non fa che accrescere i sensi dell’immensa pacatezza che si levano dal suo viso e da quello del Figlio. Osiamo supporre una lieve attrattiva per l’arte del Raffello, Madonna Sistina, Donna Velata. Il Bambinello è legato strettamente al collo e si stringe in un moto affettuoso al suo viso. Sono due figure strettamente unite dall’amore;

Ritratto di S. Carlo Borromeo, firmato e datato 1798 sul retro della tela, di cm 50 x 63. Il Santo è raffigurato con il Cristo in croce fra le mani, segno di immenso amore; indossa un pallio rossastro su una camicia tutta ricamata ai polsini, con una sorta di corda al collo terminante con un grande nodo simbolo di ascesi e di povertà cui il Santo aveva improntato la sua vita;

– olio su tela di Nicola Saverio Gamboni11 di cm. 75,5 x 102. È una figura serafica che sembra interloquire con i presenti. Il pallio amaranto si connota per le accurate pieghe che lasciano trasparire chiaramente le forme.

Le tre opere sono attualmente in vendita in una Galleria di New York12.

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Giuseppe Santilli, San Paolo della croce (1854).
Giuseppe Santilli, San Paolo della croce (1854).

4) Santilli Giuseppe: salvatosi dall’eccidio del 15 maggio 1848, in cui fu barbaramente ucciso il fratello, sposò Maria Jucci da Sant’Elia da cui ebbe cinque figli. Fu «autore di commendevoli quadri storici e principalmente del S. Paolo della Croce, esposto sull’altare del Santo nella Chiesa di S. Sossio de’ PP. Passionisti in Falvaterra, in quel di Ceprano. È egli guidato ne’ suoi lavori più dal genio, che dall’istruzione, che dovette interrompere al meglio del corso, costretto ad abbandonar Napoli dopo il caso luttuoso de’ fratelli, di cui si è parlato, restandone salvo come per miracolo»13. Le sue opere, le numerose Madonne, sono delineate con cura assai fine e denotano una certa mestizia e un raccoglimento tutto interiore. In ciò riteniamo che abbiano avuto influenza le tragiche vicende del passato. Da ricordare la Veduta del Comune di Sant’Elia in Terra di

particolare della dedica alla committenza (Carlo Picano e la moglie Maria Resta).
particolare della dedica alla committenza (Carlo Picano e la moglie Maria Resta).

Lavoro, preziosamente conservata in fotocopie in ogni famiglia del paese14, il ritratto del fratello Angelo, l’Addolorata del 1861, l’Immacolata Concezione. In casa dell’arch. Giuseppe Picano si conservano due bozzetti e le seguenti tele: 1) Arcangelo Raffaele e Tobia, 2) S. Rosa, 3) Deposizione, 4) Luigi Picano, 5) Arcangelo Picano, 6)

Giuseppe Santilli (1841).
Giuseppe Santilli (1841).

Madonna di piccole dimensioni.

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5) Dertènois Maria Teresa15, che in paese chiamavano Teresina, contemporanea di Marco Lanni (1808-1885), nobile fanciulla discendente della famiglia di Daniele Dertènois, forse di origine francese, gestore di un bene avviato opificio nelle vicinanze di quello dei Picano: era una pittrice provetta. Il Lanni riferisce «È dessa ritrosa per modestia a far comparire in qualche pubblica esposizione i vari ritratti ed alcuni paesaggi, da lei fatti per semplice esercizio, i quali a me sembrano pregevolissimi. Lodevole cosa è il moderato sentire di sé stesso; ma convien badare, che non degeneri in pusillanimità. Il tuo sapere si riduce a nulla, dice Persio, se altri non sa quel che tu sai»16. Non ho altre testimonianze.

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6) Ricozzi Francesco17: nacque a Sant’Elia (allora prov. Caserta) il 12 novembre 1869 e morì a cinquantadue anni in Napoli nel 1912. Andò ragazzo nella capitale per perfezionarsi nel mestiere di sarto, ma il mastro notò la sua abilità nel disegnare ed allora lo istradò verso l’arte. A venti anni poté entrare in scuole serali, dove perfezionò le sue conoscenze. Trovò nel nuovo ambiente persone che seppero apprezzare la sua passione per la pittura e l’attaccamento al lavoro, perciò lo aiutarono nella carriera. Si formò come artista a Napoli e completò gli stilemi della personalità a Torino, dove esordì alla Promotrice con soggetto preso dalla vita comune, di genere. Nel 1887 partecipò alla Nazionale Artistica di Venezia con quattro disegni e successivamente alle mostre delle Esposizioni della Salvator Rosa della città partenopea. Qui ebbe l’opportunità di far conoscere la bravura nell’esecuzione dei suoi disegni a pastelli, con preferenza per il nero. La sua abilità era tutta nell’esprimere l’intimo dei suoi personaggi ed ottenere figure eleganti con tratteggio grosso, che richiedeva approfondite capacità nell’esecuzione e rendere intelligibile la cosa rappresentata. Per molti anni, certamente fino al 1878, si trasferì in Sicilia, con residenza per lo più a Catania e ad Acireale, che lo ispirò in molta della sua produzione di paesaggi. Rientrato stabilmente a Napoli, vi realizzò scorci interessanti e soprattutto ritratti di donne. Certamente questi crearono un fascino per la sua arte e la sua fortuna. Infatti eseguì i seguenti lavori: nel 1880 Marina, nel 1887 Angolo del Corso Vittorio Emanuele e nel 1900 Santa Maria Apparente e Sala dei bassorilievi (oggi al Museo Nazionale), che furono acquistati da una Società del tempo e spettarono il primo al signor Gustavo Roy, il secondo alla provincia di Napoli e gli altri al Municipio di Napoli. Nel 1886 e 1888 dipinse Contrada Grotta, Acireale (Sicilia) e Sventramento, Santa Lucia se ne va…, che furono acquistati dal Comune di Napoli. In quest’ultimo anno eseguì il Ritratto dell’On. Prof. Onorato Fava (pastello nero), appartenente agli eredi Fava, il Ritratto dell’ing. Cav. Camillo Guerra (pastello nero), degli eredi Guerra. Nella Mostra del 1890 vennero esposti altri disegni: il pastello Ritratto della Signora Iovene, degli eredi Iovene, Ritratto della Signora Stella, proprietà Stella, Ritratto della Signora Viceconte, della famiglia Viceconte, Ritratto della Signora Ricozzi, dei discendenti Ricozzi. Si occupò per primo «con intelletto ed amore» delle opere di Giuseppe Picano, ormai scultore noto nell’ambiente napoletano18. Per i suoi meriti ottenne il titolo e l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e dopo fu nominato docente di disegno nella Scuola Serale in San Lorenzo a Napoli e nell’altra pareggiata, Francesco Caracciolo, in cui ebbe le funzioni di vicedirettore. Verso gli ultimi anni della carriera venne nominato segretario dell’Associazione degli Insegnanti ed Artisti in Napoli. Nel 1912 il professore santeliano, riprodusse su tela uno dei celebri presepi di S. Martino di Napoli19.

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7) Risi Errico20: nacque il 15 settembre 1856 a Sant’Elia. La famiglia, pur di modeste condizioni economiche, resasi conto delle capacità del ragazzo, fece in modo che potesse andare a Napoli a studiare l’arte del disegno e della pittura, per la quale aveva una innata vocazione; quindi Enrico completò gli studi a Roma, nell’Istituto di Belle Arti. Iniziò la sua carriera con affreschi eseguiti a Sant’Elia, nella Chiesa di Casalucense, tre affreschi nella volta, tra i quali S. Francesco e i quattro Evangelisti ai pinnacoli della cupola; e a Cassino, nel Tribunale e nel teatro Manzoni, qui con una serie di medaglioni che raffiguravano i più illustri musicisti italiani; ma la sua vita di artista si svolse a Napoli, dove fu nominato professore onorario dell’Istituto di Belle Arti e dove mise su la famiglia, sposando una meravigliosa sua modella, Filomena Caffè. Fu consigliere comunale e sindaco di S. Elia dal 1902 al 1905, dal 1910 al 1911 e nel 1915; dal 1895 al 1897 fu consigliere provinciale di Caserta. Morì nel 1916 e fu sepolto nel cimitero di S. Elia. A Napoli nel 1886 espose alla promotrice Salvator Rosa un meraviglioso Ritratto di signorina romana; nel 1888 Un mesto viaggio; nel 1890 Giordano Bruno al rogo, il suo capolavoro; nel 1891 Verità, Per l’onomastico, Ritratto di S.A.R., la Principessa Letizia; nel 1892 Disillusa; nel 1894 Cari Ricordi; nel 1896 Prima neve. In seguito ad un pubblico concorso, eseguì il ritratto di Vittorio Emanuele III per il Consiglio provinciale di Caserta. I suoi quadri, per la maggior parte, varcarono l’Oceano per adornare la sale del «Tremon Theatre» di Boston Mass. Per i suoi meriti nel campo dell’arte nell’anno 1894 fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia. Successivamente si dedicò alla decorazione. Restaurò il Teatro Mercadante di Napoli; affrescò la Biblioteca di S. Pietro a Majella, le sale d’aspetto della Stazione Centrale, il Salone Margherita, gli appartamenti, gli ambulacri della Galleria Umberto I, il primo piano nobile del Palazzo della Borsa. Il suo amore, però, restò sempre per Sant’Elia, che dal 1895 al 1907 rappresentò nel Consiglio provinciale di Terra di Lavoro, e dove eseguì i lavori di restauro per la Chiesa di Santa Maria Nova; in essa seppe armonizzare con competenza ed eleganza i colori delicati delle pareti con le linee semplici e lineari delle volte e delle strutture forti e massicce delle tre navate; e lasciò tre tele e sei medaglioni, oggi finiti quasi in un dimenticatoio nell’incuria generale.

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8) Vincenzo Irolli (Napoli 30 settembre 1860-Napoli 27 novembre 1949): è da considerare il breve soggiorno del pittore napoletano in Sant’Elia, ospite presso la famiglia don Carlo La Marca. Qui trovò ispirazione per alcuni interni del paese come per gli angoli suggestivi del paesaggio. Ricordiamo l’immensa attrattiva che esercitava Salita Croci, il lato destro della Chiesa di Santa Maria Nova, con croci di quercia, alcune ancora esistenti, che evidenziavano la sentita spiritualità dell’artista.

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9) La Marca Luciana: pronipote di Vincenzo Irolli, seguendo la tecnica dello zio si distinse nella pittura; di lei abbiamo potuto osservare un olio su tela in cui sono evidenziate le belle forme ottenute con le caratteristiche macchie di colori che svariano e rendono singolare l’animo giovanile della ragazza.

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10) De Luca Pietro: nacque a Cervaro l’11 agosto 1899 e morì a Sant’Elia Fiumerapido il 29 agosto 1968, dove visse la sua vita. Fu autodidatta e dotato di notevole versatilità. Si dedicò nel tempo libero all’arte della pittura, prediligendo la ritrattistica. Da ricordare la sua opera più importante, La Ciociara, una tela di cm. 70 x cm. 110, esposta nella Sala Consiliare del Comune e raffigurante Maria Fiorillo come una bella ragazza della nostra Terra (un aneddoto di ambito familiare vuole che la modella, mentre il pittore la stava ritraendo, fosse andata a vedere il ritratto ma toccò inavvertitamente con l’indice il naso per cui mandò su tutte le furie l’artista perché l’olio era ancora fresco) che purtroppo con le battaglie del 1943-44 è andata distrutta; ed ancora una Beatrice Cenci, copia eseguita negli anni 1950, attualmente di proprietà Mancini; una Madonna di Roberto Ferruzzi del 1897, di proprietà Vacca; di fronte all’entrata del Campo Sportivo sono due affreschi, ormai sbiaditi con il tempo.

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11) Vacca Giovanni: nacque a Sant’Elia Fiumerapido il 16 novembre 1904 e qui morì 14 febbraio 1994. Fu autodidatta e dotato di ingegno e di finezza eccezionale nell’arte. Riservava del tempo libero a raffigurare nature morte, vari scorci del centro storico del paese e soprattutto gli angoli di notevole attrattiva della campagna secondo una interpretazione tutta personale e dai colori assai delicati. E così Sant’Elia degli anni trascorsi resta immortalata in una visione di inimitabile poesia.

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NOTE

1 «Inciocaria», n. 8, 2016

2 F. Avagliano La Cappella di S. Germano, gli Altari di S. Bertario e S. Biagio e la Cappella della SS. Trinità della Chiesa Collegiata di S. Germano in una descrizione del 1696, in «Lazio Sud», n. 5, 1985: «… Nel Frontespitio sopra il sudetto altare vi è un quadro pittato in tela, dove vi sta dipinta l’effigie del prenominato glorioso Santo, et ivi si dimostra tutto il suo martirio seguito nell’Anno ottocentottantaquattro, come si è detto di sopra al suo luogo. La mano, e pennello fu del quondam Carlo Fusco Pittore della terra di Santo Elia. Il sudetto quadro è di altezza palmi sette, largo palmi cinque con cornici di legno».

3 Sant’Elia sul Rapido, Napoli 1873, p. 48. Il primo accenno a tale affresco si ha nel Reale Assenso del 1743: Nella porta «nomata di S. Biagio …vi è ornato di pietra viva, e sopra l’impresa della Terra, e nella lammia da dentro ritrovasi dipinto S. Elia a fresco…».

4 Catasto Onciario, Archivio di Stato di Napoli della Regia Camera di Sommaria, Sant’Elia, Terra di Lavoro, Distretto di Sora, Volume 1430, Anno 1754. L’autore dell’affresco potrebbe essere anche Figliolini Giuseppe catalogato come pittore nel fuoco n. 3; allora potremmo anche indicare una data approssimativa della sua esecuzione intorno agli inizi del Settecento. Nel Catasto Onciario sono censiti i seguenti fuochi:
1) Figliolino Agostino fu Biagio, tessitore di panni, di anni 38, Picano Antonia, moglie, di anni 30, Francesco, figlio, di anni 8, Filippo, figlio, di anni 3, Stefano, figlio, in fasce, Crescenza, figlia, di anni 6; possiede la casa dove abita, dotale della moglie, sita nella Parrocchia di S. Biasio, giusta li beni di Carmine Caccia.
2) Figliolino Apollinare, tessitore di panni, di anni 41, di Iorio Felice, moglie, di anni 30, Cesare Antonio, figlio, studente, di anni 9, Angelo Luca, figlio, di anni 6, Pascale, figlio, di anni 4, Francescano, in fasce, Domenica, figlia, di anni 2; abita in casa in affitto di Iuccia Giovanni nella Parrocchia di S. Biasio, confinante con D. Agostino Figliolino.
3) Figliolino Giuseppe, pittore, di anni 70, Curtopasso Diamante, moglie, di anni 50, Benedetto, figlio, sartore, di anni 22, Filippo, figlio, lavorante di panni, di anni 18; possiede la casa dove abita nella Parrocchia di S. Pietro.
4) Figliolino Orazio, molinaro, di anni 46, Arciero Orazia, moglie, di anni 42, Michele, figlio, di anni 11; abita in casa propria nella Parrocchia di S. Pietro; possiede tomoli due di pastino nel luogo detto L’Inserto, confinante con Francesco Arciero…

5 Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis, cura et studio D. Anselmi Mariae Caplet, Roma, 1890, d. n. 104, p. 55 «…quoddam sedile extra portam S. Eliae…», d. n. 363, p. 145, Universitas S. Eliae apud portam S. Blasii congregata constituit….

6 Non sappiamo se Vincenzo Figliolini decurione nel 1818 era il pittore descritto.

7 T. Vizzaccaro T, Francesco Riga e il suo tempo, ne «Il Gazzettino del Lazio» VI, 1968, p. 3. Nell’articolo il Vizzaccaro accenna due volte a Vincenzo Figliolini: prima lo riporta come figlio di Angelo, che combatté durante le Guerre di Indipendenza; poi lo cita insieme con Giuseppe Picano «che aveva lavorato a Napoli nella Real Casa della SS. Annunziata, lasciandovi l’impronta del suo ingegno».

8 A. Bozzelli, L’Accademia del Disegno a Napoli nella seconda metà del secolo XVIII in «Napoli Nobilissima», Fascicolo IX, 1900, p. 111: La Reale Accademia del Disegno è sita sopra S. Carlo delle Mortelle «[…] dove buona parte delli Pittori Odierni sono andati a disegnare il Nudo per lungo spazio di tempo con loro profitto ed utile e con tal mezzo si sono perfezionati nelle regole dell’Arte […]».

9 I. Maietta-A. Vanacore, L’Annunziata Chiesa e Santa Casa, Castellammare di Stabia 1997, p. 68.

10 Archivio della Casa dell’Annunziata, Libro Maggiore, Anni 1783-85, fol. 655, D’Addosio p. 185. Documenti per la Storia, le Arti e le Industrie delle Province napoletane, raccolti e pubblicati per cura di Gaetano Filangieri, Principe di Satriano, Vol. V, Napoli MDCCCXCI, pag. 27.

11 Nicola Saverio Gamboni (Napoi 5.12.1746-Venezia 21.10.1808), vescovo appena trentenne di Capri e di Vigevano e poi patriarca di Venezia.

12 Bibliografia: Bénézit Emanuel, Dizionario dei Pittori, Scultori, Disegnatori e Incisori, Figliolini Vincenzo, peintre à Naples vers 1775 (Ec. Ital.); Allgemeies Lexikon-der Bilden Kunstler, Leipzig 1915 Figliolini, Vincenzo, maler in Neapel, un 1775; «Napoli Nobilissima», IX (1900), 111; G. Filangieri, Documenti per la Storia, Volume V, p. 27).

13 Lanni M., Sant’Elia sul Rapido, Napoli 1873, p. 118.

14 Litografia Cirelli, S. Leale Lif; M. Lanni, Sant’Elia sul Rapido … cit., p. 49: «Da questo sito detto impropriamente Pantano, perché non contiene acque stagnanti, l’egregio artista Giuseppe Santilli ha ritratto l’annessa veduta di S. Elia».

15 Parrocchia di Santa Maria Nova, Registro dei Battezzati 1819-1844, p. 238: «A. Domini il quadragesimo, 8 marzo. Nicola Lanni, Arciprete della Chiesa di S. Biagio battezzai la bambina nata da Daniele Dartenoy e da Cacchione Lucebia Matronola, coniugi. Ostetrica Eugenia Ricci, Nomi Maria Teresa Sofia. Padrino Don Marco Lanni e sua moglie Teresa».

16 M. Lanni, Sant’Elia sul Rapido … cit., p. 119 che riporta anche una espressione del poeta satirico latino Aulo Persio Flacco (34-62 d. C.), Sat. I, «Scire tuum nihil est, nisi te scire hoc, sciat alter» e una massima dell’Ecclesiastico, XX, 30-31: «La sapienza nascosta e il tesoro occulto / quale utilità nell’una e nell’altro? / Meglio l’uomo che cela la sua stoltezza, / dell’uomo che nasconde la sua sapienza».

17 Bibliografia: Istituto Matteucci, Dizionario degli Artisti; Giannelli Enrico, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 404-405.

18 A. Riga, Nelle Nozze del Signor Vincenzo Santilli con la Signorina Rosa Picano, Napoli 1895, p. 3.

19 A. Riga, Nella quarta commemorazione di Angelo Santilli, Portici, 1893, p. 13.

20 Bibliografia: Giannelli Enrico, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916.

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